Categoria: Cassazione civile
Visite: 2359

Cassazione Civile, Sez. 6, 09 febbraio 2022, n. 4209 - Danno biologico differenziale a seguito di infortunio



Presidente: DORONZO ADRIANA

 

Rilevato che:
con la sentenza n. 165 del 2020 la Corte d'appello di Ancona, accogliendo in parte l’appello incidentale proposto dall’Inail e confermando per il resto la sentenza di primo grado, ha condannato la società Synergy s.r.l. ed il suo legale rappresentante A.P.R. nonché la società chiamata in manleva Aviva Italia s.p.a. al pagamento in favore di G.S. della somma di euro 163.985,08 a titolo di danno biologico differenziale subito a seguito dell’infortunio subito 7.1.2014 oltre euro 1.342,00 per rimborso spese, nonché della somma di euro 315.600,00 a favore dell’Inail che aveva agito in via di regresso;
avverso detta sentenza la società Aviva Italia s.p.a. propone ricorso affidato a un motivo, illustrato da memoria, e l’Inail oppone difese depositando controricorso; Synergy s.r.l., A.P.R. e G.S. sono rimasti intimati.
 

 

Considerato che
1. con l’unico motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965, 1, comma 1126 della legge n. 145 del 2018, 3 sexies del d.l. n. 34 del 2019 (convertito dalla legge n. 58 del 2019), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, il Tribunale e poi la Corte distrettuale, dapprima calcolato correttamente il danno biologico differenziale spettante al lavoratore infortunato (pari a euro 163.985,08 ricavati dalla sottrazione di euro 151.614,92, erogate dall’Inail, da euro 315.600,00, corrispondente al danno civilistico complessivo) e poi liquidato all’ente previdenziale, che agiva in via di regresso, la somma di euro 315.600,00, con la conseguenza di emettere una condanna per un importo complessivo, euro 163.985,08 a favore del lavoratore e euro 315.600,00 a favore dell’Inail pari a complessivi euro 478.985,08, esorbitante il danno civilistico accertato (pari a euro 315.600,00). E’ stato dunque violato il principio secondo cui limite invalicabile per l’azione di regresso è costituito da quanto eventualmente dovuto al danneggiato dall’autore del danno secondo le norme generali poste in materia di responsabilità civile per fatto illecito. Nulla poteva essere riconosciuto né al lavoratore né all’Inail in sede di regresso a titolo di danno patrimoniale, visto che la sentenza di primo grado aveva statuito che a tale ultimo titolo nulla era dovuto. Nessuna interferenza può costituire la novella apportata all’art. 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965, dall’art. 1, comma 1126 della legge n. 145 del 2018, in quanto non applicabile ratione temporis alla fattispecie e successivamente abrogata dall’art. 3 sexies del d.l. n. 34 del 2019.
2. Il ricorso è per una parte inammissibile e per la parte residua manifestamente infondato.
3. La Corte territoriale, in ordine alla quantificazione del danno, a favore del lavoratore, rigettando il quinto motivo di ricorso in appello proposto dalla società assicurativa e confermando la pronuncia di primo grado, ha precisato che la quantificazione del danno non patrimoniale era, in base ai criteri di natura civilistica, complessivamente pari a euro 315.600,00 e che, applicato il criterio di scomputo per poste omogenee, le somme differenziali spettanti all’infortunato erano (detratto l’importo di euro 151.614,92 già liquidato a titolo di danno biologico dall’Inail) pari a euro 163.985,08. Ha, inoltre, ritenuto di respingere la “lamentela” contenuta nei motivi di appello proposto dalla società assicurativa (di cui al quarto motivo, come da estratto riportato dalla società nel presente ricorso) circa l’eccedenza del danno posto a carico del datore di lavoro rispetto a quello subito dal lavoratore, rilevando l’errore di prospettazione effettuato dalla suddetta società assicurativa nel sommare poste che “hanno titolo diverso e spettano a soggetti diversi”: devono, invero, tenersi distinti gli importi dovuti all’Inail a titolo di azione di regresso ex art. 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965 (che comprendono quanto erogato, o da erogarsi, dall’ente previdenziale all’infortunato sia per danno biologico sia per danno patrimoniale) dalle somme dovute, a titolo di danno differenziale, al lavoratore in base ai principi civilistici di responsabilità risarcitoria.
4. La Corte si è pertanto conformata ai principi statuiti da questa Corte secondo cui l'INAIL, con l'azione di regresso prevista dal D.P.R. n. 1124, artt. 10 ed 11 cit., agendo contro il datore di lavoro dell'assicurato infortunato, fa valere in giudizio un diritto proprio, nascente direttamente dal rapporto assicurativo (cfr. Cass. n. 4015 del 1992, Cass. n. 8467 del 1994, Cass. n. 3288 del 1997, Cass. nn. 970 e 16141 del 2004, Cass. nn. 6212 e 8136 del 2008), spiegando un'azione nei confronti del datore di lavoro, che ha violato la normativa sulla sicurezza sul lavoro, in qualche misura assimilabile ad un'azione di risarcimento danni promossa dall'infortunato, tanto che il diritto viene esercitato entro i limiti del complessivo danno civilistico ed è funzionalizzato a sanzionare il datore di lavoro, consentendo contestualmente all'Istituto assicuratore di recuperare quanto corrisposto al danneggiato (cfr. Cass. n. 5160 del 2015, Cass. n. 5134 del 2011).
5. Le ulteriori doglianze prospettate con il motivo di ricorso (e ribadite in memoria) appaiono nuove e, perciò, inammissibili, non essendo stata la questione del limite del rimborso in via di regresso da limitare, nel caso di specie, alle somme erogate dall’Inail a titolo esclusivo di danno non patrimoniale (implicante un accertamento di fatto), specificamente trattato nella decisione impugnata, che si occupa, invece, più in generale della comparazione tra danno civilistico complessivamente accertato a favore del lavoratore (euro 315.600,00, preso a riferimento come limite massimo posto alla pretesa dell’Inail) e rimborso dovuto in sede di regresso all’Inail (contenuto nel limite del danno civilistico di euro 315.600,00). In particolare, la sentenza impugnata non contiene alcuna statuizione circa la sussistenza e l’entità di un danno patrimoniale (oltre a quello non patrimoniale) spettante al lavoratore, né il ricorrente ha indicato i tempi e i modi della tempestiva introduzione di detta questione nel giudizio di primo grado e, quindi, della sua devoluzione al Giudice del gravame.
6. In conclusione il motivo di ricorso va respinto e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ. a favore dell’ente previdenziale controricorrente; nulla spese nei confronti delle parti rimaste intimate.
 

P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità a favore dell’Inail, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 7.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 11 gennaio 2022