Cassazione Penale, Sez. 4, 16 febbraio 2022, n. 5417 - Grave infortunio dell'operaio che precipita dalla scala a pioli. La Suprema Corte annulla con rinvio la sentenza di assoluzione del datore di lavoro


 

Presidente: FERRANTI DONATELLA Relatore: BELLINI UGO
Data Udienza: 21/01/2022
 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Firenze con sentenza in data 23 Giugno 2020, in riforma della sentenza del Tribunale di Firenze, mandava assolti gli imputati T.V. e T.G. dal reato loro ascritto di lesioni colpose gravissime ai danni del dipendente D.A., che precipitava da una scala a pioli mentre era intento a eseguire un lavoro di rimozione di alcuni cavi in acciaio cui erano collegati impianti di illuminazione sulla parete di edificio destinato a culto, procurandosi lesioni verosimilmente insanabili alla integrità fisica conseguenti a trauma cranio facciale con fratture delle ossa del cranio e focolai emorragici diffusi.
Agli imputati, quali titolari della società edile T. Omilde e Figli e C. s.n.c. veniva contestata l'inosservanza ad una serie di disposizioni del D.L.vo 9 Aprile 2008 n.81, per la mancata predisposizione e fornitura di dispositivi di protezione individuale nonché per non aver verificato che venissero adottati i suddetti dispositivi in relazione ai rischi specifici della lavorazione (art.74, 75 e 76), per la mancata previsione nel POS delle specifiche lavorazioni in quota cui era stato assegnato il lavoratore e per la omessa previsione dei rischi inerenti tale attività, delle misure di prevenzione adottate e dei dispositivi di sicurezza di cui gli operai avrebbero dovuto avvalersi (art.96 comma 1 lett.g); per la mancata previsione di strumenti di lavoro più idonei trattandosi di lavorazione da svolgersi in quota e che comportava un uso prolungato dello strumento (art.111 commi 1 e 3), laddove la scala utilizzata non consentiva punti di appoggio o di presa sicuri (art.113 comma 7) e per non avere disposto e preteso che il lavoratore utilizzasse sistemi di protezione idonei per l'uso specifico che consentissero l'ancoraggio, l'imbracatura, guide o linee vita che assicurassero un collegamento a parti stabili delle opere (art.115 commi 1 e 3).
3. Il giudice distrettuale, premessa la correttezza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado e rilevato che il datore di lavoro aveva già da tempo organizzato e predisposto l'esecuzione del lavoro in quota mediante l'intervento di un carro ponte dotato di braccio elevatore, che l'impiego della scala da parte del lavoratore costituiva una iniziativa autonoma del lavoratore verosimilmente determinata dalla richiesta della parte committente e che i titolari della società datrice di lavoro non erano presenti sul luogo di lavoro, riconosceva che nessun addebito di colpa potesse essere mosso agli imputati, in ragione del comportamento abnorme e imprevedibile del lavoratore. Assumeva ancora che neppure poteva ad essi attribuirsi alcuna responsabilità per non avere indicato nel POS i rischi connessi a tale tipo di lavorazione in altezza e gli strumenti da impiegare e le misure di sicurezza di porre in opera, atteso che il lavoro era stato eseguito con modalità scorrette e pericolose che mai avrebbero dovuto essere poste in essere e, pertanto, neppure codificate o regolamentate, in quanto per eseguire l'intervento l'impresa appaltatrice aveva previsto l'impiego di prestazioni di una ditta terza e di una apposita macchina elevatrice.
4. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa della Parte civile INAIL la quale ha introdotto quattro motivi di ricorso.
Con il primo motivo denuncia violazione di legge per mancato assolvimento dell'obbligo di una motivazione rafforzata, dotata di forza persuasiva superiore, che desse conto, con un articolato e autonomo ragionamento logico giuridico, delle diverse conclusioni raggiunte attraverso una rinnovata e ponderata valutazione delle emergenze istruttorie, non limitandosi a cancellare il costrutto argomentativo della decisione del primo giudice sostituendolo con una valutazione del tutto difforme peraltro attraverso una travisata interpretazione degli elementi probatori.
Invero con una seconda articolazione deduce difetto motivazionale in relazione alla esclusione di responsabilità in capo agli imputati evidenziando il travisamento della prova relativa alle modalità di esecuzione degli interventi in quota. Sulla base di una serie di riferimenti alle risultanze istruttorie la parte civile ricorrente era a contestare il principale argomento che fondava la sentenza assolutoria, e cioè che gli interventi in quota relativamente allo sganciamento dei cavi che sorreggevano impianti di illuminazione avrebbero dovuto essere eseguiti mediante un carro ponte con braccio e noleggiato per l'incombente; all'uopo richiamava alcuni esiti testimoniali e la sequenza degli interventi che avevano interessato i cavi posti più in alto, l'orario di inizio di tali lavori, l'organizzazione del cantiere da parte del datore di lavoro T.G. che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, era stato visto in cantiere all'inizio della giornata, alla totale indifferenza del susseguirsi degli interventi in quota da parte dei lavoratori rispetto alla comunicazione della notizia che la ditta fornitrice del carro ponte non sarebbe intervenuta nel cantiere. Da tali elementi testimoniali e logici il ricorrente inferiva che i lavori che avrebbero dovuto essere eseguiti con l'ausilio del carro ponte erano quelli da realizzarsi sulla sommità dell'edificio, mentre lo spostamento dei cavi e degli elementi di illuminazione agli stessi collegati era un lavoro preliminare e propedeutico che avrebbe consentito al mezzo meccanico di potersi spostare in libertà all'interno della piazzetta che i cavi intersecavano ad una quota di circa 5 metri e mezzo di altezza.
Con una terza articolazione deduce violazione di legge in relazione agli art.89, 96, 97 e 159 D.Ls.vo 81/2008 con riferimento alla ritenuta inesigibilità della condotta contestata ed alla ritenuta insussistenza della violazione delle prescrizioni antinfortunistiche.
Assume il ricorrente che faceva certamente obbligo al datore di lavoro di regolare nel POS le modalità di esecuzione degli interventi in quota, compresi quelli concernenti lo sganciamento e la rimozione dei cavi in oggetto, trattandosi di interventi preliminari e indispensabili per procedere alle opere di ristrutturazione e di manutenzione e che tale obbligo sussisteva anche se per tali interventi l'appaltatore avesse inteso farsi assistere da un prestatore di opera esterno, facendo onere sul datore di lavoro di analizzare e considerare tutti i possibili fattori di pericolo da affrontare nel corso delle lavorazioni, quali quelli connessi alla rimozione di cavi aerei agganciati alle pareti dell'edificio da manutenere e comunque indicare le modalità più sicure e idonee per provvedervi. A fronte della nuova lavorazione commissionata la impresa T. avrebbe dovuto aggiornare il POS indicando le specifiche lavorazioni da eseguire in quota e le misure preventive adottate anche mediante il richiamo all'utilizzo di un carro ponte, con indicazione delle misure di sicurezza connesse a tale impiego quali la messa in sicurezza dell'area complessiva di intervento.
Assume ancora parte ricorrente come la Corte di Appello abbia del tutto omesso di considerare che alla base dello scorretto intervento della persona offesa vi era una carente e non documentata programmazione della complessiva operazione di rimozione dei cavi e la omessa indicazione delle esiziali precauzioni che dovevano accompagnare tale fase che presentava profili di complessità, per l'ubicazione dei cavi, la tensione degli stessi e il fatto che sostenessero elementi di illuminazione, nonché per il complessivo ambiente che circondava il luogo di lavoro.
Con un'ultima articolazione denuncia violazione degli art.40 comma 2 e 41 comma 2 cod.pen., nonché dell'art.2087 cod.civ., con riferimento alla ritenuta abnormità della condotta del lavoratore e della riconosciuta sussistenza di una causa interruttiva del nesso causale, tra la condotta omissiva degli imputati e l'evento infortunistico.
A tale proposito evidenzia come, se da un lato non risultavano essere state impartite dal datore di lavoro, pure presente in cantiere, specifiche istruzioni sugli interventi da eseguire, dall'altro la opera del dipendente era risultata tutt'altro che abnorme, in quanto si era inserita nel segmento della lavorazione oggetto del rapporto di appalto, in assenza di specifici divieti da parte del datore di lavoro e realizzata nell'ambito di una palese situazione di carenza di apprestamento di misure di prevenzione e di salvaguardia, come peraltro evidenziato dalla mancata previsione della lavorazione nel POS, laddove il giudice di appello aveva relegato l'ipotesi di responsabilità datoriale alla sola ipotesi in cui il datore di lavoro fosse stato a conoscenza dell'iniziativa del lavoratore o l'avesse incoraggiata.

 

Diritto




1. Quanto alla posizione dell'imputato T.V., che risulta deceduto nelle more della discussione, come da certificato di morte depositato dall'avv.to GAMBARELLI Paolo in data 15 Dicembre 2021, deve essere pronunciata l'inammissibilità del ricorso proposto dalla parte civile, non potendosi instaurare il contraddittorio tra le parti in quanto, essendo l'azione civile inserita nel processo penale, non possono trovare ingresso le disposizioni processuali civili che disciplinano l'istituto della interruzione del processo in ipotesi di morte di una delle parti o dei loro difensori (sez.6, n.27309 del 3 Giugno 2010, PG e PC in proc.Ferruzzi, Rv.247782), trattandosi di istituto incompatibile con le forme e le scansioni procedimentali del giudizio penale in assenza di una disciplina concernente la successione processuale nel rapporto controverso.

2. In relazione alla posizione di T.G. il ricorso proposto dalla parte civile è fondato con il conseguente annullamento della sentenza impugnata.
Invero le ragioni della sentenza assolutoria di appello che ha riformato la sentenza di condanna in primo grado risultano talmente minimali, assertive e illogiche da non imporre neppure il richiamo all'osservanza di una motivazione rafforzata, fondata su una rinnovata valutazione del materiale istruttorio e dotata di una forza persuasiva superiore che derivi da un autonomo ed esaustivo percorso argomentativo, pure richiesta dalla costante giurisprudenza di legittimità (sez.6, n.51898 del 11 Luglio 2019, 278056; sez.4, n.24439 del 16 Giugno 2021, Frigerio Anna, Rv.281404).
3. Alla base del ragionamento del giudice di appello soccorre un unico sillogismo: il giorno in cui si verificò l'infortunio il datore di lavoro aveva noleggiato un carro con braccio elevatore per eseguire interventi in quota, verosimilmente connessi anche alla rimozione dei cavi aerei agganciati all'edificio da ristrutturare e che per tale ragione il lavoratore non avrebbe dovuto issarsi con una scala lungo la parete dell'edificio per agevolare la disinstallazione di tali cavi. Poiché si era in presenza di un'iniziativa personale ed estemporanea del lavoratore di cui non aveva dato avviso al datore di lavoro, si era in presenza di una condotta eccentrica ed esorbitante del lavoratore e comunque nessun addebito di colpa poteva essere mosso al datore di lavoro in quanto le plurime regole cautelari che si assumeva da esso violate, garantivano la sicurezza di una prestazione lavorativa che nella specie non andava eseguita o andava svolta modalità diverse da quelle per cui le garanzie erano poste.
4. Il costrutto motivazionale presenta tutte le carenze argomentative indicate nei motivi di ricorso. In presenza di appalto di opere da realizzare in quota rientrava certamente nei compiti dell'impresa appaltatrice quello di eseguire tutti gli interventi preliminari volti ad agevolare e a consentire la esecuzione degli interventi di ristrutturazione dell'edificio. Pertanto a carico dell'impresa appaltatrice era posta anche la rimozione, definitiva o provvisoria, degli elementi passanti, agganciati alle pareti del manufatto da restaurare, che ostacolavano la esecuzione degli interventi.
Ne consegue pertanto che nel piano operativo di sicurezza dell'impresa appaltatrice, ai sensi degli art.89, 96 lett.g) e 97 D.Lgs.vo n.81/2008 dovevano essere inserite anche le modalità di esecuzione di tali interventi, con previsione dei rischi connessi a tale lavorazione e con indicazione delle misure di sicurezza abbinate.
4.1 La totale assenza di una specifica regolamentazione nel POS dell'impresa appaltatrice non consente di affermare che la lavorazione sarebbe stata certamente appaltata a terzi o eseguita mediante il noleggio di un mezzo meccanico (carro-ponte), ma manifesta una carenza organizzativa e previsionale in relazione ad una fase dei lavori presi in appalto che, nondimeno, le maestranze dell'impresa esecutrice avrebbero dovuto supportare, coadiuvare e dirigere, in considerazione delle numerose e complesse articolazioni dei cavi che sorreggevano elementi illuminanti e gli incroci che gli stessi presentavano nell'ambito di spazi esterni intensamente frequentati.
4.2 L'assenza di qualsiasi previsione nel POS di tale complessa ed articolata attività era pertanto un primo argomento con il quale il giudice di appello avrebbe dovuto confrontarsi senza ricorrere al sillogismo, assertivo e congetturale, secondo cui per tali lavorazioni le maestranze non avrebbero dovuto intervenire. Invero una tale affermazione non trova il conforto di alcun atto processuale, se non la circostanza che il datore di lavoro aveva noleggiato una carro ponte, ma tale circostanza, come evidenziato nei primi due motivi di ricorso e specificato nel terzo, in cui si denuncia violazione di legge in punto di esigibilità della condotta, non cancella il dato, di per sé assorbente, della totale assenza di previsione nel POS delle modalità di svolgimento dell'intervento di sganciamento dei pesanti cavi di acciaio che collegavano le pareti dell'edificio. Le disposizioni in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni perseguono infatti il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire comprende il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro impedire l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e, come tali, latrici di possibili rischi per la sicurezza e la incolumità dei lavoratori (sez.4, 13.11.2011 Galante, n.m.; n.32507 del 16 Aprile 2019, Romano Anna, Rv. 276797 n. 35858 del 14 Setttembre 2021, Tamellini Giacomo, Rv. 281855) soprattutto allorquando, come nel caso in specie, le modalità lavorative non erano specificamente regolamentate e il lavoratore aveva assunto una iniziativa che non si poneva in contrasto con uno specifico divieto del datore di lavoro, che pure era presente in cantiere nelle prime ore della giornata, ed aveva operato con strumenti di lavoro presenti nel cantiere.
5. Va peraltro evidenziato che la Corte di Appello di Firenze non si è limitata ad escludere in capo al datore di lavoro l'esigibilità del rispetto delle regole cautelari che presiedevano lo svolgimento dell'attività lavorativa della persona offesa, ma ha ragionato in termini di esclusione del rapporto di causalità, pervenendo ad una pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto, sul presupposto che non era stato il T., pure presente in cantiere nelle prime ore della mattina, a sollecitare l'intervento del lavoratore con l'impiego della scala. L'affermazione si pone in contrasto con la giurisprudenza del giudice di legittimità. Depone infatti per la esclusione della interruzione del rapporto di causalità in presenza della imprudente condotta del lavoratore la giurisprudenza che limita la responsabilità del lavoratore nella causazione dell'infortunio quando, come nella specie, il sistema di sicurezza apprestato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità (sez.4, 17.1.2017, Meda, Rv.269255; 10.10.2013, Rovaldi, 259313; 2.5.2012 Goracci n.22044 non massimata; 7.2.2012, Pugliese, Rv.252373; 15.4.2010 n.21511, Di Vita, n.m.) e dia pertanto ingresso a iniziative personali volte ad accelerare le modalità di lavoro.
5.1 Manifestamente contraria ai principi espressi dal giudice di legittimità in plurime sentenze è la motivazione della sentenza impugnata quando ravvisa la abnormità della condotta del lavoratore e quindi l'interruzione del rapporto di causalità in ragione dell'iniziativa autonoma da questi assunta, intersecando il piano eziologico e quello della colpa laddove afferma che "vi sarebbe responsabilità solo se si dimostrasse che questi era a conoscenza delle decisioni assunte dal D.A., o le avesse addirittura suggerite". Invero è stato evidenziato dal S.C. che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento-morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento (la Suprema Corte ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (vedi sez.4, n. 23292 del 28.4.2011, Milio e altri, Rv.250710; n.16397 del 5.3.2015, Guida, Rv.263386; n.15124 del 13 Dicembre 2016, Gerosa ed altri, Rv.269603; n.33976 del 17 Marzo 2021, Vigo Antonio, Rv.281748). In tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro in quanto la mancata attuazione delle prescrizioni contenute nel Pos e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l'assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato sez.4, n.27871 del 20 Marzo 2019, Simeone Rv.276282).
Il giudice di appello ha pertanto fatto malgoverno dei principi che regolano la responsabilità del datore di lavoro pure in presenza di un comportamento imprudente del lavoratore ma, soprattutto, ha del tutto omesso di procedere ad una rinnovata valutazione del materiale istruttorio per formulare una plausibile alternativa ricostruzione dei fatti che potesse giustificare, sotto il profilo logico argomentativo, le diverse conclusioni assunte in ordine ai fondamentali nodi della causalità della colpa e delle ragioni per cui il datore di lavoro non fosse tenuto al rispetto delle regole cautelari in imputazione e della causalità materiale.

6. In relazione pertanto alla posizione dell'imputato T.G. la sentenza impugnata deve essere annullata agli effetti civili con rinvio, ai sensi dell'art.622 cod.proc.pen., al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui va demandata altresì la regolamentazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.
 



Annulla la sentenza impugnata nei confronti di T.G. con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda altresì la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.
Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti di T.V..
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 Gennaio 2022