Cassazione Penale, Sez. 4, 14 febbraio 2022, n. 5139 - Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro


 

 

Presidente: DI SALVO EMANUELE Relatore: D'ANDREA ALESSANDRO
Data Udienza: 18/01/2022
 

Fatto


1. Con ordinanza del 25 marzo 2021 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha rigettato l'istanza di riesame proposta da R.R. avverso il decreto di sequestro preventivo della omonima ditta individuale emesso dal G.I.P. del Tribunale di Palmi in data 12 febbraio 2021, in relazione ai delitti di cui agli artt.: 81, 110, 603-bis cod. pen. (capo 1), tra gli altri contestato al padre della ricorrente R.F.; 81, 110, 512-bis cod. pen. (capo 2), ascritto in concorso a R.F. e R.R..
Il giudice del riesame ha, in primo luogo, giustificato la permanenza del vincolo cautelare in ragione della ritenuta ricorrenza di un pregiudicato quadro indiziario gravante a carico di R.F. - pluripregiudicato orbitante in ambienti di criminalità organizzata di matrice "'ndranghetistica", considerato titolare effettivo dell'Impresa agricola "Attiva", con sede legale in Rizziconi (RC), formalmente intestata alla di lui figlia R.R. - in ordine all'integrazione del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravato dall'aver utilizzato lavoratori in numero superiore a tre, per aver quasi quotidianamente assunto ed impiegato presso la sua azienda, attraverso la costante intermediazione di "caporali" da lui direttamente contattati, lavoratori extracomunitari sottoposti a condizioni di sfruttamento e di approfittamento del loro stato di bisogno.
Nell'ordinanza è stato diffusamente esplicato come la misura sia stata applicata all'esito di una complessa attività di indagine finalizzata all'emersione dello sfruttamento della manodopera dei braccianti agricoli e alla repressione del c.d. "caporalato" nei territori della Piana di Gioia Tauro - ove numerosi extracomunitari vivono in condizioni di assoluto degrado, dislocati in tendopoli, baraccopoli o centri containers in assenza delle più elementari condizioni igienico-sanitarie - che aveva, infine, condotto all'applicazione di misure cautelari nei confronti di numerosi soggetti indagati.
La gravità indiziaria a carico di R.F. - al momento dei fatti sottoposto ad affidamento terapeutico ex art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990, per il recupero dalla dipendenza da alcool - era stata, in particolare, desunta dalle risultanze dell'attività di intercettazione, dagli esiti dei servizi di osservazione e controllo svolti dalla P.G. e dalle sommarie informazioni testimoniali rese da parte di alcuni braccianti agricoli.
Di tali risultanze è stata data ampia rappresentazione dal Tribunale del riesame, in particolar modo evidenziando come l'indagato avesse utilizzato un nutrito numero di braccianti extracomunitari, destinati al lavoro presso l'azienda di cui era il dominus, sfruttandone lo stato di bisogno, per come evincibile: dalle condizioni alloggiative degradanti; dalla scarsa entità della retribuzione loro corrisposta; dal mancato rispetto delle norme contrattuali collettive, in particolar modo riguardanti il trattamento economico, l'orario di lavoro e le condizioni di sicurezza dei lavoratori.
Il Tribunale del riesame ha, quindi, ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza anche in relazione al delitto di trasferimento fraudolento di valori, di cui all'art. 512-bis cod. pen., nei confronti di R.F. e R.R., nella ritenuta modalità fittizia con cui l'azienda agricola (dotata di terreni in Sovereto di Gioia Tauro e Rizziconi) era stata trasferita dal genitore alla figlia, al fine di eludere le disposizioni dettate in materia di misure di prevenzione patrimoniale. R.F. era, infatti, soggetto pluripregiudicato per reati contro il patrimonio, destinatario di misura di prevenzione personale, condannato per reato ex art. 416- bis cod. pen., e dunque presumibilmente esposto all'azione di prevenzione patrimoniale al momento di costituzione dell'impresa agricola.
Il giudice del riesame ha, infine, ritenuto la ricorrenza di stringenti esigenze di cautela in ragione del pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per cui si procede, osservando come il sequestro dell'impresa fittiziamente intestata a R.R. sia stato correttamente disposto per finalità impeditive, altrimenti essendo assai presumibile, in carenza di interposizione del vincolo sull'azienda, l'ulteriore commissione dei medesimi crimini, ovvero l'aggravamento delle conseguenze da essi scaturenti.

2. Avverso l'indicata ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di R.R., deducendo violazione di legge in relazione all'art. 512-bis cod. pen.
Viene, in particolare, lamentata la maniera illogica ed apodittica con cui il Tribunale del riesame avrebbe motivato sulle doglianze difensive eccepite in sede di riesame. Il rigetto sarebbe stato giustificato, cioè, dal pericolo di reiterazione del reato, senza tener conto degli elementi di contrasto dedotti con le prodotte memorie.
Con il ricorso viene, in particolare, censurata la gravata ordinanza per aver omesso di rispondere alle doglianze riguardanti l'insussistenza del fumus del delitto ex art. 512-bis cod. pen.
Non sarebbe stata provata, in particolare, la provenienza illecita delle risorse economiche impiegate, anzi addirittura eccependosi, in proposito, la contraddittorietà con cui il giudice del riesame aveva, al contempo, ritenuto l'indiziaria integrazione di tale reato e la possibile provenienza lecita delle risorse investite da R.F.. Il Tribunale del riesame, cioè, avrebbe omesso di verificare la ricorrenza dei presupposti fattuali necessari per l'integrazione del delitto di intestazione fittizia di beni, ed in particolare: l'investimento di denaro da parte del socio occulto; la provenienza illecita di tali beni; la concreta possibilità di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali in danno del R..
Sotto altro profilo, la ricorrente ha eccepito l'illogicità del ragionamento svolto dal giudice del riesame per non aver in alcun modo considerato la liceità con cui la propria azienda era stata gestita dal padre durante il periodo di sua assenza - coincidente con la fase di svolgimento dell'attività investigativa -, in quanto a lungo impedita per una diagnosticata, e documentalmente provata, gravidanza a rischio, con successive complicanze legate ad una patologia sofferta dalla neonata figlia.
Da ultimo, viene criticata l'impugnata ordinanza nella parte in cui ha rappresentato le esigenze di permanenza del vincolo cautelare all'azienda in ragione della possibile reitera di delitti analoghi a quelli per cui si procede, perché ritenuta palesemente contraddittoria con il passaggio motivazionale in cui è stato evidenziato che il padre - oltre che il fratello - della R. è attualmente ristretto, e, quindi, privato della possibilità di reiterare le condotte delittuose indiziariamente ascrittegli.

 

Diritto
 



1. Il proposto ricorso è manifestamente infondato, e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

2. A tale proposito deve essere preliminarmente osservato che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, Mariano, Rv. 215840-01). Non è necessario, quindi, valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Armeli, Rv.273069-01),
con la precisazione che il giudice deve, comunque, verificare in modo puntuale e coerente gli elementi in base ai quali desumere l'esistenza del reato astrattamente configurato, in quanto la "serietà degli indizi" costituisce presupposto per l'applicazione delle misure cautelari reali (cfr., in questi termini, Sez. 5, n. 3722 del 11/12/2019, dep. 2020, Gheri, Rv. 278152-01; Sez. 3, n. 37851 del 04/06/2014, Parrelli, Rv. 260945-01).
In sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali è, quindi, demandata al giudice una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata.
Va, poi, ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893- 01; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093-01). Il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell'art. 325, comma 1, cod. proc. pen., può, quindi, essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa; il vizio logico, infatti, va distinto dalla motivazione meramente apparente essendo il primo configurabile solo in relazione ad una motivazione presente (così, tra le altre, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129-01; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Ferrazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710-01).

3. Nella specie, il Tribunale del riesame ha espresso una motivazione del tutto adeguata in ordine al fumus commissi delicti, valutando compiutamente un corposo compendio probatorio ed evidenziando diversi elementi fattuali di natura indiziante in ordine all'attribuzione fittizia a R.F. dell'impresa individuale intestata alla figlia R.R., rilevanti, quindi, ai fini della configurabilità del reato contestato.
Va, poi, ricordato che il delitto di trasferimento fraudolento di valori ex art. 512-bis cod. pen. rappresenta una fattispecie a forma libera che si concretizza nell'attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di denaro o altro bene o utilità, sicché colui che si renda fittiziamente titolare di tali beni, con lo scopo di aggirare le norma in materia di prevenzione patrimoniale, risponde a titolo di concorso nella stessa figura criminosa posta in essere da chi ha operato la fittizia attribuzione, in quanto con la sua condotta cosciente e volontaria contribuisce alla lesione dell'interesse protetto dalla norma (cfr. Sez. 2, n. 35826 del 12/07/2019, Como, Rv. 277075 - 01).
Orbene, a fronte dell'adeguato percorso argomentativo reso dal giudice del riesame, la ricorrente articola motivi che si sostanziano solo in mere censure di merito afferenti alla motivazione esposta dal Tribunale a fondamento del provvedimento di rigetto dell'istanza di riesame. Le doglianze in questa sede espresse sono, pertanto, inammissibili, risolvendosi essenzialmente nella formulazione di rilievi in fatto concernenti la motivazione del provvedimento impugnato che, alla luce dei principi di diritto in precedenza esposti, non è consentito proporre in questa sede.

4. In ogni modo, ferma la definitività della superiore conclusione, appare corretta la valutazione espressa dal giudice del riesame per cui, anche ove si volesse accedere alla tesi difensiva dell'insussistenza del reato di trasferimento fraudolento di valori, l'estraneità della ricorrente al delitto indiziariamente contestatole non farebbe venir meno la necessità del mantenimento del vincolo cautelare imposto.
In proposito, infatti, appare corretto il richiamo effettuato al principio, reiteratamente espresso da parte di questa Corte, per cui il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (così, espressamente, Sez. 3, n. 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691-01; ma cfr. anche, in conformità, Sez. 3, n. 1806 del 04/11/2008, dep. 2009, Pepe, Rv. 242262-01).

5. Deve, pertanto, essere conclusivamente dichiarata l'inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cast., sent . n. 186/2000).

 

P. Q. M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 gennaio 2022