Cassazione Penale, Sez. 3, 17 marzo 2022, n. 9028 - Omessa valutazione del rischio Covid e responsabilità del CEO di una banca. Datore di lavoro, dirigente e delega di funzione


 


Presidente Marini – Relatore Socci

Fatto



1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Savona, interessato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, ha assolto con sentenza del 3 giugno 2021, emanata ex art. 129 c.p.p., con la formula perché il fatto non sussiste, il Sig. M.C. dai reati a lui ascritti: a) D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 29, comma 1 e art. 55, comma 1 lett. A); b) D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 17, comma 1, lett. B) e art. 55, comma 1, lett. B). Reati accertati il (omissis) e proseguiti fino al (omissis) .

Tali condotte sono riferite alla valutazione del rischio (DVR) connesso alle "malattie trasmissibili pandemia Covid - 2019" oggetto del DVR n. 24 del 20/5/2020 e alla designazione del responsabile per la sicurezza.

2. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Savona ha proposto ricorso in cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

2.1. Violazione di legge per avere il giudicante erroneamente interpretato il dato normativo e pronunciato sentenza assolutoria.

In estrema sintesi, il ricorrente sostiene che la qualifica di "datore di lavoro", rilevante ai fini delle violazioni contestate, compete a M.C. quale consigliere delegato, CEO e capo azienda di (omissis). Il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, definisce il datore di lavoro come il soggetto titolare del rapporto di lavoro e che ha la responsabilità dell'organizzazione in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Il datore di lavoro può, in via generale e salvo quanto si dirà, delegare i suoi poteri a un soggetto specifico che possieda i requisiti richiesti dalla legge. Nel caso in giudizio, la delega è stata effettuata al dipendente, avente qualifica di dirigente, R.F. con atto notarile.

Il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 17, esclude, però, in modo espresso che la facoltà di delega operi per la valutazione dei rischi e per la designazione del responsabile per la sicurezza. Secondo il ricorrente, il dato letterale della norma appare insuperabile. Conseguentemente l'imputato deve essere chiamato a rispondere delle omissioni contestatigli nell'imputazione ed errata risulta la sentenza di assoluzione qui impugnata. Ha chiesto quindi l'annullamento della sentenza impugnata.

2.2. M.C. ha depositato ampia memoria nella quale illustra la questione e analizza la giurisprudenza sul concetto di datore di lavoro e ha chiesto di dichiararsi inammissibile il ricorso della Procura.

2.3. Il Procuratore generale ha concluso per la manifesta infondatezza del ricorso, risultando errata la riferibilità del reato alla condotta di violazione del divieto di delega, dovendosi, piuttosto, avere riguardo alla mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi e alla mancata designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

Diritto



3. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Savona.

4. Letta la motivazione della sentenza impugnata, la Corte ritiene che occorra rimuovere subito un potenziale equivoco. Ciò che viene in luce nel presente procedimento è la omissione di atti dovuti da parte del sig. M. e non ha alcun rilievo il tema, collegato ma distinto, della validità ed efficacia del documento di valutazione del rischio (DVR) rispetto a soggetti terzi, inclusi i dipendenti e i lavoratori. Parimenti, resta estranea al presente giudizio la tematica relativa all'eventuale responsabilità in capo al datore di lavoro in caso di eventi dannosi successivi alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e sicurezza oppure alla adozione del DVR.

5. La motivazione della sentenza deve essere esaminata partendo dalla circostanza di fatto, che lo stesso Tribunale ritiene accertata e condivisibile, che lo stesso Sig. R. ha dichiarato che, sulla base della delega ricevuta, egli doveva essere ritenuto titolare del rapporto di lavoro "in senso prevenzionale/sicuristico", ma "non anche in senso giuslavoristico". Questa circostanza impone di concludere che la posizione giuridica del sig. R. non è assimilabile a quella del datore di lavoro come fissata dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, lett. b). Tale disposizione, infatti, individua il datore di lavoro nella persona che è "titolare del rapporto di lavoro" o che comunque "ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa" con riferimento a tutta l'operatività aziendale. L'unicità del concetto di datore di lavoro impone di escludere che la relativa figura possa essere sotto-articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi e che la medesima organizzazione, ove unitaria, o una sua unità produttiva possano conoscere la compresenza di più datori di lavoro.

6. L'interpretazione dell'art. 2, citato, nei termini ora esposti trova conferma in plurime decisioni di questa Corte, a partire dalla sentenza n. 18200/2016, Grosso e altro, del 7 gennaio 2016, che affronta alle pagg. 9-11 il tema di chi debba essere considerato "datore di lavoro" in relazione ai poteri di gestione dell'intera unità organizzativa.

Una ancor più chiara lettura del dato normativo riferita a organizzazioni complesse e articolate su più unità organizzative si rinviene nella sentenza Sez.4, n. 32899 dell'8/1/2021, PG/Castaldo, In particolare, alle pagine 481 e 482 si legge:

"La previsione normativa che prefigura la possibilità di avere nell'ambito di una medesima impresa una pluralità di datori di lavoro non permette di proiettare gli effetti del singolo ruolo datoriale sull'intera organizzazione. La costituzione di un datore di lavoro all'interno di una più ampia organizzazione per effetto dell'articolazione di questa in più unità produttive presuppone che sia individuabile ed individuata siffatta unità per le cui necessità di funzionamento il soggetto chiamato a gestirla viene dotato di tutti i poteri decisionali e di spesa necessari. Si stabilisce, così, una relazione biunivoca tra tale soggetto e l'unità organizzativa, tale per cui egli diviene in essa - e solo nell'ambito di essa - datore di lavoro. In realtà organizzative che presentano simile connotazioni si determina la contestuale presenza di un datore di lavoro al vertice dell'intera organizzazione - che pertanto potrebbe dirsi “apicale” - e di uno o più datori di lavoro che potrebbero definirsi “sottordinati”. Infatti, per essi il ruolo datoriale non elide il vincolo gerarchico verso il datore di lavoro “apicale”; la particolarità è che tale vincolo si esprime con modalità che non intaccano i poteri di decisione e di spesa richiesti dalla autonoma gestione dell'unità produttiva. Quando invece tali vincoli si riflettono anche su tale gestione, è da escludersi che ricorra un datore di lavoro sottordinato, profilandosi piuttosto un dirigente (per una applicazione di tali assunti si veda Sez. 4, n. 18200 del 07/01/2016, Grosso e altro, Rv. 26664001, in motivazione).

"Il datore di lavoro sottordinato è quindi destinatario di tutte le prescrizioni che si indirizzano alla figura datoriale; ma entro la e in funzione della gestione della sicurezza nell'ambito dell'unità organizzativa affidatagli. Esemplificando, egli sarà tenuto ad eseguire la valutazione di tutti i rischi connessi alle attività lavorative svolte nell'unità; a redigere il documento di valutazione dei rischi; a nominare il medico competente ed il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione. Quella stretta connessione che lo stesso disposto normativo pone fa sì che la valutazione dei rischi non possa attenere a rischi che risultano affidati a diversi datori di lavoro (per esempio quelli ai quali è stata affidata altra unità produttiva fornita di analoga autonomia; ma anche quello che resta vertice dell'organizzazione entro la quale sono individuate le diverse unità produttive autonome).

"Proprio per tale motivo è corretta la replica che i giudici di merito indirizzano al rilievo difensivo tendente a valorizzare la previsione di più datori di lavoro, costituiti dai Capi del compartimenti territoriali; una volta individuato il rischio come non specifico delle attività svolte nella singole attività, tanto che la sua gestione presuppone poteri non disponibili a quei datori di lavoro, è del tutto conseguente che la valutazione di tale rischio è oggetto di un obbligo che fa capo al datore di lavoro “apicale”."

7. Una volta escluso che l'atto notarile sopra richiamato avesse per oggetto l'intera organizzazione e l'intero rapporto giuslavoristico, deve concludersi che lo stesso R. non rivestiva la qualifica di datore di lavoro, rimasta in capo al sig. M. , ma era stato investito di una delega parziale di funzioni e responsabilità che non includeva l'attribuzione di poteri decisionali e di spesa riferiti all'intera struttura organizzativa.

8. A tale conclusione consegue che il sig. M. restava unico titolare degli adempimenti previsti in materia di sicurezza, non delegabili ai sensi dell'art. 17 citato. Si tratta di adempimenti che egli pacificamente non ha curato, così che deve accogliersi l'impugnazione proposta dal Pubblico Ministero.

9. Sulla base delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Savona per nuovo giudizio alla luce dei principi qui affermati.

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Savona in diversa persona fisica.