Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 14 marzo 2022, n. 8479 - Infortunio durante le operazioni di rimozione dei grovigli dalla spiralatrice. Mancanza di dispositivi di sicurezza del macchinario, informazione e formazione dei lavoratori


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 02/03/2022
 

Fatto

 


1. La Corte d'appello di Milano, in data 27 novembre 2020, ha parzialmente riformato nel solo trattamento sanzionatorio, e nel resto ha riformato, la sentenza con la quale il Tribunale ambrosiano, il 6 marzo 2019, aveva condannato C.L. alla pena ritenuta di giustizia in relazione al delitto di lesioni personali colpose, con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, contestato come commesso in Inveruno il 19 settembre 2017, in danno di I.O..
Il C.L. risponde del reato nella sua qualità di datore di lavoro della I.O., quale legale rappresentante della Filemo s. r. L. da cui la persona offesa dipendeva; l'episodio per cui si procede si verificava allorché la I.O., per rimuovere un groviglio di filo avvoltosi su una carrucola di una macchina spiralatrice, interveniva con macchina in movimento per svitare la carrucola, allontanare le due parti che la componevano e quindi cercare di rimuovere manualmente la matassa; a quel punto la mano sinistra della donna veniva afferrata dalla rotazione dell'albero del macchinario, causando alla I.O. le lesioni descritte in rubrica.
Alla luce della sentenza d'appello, che ha in parte circoscritto le responsabilità dell'imputato, l'addebito mosso al C.L. risulta essenzialmente legato all'avere omesso di fornire alla dipendente la necessaria formazione e informazione sulle modalità di intervento sulle macchine; la Corte di merito si é soffermata sul fatto che non vi erano procedure documentate sulle specifiche modalità di intervento e che la stessa persona offesa aveva riferito che la procedura da lei adottata (ossia la rimozione e il taglio della matassa con macchina in movimento) era stata da sempre praticata in azienda, mentre solo dopo l'incidente le venne spiegata la diversa procedura in base alla quale i fili avvolti sulle carrucole si tagliano solo con macchina ferma. La Corte di merito ha poi escluso che il comportamento della persona offesa potesse qualificarsi come abnorme, ossia come esorbitante dalle sue mansioni.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre il C.L., con atto articolato in un unico, ampio motivo, nel quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione: in primo luogo, afferma il ricorrente, l'istruttoria dibattimentale consentiva di accertare l'esistenza di una procedura, sia pure non formalizzata, ma comunque ben precisa per compiere l'operazione incriminata: in base a tale procedura, l'addetto alla sorveglianza della macchina poteva intervenire soltanto se la rottura si fosse verificata in sua presenza, ossia nel caso si fosse formato un piccolo groviglio, evenienza nella quale era prevista la rimozione del filo tagliandolo con un cutter tenuto in una mano e raccogliendo il moncone in un'apposita scatola tenuta nell'altra mano; nel caso, invece, in cui si fosse formato un grande groviglio (ossia una matassa di filo inceppato già formatosi sulla carrucola) era necessario eseguire l'intervento a macchina ferma, a cura del personale preposto alla manutenzione, che l'operatore doveva chiamare, avendo egli il divieto di intervenire in tal caso sulla macchina. Da ciò inferisce il ricorrente, confutando sul punto le valutazioni dei giudici di merito, che il comportamento della I.O. era stato "abnorme" e causa esclusiva dell'evento, per tale dovendosi intendere anche la condotta che, pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore, fuoriesce dagli ordini e dalle disposizioni impartite nell'ambito del contesto lavorativo per la determinata categoria di rischio; e contesta !'assunto secondo il quale le informazioni sulla procedura da seguire sarebbero state surrogate dal bagaglio di conoscenze formatosi con l'affiancamento ad altri lavoratori più anziani: una tesi che implica una visione meramente formale dell'obbligo formativo e informativo gravante sul datore di lavoro, senza contare peraltro che risulta documentata la partecipazione a corsi di formazione da parte dell'infortunata. In definitiva, non può parlarsi di comportamento meramente imprudente del lavoratore, quanto piuttosto nell'elusione di un'istruzione da lui ricevuta, a nulla rilevando che tale istruzione non fosse stata fornita per iscritto, atteso che nulla di più avrebbe potuto aggiungere un formale corso di formazione se non il medesimo e rudimentale contenuto dell'istruzione conosciuta dalla lavoratrice fin dalla sua assunzione. Aggiunge il ricorrente che neppure può parlarsi di prassi pericolosa, atteso che la prassi applicata era quella di non intervenire a macchina in movimento nel caso di grande groviglio già formatosi; e che peraltro i giudici di merito omettono di specificare in che cosa dovessero consistere l'informazione e la formazione asseritamente omessa dall'imputato che, se somministrata, avrebbe evitato l'evento.

3. Va dato atto che il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha depositato requisitoria scritta con la quale chiede il rigetto del ricorso; dal canto suo, il ricorrente ha fatto pervenire conclusioni scritte, nelle quali ulteriormente illustra il motivo di ricorso, insistendo per l'accoglimento.

 

Diritto
 



1. Il ricorso é infondato.
Dall'oggetto dell'imputazione e dall'incarto disponibile emergono profili ulteriori rispetto a quello riferito all'addebito di non avere curato adeguatamente la formazione e l'informazione dei dipendenti con riguardo alle operazioni di rimozione dei grovigli, al quale il ricorrente fa esclusivo riferimento nel suo unico motivo di doglianza; a fronte di ciò, non deve sottovalutarsi che l'editto imputativo ha ad oggetto ulteriori addebiti a carico del C.L. e, in specie, la mancata attuazione di misure idonee a ridurre i rischi durante le operazioni di intervento per rottura dei fili, con particolare riguardo alle prescrizioni di cui ai punti 6.2, 6.5 e 11.4 dell'allegato 5 al D.Lgs. 81/2008: prescrizioni che concernono, a ben vedere, la messa a disposizione dei lavoratori di macchinari provvisti di adeguati dispositivi idonei ad assicurare la posizione di fermo degli organi dei predetti macchinari che possano entrare in movimento allorquando il lavoratore debba introdurvi parti del corpo; ciò in relazione al più generale dovere datoriale di "ridurre al minimo" il rischio di infortuni sul lavoro (art. 71, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) e di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti. Nella specie, risulta che la I.O., per rimuovere manualmente la matassa di filo aggrovigliato, smontò la carrucola mentre la spiralatrice era in movimento e, in seguito a questa operazione, la sua mano venne afferrata dalla rotazione dell'albero: segno evidente che l'apparecchiatura presentava parti potenzialmente pericolose e che restavano in movimento nel caso - certamente noto al C.L., in relazione alle sue stesse indicazioni operative - in cui si rendesse necessario rimuovere grovigli di fili. La stessa indicazione delle procedure cui fa riferimento il C.L. nel suo ricorso é segno evidente che egli era al corrente del potenziale pericolo che comportava la rimozione manuale delle matasse di filo aggrovigliato con spiralatrice in movimento.
Ne consegue che, non avendo il C.L. messo a disposizione macchinari provvisti di dispositivi di sicurezza per l'ipotesi, certamente non infrequente, in cui i lavoratori usassero le mani per compiere determinate operazioni mentre la spiralatrice era in azione, egli deve rispondere dell'addebito ulteriore di cui si é detto, stante la natura assoluta dell'obbligo di impedire agli operatori contatti pericolosi di parti del corpo con macchinari in movimento (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 46215 del 27/11/2012, Bernrath e altro, n.m.). Da tale addebito, non considerato nel ricorso ma contenuto nell'editto imputativo, il C.L. ha certamente potuto difendersi, con la conseguenza che non può parlarsi in alcun modo di lesione del diritto di difesa; quanto precede senza contare il principio generale in base al quale la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, a quello originariamente contestato non comporta difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 cod.proc.pen. (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 18390 del 15/02/2018, Di Landa, Rv. 273265).
Né, del resto, può reputarsi corretto l'assunto del ricorrente volto a sostenere l'abnormità del comportamento della lavoratrice, in quanto inosservante di un'indicazione che egli avrebbe fornito in ordine alla manutenzione della spiralatrice. Va al riguardo richiamato il principio, affermato dalla sentenza n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp), in base al quale, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, é necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (negli stessi termini vds. anche Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 - dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 - dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247). E' di tutta evidenza che, nel caso di specie, può parlarsi di imprudenza della lavoratrice, ma giammai di abnormità o di eccentricità della sua condotta, nel senso che si è appena illustrato.
Quanto, poi, alla violazione del dovere informativo cui si riferiscono le lagnanze del ricorrente, vi é nella sentenza impugnata un riferimento a una nota dell'ATS Città Metropolitana di Milano in base alla quale risulta che, dopo l'episodio, siano state definite le procedure di intervento in caso di rottura del filato e di tali procedure sia stata data informazione ai lavoratori (pag. 4 sentenza impugnata); ne discende che, anche sotto questo profilo, il comportamento datoriale é risultato manchevole, tanto da essere risultato abbisognevole dell'introduzione di specifiche procedure e delle necessarie attività informative nei confronti dei dipendenti.

2. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.
 



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 2 marzo 2022.