Cassazione Civile, Sez. 6, 13 dicembre 2021, n. 39755 - Infarto e rendita ai superstiti. Ricorso inammissibile


 


Presidente: DORONZO ADRIANA

 

Rilevato che
1. Con sentenza n. 6494 depositata il 4.2.2020, la Corte d'appello di Napoli, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di A.C. proposta nei confronti dell’INAIL e volta a conseguire la rendita ai superstiti e l’assegno funerario per il coniuge A.D.;
2. la Corte distrettuale rilevava che emergeva chiaramente dalla perizia effettuata dal consulente tecnico d’ufficio nel corso del procedimento di primo grado che il decesso del A.D. (per “embolia, infarto acuto del miocardio”), che aveva subito precedentemente un infortunio sul lavoro (con esito di fratture pluriframmentarie all’arto inferiore destro, accorciamento dell’arto, limitazione funzionale del piede sinistro, ipertrofia e ricurvamento di altro grado cui era conseguito un grado di invalidità del 65%), non era ricollegabile ai postumi dell’infortunio posto che, non essendoci una certezza autoptica della causa di morte (indicata nel certificato di morte dal medico curante), l’embolia avrebbe dovuto interessare il distretto polmonare e determinare un’embolia polmonare più che un infarto al miocardio e, inoltre, l’arteriopatia cronica negli arti inferiori è un’affezione di tipo degenerativo non riconducibile alle fratture agli arti inferiori (essendo determinata da altre cause);
3. avverso la sentenza A.C. ha proposto ricorso, fondato su due motivi, illustrati da memoria, cui ha opposto difese l’INAIL con controricorso;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.; l'INAIL ha resistito con controricorso;
 

Considerato che
1. con il primo motivo, il ricorrente deduce erronea, contraddittoria, insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia (la consulenza tecnica d’ufficio), ex art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., avendo, la Corte territoriale, trascurato le critiche puntuali e dettagliate alla perizia effettuata in primo grado nonché le richieste di approfondimento scientifico posto che l’arresto cardiorespiratorio che ha causato il decesso del A.D. è stato secondario ad un episodio di tromboembolia polmonare prodotto da un trombo originatosi nei vasi venosi degli arti inferiori, sede di una importante alterazione post-traumatica; le osservazioni cliniche avanzate dalla parte avverso la perizia del CTU esperita in primo grado dimostravano una evidente impreparazione medica prima ancora che medico-legale del CTU, dovendosi comunque riconoscere equivalenza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito alla produzione dell’evento quali la cronicizzazione degli eventi trombo-flebitici con precedente sfacelo traumatico delle vene profonde tibiali e la permanente somministrazione di eparinoidi ed antiinfiammatori (concause di emboli all’origine dell’exitus finale).
2. Con il secondo motivo si denunzia difetto di motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in ordine alla mancata ammissione della CTU mdico-legale, ex art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., avendo trascurato, il CTU, che l’arteriopatia cronica concentrata negli arti inferiori (nei terminali venosi profondi) fornisce la prova che tale processo sia intervenuto in conseguenza del grave trauma patito in precedenza; diversamente si sarebbe parlato di arteriopatia generalizzata e diffusa, e le possibili altre cause sono inesistenti non essendo, l’infortunato, affetto da altre patologie.
3. Il ricorso è inammissibile per plurimi motivi.
4. I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono inammissibili in quanto costituisce principio affermato più volte da questa Corte (Cfr. Cass. n. 1652 del 2012, n. Cass. n. 3816 del 2013, Cass. n. 21742 del 2020, Cass. n. 9234 del 2021) che "in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell'assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, oppure nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale traducendosi, quindi, in un'inammissibile critica del convincimento del giudice". Nella specie - premesso che il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova CTU, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Cass. n. 22799 del 2017) - la ricorrente si è limitata ad invocare una diversa valutazione scientifica delle prove raccolte senza evidenziare lacune negli accertamenti svolti o eventuali affermazioni illogiche o scientificamente errate aventi carattere decisivo e, dunque, idonee a far pervenire ad una diversa decisione.
5. Inoltre, le censure sono prospettate con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto della perizia e delle osservazioni critiche presentate, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l'individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod.pro.civ.
6. Inoltre, va osservato che, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti (in specie, sugli esiti dell’infortunio e sulla causa del decesso, riguardo alla scheda causa morte ASL Na2Nord), censure a monte non consentite dall'art. 348-ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., essendosi in presenza di doppia pronuncia conforme di merito basata sulle medesime ragioni di fatto circa l’assenza di nocività della lavorazione svolta.
7. Al riguardo va, altresì, ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 18 ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718); come rilevato la ricorrente si limita a riprodurre (peraltro in maniera irrituale: cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014) censure ex art. 360,
primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
8. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite seguono la soccombenza non essendo stata resa l'autodichiarazione ex art. 152 disp.att. cod.proc.civ. dal ricorrente nemmeno per la presente fase di legittimità.
9. Poiché il ricorso per cassazione è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell'art. 13, comma 1, del d.p.r. 115/2002;
 

P. Q. M.
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre spese forfettarie al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 9 novembre 2021.