Cassazione Civile, Sez. Lav., 18 novembre 2021, n. 35364 - Caduta dell'operaio della società appaltatrice nella tromba dell'ascensore dismesso. Responsabilità della società committente


 

Presidente: NEGRI N.DT. PAOLO Relatore: DE MARINIS NICOLA
Data pubblicazione: 18/11/2021
 

Rilevato

 
- che, con sentenza del 21 ottobre 2016, la Corte d'Appello di Torino confermava la decisione resa dal Tribunale di Vercelli e rigettava la domanda proposta da N.DT. nei confronti della A.P. & C. s.n.c. e della A. Raymond Italiana S.r.l., avente ad oggetto l'accertamento a carico della prima Società della violazione dell'art. 2087 c.c., per non aver il lavoratore ricevuto la formazione nei rischi specifici del lavoro ed a carico della seconda per la mancata segnalazione del pericolo e la condanna di entrambe al risarcimento del danno subito in occasione dell'infortunio sul lavoro occorsogli presso il cantiere della committente A. Raymond S.r.l., ove, incaricato dalla Società datrice di smontare alcuni termoconvettori al pian terreno del cantiere stesso, salendo al piano superiore per cercare valvole idrauliche che potessero intercettare acqua residua nei tubi e ivi aprendo una porta, priva di alcuna segnalazione di pericolo, accedeva alla tromba di un ascensore dismesso, nella quale precipitava;
- che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto infondata l'eccezione di inammissibilità del gravame per il tardivo deposito del relativo atto da parte del N.DT., per aver valutato l'incombente tempestivo alla stregua del principio per cui il deposito per via telematica degli atti si ha per avvenuto nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna dal gestore di posta elettronica certificata dal Ministero della Giustizia e, comunque, nel merito infondato l'appello medesimo, non trovando riscontro la censura formulata dal N.DT., secondo cui il primo giudice avrebbe interpretato in maniera errata lo svolgimento dei fatti come emersi nel corso dell'istruttoria, con particolare riferimento alle direttive impartite dal datore di lavoro e ciò in quanto era risultato provato che le direttive impartite ai lavoratori erano quelle di procedere allo smontaggio dei due convettori a soffitto siti al piano terra dell'edificio della A. Raymond S.r.l., dovendosi concludere a tale stregua e avendo riguardo alla sentenza penale di assoluzione delle due imprese, dalla quale, in conformità all'orientamento di questa Corte, è legittimo desumere elementi di prova, che il sinistro si era verificato in luogo ove i due operai non avevano motivo di recarsi né avevano ricevuto ordine di andare così da indurre a considerare il sinistro quale conseguenza di un rischio non prevedibile da parte del datore di lavoro, qualificabile dunque come rischio elettivo e ad escludere in capo alla A. Raymond S.r.l. la responsabilità che gli deriverebbe dalla disponibilità del bene, stante la riconducibilità del sinistro - verificatosi all'interno di un edificio dismesso ed in corso di smantellamento ed in un'area nella quale il lavoratore non si doveva recare e nella quale si è avventurato contravvenendo a specifiche direttive impartite, per poi aprire la porta del vano ex ascensore al fine di entrare nel locale, sollevando anche la moquette posta a protezione della porta, il tutto nella quasi totale oscurità - al caso fortuito;
- che per la cassazione di tale decisione ricorre il N.DT. affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la sola Raymond Italiana S.r.l.;
 

Considerato

 

che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2087, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., imputa alla Corte territoriale l'erroneo apprezzamento degli elementi di fatto utili alla delimitazione dell'area di intervento del ricorrente e dell'obbligo di informazione gravante sul datore e di conseguenza l'incongruità logica e giuridica dell'iter valutativo in base al quale la Corte territoriale stessa ha ritenuto di sollevare la Società datrice dall'onere probatorio circa l'assolvimento degli obblighi informativi e la riconducibilità dell'evento al "rischio elettivo" tenuto conto della nozione accolta da questa Corte;
- che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., il ricorrente ribadisce a carico della Corte territoriale il medesimo travisamento della situazione di fatto, sotto il profilo della ritenuta irrilevanza della mancata segnalazione della situazione di pericolo nell'area in cui si è verificato il sinistro e l'incongruità logica e giuridica dell'iter valutativo in base al quale la Corte stessa ha escluso la responsabilità della A. Raymond Italiana S.r.l. committente;
- che entrambi i motivi meritano accoglimento;
- che, quanto al primo, va tenuto conto dell'orientamento accolto da questa Corte (cfr., da ultimo Cass, 13.1.2017, n. 798 e già Cass. n. 2717/2013; Cass. n. 4656/2011; Cass. n. 19494/2009) in base al quale del c.d. rischio elettivo e della conseguente responsabilità esclusiva del lavoratore può parlarsi soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento, creando egli stesso condizioni di rischio estraneo a quello connesso alle normali modalità del lavoro da svolgere, restando diversamente irrilevante la condotta colposa del lavoratore, sia sotto il profilo causale che sotto quello dell'entità del risarcimento, atteso che la ratio di ogni normativa antinfortunistica è proprio quella di prevenire le condizioni di rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia dei lavoratori;
- che, pertanto, deve ritenersi fondata la censura sollevata dal N.DT. per cui la Corte territoriale non dà conto dell'esorbitanza della condotta dalle direttive ricevute, per essere stato espressamente vietato al lavoratore di portarsi al piano superiore rispetto al piano terra ove doveva essere eseguito lo smontaggio dei convettori, non consentendo così di escludere il rischio improprio, insito in un'attività prodromica o strumentale allo svolgimento della specifica mansione affidata;
- che, quanto al secondo motivo, è a dirsi sussistente la responsabilità della Società committente nella cui disponibilità permaneva l'ambiente di lavoro, essendo essa obbligata ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell'impresa appaltatrice, misure che consistono nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, nel predisporre tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l'appaltatrice nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata (cfr, ancora, Cass. n. 798/2017 cui adde Cass. n. 21694/2011 e Cass. n. 1949/2009);
che entrambi i motivi di ricorso vanno dunque accolti e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà in conformità ai principi di diritto sopra richiamati disponendo altresì per l'attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità
 

P.Q.M.
 

La Corte accoglie entrambi motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Torino, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nell'adunanza camerale del 9.3.2021