Cassazione Civile, Sez. 6, 05 aprile 2022, n. 10948 - Arresto cardio respiratorio e tecnopatia. Nesso causale e rendita ai superstiti


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 05/04/2022
 

Rilevato che:
1. La Corte d'Appello di L'Aquila ha respinto l'appello proposto da A.D.T. nei confronti dell'INAIL, confermando la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda volta al conseguimento della rendita ai superstiti, di cui all'art. 85 del D.P.R. n. 1124 del 1965, in relazione al decesso del marito A.N..
2. La Corte territoriale ha accertato, in base all'esito delle c.t.u. svolte in primo e secondo grado, che il decesso del sig. A.N. era avvenuto per "arresto cardio respiratorio in paziente con insufficienza respiratoria cronica terminale" e che nella genesi del decesso non era dimostrata una interazione con la malattia professionale al medesimo diagnosticata, "pneumoconiosi da silicati e calcare".
3. Avverso la sentenza A.D.T. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. L'INAIL ha resistito con controricorso.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ..

Considerato che:
5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., violazione dell'art . 132 n. 4 cod. proc. civ., per nullità della sentenza e del procedimento a causa dell'inammissibile pedissequo rinvio, nella motivazione della sentenza, alle ragioni della c.t.u.
6. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ ., violazione dell'art. 132 n. 4 cod. proc. civ., per nullità della sentenza e del procedimento a causa del vizio logico insanabile della motivazione del giudice in ordine all'accertamento del fatto oggetto di c.t.u. per avere il giudice ripreso i ragionamenti dei periti di primo e secondo grado viziati sotto il profilo logico.
7. Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per violazione dell'articolo 85, comma 1, e degli articoli 116, 117, 118, 119 e 12, D.P.R. n. 1124 del 1965, per violazione e falsa applicazione delle norme sulla rendita a superstite in merito al nesso causale nel determinismo dell'exitus.
8. Con il quarto motivo è denunciata, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., la violazione dell'art. 145 D.P.R. n. 1124 del 1965, per omesso, insufficiente e contraddittorio esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, consistente nella "broncopneumopatia cronica da silicati", tabellata alla voce n. 47 del D.P.R. n. 482 del 1975, associata ad altra forma morbosa dell'apparato respiratorio e cardio circolatorio.
9. La parte ricorrente ha premesso che il c.t.u. nominato in primo grado aveva confuso la tecnopatia da cui era affetto in vita il de cuius (pneumoconiosi da silicati e calcare), con altra differente patologia (silicosi) mai denunciata, ed aveva escluso l'esistenza di un nesso causale tra quest'ultima patologia e il decesso dell'assicurato; che il consulente nominato dalla Corte d'appello ha rilevato l'errore in cui era in corso il c.t.u. di primo grado e precisato che la tecnopatia da cui era affetto il sig. A.N. era rappresentata non dalla silicosi bensì dalla "broncopneumopatia da silicati e calcare"; che, tuttavia, la Corte di merito ha considerato la valutazione espressa dal primo c.t .u., confermata dal consulente nominato in appello, sebbene ciò non corrispondesse al vero per le divergenze appena sottolineate. La ricorrente ha poi censurato la decisione d'appello per aver escluso l'esistenza di un nesso causale tra la tecnopatia e il decesso, disattendendo illegittimamente il ruolo causale di un fattore nocivo professionale tabellato.
10. I motivi di ricorso non possono trovare accoglimento.
11. I giudici di appello, in base all'esito della seconda c.t.u., hanno ritenuto che "i dati laboratoristici e clinico strumentali che emergono dalla cartella clinica relativa al ricovero esitato nel decesso del A.N., fra loro assolutamente coerenti e concordanti verso un univoca conclusione, depongono per uno scompenso cardiaco da insufficienza ventricolare sinistra ragionevolmente correlata alla cardiopatia ischemica ipertensiva cronica con ipertrofia ventricolare sinistra e fibrillazione atriale cronica ad alta risposta, con la conseguenza che le possibili alterazioni correlate alla broncopneumopatia da silicati e calcare indennizzata non hanno influito in misura apprezzabile sulla concatenazione di eventi che hanno condotto al decesso di A.N. Amerigo".
12. La motivazione della sentenza, che ha escluso l'esistenza di un nesso causale tra la tecnopatia da cui era affetto il de cuius e il decesso, risponde ampiamente ai requisiti richiesti dall'art . 132 n. 4 cod. proc. civ., come delineati dalle S.U. di questa Corte (v. sentenza n. 8053 del 2014), né l'errore compiuto dal primo c.t. u. nella individuazione della tecnopatia da cui era affetto il sig. A.N. ha avuto alcuna incidenza sull'accertamento di merito eseguito.
13. Le residue censure mosse con i motivi di ricorso in esame, se pure formulate attraverso la denuncia di violazione di legge, si esauriscono nella opposizione di una diversa valutazione del ruolo e del peso che la Corte di merito ha motivatamente assegnato ai fattori rilevanti ai fini del nesso causale e, da questo punto di vista, risultano inammissibili.
14. La sentenza impugnata si è attenuta al disposto dell'art. 85, D.P.R . n. 1124 del 1965, secondo cui la rendita spetta ai superstiti solo ove il decesso del dante causa dipenda, con certezza o elevata probabilità, da una malattia professionale o da un infortunio oppure quando la tecnopatia si ponga quale fattore accelerante per l'exitus determinato da altra causa, ed si è attenuta al principio giurisprudenziale consolidato secondo cui, in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, trova applicazione la regola di cui all'art. 41 cod. pen., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, sicché va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, salvo che il nesso eziologico sia interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l'evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni (Cass. n. 13060 del 2016; n. 13954 del 2014).
15. In applicazione di tali disposizioni e principi, i giudici di appello, individuato un fattore causale autonomo nella determinazione del decesso del sig. A.N., hanno escluso che la tecnopatia potesse aver svolto un ruolo causale o concausale.
16. Le critiche di parte ricorrente quindi non deducono una erronea applicazione delle norme di diritto e delle regole di individuazione del nesso causale tra malattia e decesso, ma pretendono di interloquire sui fattori della concatenazione causale come ricostruita dai giudici, in adesione alla consulenza tecnica d'ufficio, e ciò non è consentito nel giudizio di legittimità.
17. Al riguardo, deve anche rilevarsi che, rispetto alla sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è denunciabile in sede di legittimità la palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, oppure l'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, come tale inammissibile (v. Cass. n. 1652 del 2012).
18. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
19. Le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo il criterio di soccombenza, e liquidate come in dispositivo.
20. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 21.12.2021