Cassazione Penale, Sez. 4, 14 marzo 2022, n. 8468 - Scivola e cade dall'autocarro durante la consegna di un fusto. Prassi pericolosa e responsabilità del LR della società committente della merce anche in assenza di contratto diretto


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: PICARDI FRANCESCA
Data Udienza: 17/02/2022
 

Fatto


1. La Corte di appello ha, in parziale riforma della sentenza di primo grado, concesse le attenuanti generiche agli imputati (subvalenti rispetto alla contestata aggravante) ed il beneficio della non menzione, ha confermato la condanna di L.F., in qualità di legale rappresentante della Autotrasporti L.F. s.r.l., e P.U.F., in qualità di legale rappresentante della P.M.G. s.p.a., alla pena di euro 2.000,00 di multa ciascuno, oltre al risarcimento del danno, in solido tra di loro, nei confronti della costituita parte civile, con pagamento di una provvisionale di euro 300.000,00, per il reato di cui agli artt. 113, 590, commi 1, 2 e 3, 583, comma 1, n. 1, cod.pen. - per avere cagionato, in data 10 febbraio 2014, lesioni gravissime a A.A., dipendente della Autotrasporti L.F. s.r.l., il quale, recatosi presso P.M.G. s.p.a., per la consegna di un fusto del peso di 200kg, salito sul pianale dell'autocarro, operando da solo ed in uno spazio angusto, scivolava all'indietro sul pianale bagnato e cadeva dal veicolo, dall'altezza di 1,10, con colpa consistita nella violazione dell'art. 26, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008 (obbligo di cooperazione nell'attuazione delle misure di prevenzione e protezione) e per L.F., quale datrice di lavoro, anche nella violazione degli artt. 17 e 28 d.lgs. n. 81 del 2008 (obbligo dell'adeguata valutazione dei rischi aziendali e della conseguente adozione delle idonee misure di prevenzione).
In particolare, nella sentenza si legge che lo scarico del fusto a terra avrebbe dovuto essere eseguito con un muletto dotato di pinza che stringeva il fusto e lo scaricava a terra e che, in caso di mancanza del muletto dotato di pinza, l'unico modo per scaricare dei fusti dal camion era quello di spingerli su un bancale agganciato ad un muletto, ma che quest'ultima procedura era pericolosa (p. 4); che il dipendente di P.M.G. s.p.a. (M.), lungi dall'essere spettatore dell'infortunio, ha partecipato all'esecuzione della pericolosa manovra di scarico del fusto mediante caricamento a spinta dello stesso dal pianale del camion al bancale sospeso tramite le forche del suo muletto (pag. 8); che il datore di lavoro ha disposto la consegna del pesante fusto senza assicurarne il confezionamento su apposito pallet (cautela che avrebbe eliso il rischio di scarico), che non ha preavvisato il destinatario della necessità di mettere a disposizione per lo scarico un muletto con pinze avvolgenti e neppure ha prescritto in alternativa la rimozione della barra ferma-carico dal cassone del camion onde consentire agli operatori di collocarsi dietro il fusto da scaricare e di spostare il fusto stesso mediante spinta in avanti (p.10); che parimenti rimproverabile è l'omissione di P.U.F., "il quale a fronte delle effettive prassi di scarico dei fusti...., avrebbe dovuto predisporre per i propri dipendenti incaricati dello scarico l'utilizzo del carrello elevatore munito di apposita pinza in grado di afferrare il fusto o, in via di extrema ratio, prescrivere l'adozione delle supplementari cautele" (p.10).
2. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, il solo imputato P.U.F. (legale rappresentante della P.M.G. s.p.a. - società committente della merce, ordinata alla Eigenmann & Veronelli s.p.a.), il quale ha dedotto: 1) la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla corretta ricostruzione fattuale della vicenda, avvenuta senza un rigoroso vaglio della deposizione della persona offesa costituitasi parte civile, atteso che, secondo quanto risultante dal verbale di sommarie informazioni acquisito, la vittima aveva riferito che il sinistro era avvenuto presso il Centro Sportivo Sportpiù (di cui è titolare Ga.A.), nel corso di operazione di scarico di altri bancali, effettuata con l'aiuto di altra persona - circostanze evidenziate dalla difesa, che non sono state oggetto di adeguata valutazione da parte dei giudici di merito, i quali si sono soffermati unicamente sulla possibile presenza di un'altra persona, non menzionata nel capo di imputazione; 2) la violazione dell'art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008, avendo la P.M.G. s.p.a. concluso il contratto con la Eigenmann & Veronelli s.p.a., senza avere alcun rapporto contrattuale con la Autotrasporti L.F. s.r.l., e potendo l'obbligo di cooperazione operare solo tra diretti contraenti;
3) la violazione di legge ed il vizio di motivazione, non avendo i giudici di merito individuato il rischio, derivante dall'interferenza tra le due imprese, aggiuntivo rispetto a quello ordinario connesso all'attività di trasporto, la cui prevenzione compete esclusivamente al datore di lavoro della vittima, che, nel caso di specie, del tutto autonomamente, ha deciso la tipologia di mezzo (privo di pedana) e la disposizione dei fusti (allineati sul limitare del pianale e non appoggiati su pallet); 4) la violazione di legge e la mancata assunzione di una prova decisiva, consistente nella documentazione relativa alle modalità di consegna pattuite (tra P.M.G. s.p.s. ed il proprio fornitore Eigenmann & Veronelli s.p.a.), con cui era stato richiesto l'uso di pallet, con in mezzo un cartone - pattuizioni che avrebbero evitato l'infortunio, ma non sono state rispettate dal trasportatore; 5) la violazione di legge e la mancata assunzione di altra prova decisiva, consistente nella documentazione relativa all'istruzione operativa adottata dalla P.M.G. s.p.s. in data 14 ottobre 2013, a cui il magazziniere avrebbe dovuto attenersi, ed alla formazione di quest'ultimo, specificamente diretta ad evitare i rischi connessi all'uso di carrelli elevatori; 6) il vizio di motivazione della sentenza, nella parte in cui ritiene P.U.F. informato della prassi di scarico senza usare i pallet, prassi adottate dalle imprese incaricate del trasporto, in violazione delle pattuizioni contrattuali, e non dalla propria impresa, e conseguentemente obbligato ad adottare misure supplementari, che, nel caso di specie, erano state, comunque, previste e confluite nelle indicazioni impartite ai propri dipendenti sulle modalità di scarico e nelle pattuizioni contrattuali con il proprio fornitore.
3. La Procura Generale presso la Corte di cassazione ha concluso per il rigetto del ricorso.
4. Il ricorrente ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
 



Diritto


1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo, avente ad oggetto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla corretta ricostruzione fattuale della vicenda, è inammissibile, in quanto non completamente auto-sufficiente, facendo riferimento ad alcune circostanze (in particolare relative al luogo dell'infortunio) non risultanti dalla sentenza, ma dichiarate, secondo la difesa, dalla persona offesa nelle sommarie informazioni acquisite al processo, le quali, tuttavia, non sono state né trascritte né allegate al verbale né indicate specificamente, ai sensi dell'art. 165- bis disp.att.cod.proc.pen., alla cancelleria del giudice a quo ai fini della trasmissione in Corte. È, difatti, inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, Casucci, Rv. 246552 - 01). Va, inoltre, evidenziato che, contrariamente a quanto asserito nel ricorso, la Corte territoriale ha attentamente valutato l'attendibilità della persona offesa, con una motivazione congrua ed esaustiva, soffermandosi sulle circostanze dalla stessa riferite e contestate dalla difesa (presenza sul camion di ulteriori fusti da scaricare, confermata dalle fotografie prodotte all'udienza del 27 febbraio 2017 e dai documenti di trasporto, in cui erano indicati più fusti da consegnare a diversi stabilimenti; presenza di un'ulteriore persona a bordo del camion, che, se collocata al di là della barra di blocco del carico, viene ritenuta compatibile con le dimensioni del mezzo e del tutto plausibile in considerazione dell'operazione posta in essere). Nella sentenza si è pure precisato che l'altra persona salita sul camion era un dipendente della P.M.G. s.p.a., secondo quanto riferito dalla persona offesa. Il ricorrente non si è confrontato, però, con tali passaggi motivazionali, sicché il motivo in esame è anche a-specifico e, dunque, inammissibile sotto tale profilo (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 - 01, è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l'indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto d'impugnazione, atteso che quest'ultimo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato).
3. La seconda censura, con cui si è lamentata la violazione dell'art. 26, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008 (che, secondo la prospettazione difensiva, disciplinerebbe solo i rapporti tra datori di lavoro che sottoscrivono contratti tra di loro), avendo la P.M.G. s.p.a. concluso il contratto con la Eigenmann & Veronelli s.p.s., che ha incaricato del trasporto la Autotrasporti L.F. s.r.l., è manifestamente infondata. L'art. 26, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008 estende, difatti, l'obbligo di cooperazione e coordinamento, strumentale a prevenire ed eliminare i rischi interferenziali, a tutti i datori di lavoro coinvolti, anche ai sub-appaltatori, tenuti a collaborare con il committente, con cui non hanno concluso alcun contratto, essendo legati solo all'appaltatore. L'interpretazione proposta dal ricorrente contrasta, dunque, con la lettera della legge, che prescinde dal dato formale dell'esistenza del rapporto contrattuale tra i datori di lavoro, valorizzando, invece, quello sostanziale dell'inserimento della prestazione di un'impresa nell'azienda o nel ciclo produttivo di altra impresa. In proposito deve anche sottolinearsi che l'art. 26, comma 3-bis, del d.lgs. n. 81 del 2008 esclude espressamente l'applicazione, alla mera fornitura di materiale (che ricorre nel caso di specie), del solo comma 3 (comma che prevede l'elaborazione di un documento di valutazione dei rischi riferito a quelli interferenziali), la cui violazione non risulta, peraltro, neppure contestata, mentre, invece, conferma sempre in modo esplicito l'applicazione dei commi 1 e 2 (e, quindi, degli obblighi di cooperazione e coordinamento tra datori di lavoro, strumentali all'eliminazione dei rischi interferenziali).
4. Pure la terza doglianza, con cui si è lamentato che i giudici di merito non avrebbero individuato il rischio, derivante dall'interferenza tra le due imprese, è inammissibile, in quanto a-specifico. Nella sentenza impugnata si è precisato che "l'operazione di scarico dello specifico oggetto da consegnare, peraltro nient'affatto episodica, prevedeva la necessaria interazione del personale della ditta di autotrasporti e dei dipendenti della ditta destinataria della merce da scaricare ed a tale operazione in concreto hanno preso parte dipendenti di entrambe le ditte, da un lato, l'A.A., quale autista del veicolo, e, dall'altro, il carrellista M., nonché altro dipendente della ditta destinataria PMG s.r.l. Tanto richiedeva la speciale natura, il notevole peso e la conformazione del fusto da consegnare, che all'evidenza non poteva essere scaricato a mani nude dal solo A.A.".
Il ricorrente, prescindendo da tali argomentazioni, ha semplicemente prospettato l'astratta possibilità che il vettore si occupi da solo della fase dello scarico della merce, anche particolarmente ingombrante e pesante, portando con sé, sul camion, un muletto destinato all'operazione: possibilità che, alla luce della ricostruzione dei fatti dei giudici di merito, è del tutto estranea al caso di specie, in cui "le operazioni di scarico - della merce ordinata da P.M.G. s. p.a. - non si esaurivano certo in una passiva ricezione della merce da consegnare", ma comportavano l'interazione dei dipendenti delle due imprese.
Occorre, inoltre, sottolineare che gli obblighi che gravano sul datore di lavoro ai sensi del d.lgs. n. 81 del 2008 sono strumentali alla tutela non soltanto dei suoi dipendenti, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro o che siano coinvolti nel suo ciclo produttivo, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa, di talché, ove in tali luoghi o nel corso di tale ciclo produttivo si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico (Sez. 4, n. 1777 del 06/12/2018 ud. - dep. 16/01/2019, Perano, Rv. 275077 - 01). Da ciò consegue che sul datore di lavoro che riceva la consegna di un bene incombe una posizione di garanzia nei confronti dei soggetti che materialmente eseguono tale servizio durante tutto il lasso temporale in cui il bene è nella propria sfera di controllo. Del resto, secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini dell'operatività degli obblighi di cooperazione nell'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto, previsti attualmente dall'art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008, occorre aver riguardo alle caratteristiche del fatto, essendo del tutto irrilevante la qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro (così, da ultimo, Sez. 4, n. 37776 del 24/05/2019, Unipol, Rv. 277354 - 01; v. anche Sez. 4, n. 1777 del 06/12/2018 ud. - dep. 16/01/2019, Perano, Rv. 275077 - 01, la quale, nell'affermare il principio, secondo cui, ai fini dell'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all'esistenza di un rischio interferenziale, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione - ma all'effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte, ha ritenuto irrilevante la veste civilistica del rapporto negoziale esistente tra le due imprese - in termini di contratto d'appalto o di contratto di trasporto - ed immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del legale rappresentante della società committente per la morte per folgorazione dell'autista, dipendente di una diversa impresa, che, procedendo alle operazioni di scarico di una partita di mangime nei silos della committente, aveva toccato con il braccio metallico in dotazione all'autocarro i sovrastanti conduttori elettrici ad alta tensione).
5. Pure sono manifestamente infondati il quarto ed il quinto motivo, con cui si è denunciata la mancata assunzione di alcune prove decisive documentali dirette a dimostrare l'indicazione impartita, da parte della P.M.G. s.p.a., di consegnare il fusto su un pallet e l'adozione, da parte della P.M.G. s.p.a., di istruzioni operative relative allo scarico della merce, unitamente alla frequenza di corsi di formazione, da parte del proprio dipendente M., per la conduzione di carrelli semoventi. Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince, difatti, che, pur in assenza di una specifica ordinanza, tali documenti sono stati valutati e che le circostanze allegate dalla difesa sono state ritenute dimostrate. In particolare p. 10 si legge che "non scusa l'avere a suo tempo richiesto in fase di acquisto dal venditore la consegna del fusto allocato su un bancale, posto che ciò che rileva sono le cautele in concreto omesse ...nella specifica fase lavorativa in cui è avvenuto il sinistro. Anche la previsione all'interno di specifica istruzione operativa scritta, richiamata dall'appellante P.U.F., della necessità di utilizzare per lo scarico di fusto l'apposito carrello con forche idrauliche, si rileva del tutto neutra, posto che da un lato anche il carrello in concreto utilizzato dal M. era munito di forche idrauliche e, dall'altro, pur essendo presente in azienda il carrello munito delle apposite pinze prensili, tale strumento di lavoro non è stato posto a disposizione del M. e di esso non è stato al predetto prescritto l'uso".
6. L'ultimo motivo, con cui si è dedotto il vizio di motivazione della sentenza, nella parte in cui ritiene P.U.F. informato della prassi di scarico senza usare i pallet, prassi adottata dall'impresa incaricata del trasporto, in violazione delle pattuizioni contrattuali, e non dalla propria impresa, è manifestamente infondato.
Il ricorrente, pur citando testualmente il passaggio motivazionale di cui a p. 10 della sentenza, in cui si riporta la deposizione del teste S. che ha riferito che, sia pure occasionalmente, più volte in passato, era accaduto che i fusti da consegnare a PMG s.p.a. venissero scaricati con le modalità pericolose seguite da A.A. e M., non si confronta con ciò che esso implica e, cioè, l'esistenza di una prassi pericolosa di scarico della merce, contraria alle istruzioni impartite, che è stata avallata e condivisa dai dipendenti della P.M.G. s.p.a. e che non è stata in alcun modo contrastata.
Per quanto concerne, infine, l'asserita mancata conoscenza, da parte del ricorrente, della prassi di scarico instauratasi, a prescindere dalla circostanza che tale deduzione difensiva non risulta sviluppata in appello, va ribadito che il datore di lavoro è responsabile non solo della prassi conosciuta, ma anche di quella colpevolmente ignorata, in assenza dell'adozione di adeguate misure di vigilanza (v., da ultimo, Sez. 4, n. 20092 del 19/01/2021, Zanetti, Rv. 281174 - 01) e, nel caso di specie, di coordinamento con il vettore.
7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero, della sanzione pecuniaria, che si reputa equo liquidare in euro tremila, a favore della Cassa delle Ammende.
 

P.Q.M.
 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 febbraio 2022.