Categoria: Cassazione penale
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Responsabilità per il reato di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 36, 37 e 389 perchè, in qualità di socio amministratore del "C. D. s.n.c." esercente l'attività di distributore di carburanti e lubrificanti, nonchè di rivendita di combustibile per uso domestico, deteneva una quantità di gpl superiore a quella indicata nel certificato di prevenzione incendi rilasciato dal Comando Vigili del Fuoco.
Condannato in primo grado, propone appello - La Corte di Appello di Roma, non essendo la sentenza appellabile, qualificata l'impugnazione come ricorso ex art. 568 c.p.p., comma 5, trasmetteva gli atti a questa Corte.

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

Correttamente fa rilevare il Tribunale che "ad una maggiore quantità di gpl da custodirsi devono corrispondere maggiori ed adeguate misure di sicurezza, nel caso in esame neppure considerate dai VVFF".

Nel caso di specie, l'eccedenza era talmente clamorosa (ben 830 Kg) che è completamente fuor di luogo invocare la buona fede.

"Va, infine, ricordato che l'avvenuta abrogazione del D.P.R. n. 547 del 1955 da parte del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (art. 304) non incide sulla configurabilità dei reato in ordine al quale è stata pronunciata condanna, che continua ad essere previsto come reato dall'art. 64, art. 63, comma e art. 68, lett. b).

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente -
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere -
Dott. GENTILE Mario - Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere -
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza

sul ricorso proposto da:
1) D.L.G., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20.5.2008 del Tribunale di Cassino, sez. di Sora;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. Silvio Amoresano;
sentite le conclusioni del P.G., Dr. Gioacchino Izzo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

 

1) Con sentenza del 20 maggio 2008 il Tribunale di Cassino, sez. di Sora, condannava D.L.G., riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 900,00 di ammenda per il reato di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 36, 37 e 389 perchè, in qualità di socio amministratore del "C. D. s.n.c." esercente l'attività di distributore di carburanti e lubrificanti, nonchè di rivendita di combustibile per uso domestico, deteneva una quantità di gpl superiore a quella indicata nel certificato di prevenzione incendi rilasciato dal Comando Vigili del Fuoco.
Riteneva il Tribunale, sulla base della testimonianza S., che in data (OMISSIS), nel corso di un controllo, era stata accertata lo stoccaggio di Kg. 1330 di gpl per uso combustibile, mentre l'esercizio commerciale disponeva di autorizzazioni per il deposito di gpl per un massimo di Kg.500.
Non poteva ritenersi rispettato il precetto per il solo fatto della disponibilità di un certificato rilasciato dai Vigili del Fuoco, essendo evidente che ad una maggiore quantità di gpl debbono corrispondere maggiori ed adeguate misure di sicurezza.
Avendo quindi l'imputato detenuto gpl eccedente 500 Kg, al di fuori del controllo dei Vigili del Fuoco, era configurabile il reato contestato.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello il D.L., a mezzo del difensore, assumendo che il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 36 sanziona solo la mancanza del certificato prevenzione.
Il D.M. 16 febbraio 1982, al punto 3 sub b) indica tra le attività soggette al rilascio del certificato "depositi e rivendite di gas combustibili in bombole disciolti o liquefatti complessivi da 5 a 500 Kg e depositi e rivendite di gas combustibili in bombole disciolti o liquefatti complessivi superiori a 500 Kg", le tabelle approvate con D.P.R. n. 689 del 1959, al punto 4, pongono tra le attività soggette al rilascio di detto certificato solo i magazzini e depositi di bombole o bidoni di gas combustibili compressi, per capacità complessiva delle bombole superiori a 2000 litri, disciolti o liquefatti, per quantità di gas superiori a 500 Kg.
E' evidente la non perfetta conformità delle due previsioni normative. Essendo penalmente perseguibile solo l'omessa richiesta di certificato per depositi e rivendite di gas combustibili in bombole disciolti o liquefatti complessivi superiori a 500 Kg ed essendo in ogni caso il D.L. in possesso del certificato di prevenzione incendi (anche se per un quantitativo pari nel massimo ai 500 Kg), egli non ha omesso di richiedere il certificato.
Nel suo magazzino era stato effettuato il controllo dei Vigili del Fuoco e quindi non poteva essere condannato.
L'art. 36 sanziona solo la mancanza del certificato di prevenzione e non la detenzione di un quantitativo di gpl superiore a quello indicato nel certificato di prevenzione incendi.
Ove si dovesse ritenere il contrario, stante la notevole difficoltà interpretativa del percetto, del tutto scusabile era l'errore di diritto, essendo l'imputato convinto che il certificato lo ponesse al riparo da ogni violazione.
Era evidente la buona fede del D.L..
Assumeva poi che vi era assoluta incertezza sull'elemento oggettivo del reato. Le bombole erano state scaricate poco prima del controllo della Guardia di Finanza presso il centro 2D e si trovavano ancora nel piazzale fuori dai gabbioni destinati a contenere il prodotto, per cui non vi è neppure la prova certa che esse fossero tutte destinate al centro 2D e che comunque fossero destinate ad essere immagazzinate (erano ancora in uno spazio aperto).
Le bombole quindi erano destinate ad essere prontamente vendute e non dovevano essere depositate.
Al più potrebbe essere configurabile una ipotesi tentata (non punibile nei reati contravvenzionali).
La Corte di Appello di Roma, non essendo la sentenza appellabile, qualificata l'impugnazione come ricorso ex art. 568 c.p.p., comma 5, trasmetteva gli atti a questa Corte.


3) Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

3.1) Risulta pacificamente, come da atto il Tribunale e come viene riconosciuto nello stesso atto di impugnazione, che:

a) a seguito di un controllo eseguito dalla Guardia di Finanza in data 30.11.2004 presso il distributore di carburante gestito dal D.L. risultò che erano stoccati Kg. 1300 di gpl per uso combustibile;

b) il certificato di prevenzione incendi rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco riguardava un deposito massimo di 500 Kg. di gpl.
Sulla base di tali emergenze correttamente il Tribunale ha ritenuto che fosse configurabile il reato contestato al capo b).
Come ricordato anche dai giudici di merito, secondo la giurisprudenza di questa Corte.
E' configurabile il reato di cui al combinato disposto del D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 36, 37 e 389, in relazione alla L. 26 luglio 1965, n. 966, art. 4 ed al n. 4 della tabella A allegata al D.P.R. 26 maggio 1959, n. 689, nel caso di accertata presenza, in un deposito autorizzato di gas di petrolio liquefatti in bombole, di un quantitativo di bombole superiore a quello stabilito nell'autorizzazione" (Cass. sez. 3 n. 33030 del 24.5.2006).
Non c'è dubbio, infatti, che il certificato di prevenzione incendi, rilasciato in relazione ad un determinato quantitativo di gpl, non possa autorizzare minimamente la detenzione di un quantitativo maggiore.
Correttamente fa rilevare il Tribunale che "ad una maggiore quantità di gpl da custodirsi devono corrispondere maggiori ed adeguate misure di sicurezza, nel caso in esame neppure considerate dai VVFF".
Nel rilasciare il certificato antincendi i VVFF considerarono, ovviamente, che gli ambienti in cui dovevano essere depositate le bombole di gpl fossero idonei a contenere un quantitativo di 500 Kg. Ne discende, come ovvia conseguenza, che il quantitativo superiore a quello autorizzato veniva detenuto senza certificato di prevenzione.

3.2) Nè può minimamente parlarsi di errore di diritto o di buona fede.
Dal certificato, di cui il D.L. era in possesso, risultava chiarissimamente che l'autorizzazione veniva rilasciata per un quantitativo di 500 Kg, per cui non potevano esservi equivoci di sorta in ordine alla "illegittimità" della detenzione di un quantitativo maggiore.
A parte il fatto che, nel caso di specie, l'eccedenza era talmente clamorosa (ben 830 Kg) che è completamente fuor di luogo invocare la buona fede.

3.3) Le altre doglianze sono inammissibili perchè attengono a valutazioni di fatto non proponibili in questa sede di legittimità e risentono palesemente del fatto che si intendeva proporre appello avverso la sentenza del Tribunale.

3.4) Va, infine, ricordato che l'avvenuta abrogazione del D.P.R. n. 547 del 1955 da parte del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (art. 304) non incide sulla configurabilità dei reato in ordine al quale è stata pronunciata condanna, che continua ad essere previsto come reato dall'art. 64, art. 63, comma e art. 68, lett. b).

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2009