Cassazione Penale, Sez. 3, 01 febbraio 2022, n. 3559 - Plurime violazioni dell'imprenditrice alloglotta ed estinzione del reato. Sussiste un obbligo giuridico di traduzione degli atti in cinese?


 

 

Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: MACRI' UBALDA Data Udienza: 22/09/2021
 

 

Fatto

 

1. Con sentenza in data 6 ottobre 2020 il Tribunale di Firenze ha condannato Y.C. alle pene di legge per i reati di cui agli art. 64 comma 1 e 68 comma 1 d.|gs. n. 81 del 2008, perché non aveva effettuato il controllo semestrale degli estintori e non aveva provveduto a rendere conformi a legge i luoghi di lavoro dove si preparavano e consumavano i pasti in contrasto con il punto 1.11.2.4, e per il reato di cui agli art. 71 comma 1 e 87 comma 2, perché non aveva messo a disposizione dei lavoratori le attrezzature di lavoro conformi ai requisiti di cui all'art. 70, idonee ai fini della salute e adeguate al lavoro da svolgere: il macchinario utilizzato era privo di targhetta CE ed era in contrasto con il punto 6.1., parte 1, allegato V, d.lgs. n. 81 del 2008.

2. Il Pubblico ministero presenta due motivi di ricorso.
Con il primo deduce la violazione di legge in ordine agli artt. 20, 21, 24 d.lgs. n. 758 del 1994 e 143 cod. proc. pen., perché non v'era un obbligo giuridico di traduzione degli atti in cinese. Non tutti gli atti compiuti dalla polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni dovevano essere tradotti nella lingua nota all'indagata alloglotta. La prescrizione dell'art. 20 non rientrava negli atti tipici per i quali l'art. 143, comma 2, cod. proc. pen. imponeva l'obbligo di traduzione scritta e, del resto, il foglio di prescrizione e, a maggior ragione, il successivo atto di diffida al pagamento della sanzione amministrativa non costituivano documenti contenenti un'accusa, destinata a essere compiutamente formulata solo nell'atto con cui il Pubblico ministero esercitava l'azione penale. Il meccanismo procedurale per consentire al contravventore di fruire della causa di estinzione del reato prevista dall'art. 24, comma 1, d.lgs. n. 758 del 1994 era stabilito per legge e si doveva ritenere conosciuto dai destinatari dei precetti stabiliti in materia di igiene e sicurezza sul lavoro. L'imprenditore-datore di lavoro, indipendentemente dal fatto di essere alloglotta, era tenuto a conoscere, non solo le norme disciplinanti la propria attività, che gl'imponevano di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, ma anche le conseguenze penali che derivavano dalla violazione di tale obbligo nonché le scansioni procedurali previste dalla legge italiana per fruire della causa di estinzione del reato, dell'obbligo di regolarizzazione e delle conseguenze derivanti dall'inadempimento delle relative prescrizioni.
Con il secondo denuncia il vizio di motivazione, perché il Giudice non aveva dato alcun rilievo alla lettera di accompagnamento recante la seguente dicitura tradotta anche in cinese: "Si avvisa che per qualsiasi informazione, assistenza, traduzione degli atti o richiesta di chiarimenti vi potrete rivolgere presso questo Dipartimento di Prevenzione chiamando il numero verde 800.554.952". Analoga dicitura era stata apposta in calce alla lettera di accompagnamento dello stesso foglio di prescrizione notificato all'indirizzo pec indicato dalla prevenuta nel primo sopralluogo ispettivo. Segnala che l'imputata non solo non aveva attivato la traduzione in cinese, ma aveva ottemperato al foglio di prescrizioni che non era tradotto in cinese, così dimostrando la conoscenza della lingua italiana .

3. Il difensore dell'imputata presenta una memoria con la quale rappresenta che l'assistita non conosceva la lingua italiana, come emerso dalla necessità dell'interprete, e aveva ottemperato alle prescrizioni per dimostrare la sua buona fede; ciò nondimeno, non aveva avuto alcuna consapevolezza della necessità del pagamento di una sanzione amministrativa; richiama in suo favore la sentenza di primo grado che l'aveva assolta perché il fatto non costituisce reato, difettando l'elemento soggettivo e non essendovi la prova della sua negligenza.

 

Diritto




4. Il ricorso è fondato.
Il Giudice, pur dando atto che l'imputata aveva ottemperato alle prescrizioni impartite, ha poi ritenuto il difetto dell'elemento psicologico perché non aveva pagato la sanzione siccome il verbale non era stato tradotto in cinese. La decisione è contraddittoria, poiché sia il foglio di prescrizioni che il verbale recante la sanzione non erano tradotti in cinese, ma l'imputata aveva dato seguito alle prescrizioni ignorando la sanzione.
La decisione difetta, inoltre, della valutazione di un elemento decisivo e cioè che negli atti era riportato l'avvertimento in cinese delle modalità per chiedere l'assistenza linguistica necessaria, di cui l'imputata non si è servita.
S'impone pertanto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata affinché altro Giudice del Tribunale di Firenze compia un nuovo giudizio.



 

P.Q.M.
 


Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Firenze, in diversa persona fisica
Così deciso, il 22 settembre 2021