Cassazione Civile, Sez. Lav., 27 gennaio 2022, n. 2403 - Obbligo del datore di lavoro di vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la salute psicofisica del dipendente


 

 

Presidente Raimondi – Relatore Pagetta

 

Rilevato che:

1. il giudice di primo grado, in parziale accoglimento del ricorso di M.F., respinte le altre domande, ha dichiarato la illegittimità del licenziamento allo stesso intimato in data (OMISSIS) (per superamento del periodo di comporto) e condannato la datrice di lavoro Altaeco s.p.a. al pagamento al dirigente della indennità supplementare liquidata in Euro 613.453,16, oltre accessori;

2. la Corte di appello di Milano, pronunziando sull'appello principale di Altaeco s.p.a. e sull'appello incidentale di M.F., in parziale riforma della decisione di primo grado, nel resto confermata, ha rideterminato in Euro 569.635,08, oltre accessori, la somma dovuta al M. a titolo di indennità supplementare;

3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso M.F. sulla base di sette motivi; Altaeco s.p.a. ha resistito con tempestivo controricorso e ricorso incidentale affidato a tre motivi; M.F. ha depositato controricorso al ricorso incidentale di Altaeco s.p.a; Itas Mutua - Istituto Trentino Alto Adige per Assicurazioni - Società Mutua Assicurazioni (di seguito ITAS), successore a titolo particolare di RSA-Sun Insurance Office Ltd -Rappresentanza Generale e Direzione per l'Italia ha resistito con controricorso;

4. M.F. e Altaeco s.p.a. hanno entrambi depositato memoria ai sensi dell'art. 380 - bis.1. c.p.c..

 

Considerato che:

Ricorso principale di M.F..

1. con il primo motivo di ricorso principale Fabio M. deduce violazione e/falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. e ss., degli artt. 1218,1223,1374,1890,1891,2697 c.c., dell'art. 112c.p.c., degli artt. 40 e 41 c.p., del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 3, e del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti di azienda produttrici di beni e servizi (art. 12 e relative Dichiarazioni a verbale), censurando il rigetto della domanda con la quale aveva chiesto, previo accertamento della origine professionale della malattia psichica sofferta a partire dal 15 ottobre 2012, la condanna della società datrice di lavoro al risarcimento del danno per mancata stipula della polizza assicurativa prevista dal c.c.n.l., art. 12, comma 2, a copertura del rischio per infortunio o malattia professionale; sostiene che la dizione di malattia professionale utilizzata nella previsione collettiva doveva essere interpretata in senso atecnico come riferita a tutte le ipotesi di malattia occasionata dall'attività di lavoro, secondo una nozione di causa di servizio mutuabile dal D.P.R. n. 3 del 1957, art. 68;

2. con il secondo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione di plurime norme di diritto (art. 2087 c.c., anche in relazione all'art. 2104 c.c., artt. 1218,1223,1374,2110,1059 c.c., al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 1, 3, 68,73, 211, agli artt. 32,38 Cost., all'art. 41 Cost., comma 2, al D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 4 e art. 10, comma 4, al D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 15, 28, 29, 30, 36, 37, 41, al D.M. 28 gennaio 2008, artt. 15, 28, 29, 30, 36, 37, 41, Accordo Quadro Europeo dell'8 ottobre 2004 e Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008, artt. 112,113,115,116 e 424 c.p.c.) e del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti di azienda produttrici di beni e servizi (artt. 1, 11 e 12 e relative Dichiarazioni a verbale), censura la sentenza impugnata per avere respinto la domanda di risarcimento del danno, che assume frutto della errata interpretazione e applicazione dell'art. 2087 c.c., in tema di oneri di allegazione e prova delle parti al fine della configurazione della responsabilità datoriale;

3. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto - nullità della sentenza e del procedimento (art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 421,424,441 e 445 c.p.c., art. 118 disp. Att. c.p.c.) censurando la sentenza impugnata, nell'ipotesi in cui non risultasse accertato il nesso di causalità, per la mancata ammissione, in assenza di motivazione giustificativa, della consulenza tecnica medico- legale volta ad appurare, oltre al danno lavorativo e alla salute del ricorrente, anche la causa della malattia;

4. con il quarto motivo di ricorso deduce nullità della sentenza e del procedimento e/o vizio di motivazione (art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 112,115,116 c.p.c., e art. 118 disp att. c.p.c.) denunziando apparenza di motivazione in relazione a quasi tutte le statuizioni sui motivi di appello, non avendo la Corte dato adeguatamente conto delle doglianze articolate da esso M.;

5. con il quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e nullità della sentenza (artt. 414,99,112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 421,424,441 c.p.c., art. 111 Cost.), censurando il rigetto della domanda intesa ad ottenere il pagamento dell'importo di Euro 220,000,00 previsto dal c.c.n.l., art. 12, comma 5, domanda formulata in via subordinata rispetto a quella diretta ad ottenere il pagamento della maggior somma prevista dal contratto collettivo, art. 12, comma 2 - rigetto motivato dal giudice di appello sul rilievo della mancanza di conclusioni a riguardo spiegate nella originaria domanda; sostiene, infatti, che la decisione si poneva in contrasto con il principio che impone la individuazione del contenuto della domanda sulla base di una lettura complessiva dell'atto;

6. con il sesto motivo deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto censurando il rigetto della domanda intesa al risarcimento del danno da perdita di chances per la mancata sottoposizione al dirigente da parte di Altaeco degli obiettivi contrattualmente previsti al fine del conseguimento del premio di risultato;

7. con il settimo motivo deduce violazione e falsa applicazione di norme del contratto collettivo e degli artt. 1362 e ss.; censura la sentenza impugnata per non avere accolto la domanda di "compensazione" della mensilità di indennità supplementare riconosciuta in eccesso in prime cure e formula considerazioni relative alla incidenza sulla indennità di preavviso, quale parametro contrattuale da utilizzare per la quantificazione della indennità di cui al c.c.n.l., art. 19, delle ferie, del tfr e del premio di produzione;

Ricorso incidentale di Altaeco s.p.a..

8. con il primo motivo di ricorso incidentale la società ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., e dell'art. 429 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere omesso di pronunziare sulla domanda di condanna del M. alla restituzione delle somme corrisposte in più quale effetto della rideterminazione della indennità supplementare e sulla domanda di condanna agli interessi legali e alla rivalutazione sul maggiore importo erogato in forza della sentenza di primo grado;

9. con il secondo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per avere confermato la illegittimità del licenziamento ed affermato l'interesse del lavoratore alla prosecuzione del rapporto, interesse che assume escluso dalla complessiva condotta del dirigente;

10. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione delle norme del contratto collettivo, dell'art. 115 c.p.c., e dell'art. 2697 c.c., censurando il rigetto della domanda di accertamento della sussistenza della copertura assicurativa relative alle malattie professionali;

Esame dei motivi del ricorso principale.

11. il primo motivo di ricorso principale è inammissibile;

11.1. occorre premettere che nello storico di lite del ricorso per cassazione il M. allega di avere formulato domanda di condanna al pagamento di una somma pari a sei annualità della retribuzione di fatto in ossequio al disposto del contratto collettivo, art. 12, commi 2, 3 e 4, applicabile non avendo la società provveduto a stipulare la polizza assicurativa per la copertura di malattie professionali o infortuni del dirigente prevista dalla norma collettiva; deduce di avere in subordine chiesto il pagamento della minor somma di Euro 220,000 per violazione dell'obbligo di stipula della polizza per malattie comuni;

11.2. dalla sentenza impugnata si evince che il M. in secondo grado aveva chiesto, in via subordinata, a titolo di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, la condanna della società alla somma di Euro 220.000,00 di cui alla polizza assicurativa del contratto collettivo applicabile, ex art. 12, commi da 1 a 5, polizza non stipulata dalla società datrice, e che Altaeco s.p.a., a sua volta, aveva chiesto in via incidentale l'accertamento che il contratto assicurativo stipulato con RSA fosse inclusivo anche del rischio malattie professionali con relativo obbligo di manleva a carico della società assicuratrice (v. sentenza pag. 4, secondo capoverso);

11.3. la Corte di appello affronta la sola questione relativa alla domanda subordinata di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo di stipula della polizza per malattie comuni (senza trattare il tema della stipula della polizza per malattie professionali) e ritiene a riguardo il difetto di rituale domanda (v. sentenza, pag. 12) evidenziando, inoltre, la implicita esclusione da parte del giudice di primo grado del presupposto - diminuzione della capacità lavorativa specifica nella misura di 2/3 - per la operatività della detta copertura assicurativa;

11.4. ciò posto, rilevato che la specifica questione dell'inadempimento all'obbligo di stipula della polizza per malattie professionali non è stato affrontato dalla sentenza impugnata, per evitare l'inammissibilità dovuta alla novità della questione, parte ricorrente avrebbe dovuto dimostrarne la rituale e tempestiva deduzione in primo grado e in appello (Cass. n. 20694 de 2018, Cass. n. 15430 del 2018, Cass. n. 23675 del 2013). Tale onere non è stato assolto stante la inidoneità del rinvio per relationem, all'atto di appello, come formulato in ricorso (v. ricorso per cassazione, pag. 17), rinvio che priva il motivo della indispensabile specificità e completezza necessarie a consentire l'individuazione, sulla base della sola lettura del ricorso per cassazione e senza il sussidio di altre fonti, l'immediata e pronta risoluzione delle questioni da risolvere, non essendo la Corte di cassazione tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo (Cass. n. 4840 del 2006, Cass., n. 16360 del 2004, Cass. Sez. Un. 2602 del 2003, Cass. n. 4743 del 2001); i rilievi formulati assorbono la necessità di esame delle ulteriori questioni prospettate in tema di corretta interpretazione della previsione collettiva;

12. il secondo motivo del ricorso principale è fondato;

12.1. la sentenza impugnata ha respinto il motivo con il quale il M. si era doluto del rilievo che nell'accertamento della responsabilità datoriale connessa alla violazione dell'art. 2087 c.c., era stato conferito alla colpa del lavoratore; il giudice di primo grado aveva, infatti, escluso il nesso causale tra il danno addotto e la condotta della società ritenendo irrilevante che la malattia fosse stata occasionata nell'ambito dello svolgimento dell'attività lavorativa e ravvisando esclusivamente nel M. la fonte e la causa dei disagi denunziati; il giudice di appello prosegue in questo ordine di idee valorizzando la circostanza della posizione apicale del M. per cui lo stesso ben avrebbe potuto, in sintesi, modulare diversamente la propria prestazione nel senso di assicurarsi la adeguata fruizione delle ferie, ridimensionare i carichi di lavoro ecc.;

12.2. la Corte distrettuale, laddove mostra di individuare nella condotta del lavoratore un fattore esclusivo di interruzione del nesso causale tra la condotta datoriale e l'eventuale danno derivato al M. dalle gravose modalità di espletamento dell'attività lavorativa, incorre in errore di diritto; secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, infatti, ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c. - la quale non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva - al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, incombe l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e, tra queste, di aver vigilato circa l'effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al dipendente non potendo il datore medesimo essere totalmente esonerato da responsabilità in forza dell'eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non quando la condotta di quest'ultimo, in quanto del tutto imprevedibile rispetto al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell'evento (Cass. n. 3786 del 2009, Cass. n. 4656 del 2011, Cass. n. 27127 del 2013);

12.3. è stato in particolare precisato che in materia di responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 c.c., gli effetti della conformazione della condotta del prestatore ai canoni di cui all'art. 2104 c.c., coerentemente con il livello di responsabilità proprio delle funzioni e in ragione del soddisfacimento delle ragioni dell'impresa, non integrano mai una colpa del lavoratore (Cass. n. 9945 del 2014) e che ai fini della sussistenza della responsabilità ex art. 2087 c.c., in relazione all'eccessivo carico di lavoro è irrilevante l'assenza di doglianze mosse dal lavoratore, così come l'ignoranza delle particolari condizioni in cui sono prestate le mansioni affidate ai dipendenti, che, salvo prova contraria, si presumono conosciute dal datore di lavoro in quanto espressione ed attuazione concreta dell'assetto organizzativo adottato dall'imprenditore. (Cass. n. 9945 del 2014 cit. e Cass. n. 14313 del 2017); in questa prospettiva è stata altresì esclusa la possibilità di monetizzazione delle ferie non fruite (v. Cass.,. 15952 del 2021 e giurisprudenza ivi citata).

12.4. in applicazione dei richiamati principi, il fatto che il lavoratore, per la sua posizione apicale, avesse la possibilità di modulare da un punto di vista organizzativo la propria prestazione, anche in relazione ai carichi di lavoro, alle modalità di fruizione delle ferire e dei riposi, non costituisce fattore di esclusione della responsabilità datoriale residuando pur sempre in capo al soggetto datore di lavoro un obbligo di vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la salute psicofisica del dipendente lavoratore al quale connettere la responsabilità ex art. 2087 c.c., salva la ipotesi che la condotta del lavoratore si configuri come abnorme e del tutto imprevedibile;

12.5. dalle considerazioni che precedono deriva la cassazione in parte qua della decisione con rinvio per il riesame della concreta fattispecie alla luce dei principi richiamati;

13. l'accoglimento del secondo motivo di ricorso principale assorbe la necessità di esame del terzo motivo;

14. il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto la censura di apparenza di motivazione risulta genericamente argomentata; la tecnica di redazione del motivo, connotata dal mero rinvio ai motivi di appello quali riassunti dalla sentenza impugnata, non è idonea, già prima facie, a consentire sulla base della sola lettura del ricorso per cassazione, la verifica del vizio formalmente denunziato; il motivo inoltre presenta un ulteriore profilo di inammissibilità derivante dall'errore concettuale alla base della censura articolata che è quello di ritenere integrata la violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per il solo fatto della mancata risposta alle specifiche tesi difensive ed ai relativi argomenti laddove l'apparenza di motivazione è riscontrabile solo quando, pur a fronte di una motivazione graficamente esistente, non sia percepibile il fondamento della decisione perché la relativa esposizione reca argomentazioni illogiche, contraddittorie o perplesse tali da non permettere di individuarle, cioè di riconoscerle come giustificazione del decisum (v. tra le altre, Cass. Sez. Un. n. 22232 del 2016, Cass., n. 9105 del 2017; Cass. n. 20112 del 2009);

15. il quinto motivo di ricorso è inammissibile;

15.1. parte ricorrente, laddove assume che sulla base della inesatta interpretazione dell'atto introduttivo non è stata esaminata la domanda subordinata relativa alla mancata stipula della polizza per malattie comuni, mostra di denunziare l'error in procedendo del giudice di merito (Cass. n. 214121 del 2014, Cass. n. 17109 del 2009), la verifica del quale da parte del giudice di legittimità, verifica possibile mediante l'esame diretto dell'atto, rende indispensabile la trascrizione del contenuto della originaria domanda, come viceversa non avvenuto (Cass. n. 12664 del 2012, Cass. n. 4840 del 2006);

16. il sesto motivo di ricorso è inammissibile;

16.1. la sentenza impugnata ha respinto la domanda risarcitoria per perdita di chances, richiamando la valutazione di prime cure, che aveva ritenuto, fra l'altro, "comprensibile" la mancata erogazione del bonus, stante la crisi attraversata dalla società, e osservato che non erano stati dedotti, neppure in via indiziaria, elementi da cui desumere che vi fossero le condizioni di maturazione del diritto a tale emolumento;

16.2. parte ricorrente non censura validamente la statuizione di rigetto in quanto si limita ad allegare, senza dimostrare mediante completo ed esaustivo riferimento agli atti di causa ed al contenuto della originaria domanda, che la deduzione formulata concerneva, come asserisce in ricorso, (non il riconoscimento tout court del diritto al bonus ma) la violazione dell'obbligo di instaurare comunque una trattativa che potesse comportare un accordo sugli obiettivi da raggiungere; tantomeno trascrive, in violazione del disposto dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il contenuto del contratto individuale dal quale scaturiva il dedotto obbligo;

17. il settimo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di pertinenza con le ragioni della decisione;

17.1. la sentenza impugnata ha confutato l'affermazione del M. circa il fatto che la somma liquidata in più dal primo giudice in relazione alla indennità supplementare fosse comunque dovuta in considerazione di altre voci retributive spettanti al dirigente (ferie maturate sul preavviso, quota premio di produzione); ha in particolare osservato che la doglianza, oltre ad essere formulata in modo generico in quanto non faceva comprendere per quale ragione e secondo quale calcolo tali voci ammonterebbero alla differenza liquidata per eccesso dal primo giudice, era comunque infondata in quanto non erano indicati elementi, neanche nel ricorso di primo grado, per calcolare l'ulteriore eventuale incidenza di tali voci;

17.2. parte ricorrente non si confronta con la valutazione di genericità, inidonea quindi a determinare una pronunzia nel merito, della deduzione, valutazione configurante autonoma ratio decidendi giustificatrice del mancato accoglimento della pretesa; tanto meno specifica con riferimento all'originaria domanda le voci che avrebbero determinato il "credito" da portare in compensazione;

17.3. tanto è sufficiente a determinare la inammissibilità del motivo in esame;

Esame dei motivi di ricorso incidentale

18. Preliminarmente deve essere disattesa la eccezione di tardività del ricorso incidentale di Altaeco s.p.a. formulata dal ricorrente principale;

18.1. premesso che il controricorso con ricorso incidentale è stato notificato al M. a mezzo p.e.c. il (OMISSIS) ed è quindi tempestivo (perché nel rispetto del termine di 40 giorni dalla notifica del ricorso principale - 19 marzo 2018), la tesi del ricorrente principale secondo la quale in capo alla società datrice l'interesse ad impugnare preesisteva alla notifica del ricorso principale con il quale era stato impugnato un capo della decisione di secondo grado autonomo rispetto a quello investito con ricorso incidentale è da respingere alla luce della giurisprudenza maggioritaria di questa Corte secondo la quale la impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, ove l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto d'interessi derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, con la conseguenza che è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, (Cass., n. 25285 del 2020, Cass., n. 15770 del 2018);

19. il primo motivo di ricorso incidentale è fondato;

19.1. è innanzitutto da escludere l'eccepito difetto di interesse ad impugnare fondato sulla considerazione che la medesima società aveva dato atto dei versamenti rateali delle somme pretese in restituzione dalla società, versamenti effettuati spontaneamente dal M.; invero, alla stregua di quanto prospettato dalla odierna ricorrente incidentale, tra le parti residuava comunque un profilo di contrasto in ordine agli accessori sulle somme restituende (v. controricorso con ricorso incidentale, pag. 28) ed inoltre la spontanea esecuzione da parte del M. dell'obbligo restitutorio secondo un piano rateale, non esclude l'utilità giuridica per l'odierna ricorrente incidentale ad ottenere una statuizione di condanna alla restituzione, suscettibile di essere portata ad esecuzione in caso di mancato integrale adempimento del detto obbligo restitutorio e comunque configurante titolo per la legittima trattenuta delle somme spontaneamente corrisposte dal lavoratore;

19.2. nel merito si osserva che la sentenza di appello, pur dando atto della domanda di Altaeco di restituzione delle somme risultate non dovute, con relativi accessori, (v. sentenza, pag. 15, terzo capoverso), e pur dichiarando di accogliere la domanda in questione (sentenza, pag. 17, sesto capoverso), non adotta alcuna corrispondente statuizione nel dispositivo che si limita alla rideterminazione della indennità supplementare;

19.3. sussiste quindi il denunziato vizio di violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato alla stregua del quale si impone la cassazione della decisione in parte qua con rinvio alla Corte di merito anche per il riesame della domanda relativa agli accessori;

20. il secondo motivo di ricorso incidentale è inammissibile per novità della questione sollevata;

20.1. premesso che la sentenza impugnata ha ritenuto in contrasto con gli obblighi di correttezza e buona fede il diniego del datore di lavoro, in assenza di apprezzabile motivo, di concedere al dipendente le ferie richieste al fine di evitare il licenziamento per superamento del periodo di comporto e che tale decisione è coerente con l'insegnamento di questa Corte (Cass. n. 5078 del 2009, Cass. n. 7433 del 2016), la censura incentrata sull'assenza di interesse dimostrata dal M. alla prosecuzione del rapporto con Altaeco s.p.a. introduce una quaestio facti in relazione alla quale occorreva, al fine della relativa ammissibilità (Cass., n. 20694 del 2018, Cass., n. 15430 del 2018, Cass., n. 23675 del 2013, cit.) la allegazione e dimostrazione della avvenuta rituale deduzione di tale questione nel giudizio di merito, come viceversa non avvenuto;

21. il terzo motivo di ricorso incidentale è inammissibile per difetto di pertinenza delle censure articolate - che concernono il merito della domanda volta all'accertamento della copertura assicurativa inclusiva anche delle malattie professionali - con la effettiva ragione alla base del decisum sul punto, rappresentata dall'assorbimento della questione per effetto del rigetto della domanda del M. volta all'accertamento della origine lavorativa della patologia sofferta;

22. in conclusione, in base alle considerazioni in fatto ed in diritto che precedono, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso principale, con dichiarazione di inammissibilità degli altri motivi e assorbimento del terzo motivo; deve essere altresì accolto il primo motivo di ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo, e dichiarato inammissibile il terzo;

23. alla Corte di rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.
 


La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso principale, dichiara inammissibili gli altri, assorbito il terzo motivo; accoglie il primo motivo di ricorso incidentale, assorbito il terzo, e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese di legittimità, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.