Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 17 marzo 2022, n. 9008 - Ribaltamento laterale dell'autocarro non stabilizzato e schiacciamento mortale dell'operaio dipendente della ditta appaltatrice. Mancata nomina del CSE e responsabilità del committente


 

 

Presidente: SERRAO EUGENIA
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA
Data Udienza: 22/02/2022
 

 

Fatto




1. La Corte d'appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale cittadino, con la quale B.R. era stato condannato, unitamente ad altri imputati e nella qualità di legale rappresentante della CFV Costruzioni s.r.l., committente dei lavori di realizzazione di un complesso edilizio, per l'omicidio colposo del lavoratore M.E., operaio dipendente della ditta appaltatrice dei lavori (in Roma-Ostia il 22/2/2006).

2. In particolare, si è contestato all'imputato di non aver nominato il coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori, il quale avrebbe dovuto verificare l'osservanza, da parte delle imprese impegnate nel cantiere, delle disposizioni del PSC e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro con specifico riferimento a un segmento della lavorazione che implicava l'utilizzo di una autopompa, il suo corretto posizionamento e la sua stabilizzazione (art. 3, comma 4, d. lgs. 14 agosto 1996, n. 494); e per non aver verificato, sempre in relazione a tale manovra, tramite opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione delle disposizioni contenute nel PSC e la corretta applicazione delle procedure di lavoro (art. 6, comma 2, stesso decreto).
Nella specie, l'infortunio era avvenuto mentre il lavoratore era impegnato nello spostamento della pesante "proboscide" di gettata dell'autopompa: a seguito dell'improvviso ribaltamento laterale dell'autocarro, dovuto alla errata estensione degli stabilizzatori e all'errato posizionamento del mezzo, la vittima era rimasta schiacciata dal braccio della pompa, decedendo istantaneamente.

3. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso l'imputato con proprio difensore, formulando nove motivi.
Con il primo, la difesa ha dedotto mancanza di motivazione in ordine al quarto motivo d'appello, con il quale si era contestata la consapevolezza del B.R. circa la eccessiva distanza del mezzo dal punto di gettata. La Corte d'appello, dopo aver escluso tale specifico addebito colposo, alla stregua delle conclusioni del perito nominato in sede di rinnovazione istruttoria, ha tuttavia confermato la contestazione relativa alla omessa rilevazione della eccessiva distanza del mezzo.
Con il secondo, ha dedotto analogo vizio, questa volta con riferimento alla asserita violazione della regola di cui all'art. 521, cod. proc. pen., non avendo la Corte debitamente argomentato in ordine al sesto motivo del gravame, con il quale si era rilevata la contestazione di una violazione non contenuta nel capo d'imputazione. Trattasi della mancata richiesta, da parte dell'imputato, n. q. di committente dell'opera, di un'autorizzazione a occupare il suolo pubblico per il corretto posizionamento del mezzo, ritenuta dalla Corte di merito ulteriore profilo di colpa generica.

Con il terzo, ha dedotto errata applicazione dell'art. 3 del d. lgs. n. 494/96. La Corte territoriale ha ritenuto di collegare l'obbligo di nomina del coordinatore per la fase di esecuzione alla circostanza che, il giorno dell'infortunio, erano presenti in cantiere più imprese, oltre al dato della presunta conoscenza, in capo al B.R., dell'utilizzo di più di 200 giornate/uomo (e, precisamente, di 1800) e che all'interno del cantiere vi era uno dei rischi contemplati dalla norma (quello, cioè, di caduta da un'altezza superiore ai due metri).
Tale incedere sarebbe, secondo la difesa, del tutto errato poiché la nomina del coordinatore è prescritta solo se" cantiere è prevista la presenza di più imprese, cosicché sarebbe stato necessario, in via preliminare, accertare la consapevolezza dell'imputato in ordine a tale presenza, solo successivamente venendo in rilievo le altre condizioni per la operatività della prescrizione (vale a dire, la presenza uomini/giorno e il rischio caduta).
Nella specie, non era prevista la presenza di più imprese, non essendo stato contemplato, né autorizzato, in sede di contratto di appalto con la EDIL RESTAURO s.r.l., della quale il coimputato C. era il rappresentante legale, il subappalto dei lavori, né il contratto contemplava lavorazioni che lasciassero presumere l'impiego di imprese diverse dalla EDIL RESTAURO s.r.l., ditta esperta nel settore, in grado di procedere direttamente all'acquisto del cemento o alla produzione di esso in cantiere e di provvedere alla sua posa .
Sotto altro profilo, si rileva come non fosse emerso che il committente si era ingerito nella esecuzione dei lavori, la violazione delle norme antinfortunistiche non essendo stata nemmeno immediatamente percepibile dal committente poichè il subappalto era stato celato all'imputato. A tal fine, il deducente evidenzia la inconducenza della circostanza che il POS non escludesse l'impiego di altre imprese, trattandosi di documento non redatto dal B.R., ma dall'appaltatore C..
Con un quarto motivo, ha dedotto la contraddittorietà della motivazione con le risultanze della perizia, quanto alla mancata nomina del coordinatore, essendo emerso dall'istruttoria che sul cartello del cantiere era indicato il Responsabile della sicurezza e il Direttore dei lavori e che nel PSC era indicato anche il coordinatore nella persona dello stesso Responsabile dei lavori.
Con un quinto motivo, ha dedotto contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si è ritenuta la prova di una "previsione" della compresenza di più imprese nel cantiere: la circostanza che ciò fosse contemplato nel POS della impresa appaltatrice, attraverso la previsione del coordinatore nominato, non sarebbe idonea a fondare la responsabilità del committente, poiché il POS non è stato redatto dal B.R., bensì dal C., avendo lo stesso perito affermato che il lavoro non richiedeva necessariamente l'intervento di un'altra impresa, potendo l'appaltatore scegliere modalità esecutive (come la installazione di una piccola gru) che non richiedevano l'impiego di un'autopompa per il getto del calcestruzzo, lo stesso POS prevedendo la produzione del calcestruzzo in cantiere.
Con il sesto motivo, la difesa ha dedotto errata applicazione dell'art. 6, comma 2, d. lgs. n. 494 del 1996, con specifico riferimento all'addebito di mancata verifica dell'osservanza degli obblighi incombenti sul coordinatore . Sul punto, la difesa evidenzia che la norma in commento ha lo scopo di rafforzare gli obblighi di garanzia, allorché debba essere nominato un coordinatore per la sicurezza, nel senso che, anche ove tale figura esista, il committente mantiene una sua posizione di garanzia che si riflette nel controllo sull'operato del coordinatore. Cosicché, ove non sussista l'obbligo di individuare tale ulteriore garante, il correlato onere di controllo in capo al committente non può dirsi costituto, mancando il soggetto al quale esso va riferito.
Con un settimo motivo, ha dedotto erronea applicazione dell'art . 40, cod. pen., e degli artt. 3, 5 e 6 del d. lgs. n. 494 del 1996, in relazione agli obblighi del coordinatore e all'assenza del nesso causale tra la nomina e l'evento verificatosi.
Il deducente afferma che, anche ove tale nomina fosse stata obbligatoria, i compiti del coordinatore per la sicurezza non includono la sua costante presenza in cantiere, cosicché la mancata nomina non avrebbe avuto incidenza causale rispetto alla mancata stabilizzazione del mezzo. Pertanto, in difetto di consapevolezza della presenza di più imprese in cantiere, il B.R. risponderebbe a titolo di responsabilità oggettiva della mancata osservanza del PSC e delle procedure lavorative, la decisione di non stabilizzare correttamente l'autopompa (con estensione di soli due stabilizzatori) non potendo essere scongiurata dalla nomina di un coordinatore, la cui presenza neppure è richiesta in cantiere.
Con l'ottavo e il nono motivo, infine, la difesa ha dedotto vizio della motivazione per avere la Corte territoriale ripetutamente attribuito all'appaltatore l'organizzazione del cantiere, salvo poi ritenere il committente responsabile delle operazioni ivi effettuate e negato valore alla nomina del Responsabile dei lavori, affermando che non era emerso che l'imputato avesse affidato a terzi l'adempimento di precetti penalmente sanzionati. In particolare, il deducente afferma che, nella specie, il B.R. aveva nominato un Responsabile dei lavori, il quale aveva poi provveduto autonomamente a nominare un coordinatore, sebbene non ve ne fosse l'obbligo, il cui nominativo era stato poi inserito sul cartellone esposto in cantiere.

4. Con atto successivo, la difesa ha presentato motivi aggiunti, sviluppando le proprie argomentazioni e concludendo per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata o, in subordine, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello territoriale, con indicazione del principio di diritto volto alla corretta interpretazione delle norme citate.

 

Diritto



1. Il ricorso va rigettato, con le precisazioni che seguono, rilevandosi in premessa che il reato non è prescritto alla luce del termine di cui al combinato disposto degli artt. 157 e 161 cod. pen., tenuto conto delle sospensioni del processo ai sensi dell'art. 159 stesso codice (cfr., quanto al giudizio di primo grado: rinvio udienza 27/1/2010 alla udienza del 30/6/2010 per adesione dei difensori alla astensione dalle udienze proclamata dagli organi di categoria, per un totale di mesi 5 e giorni 3; rinvio dell'udienza del 31/1/2011 a quella del 4/7/2011 per legittimo impedimento di un difensore, limitatamente a mesi 2; quanto al giudizio di appello: rinvio dell'udienza del 22/5/2015 a quella del 26/2/2016 per legittimo impedimento, limitatamente a mesi 2; infine, rinvio dell'udienza 25/10/2019 a quella del 11/2/2020, per adesione dei difensori alla astensione dalle udienze proclamata dagli organi di categoria, per un totale di mesi 3 e giorni 19; così per complessivi anni 1 e giorni 22 di sospensione che spostano il termine di scadenza del 22 febbraio 2021 al 16 marzo 2022).

2. La Corte capitolina, nell'esaminare la posizione dell'imputato, ha precisato che gli addebiti riguardavano la mancata nomina del coordinatore per la sicurezza nella fase dell'esecuzione dei lavori e l'omessa verifica, mediante azioni di coordinamento e controllo dell'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi impegnati nel cantiere delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento (PSC). Ha, dunque, preliminarmente esaminato la questione relativa alla consapevolezza, in capo al predetto, della possibilità dell'impiego di più imprese nel cantiere, alla stregua dell'argomento ribadito in ricorso, secondo cui il contratto di appalto non menzionava tale scelta operativa, né lasciava supporre che la ditta del C. non fosse l'unica a operare in quel contesto.
La Corte ha ritenuto di disattendere l'assunto difensivo sulla scorta del fatto che la norma che pone l'obbligo di nomina del coordinatore, normalmente precedente l'affidamento dei lavori, si applica anche nel caso in cui, dopo l'affidamento a un'unica impresa, l'esecuzione venga in tutto o in parte affidata a una o più imprese (richiamando l'art. 3, comma 4-bis del d. lgs. n. 494 del 1996). Ha, poi, affermato che, dalle risultanze in atti, era emerso che il B.R., nonostante sapesse, attraverso le previsioni contenute nel PSC e nel POS dell'appaltatrice, che i lavori avrebbero impegnato 1800 giornate/uomo e che in cantiere vi era il rischio di caduta da un'altezza superiore a due metri, non aveva nominato il coordinatore per la sicurezza, aggiungendo che lo stesso POS della impresa appaltatrice prevedeva la possibile compresenza di più imprese in cantiere, come del resto era accaduto durante tutte le fasi di getto del calcestruzzo, essendo stata coinvolta la ditta dell'A., proprietaria dell'autopompa usata per l'operazione di getto del calcestruzzo.
Inoltre, sempre secondo i giudici territoriali, le lavorazioni contemplate nel contratto di appalto richiedevano necessariamente l'operatività in cantiere di più imprese e tale colpevole inosservanza era in relazione causale diretta con l'infortunio in esame, tenuto conto dei compiti e dei poteri della specifica figura di garante. Il coordinatore, infatti, avrebbe sospeso la lavorazione e imposto che la stessa proseguisse in altro momento e con altre modalità. In particolare, avrebbe potuto verificare l'applicazione delle disposizioni pertinenti a ciascuna impresa, contenute nel PSC e delle norme sulla sicurezza, nonché la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro, con specifico riferimento alla fase del getto del calcestruzzo con utilizzo della autopompa e verificare la idoneità del POS, assicurandone la coerenza con il PSC.
Quanto al secondo addebito, poi, la Corte di merito ha ritenuto in capo al B.R. la esigibilità dei compiti spettanti al coordinatore in base all'art. 5 del d. lgs. n. 494 del 1996 (e, oggi, dall'art. 93, comma 2, T.U. 9 aprile 2008, in assoluta continuità normativa) anche in capo al committente, atteso che la nomina di un coordinatore non esonera il committente dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui all'art. 4, comma 1 e 5, comma 1, lett. a), stesso testo normativo.
Secondo il ragionamento della Corte d'appello, non avendo il committente B.R. nominato un coordinatore per la sicurezza, egli avrebbe dovuto verificare l'osservanza da parte della impresa esecutrice delle disposizioni del PSC e delle procedure di lavoro e, in ogni caso, alla stregua delle condizioni pericolose in cui si stavano svolgendo i lavori, garantire la sicurezza sul luogo di lavoro e l'applicazione delle misure di prevenzione e, in particolare, che la lavorazione avvenisse con quelle modalità, in ciò ravvisando una condotta omissiva ascrivibile quantomeno a titolo di colpa generica, in assenza di una delega efficace a terzi circa l'adempimento di tali obblighi, quella al Responsabile dei lavori non avendo i requisiti formali (siccome priva di data certa, assolutamente generica e affidata a soggetto senza abilitazione in materia, tanto che era stato designato altro soggetto quale coordinatore per la progettazione).

4. Deve, intanto, precisarsi che gli addebiti mossi al B.R. nella qualità di committente dell'opera sono strettamente correlati alla mancata nomina di un coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione (essendo incontestata la nomina di quello per la fase della progettazione) e alla omessa verifica delle disposizioni contenute nel PSC adottato dall'impresa appaltatrice e delle procedure lavorative riguardanti la fase della lavorazione nella quale si inserisce l'infortunio mortale (il getto, cioè, del calcestruzzo nelle casseforme appositamente predisposte per la realizzazione delle strutture in cemento armato delle pareti perimetrali di un complesso edilizio con destinazione residenziale, operazione svolta con l'ausilio di un'autopompa), oltre a due profili di responsabilità ascritti a titolo di colpa generica, per non avere l'imputato impedito che la lavorazione avvenisse con le modalità accertate in istruttoria e per non aver provveduto a chiedere un'autorizzazione a occupare suolo pubblico in modo da consentire che l'intervento dell'autopompa avvenisse in sicurezza.
Quanto a questo specifico profilo, peraltro, deve pure premettersi che i giudici territoriali, all'esito della perizia disposta in appello proprio al fine di accertare le cause del ribaltamento, hanno escluso, a differenza del Tribunale, che l'infortunio fosse da ricondurre anche alla distanza tra il luogo del getto e quello in cui era posizionata la autopompa, essendone emersa la non incidenza sul decorso causale del ribaltamento . Esso era stato determinato, invece, solo dalla mancata stabilizzazione corretta dell'autopompa: si era accertato che, nell'occorso, erano stati estratti solo due dei quattro stabilizzatori, neppure simmetricamente estesi, uno essendo rimasto più corto, con la conseguenza che il mezzo era stato utilizzato in condizioni di equilibrio precario. Ciò che è stato ritenuto dal perito del tutto irregolare e non consentito dal costruttore del mezzo.
Quanto alla ragione di tale modalità operativa, il perito aveva spiegato che la stessa era dipesa dalle condizioni dei luoghi e dimensioni dell'autopompa: gli stabilizzatori posteriori, infatti, ove estratti, avrebbero impedito di accostare il mezzo il più vicino possibile alla recinzione del cantiere, con conseguente aumento della distanza di esso di punto in cui doveva effettuarsi il getto del calcestruzzo; inoltre, l'estrazione degli stabilizzatori posteriori avrebbe determinato una maggiore occupazione della strada e un ostacolo al transito dei veicoli; pertanto, per operare in sicurezza, sarebbe stato necessario richiedere un'autorizzazione a occupare il suolo pubblico, viceversa mai richiesta, essendo anzi emerso dall'istruttoria che agli operai erano state impartite precise istruzioni di procedere senza l'estrazione degli stabilizzatori posteriori, per evitare la occupazione della sede stradale.

5. Fatte tali precisazioni in punto di ricostruzione degli accadimenti e delle contestazioni specificamente mosse al ricorrente, pare utile, sempre in via preliminare, rinviare al diritto vivente quanto al protocollo di verifica della struttura giustificativa della sentenza censurata, per il caso di doppia conforme, come nella specie (cfr . sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv, 257595; sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993, 1994, Rv. 197250; sez. 3 n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615) per ribadire l'estraneità al presente vaglio degli aspetti di giudizio che si sostanzino nella valutazione del significato degli elementi probatori, attinenti interamente al merito, che non possono perciò essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa (cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482), nuovamente affermandosi che è precluso a questo giudice sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr. sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099).


6. Tanto premesso, è intanto manifestamente infondato il primo motivo. La difesa erra nell'affermare che l'unica contestazione formulata in imputazione nei confronti dell'imputato, in relazione alla procedura lavorativa inerente all'utilizzo dell'autopompa, riguarda la sola distanza del mezzo dal punto in cui doveva essere gettato il calcestruzzo: al contrario, si legge nella imputazione che l'addebito ha riguardato espressamente anche lo squilibrato posizionamento degli stabilizzatori di cui si è detto, ritenuto causa esclusiva del ribaltamento del mezzo che ha causato la morte dell'operaio M.E..

7. Il secondo motivo è infondato.
La difesa ha evocato una violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, con riferimento al profilo di colpa generica rappresentato dalla omessa attivazione del committente B.R. presso le autorità amministrative al fine di ottenere la occupazione della strada pubblica che avrebbe consentito il corretto posizionamento dell'autopompa e l'estensione di tutti e quattro gli stabilizzatori.
Sul punto, deve intanto ricordarsi che, ai fini della sussistenza di una violazione del principio di correlazione di cui all'art. 521 cod. proc. pen., non è sufficiente qualsiasi modificazione dell'accusa originaria, ma è necessaria una modifica che pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato. Pertanto, la violazione non sussiste quando nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l'imputato in condizioni di difendersi dal fatto successivamente ritenuto in sentenza, da intendersi come accadimento storico oggetto di qualificazione giuridica da parte della legge penale, che spetta al giudice individuare nei suoi esatti contorni (cfr. sez. 5 n. 7984 del 24/9/2012, dep. 2013, Jovanovic, RV. 254648). Tali principi sono coerenti con quelli costituzionali racchiusi nella norma di cui al novellato art. 111 Cast., ma anche con l'art. 6 della Convenzione E.D.U., siccome interpretato, in base alla sua competenza esclusiva, dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla nota pronuncia Drassich c. Italia (cfr. CEDU 2 sez. 11 dicembre 2007); ma anche, più di recente, con la pronuncia del 22 febbraio 2018, Drassich c. Italia (n.2), con la quale la Corte di Strasburgo ha escluso la violazione dell'art. 6 cit. nel caso in cui l'interessato abbia avuto una possibilità di preparare adeguatamente la propria difesa e di discutere in contraddittorio sull'accusa alla fine formulata nei suoi confronti.
Nel caso in esame, difetta una lesione del diritto di difesa, alla cui salvaguardia il principio di correlazione è direttamente funzionale, non apprezzandosi un rapporto di eterogeneità del fatto ritenuto rispetto a quello contestato (sez. 6, n. 10140 del 18/2/2015, Bossi, Rv. 262802): la condotta contestata non costituisce profilo inedito di accusa, bensì sviluppo degli addebiti espressamente evocati nell'editto accusatorio, tra i quali rientra la mancata verifica della corretta applicazione delle procedure lavorative necessarie per effettuare la gettata di calcestruzzo, nella specie mediante l'impiego in sicurezza di un mezzo ingombrante, che implicava l'estensione anche degli stabilizzatori posteriori che avrebbero invaso la sede stradale.

8. Il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo sono infondati.
Le censure ruotano essenzialmente sul ritenuto difetto di una prova che l'imputato fosse a conoscenza della compresenza di più imprese nel cantiere, condizione dalla quale deriverebbe l'obbligo di cui all'art. 3, comma 4, d. lgs. n. 494 del 1996 (oggi previsto dall'art. 93 T.U. n. 81 del 2008), di nomina del coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori. La difesa assume che i giudici di merito avrebbero ricollegato tale obbligo non alla condizione della compresenza di più imprese, bensì direttamente ai casi in cui, data tale compresenza, si tratti di cantieri che impiegano più di 200 giornate/uomo o nei quali vi siano rischi particolari (nella specie, quello di caduta da altezza superiore a due metri), opponendo che, in ogni caso, il B.R. non avrebbe potuto avere contezza di tale compresenza, atteso che il contratto d'appalto non contemplava il subappalto di lavorazioni ad altre imprese.
La Corte di merito, confrontandosi con la censura già formulata con il gravame, ha replicato che l'obbligo in esame sorge anche quando il coinvolgimento di altre imprese sia successivo all'affidamento dei lavori a una sola impresa iniziale.
Nel fare applicazione di tale previsione di legge (art. 3, comma 4-bis, d. lgs. n. 494 del 1996) ha correttamente spostato la valutazione sul piano della prova della consapevolezza, in capo al committente, della compresenza di più imprese durante la esecuzione dei lavori di che trattasi, ritenendola dimostrata alla stregua di alcuni dati, già contenuti nella sentenza appellata: nel POS redatto dall'appaltatore era espressamente prevista la possibilità della compresenza di più imprese e ditte artigiane, con conseguente necessità di redigere altri POS e di nominare la figura di garante che ha per l'appunto il compito di coordinare tali previsioni in materia di sicurezza; il giorno dell'incidente in cantiere vi erano certamente più imprese operanti (oltre a quella dell'appaltatore C., anche quella dell'A. proprietaria dell'autopompa impiegata per il getto della miscela); il contratto di appalto prevedeva lavorazioni che richiedevano necessariamente l'impiego di imprese diverse da quella appaltatrice (tra queste, come si evince a pag. 21 della sentenza appellata, la realizzazione di opere di fondazione, delle pareti e dei solai dei fabbricati, con necessità di approvvigionamento del cantiere di materiali da parte di imprese specializzate nel trasporto e fornitura di essi); il B.R. sapeva, attraverso le previsioni del POS e del PSC, che nel cantiere erano impegnate 1800 giornate/uomo e che esisteva il rischio di caduta ricompreso nelle ipotesi previste dall'art. 3, comma 2, d. lgs. n. 494 del 1996; inoltre, come sottolineato già nella sentenza di primo grado, il committente, contestualmente all'incarico di progettazione, aveva designato un coordinatore per la sicurezza nella fase della progettazione, nomina che presupponeva, per l'appunto, la compresenza di più imprese in quel cantiere o, in alternativa, l'affidamento della esecuzione dei lavori o di parte di essi a una o più imprese diverse dall'appaltatrice (cfr. sempre pag. 21 della sentenza appellata).
Trattasi, a ben vedere, di una valutazione in fatto, rispetto alla quale la motivazione ricavabile da una lettura doverosamente integrata delle due sentenze di merito appare del tutto congrua, non manifestamente illogica, né tantomeno contraddittoria, le censure risolvendosi nell'assegnazione di un diverso significato ai dati probatori, a questa Corte preclusa alla luce dei principi esposti al § 5 di questa trattazione.
La infondatezza del sesto motivo, peraltro, è la diretta conseguenza del ragionamento che precede, avendo la difesa ritenuto non operanti gli obblighi di verifica incombenti sul committente, nel caso di nomina di un coordinatore per la sicurezza nella fase della esecuzione dei lavori, alla luce della ritenuta insussistenza di un obbligo di nominare quella figura di garante che, viceversa, è stato ritenuto dai giudici di merito sulla scorta di un ragionamento probatorio non incrinato dagli argomenti della difesa.

9. Il settimo motivo è manifestamente infondato.
La difesa assume che l'infortunio non concretizzerebbe il rischio che la designazione del coordinatore per la sicurezza, nella fase della esecuzione dei lavori, avrebbe dovuto scongiurare, atteso che a tale figura di garante non compete un compito di costante e puntuale controllo, bensì una vigilanza sulla generale configurazione delle lavorazioni.
La difesa, nell'opporre tale argomentazione, tuttavia, dimostra di non essersi effettivamente confrontata, ancor prima che con la sentenza impugnata, con quella di primo grado e con il passaggio motivazionale in cui il Tribunale aveva efficacemente descritto ciò che il coordinatore avrebbe dovuto fare e richiamato, segnatamente, con specifico riferimento alla procedura lavorativa scorrettamente attuata nell'occorso, il potere di sospensione proprio di tale figura della sicurezza sui luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e imminente direttamente riscontrato. Nella specie, l'evento aveva realizzato proprio quel rischio che la nomina era intesa a scongiurare, spettando al coordinatore di prescrivere alle imprese coinvolte nelle operazioni di getto del calcestruzzo l'osservanza delle procedure per utilizzare in sicurezza l'autopompa, in base alle quali il mezzo avrebbe dovuto essere collocato fuori dal cantiere e avrebbero dovuto essere utilizzati mezzi adeguati e posizionati in modo da essere del tutto stabili.
Di recente, peraltro, questa stessa sezione ha ribadito che la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori - che si esplica prevalentemente mediante procedure e non poteri doveri di intervento immediato - riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo delle singole lavorazioni, demandato ad altre figure (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l'obbligo di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato ed immediatamente percettibile, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate (cfr., ex multis, sez. 4, n. n. 24915 del 10/06/2021, Paletti, Rv. 281489; n. 14179 del 10/12/2020, dep. 2021, Costantino, Rv. 281014; n. 34869 del 12/4/2017, Leone, Rv. 270756).

10. L'ottavo e il nono motivo sono manifestamente infondati.
La difesa ha individuato una contraddizione e manifesta illogicità del ragionamento esplicativo seguito dalla Corte territoriale, per avere questa affermato che l'organizzazione del cantiere facesse capo all'appaltatore e, purtuttavia, ritenuto una responsabilità del committente per le operazioni effettuate in cantiere (motivo 8). Inoltre, ha contestato il giudizio di irrilevanza che la Corte di merito ha espresso rispetto alla nomina di un responsabile dei lavori da parte del committente e rilevato che, in ogni caso, pur essendo stato nominato un coordinatore per la sicurezza nella fase della progettazione, si sarebbe trattato di una iniziativa non obbligatoria, quindi inidonea a far sorgere un obbligo non previsto dalla legge.
Le doglianze non tengono conto del fatto che la sicurezza del cantiere è affidata a più figure professionali, ciascuna delle quali titolare di obblighi configurati direttamente in relazione alla posizione rivestita. Tale distinzione, del resto, è riflessa nella stessa imputazione, nella quale al B.R. non si addebita la violazione delle procedure da seguire per lo svolgimento della singola lavorazione, bensì la mancata nomina di una figura di garante il cui compito è proprio quello di coordinare la presenza di più imprese, nella specie coinvolte contemporaneamente nel versamento del calcestruzzo nella cassaforma, mediante l'impiego di un'autopompa.
In particolare, quanto al committente, trattasi di soggetto che normalmente concepisce, programma, progetta e finanzia un'opera, titolare ex lege di una posizione di garanzia che integra quella di altre figure di garanti legali (datori di lavoro, dirigenti, preposti etc.). Egli può designare un responsabile dei lavori, con un incarico formalmente rilasciato accompagnato dal conferimento di poteri decisori, gestionali e di spesa, che gli consenta di essere esonerato dalle responsabilità, sia pure entro i limiti dell'incarico medesimo e ferma restando la sua piena responsabilità per la redazione del piano di sicurezza, del fascicolo di protezione dai rischi e per la vigilanza sul coordinatore in ordine allo svolgimento del suo incarico e sul controllo delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza (cfr. sez. 4, n. 37738 del 28/5/2013, Gandala, Rv. 256635, in fattispecie relativa a commessa per la costruzione di unità immobiliari; n. 10544 del 25/1/2018, Scibilia, Rv. 272239, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza con la quale era stata affermata la responsabilità del committente dei lavori, in conseguenza dell'infortunio sul lavoro occorso a dipendente di società cui la sub appaltatrice della prima affidataria aveva a sua volta subappaltato i lavori, in ragione, per l'appunto, della mancata nomina del coordinatore per la sicurezza nella fase dell'esecuzione dei lavori e delle gravissime carenze dei POS delle imprese esecutrici).
Nel caso in esame, al B.R. è stato rimproverato di non aver ottemperato agli obblighi propri della posizione di garante effettivamente ricoperta, avendo omesso di nominare il coordinatore per la fase di esecuzione, in un caso di rischio interferenziale direttamente collegato all'evento verificatosi (atteso che la morte dell'operaio era derivata dall'utilizzo improprio di un'autopompa fornita da una ditta diversa dall'appaltatrice, impiegata per realizzare la gettata del calcestruzzo) e, di conseguenza, avendo omesso di verificare il coordinamento tra le imprese presenti in cantiere, anche in relazione alle procedure lavorative impiegate per la esecuzione dell'opera commissionata. Rispetto a tali obblighi, del tutto inconferente è il richiamo alla figura del responsabile dei lavori che, come sopra già chiarito, non può sostituire il committente con specifico riferimento agli obblighi sopra elencati.
Infine, altrettanto inconferente è l'affermazione secondo cui la nomina della diversa figura del coordinatore per la fase della progettazione costituiva nulla più che una iniziativa di maggior cautela da parte del committente, non potendosi da essa farsi derivare un obbligo inesistente per legge con riferimento alla nomina del coordinatore anche per la fase dell'esecuzione: ancora una volta la difesa propone una dissonante lettura delle evidenze raccolte, contestando il ragionamento svolto dai giudici del merito, in base al quale tale comportamento, unitamente agli altri elementi sopra richiamati, è stato valorizzato non per ricavare un obbligo descritto dalla norma, ma per dimostrare la consapevolezza, in capo al committente, del coinvolgimento di più imprese nella esecuzione dei lavori appaltati, dalla quale quell'obbligo derivava.

11. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.
 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Deciso il 22 febbraio 2022