Edizione provvisoria



SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

24 febbraio 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 8 – Articolo 12, lettera а) – Articoli 20 e 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Riduzione della durata normale del lavoro notturno rispetto a quella del lavoro diurno – Lavoratori del settore pubblico e lavoratori del settore privato – Parità di trattamento»

 

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

© Unione europea, http://eur-lex.europa.eu/



 

Nella causa C‑262/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria), con decisione del 15 giugno 2020, pervenuta in cancelleria il 15 giugno 2020, nel procedimento

VB

contro

Glavna direktsia «Pozharna bezopasnost i zashtita na naselenieto»

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente della Prima Sezione facente funzione di presidente della Seconda Sezione, I. Ziemele (relatrice), T. von Danwitz, P.G. Xuereb e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per VB, da V. Petrova, advokat;

– per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, da C. Valero e V. Bozhilova, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 settembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 12, lettera a), della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), nonché degli articoli 20 e 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra VB, un dipendente del servizio dei vigili del fuoco della Glavna direktsia «Pozharna bezopasnost i zashtita na naselenieto» kam Ministerstvo na vatreshnite raboti (direzione generale «Protezione antincendio e tutela della popolazione», presso il Ministero dell’Interno, Bulgaria) (in prosieguo: la «direzione generale “Protezione antincendio e tutela della popolazione”»), e la sua direzione generale, in merito al computo e alla retribuzione delle sue ore di lavoro notturno.

Contesto normativo

Diritto internazionale


3 L’articolo 8 della convenzione n. 171 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), del 26 giugno 1990, sul lavoro notturno prevede quanto segue:

«Le compensazioni accordate ai lavoratori notturni in materia di orario di lavoro, di salario o di simili vantaggi devono riconoscere la natura del lavoro notturno».

Diritto dell’Unione

4 I considerando da 6 a 8 e 10 della direttiva 2003/88 enunciano quanto segue:

«(6) Conviene tener conto dei principi dell’[OIL] in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, compresi quelli relativi al lavoro notturno.

(7) Alcuni studi hanno dimostrato che l’organismo umano è più sensibile nei periodi notturni ai fattori molesti dell’ambiente nonché a determinate forme di organizzazione del lavoro particolarmente gravose e che lunghi periodi di lavoro notturno sono nocivi per la salute dei lavoratori e possono pregiudicare la sicurezza dei medesimi sul luogo di lavoro.

(8) Occorre limitare la durata del lavoro notturno, comprese le ore straordinarie, e prevedere che il datore di lavoro che fa regolarmente ricorso a lavoratori notturni ne informi le autorità competenti, su loro richiesta.

(...)

(10) La situazione dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni esige che essi beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del lavoro e che i servizi e mezzi di protezione e prevenzione siano organizzati e funzionino efficacemente».

5 L’articolo 8 di tale direttiva, intitolato «Durata del lavoro notturno», è così formulato:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

а) l’orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le 8 ore in media per periodo di 24 ore;

b) i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno.

Ai fini della lettera b), il lavoro comportante rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali è definito dalle legislazioni e/o prassi nazionali o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto degli effetti e dei rischi inerenti al lavoro notturno».

6 L’articolo 12 di detta direttiva, intitolato «Protezione in materia di sicurezza e di salute», dispone quanto segue:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

а) i lavoratori notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del loro lavoro;

b) i servizi o mezzi appropriati di protezione e prevenzione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni siano equivalenti a quelli applicabili agli altri lavoratori e siano disponibili in qualsiasi momento».

Diritto bulgaro

Codice del lavoro


7 L’articolo 140 del kodeks na truda (Codice del lavoro) (DV n. 26, del 1° aprile 1986, e DV n. 27, del 4 aprile 1986), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «Codice del lavoro»), prevede quanto segue:

«(1) La durata normale settimanale del lavoro notturno per una settimana lavorativa di 5 giorni lavorativi non può superare le 35 ore. La durata normale del lavoro notturno in una settimana di 5 giorni lavorativi non può superare le 7 ore.

(2) Il lavoro notturno è il lavoro eseguito tra le 22.00 e le 6.00, periodo che si estende, per i lavoratori di età inferiore ai 16 anni, dalle 20.00 alle 6.00.

(...)».

Legge relativa al Ministero dell’Interno

8 L’articolo 142 della zakon za Ministerstvo na vatreshnite raboti (legge relativa al Ministero dell’Interno) (DV n. 53, del 27 giugno 2014), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge relativa al Ministero dell’Interno»), dispone quanto segue:

«1. I dipendenti del Ministero dell’Interno sono:

1) dipendenti pubblici – agenti di polizia e della direzione generale “Protezione antincendio e tutela della popolazione”;

2) dipendenti pubblici;

3) agenti contrattuali.

(...)

5. Lo status degli agenti contrattuali è regolato dalle disposizioni del Codice del lavoro e dalla presente legge.

(...)».

9 L’articolo 187 della legge relativa al Ministero dell’Interno prevede quanto segue:

«1. L’orario di lavoro normale per i dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno è di 8 ore al giorno e di 40 ore alla settimana per una settimana lavorativa di 5 giorni.

(...)

3. La durata del lavoro dei dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno è calcolata in giorni lavorativi su base giornaliera, mentre è calcolata su un periodo di 3 mesi per coloro che fanno turni di 8, 12 o 24 ore. (...) In caso di lavoro a turni, il lavoro notturno può essere eseguito dalle 22 alle 6 del mattino, ma la durata media del lavoro non deve superare le 8 ore per periodo di 24 ore.

(...)

9. Le modalità relative all’organizzazione e alla distribuzione dell’orario di lavoro dei dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno e alla sua contabilità, alla compensazione per il lavoro svolto da tali dipendenti al di fuori del normale orario di servizio, al sistema dei turni, dei periodi di riposo e di pausa di detti dipendenti sono determinate da un decreto del Ministro dell’Interno.

(...)».

10 L’articolo 188, paragrafo 2, di tale legge è formulato come segue:

«I dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno che lavorano tra le 22 e le 6 del mattino godono della protezione speciale prevista dal Codice del Lavoro».

11 Alcuni decreti adottati dal Ministro dell’Interno sulla base dell’articolo 187, paragrafo 9, di detta legge determinano le modalità relative all’organizzazione e alla distribuzione dell’orario di lavoro, alla compensazione per il lavoro svolto al di fuori del normale orario di servizio, nonché al sistema dei turni, dei periodi di riposo e di pausa per i dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno.

12 Così, la naredba n. 8121z-407 (decreto n. 8121z-407), dell’11 agosto 2014 (DV n. 69, del 19 agosto 2014) (in prosieguo: il «decreto del 2014»), prevedeva, al suo articolo 31, paragrafo 2, la conversione delle ore di lavoro notturno in ore di lavoro diurno mediante l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore correttivo. In applicazione di tale disposizione, alle ore di lavoro effettuate tra le 22 e le 6 del mattino si doveva applicare un coefficiente moltiplicatore pari a 0,143 e il risultato di una siffatta operazione doveva, successivamente, essere aggiunto al numero totale di ore lavorate nel periodo di cui trattasi.

13 Il decreto del 2014 è stato abrogato dalla naredba n. 8121z-592 (decreto n. 8121z-592), del 25 maggio 2015 (DV n. 40, del 2 giugno 2015), che è stata anch’essa abrogata dalla naredba n. 8121z-776 (decreto n. 8121z-776), del 29 luglio 2016 (DV n. 60, del 2 agosto 2016), le quali non prevedevano più un sistema di valorizzazione delle ore di lavoro notturno come quello stabilito all’articolo 31, paragrafo 2, del decreto del 2014.

14 Per quanto riguarda i lavoratori non appartenenti al Ministero dell’Interno, l’articolo 9, paragrafo 2, della naredba za strukturata i organizatsiata na rabotnata zaplata (decreto sulla struttura e sull’organizzazione delle retribuzioni) (DV n. 9, del 26 gennaio 2007; in prosieguo: il «decreto del 2007») è così formulato:

«Secondo i metodi di calcolo per la totalizzazione dell’orario di lavoro, le ore di lavoro notturno sono convertite in ore di lavoro diurno per mezzo di un coefficiente che riflette il rapporto tra la durata normale del tempo di lavoro diurno e notturno, definito per il relativo luogo di lavoro».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali


15 VB è un dipendente del servizio dei vigili del fuoco della direzione generale «Protezione antincendio e tutela della popolazione».

16 Durante il periodo compreso tra il 2 ottobre 2016 e il 2 ottobre 2019, VB ha svolto lavoro notturno. Per quanto riguarda la presa in considerazione di tale periodo, egli ritiene di avere diritto di beneficiare della valorizzazione delle ore di lavoro notturno prevista all’articolo 9, paragrafo 2, del decreto del 2007, ai sensi del quale la direzione generale «Protezione antincendio e tutela della popolazione» sarebbe stata tenuta a convertire le ore di lavoro notturno in ore di lavoro diurno applicando un coefficiente moltiplicatore pari a 1,143, in modo tale che sette ore di lavoro notturno sarebbero state equivalenti a otto ore di lavoro diurno.

17 Tale direzione generale ha rifiutato di versare a VB 1 683,74 lev (circa EUR 860), a titolo di retribuzione di ore straordinarie in ragione del lavoro notturno che egli aveva svolto nel citato periodo, sicché VB ha adito il giudice del rinvio per ottenere la condanna di detta direzione generale a effettuare tale versamento in suo favore.

18 La citata direzione generale contesta la domanda di VB sulla base del rilievo che, dopo l’abrogazione del decreto del 2014, non sussisterebbe più alcuna base giuridica per la conversione delle ore di lavoro notturno in ore di lavoro diurno e che il decreto del 2007 non sarebbe applicabile ai dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno.

19 In relazione agli argomenti addotti dalla ricorrente, il giudice del rinvio indica che, ai sensi dell’articolo 187, paragrafo 1, della legge relativa al Ministero dell’Interno, la durata normale del lavoro dei dipendenti pubblici di tale Ministero è di otto ore al giorno, anche nel caso in cui il lavoro sia svolto durante la notte.

20 Tale giudice sottolinea che detta «legge speciale», che si applica ai dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno, non contiene alcuna disposizione esplicita che stabilisca la durata normale del lavoro notturno, ma disciplina soltanto quale periodo temporale sia considerato lavoro notturno, vale a dire il periodo compreso tra le ore 22 e le ore 6.

21 Il citato giudice considera tuttavia che, in forza dell’articolo 188, paragrafo 2, della legge relativa al Ministero dell’Interno, i dipendenti pubblici di tale Ministero che lavorano tra le ore 22 e le ore 6 dovrebbero beneficiare della protezione prevista nel Codice del lavoro. Orbene, detto codice prevede una durata normale del lavoro più breve per quanto riguarda il lavoro notturno, che non può superare le sette ore.

22 Il medesimo giudice sottolinea che l’articolo 187, paragrafo 3, della legge relativa al Ministero dell’Interno non prevede che la durata normale del lavoro notturno è di otto ore, ma dispone solamente che, per le attività di lavoro a turni, come nel caso di specie, è consentito lavorare di notte tra le ore 22 e le ore 6. Esso ritiene che la durata normale del lavoro notturno dei dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno dovrebbe essere di sette ore, affinché tali dipendenti non siano trattati in modo meno favorevole rispetto agli altri lavoratori del settore pubblico e ai lavoratori del settore privato.

23 In tale contesto il Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la protezione effettiva di cui all’articolo 12, lettera a), della direttiva [2003/88] richieda che la durata normale del lavoro notturno del personale di polizia e dei vigili del fuoco sia inferiore alla durata normale prevista per il lavoro diurno.

2) Se il principio di uguaglianza, sancito dagli articoli 20 e 31 della [Carta], richieda che la durata normale del lavoro notturno di sette ore stabilita dal diritto nazionale per i lavoratori del settore privato si applichi allo stesso modo ai pubblici dipendenti, compreso il personale di polizia e i vigili del fuoco.

3) Se l’obiettivo di limitare la durata del lavoro notturno, enunciato al considerando 8 della direttiva [2003/88], possa essere validamente conseguito solo se la normativa nazionale fissa espressamente la durata normale del lavoro notturno anche per i pubblici dipendenti».

Sul procedimento dinanzi alla Corte

24 Il giudice del rinvio ha chiesto che la causa fosse sottoposta al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

25 Il 9 luglio 2020 la Corte ha deciso, su proposta della giudice relatrice, sentito l’avvocato generale, di non accogliere tale domanda.

Sulla domanda di pronuncia pregiudiziale

Sulla ricevibilità


26 In via preliminare, occorre rilevare che la Commissione europea, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, esprime riserve a tal proposito, sostenendo che il procedimento principale non riguarda in modo diretto la questione di stabilire se la direttiva 2003/88 sia stata correttamente trasposta nel diritto bulgaro.

27 Il procedimento principale verte sulla determinazione del numero di ore di lavoro straordinario effettuate di notte dal ricorrente in tale procedimento, al di là del normale orario di lavoro notturno previsto in Bulgaria per il settore privato, ai fini della determinazione dell’importo della retribuzione dell’interessato e dell’ottenimento del versamento corrispondente. Orbene, come rileva la Commissione stessa, la direttiva 2003/88 non riguarda la retribuzione dei lavoratori.

28 Infatti, la Corte ha dichiarato che la direttiva 2003/88, fondata sull’articolo 153, paragrafo 2, TFUE, si limita a disciplinare taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, al fine di garantire la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, e non si applica, in forza del paragrafo 5 di tale articolo, ad aspetti relativi alla retribuzione dei lavoratori, eccezion fatta per l’ipotesi particolare di ferie annuali retribuite, di cui all’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva. Di conseguenza, la citata direttiva non si applica, in linea di principio, alla retribuzione dei lavoratori (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2020, Készenléti Rendőrség, C‑211/19, EU:C:2020:344, punto 23).

29 Ciononostante, la Corte ha affermato che il solo fatto che il procedimento principale verta sulla retribuzione non determina l’irricevibilità di una domanda di pronuncia pregiudiziale che solleva questioni relative all’interpretazione di disposizioni della direttiva 2003/88 (v., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2018, Matzak, C‑518/15, EU:C:2018:82, punti 25 e 26).

30 Inoltre, la Corte ha altresì dichiarato che l’eccezione prevista all’articolo 153, paragrafo 5, TFUE deve essere intesa in modo da comprendere le misure che, come l’uniformazione di tutti o parte degli elementi costitutivi dei salari e/o del loro livello negli Stati membri o ancora l’instaurazione di un salario minimo, comporterebbero una diretta ingerenza del diritto dell’Unione nella determinazione delle retribuzioni all’interno di quest’ultima. Essa non può, tuttavia, essere estesa a ogni questione avente un qualsiasi nesso con la retribuzione, a pena di svuotare taluni settori contemplati dall’articolo 153, paragrafo 1, TFUE di gran parte dei loro contenuti (sentenza del 19 giugno 2014, Specht e a., da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005, punto 33 nonché giurisprudenza ivi citata).

31 Nel caso di specie le questioni pregiudiziali non vertono sull’importo della retribuzione, bensì sulle modalità relative all’organizzazione e ripartizione dell’orario di lavoro notturno e al suo computo, nonché sulla compensazione del lavoro svolto al di fuori del normale orario di servizio.

32 Di conseguenza, occorre rispondere alle questioni sollevate.

Nel merito

Sulle questioni prima e terza


33 In via preliminare, si deve rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione (sentenza del 25 aprile 2013, Jyske Bank Gibraltar, C‑212/11, EU:C:2013:270, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

34 Nel caso di specie, se è vero che la terza questione del giudice del rinvio verte sul considerando 8 della direttiva 2003/88, occorre tuttavia ricordare che, benché i considerando costituiscano parte integrante di quest’ultima, esplicitando gli obiettivi da essa perseguiti, essi non hanno, di per sé, effetti vincolanti. Per contro, le disposizioni dell’articolo 8 di tale direttiva riguardano il lavoro notturno. Inoltre, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 30 delle sue conclusioni, la soluzione della controversia in via principale dipende, secondo il giudice del rinvio, dall’interpretazione da parte della Corte della nozione di «durata del lavoro notturno», ai sensi del citato articolo 8.

35 In tali circostanze, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre intendere le questioni prima e terza, da esaminare congiuntamente, come volte, in sostanza, a stabilire se l’articolo 8 e l’articolo 12, lettera a), della direttiva 2003/88 debbano essere interpretati nel senso che impongono l’adozione di una normativa nazionale che preveda che la durata normale del lavoro notturno per lavoratori del settore pubblico, come il personale di polizia e i vigili del fuoco, sia inferiore alla durata normale del lavoro diurno prevista per questi ultimi.

36 Come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, il ricorrente nel procedimento principale ritiene che, stante l’assenza, nella legge relativa al Ministero dell’Interno e negli atti regolamentari di rango infralegislativo in vigore nel periodo di cui trattasi, di qualsivoglia norma relativa alla conversione delle ore di lavoro notturno in ore di lavoro diurno, debbano applicarsi le disposizioni rilevanti del decreto del 2007.

37 Occorre ricordare che la direttiva 2003/88 stabilisce, in forza del suo articolo 1, paragrafo 1, prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro e si applica, in particolare, a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

38 Il diritto di ciascun lavoratore a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo, in particolare giornaliero, costituisce non solo una norma del diritto sociale dell’Unione che riveste una particolare importanza, ma è anche espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati (sentenza del 17 marzo 2021, Academia de Studii Economice din Bucureşti, C‑585/19, EU:C:2021:210, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

39 Le disposizioni della direttiva 2003/88, in particolare i suoi articoli 8 e 12, precisano tale diritto fondamentale e devono, pertanto, essere interpretate alla luce di quest’ultimo (sentenza del 17 marzo 2021, Academia de Studii Economice din Bucureşti, C‑585/19, EU:C:2021:210, punto 37).

40 Ciò premesso, risulta da una giurisprudenza costante della Corte che, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza dell’11 giugno 2020, CHEP Equipment Pooling, C‑242/19, EU:C:2020:466, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

41 A questo riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che le prescrizioni minime relative alla durata normale del lavoro notturno sono contenute nell’articolo 8, lettera a), di tale direttiva, il quale prevede che gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché l’orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le 8 ore in media per periodo di 24 ore. L’articolo 8, lettera b), di detta direttiva precisa che i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non devono lavorare più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno.

42 Ai sensi dell’articolo 12, lettera a), della direttiva 2003/88, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i lavoratori notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del loro lavoro.

43 In secondo luogo, come ricordato nel punto 39 della presente sentenza, istituendo il diritto di ciascun lavoratore a una limitazione della durata massima del lavoro, nonché a periodi di riposo giornaliero e settimanale, tale direttiva precisa il diritto fondamentale espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta e deve conseguentemente essere interpretata alla luce di tale articolo 31, paragrafo 2. Le disposizioni di tale direttiva non possono, di conseguenza, essere oggetto di un’interpretazione restrittiva a discapito dei diritti spettanti al lavoratore in forza di tale direttiva (sentenza dell’11 novembre 2021, Dublin City Council, C‑214/20, EU:C:2021:909, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

44 In terzo luogo, per quanto riguarda, in particolare, il lavoro notturno, il considerando 7 di detta direttiva tiene conto dei rischi inerenti a tale periodo di attività. Inoltre, i considerando 8 e 10 della medesima direttiva mettono in evidenza le conseguenze potenzialmente nocive del lavoro notturno e la necessità di limitarne la durata, al fine di assicurare un livello di protezione maggiore in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori.

45 Così, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 2003/88, si intende per «periodo notturno» qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l’intervallo fra le ore 24 e le ore 5.

46 In conformità all’articolo 2, paragrafo 4, di tale direttiva, si intende per «lavoratore notturno» qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegate in modo normale, nonché qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il «periodo notturno» una certa parte del suo orario di lavoro annuale, come definita nella legislazione nazionale, previa consultazione delle parti sociali, o nei contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali a livello nazionale o regionale.

47 Da quanto precede risulta che la direttiva 2003/88 stabilisce requisiti minimi comuni che includono una protezione aggiuntiva per i lavoratori notturni.

48 L’articolo 8 di tale direttiva impone, quindi, la fissazione della durata massima del lavoro notturno. L’obbligo previsto all’articolo 12, lettera a), di detta direttiva di prendere le misure necessarie affinché i lavoratori notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione adattato alla natura del loro lavoro lascia, dal canto suo, un certo margine di discrezionalità agli Stati membri per quanto riguarda le misure appropriate da attuare (v., in tal senso, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punti 35 e 48, nonché dell’11 aprile 2019, Syndicat des cadres de la sécurité intérieure, C‑254/18, EU:C:2019:318, punti 23 e 35).

49 Pertanto, si deve rilevare che, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, nessuna disposizione di tale direttiva contiene indicazioni relative a una differenza o a un rapporto tra la durata normale del lavoro notturno e quella del lavoro diurno. In linea di principio, quindi, la prima durata può essere fissata indipendentemente dalla seconda.

50 Pertanto, si deve ritenere che la direttiva 2003/88 non imponga l’adozione di misure che stabiliscano una differenza tra la durata normale del lavoro notturno e quella del lavoro diurno. Di conseguenza, tale direttiva non impone l’adozione di una disposizione specifica che disciplini segnatamente la durata normale e massima del lavoro notturno, a condizione che quest’ultima venga limitata conformemente ai requisiti derivanti dall’articolo 8 di detta direttiva.

51 Ciò premesso, occorre sottolineare che l’obbligo ricordato al punto 48 della presente sentenza deve essere attuato in modo da raggiungere gli obiettivi di protezione fissati dalla direttiva stessa. In particolare, gli Stati membri devono garantire il rispetto dei principi della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori nel determinare il livello di tutela necessario in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori notturni. Pertanto, essi devono assicurare che i lavoratori notturni beneficino di altre misure di protezione in materia di orario di lavoro, di salario, di indennità o di simili vantaggi, che consentano di compensare la particolare gravosità di tale tipo di lavoro, messa in evidenza in particolare dalla direttiva 2003/88, e quindi di riconoscere la natura del lavoro notturno.

52 A questo proposito, si deve rilevare che le mansioni svolte di notte possono essere diverse in termini di difficoltà e di stress, il che può richiedere di attuare, per taluni lavoratori, adattamenti specifici al fine di garantire la protezione della loro salute e della loro sicurezza. Nel caso di specie, le mansioni svolte di notte dai vigili del fuoco e dal personale di polizia potrebbero giustificare l’attuazione di siffatti adattamenti specifici. Infatti, il giudice del rinvio rileva che le funzioni speciali ed estremamente importanti di tali lavoratori del settore pubblico implicano che questi ultimi siano sottoposti a numerosi requisiti e obblighi aggiuntivi, come una durata del servizio di guardia fino a 24 ore oppure obblighi speciali in caso di urgenza.

53 Pertanto, in considerazione della maggiore gravosità del lavoro notturno rispetto a quella del lavoro diurno, la riduzione della durata normale del lavoro notturno rispetto a quella del lavoro diurno può costituire una soluzione appropriata per garantire la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori interessati, pur non essendo l’unica soluzione possibile. A seconda della natura dell’attività in questione, anche la concessione di periodi di riposo aggiuntivi o di periodi di tempo libero potrebbe, ad esempio, contribuire alla protezione della salute e della sicurezza di tali lavoratori.

54 A questo riguardo, occorre ricordare che dal considerando 6 della direttiva 2003/88 risulta che conviene tener conto dei principi dell’OIL in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, in particolare per quanto riguarda il lavoro notturno, e che, secondo l’articolo 8 della convenzione n. 171 dell’OIL, le compensazioni accordate ai lavoratori notturni in materia di orario di lavoro, di salario o di simili vantaggi devono riconoscere la natura del lavoro notturno. Tale disposizione conferma, così, che le misure che gli Stati membri sono tenuti a prendere, conformemente all’articolo 12, lettera a), di detta direttiva, non devono riguardare espressamente la durata del lavoro notturno.

55 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e terza dichiarando che l’articolo 8 e l’articolo 12, lettera a), della direttiva 2003/88 devono essere interpretati nel senso che non impongono l’adozione di una normativa nazionale che preveda che la durata normale del lavoro notturno per lavoratori del settore pubblico, come il personale di polizia e i vigili del fuoco, sia inferiore alla durata normale del lavoro diurno prevista per questi ultimi. Tali lavoratori devono, in ogni caso, beneficiare di altre misure di protezione in materia di orario di lavoro, di salario, di indennità o di simili vantaggi, che consentano di compensare la particolare gravosità del lavoro notturno da essi effettuato.

Sulla seconda questione

56 Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2003/88, letta alla luce degli articoli 20 e 31 della Carta, debba essere interpretata nel senso che essa richiede che la durata normale del lavoro notturno di sette ore stabilita nella legislazione di uno Stato membro per i lavoratori del settore privato si applichi a lavoratori del settore pubblico, come il personale di polizia e i vigili del fuoco.

57 Ai sensi dell’articolo 20 della Carta, «[t]utte le persone sono uguali davanti alla legge».

58 La Corte ha dichiarato che il principio di parità di trattamento, sancito agli articoli 20 e 21 della Carta, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un simile trattamento non sia obiettivamente giustificato. Una differenza di trattamento è giustificata se si fonda su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione e tale differenza sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento di cui trattasi (sentenza del 9 marzo 2017, Milkova, C‑406/15, EU:C:2017:198, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

59 L’articolo 31, paragrafo 1, della Carta prevede, dal canto suo, che «[o]gni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose» e l’articolo 31, paragrafo 2, di quest’ultima precisa che «[o]gni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite».

60 Occorre ricordare che l’ambito di applicazione della Carta, per quanto riguarda l’operato degli Stati membri, è definito all’articolo 51, paragrafo 1, di quest’ultima, ai sensi del quale le disposizioni della Carta si applicano alle istituzioni dell’Unione, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione e, in base a una giurisprudenza costante, la nozione di «attuazione del diritto dell’Unione», ai sensi di tale disposizione, richiede l’esistenza di un collegamento tra un atto del diritto dell’Unione e il provvedimento nazionale interessato che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra, tenuto conto dei criteri di valutazione definiti dalla Corte (sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia, C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

61 A tal riguardo, si deve rilevare che, da un lato, l’articolo 140, paragrafo 1, del Codice del lavoro stabilisce che la durata normale del lavoro notturno in una settimana di cinque giorni lavorativi è di sette ore. Come sottolineato dal giudice del rinvio, tale disposizione si applica ai lavoratori del settore privato.

62 Dall’altro lato, in forza dell’articolo 187, paragrafo 3, della legge relativa al Ministero dell’Interno, in caso di lavoro a turni, il lavoro notturno può essere eseguito dalle 22 alle 6 del mattino, ma la durata media del lavoro dei dipendenti pubblici di tale Ministero non deve superare le otto ore per periodo di ventiquattro ore.

63 Tali disposizioni precisano le modalità di lavoro applicabili al lavoro notturno, relative alla sicurezza e alla salute, e in particolare il limite di durata del lavoro notturno. Siffatte disposizioni costituiscono un’attuazione della citata direttiva e, pertanto, rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

64 Il giudice del rinvio ritiene che la rilevante normativa nazionale istituisca una disciplina applicabile ai lavoratori del settore privato più favorevole di quella applicabile ai lavoratori del settore pubblico, in particolare ai dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno. Esso osserva, altresì, che l’assenza di una disposizione speciale che disciplini la durata normale e massima del lavoro notturno di tali dipendenti appartenenti alla polizia e ai vigili del fuoco condurrebbe a una discriminazione di questi ultimi rispetto agli agenti contrattuali di detto ministero.

65 A questo proposito, occorre rilevare che la Corte ha dichiarato che una differenza di trattamento basata sul carattere statutario o contrattuale del rapporto di lavoro può, in linea di principio, essere valutata alla luce del principio della parità di trattamento, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, ormai sancito dagli articoli 20 e 21 della Carta (sentenza del 22 gennaio 2020, Baldonedo Martín, C‑177/18, EU:C:2020:26, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

66 Si deve di conseguenza esaminare se, alla luce degli articoli 20 e 31 della Carta, la direttiva 2003/88 debba essere interpretata nel senso che essa osta a che taluni lavoratori del settore pubblico, e in particolare i dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno, inclusi il personale di polizia e i vigili del fuoco, la cui durata normale del lavoro notturno può raggiungere le otto ore, non beneficino della più favorevole disciplina di diritto comune applicabile ai lavoratori del settore privato, nell’ambito della quale la durata normale del lavoro notturno è fissata a sette ore.

67 Per quanto riguarda il requisito della comparabilità delle situazioni in esame al fine di determinare la sussistenza di una violazione del principio della parità di trattamento, la Corte ha precisato, innanzitutto, che tale comparabilità deve essere valutata non da un punto di vista globale e astratto, bensì in modo specifico e concreto alla luce della totalità degli elementi che caratterizzano dette situazioni, tenuto conto in particolare dell’oggetto e dello scopo della normativa nazionale che istituisce la distinzione in questione, nonché, eventualmente, dei principi e degli obiettivi del settore cui tale normativa nazionale appartiene [sentenza del 26 giugno 2018, MB (Cambiamento di sesso e pensione di fine lavoro), C‑451/16, EU:C:2018:492, punto 42 nonché giurisprudenza ivi citata].

68 Nel caso di specie, dalle informazioni contenute nella decisione di rinvio risulta che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale ha per oggetto il computo dell’orario di lavoro notturno per un determinato posto. In particolare, il procedimento principale riguarda l’assenza di una disposizione speciale che disciplini la durata normale e massima del lavoro notturno, nonché la conversione dell’orario di lavoro notturno in orario di lavoro diurno mediante l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore.

69 Pertanto, il diritto nazionale sembra, da un lato, escludere i dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno, come il personale di polizia e i vigili del fuoco, dalla disciplina di diritto comune che prevede una limitazione a sette ore della durata normale del lavoro notturno e, dall’altro, non concedere a tali dipendenti pubblici il beneficio della conversione dell’orario di lavoro notturno in orario di lavoro diurno.

70 Spetta al giudice del rinvio, che è il solo competente a valutare i fatti, effettuare le verifiche necessarie al fine di, da un lato, individuare le rilevanti categorie di lavoratori e, dall’altro, stabilire se è soddisfatto il requisito relativo alla comparabilità delle situazioni in esame (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Montero Mateos, C‑677/16, EU:C:2018:393, punto 52).

71 Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, è competente a fornire, alla luce degli elementi del fascicolo di cui dispone, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella decisione sul procedimento principale (sentenza del 29 ottobre 2020, Veselības ministrija, C‑243/19, EU:C:2020:872, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

72 Come si evince dalla giurisprudenza richiamata al punto 67 della presente sentenza, spetta a tale giudice stabilire quale categoria di lavoratori benefici del regime giuridico ordinario, prevista all’articolo 140 del Codice del lavoro, e quale altra categoria ne sia esclusa. Si dovrà, poi, esaminare se tale esclusione sia stata decisa dal legislatore nazionale tenendo conto, in particolare, delle caratteristiche oggettive delle funzioni esercitate dai lavoratori di quest’ultima categoria. Appare infatti che, nel caso di specie, il giudice del rinvio analizza categorie astratte di lavoratori, come quella dei lavoratori del settore pubblico, fornendo l’esempio della categoria particolare dei dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno, e segnatamente del personale di polizia e dei vigili del fuoco, e quella dei lavoratori del settore privato, senza addurre elementi che consentano di individuare categorie concrete di persone che si trovino in situazioni comparabili e di confrontarle in modo specifico e concreto, anche per quanto riguarda le condizioni di lavoro notturno applicabili ai lavoratori di ciascuna delle citate categorie. Infatti, nessun elemento del genere è contenuto nella domanda di pronuncia pregiudiziale.

73 Per quanto riguarda la giustificazione di un’eventuale differenza di trattamento, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, una differenza di trattamento è giustificata se si fonda su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla legislazione di cui trattasi, e tale differenza di trattamento sia proporzionata a detto scopo (sentenza del 29 ottobre 2020, Veselības ministrija, C‑243/19, EU:C:2020:872, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

74 A tal riguardo, risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che l’assenza, nei decreti n. 8121z-592 e 8121z-776, del meccanismo di conversione delle ore di lavoro notturno in ore di lavoro diurno in questione nel procedimento principale è motivata da ragioni di tipo giuridico ed economico.

75 Da un lato, ai sensi dell’articolo 187, paragrafi 1 e 3, della legge relativa al Ministero dell’Interno, la durata normale del lavoro è la medesima di giorno e di notte, sicché il rapporto tra la durata normale del lavoro diurno e la durata normale del lavoro notturno è pari a 1 e non sarebbe necessaria nessuna conversione.

76 Fatte salve le verifiche che spetterà al giudice del rinvio effettuare, un siffatto argomento non sembra, tuttavia, corrispondere a un legittimo scopo, idoneo a giustificare la differenza di trattamento di cui trattasi nel procedimento principale.

77 Dall’altro lato, il rinnovo di un siffatto meccanismo di conversione avrebbe richiesto notevoli risorse finanziarie aggiuntive.

78 Un simile argomento non può, tuttavia, essere condiviso. Infatti, se è vero che il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di tener conto di considerazioni di bilancio parallelamente ad altre di ordine politico, sociale o demografico e di influenzare la natura o la portata delle misure che essi intendono adottare, siffatte considerazioni non possono costituire, di per sé sole, uno scopo di interesse generale.

79 Occorre ricordare che una differenza di trattamento prevista da disposizioni del diritto nazionale in materia di lavoro notturno tra diverse categorie di lavoratori che si trovano in situazioni comparabili sarebbe, qualora non fosse fondata su un tale criterio obiettivo e ragionevole, incompatibile con il diritto dell’Unione e obbligherebbe il giudice nazionale, se del caso, a interpretare il diritto nazionale, per quanto possibile, alla luce della lettera e dello scopo della disposizione di diritto primario in questione, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia di tale disposizione e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (sentenza del 6 ottobre 2021, Sumal, C‑882/19, EU:C:2021:800, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

80 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli 20 e 31 della Carta devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che la durata normale del lavoro notturno di sette ore stabilita nella legislazione di uno Stato membro per i lavoratori del settore privato non si applichi ai lavoratori del settore pubblico, inclusi il personale di polizia e i vigili del fuoco, qualora una siffatta differenza di trattamento sia fondata su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire sia rapportata a un legittimo scopo perseguito da detta legislazione e sia proporzionata a tale scopo.

Sulle spese

81 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1) L’articolo 8 e l’articolo 12, lettera a), della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, devono essere interpretati nel senso che non impongono l’adozione di una normativa nazionale che preveda che la durata normale del lavoro notturno per lavoratori del settore pubblico, come il personale di polizia e i vigili del fuoco, sia inferiore alla durata normale del lavoro diurno prevista per questi ultimi. Tali lavoratori devono, in ogni caso, beneficiare di altre misure di protezione in materia di orario di lavoro, di salario, di indennità o di simili vantaggi, che consentano di compensare la particolare gravosità del lavoro notturno da essi effettuato.

2) Gli articoli 20 e 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che la durata normale del lavoro notturno di sette ore stabilita nella legislazione di uno Stato membro per i lavoratori del settore privato non si applichi ai lavoratori del settore pubblico, inclusi il personale di polizia e i vigili del fuoco, qualora una siffatta differenza di trattamento sia fondata su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire sia rapportata a un legittimo scopo perseguito da detta legislazione e sia proporzionata a tale scopo.


Firme

* Lingua processuale: il bulgaro.