Cassazione Civile, Sez. 6, 07 dicembre 2021, n. 38882 - Infortunio sul lavoro in una società di capitali. Rispondono in solido – in via di regresso – la società e il legale rappresentante


 

 

Presidente: DORONZO ADRIANA
 

Rilevato che


1. Con sentenza n. 255 depositata il 31.12.2019, la Corte di appello di Perugia, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha accolto l’azione di regresso proposta dall’INAIL nei confronti di R. s.r.l. e di S. R. nella qualità di legale rappresentante della medesima società, con conseguente condanna della società al pagamento, all’Istituto previdenziale, di euro 1.366.882,93 oltre accessori di legge e rigetto della domanda nei confronti di S. R. nonché della domanda di garanzia proposta nei confronti di Zurich Insurance PLC.
2. La Corte territoriale rilevava che il datore di lavoro doveva ritenersi responsabile dell’infortunio sul lavoro del dipendente L.B. avvenuto il 6.4.2006, risultando provata l’omissione delle tutele di sicurezza nonché la violazione di specifiche norme antinfortunistiche; che il legale rappresentante della società aveva patteggiato, in sede penale la pena per il reato di lesioni colpose aggravate e ottemperato alle prescrizioni impartite dalla U.S.L. n. 2 in ordine alla sicurezza degli impianti; che non vi erano elementi per ravvisare una responsabilità esclusiva o concorrente del danneggiato, il quale non aveva adottato alcuna condotta abnorme o imprevedibile; che, pertanto, doveva ravvisarsi la responsabilità penale del legale rappresentante della società di cui rispondeva, a fini civilistici e quindi a titolo di regresso il datore di lavoro ossia la R. s.r.l.; che nessuna responsabilità personale poteva ravvisarsi a carico del legale rappresentante in quanto il datore di lavoro era una società di capitali, centro autonomo di imputazione giuridica, né risultava dedotta, dall’INAIL, una responsabilità specifica del R..
3. Avverso la sentenza l’INAIL ha proposto ricorso, articolato in un motivo; la società e S. R. sono rimasti intimati.
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.
 

Considerato che


1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione degli artt.10 e 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965, 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 626 del 1994, 2087 c.c. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, erroneamente escluso la responsabilità del legale rappresentante della società di capitali, R. s.r.l.- datrice di lavoro, nonostante dal rapporto organico dello stesso con la persona giuridica (e in assenza di una valida delega in materia di prevenzione) conseguisse la posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori.
2. Il ricorso è manifestamente fondato.
Questa Corte ha già escluso la qualifica di terzo rispetto al rapporto assicurativo sociale, ai fini dell'azione di regresso da parte dell'INAIL, sia per i dipendenti dell'imprenditore, in quanto interni al rischio aziendale (Sez. Un. 16 aprile 1997, n. 3288; Cass. 21 luglio 2003 n. 11315), sia – a maggior ragione - per il legale rappresentante della società di persone (Cass. 12 ottobre 1998, n. 10097) e di capitali (Cass. 18 giugno 2004 n. 11432, Cass. 16 maggio 2006, n. 11426; Cass. 24 giugno 2020, n. 12429), datrice di lavoro, il quale è legato alla società da un rapporto organico, ed è quindi l'organo attraverso il quale la società ha violato l'obbligo di garantire la sicurezza sul lavoro. In particolare, questa Corte (sentenza 29 settembre 2009, n. 23276) – nel caso esattamente inverso al presente, di accoglimento dell’azione di regresso verso il solo legale rappresentante e non anche verso la società di capitali di appartenenza – ha affermato che il legale rappresentante della società è preposto alla gestione della società e come tale obbligato a garantire la sicurezza sul lavoro; il legale rappresentante della società quale preposto alla gestione della società, risponde, dunque, solidalmente con la società stessa in sede di regresso nei confronti dell’istituto previdenziale ove si accerti la responsabilità nell’accadimento dell’infortunio.
Anche recentemente è stato affermato che la speciale azione di regresso spettante all'INAIL, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 ed 11, è esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso tutti i soggetti che, chiamati a collaborare a vario titolo nell'assolvimento dell'obbligo di sicurezza in ragione dell'attività svolta, siano gravati di specifici obblighi di prevenzione a beneficio dei lavoratori assoggettati a rischio; dunque, anche il legale rappresentante che (in assenza di specifiche deleghe sulla sicurezza) operava come responsabile dell'organizzazione produttiva all'interno dell'ambiente di lavoro, ingerendosi in concreto nella stessa, aveva assunto la relativa responsabilità nel contesto aziendale (Cass. 20 aprile 2021, n. 10373).
Invero, l’azione di regresso presuppone la responsabilità del datore di lavoro il quale, in base alla definizione fornita dall’art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2008, è il “soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione della stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.
3. Nel caso di specie, la Corte territoriale, ha accertato la responsabilità della società che non ha adottato i sistemi di sicurezza idonei ad evitare il grave infortunio sul lavoro concernente il dipendente L.B. e, in particolare, ha accertato in via incidentale la responsabilità penale del datore di lavoro per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla tutela del lavoro; non essendo emersa la delega delle funzioni relative alla sicurezza sul lavoro a specifico preposto, rispondono in via solidale – in via di regresso – la società e il legale rappresentante.
4. Il ricorso va dunque, accolto, per quanto di ragione e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma che provvederà, altresì, alle spese di lite del presente giudizio di legittimità.
 

P.Q.M.


La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 9 novembre 2021.