Cassazione Penale, Sez. 4, 07 aprile 2022, n. 13200 - Lavoratore della ditta esecutrice dell'appalto investito da un muletto in retromarcia guidato dal dipendente della ditta appaltante. Necessario un approfondimento: annullamento con rinvio


 

 

Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: ESPOSITO ALDO Data Udienza: 11/11/2021
 

 

 

 

Fatto




1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Firenze del 5 novembre 2018, con cui V.R. e G.L. erano stati condannati rispettivamente alla pena di euro ottocento di multa ed euro cinquecento di multa in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 590 cod. pen., perché, in concorso tra loro, il V.R. quale datore di lavoro della ditta appaltante "Logica e Logistica s.r.l. e G.L. quale datore di lavoro della ditta esecutrice dell'appalto "Tosco Side soc. coop. ", in violazione delle norme in materia di sicurezza del lavoro e, in particolare,  omettendo il coordinamento per evitare i rischi da interferenza e la redazione di un DUVRI (art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008), lasciando le maestranze ad operare in assenza di indicazioni precise e di soggetti di riferimento sempre presenti, per cui M.LA. (dipendente della Tosco Side soc. coop.), per un'emergenza lavorativa, usciva dalla zona "picking" a lui ordinariamente assegnata per recarsi sul piazzale di carico e, in tale luogo, era investito col muletto - a retromarcia - da F.A. (dipendente della Logica e Logistica s.r.l.), che ignorava la sua presenza, e così cagionavano al medesimo lesioni personali (in Empoli il 5 settembre 2014).

1.1. Secondo quanto emerso all'esito dell'attività istruttoria, il Tribunale rilevava che la Logica e Logistica s.r.l. aveva commissionato alla Tosco Side soc. coop., in regime di appalto, lavori di picking all'interno di un magazzino e, cioè, la preparazione dei pancali (pallets) composti da merce mista.
Il M.LA., dipendente della Tosco Side soc. coop. era addetto alla preparazione dei colli in uscita, al confezionamento della merce con materiale plastico e al trasferimento a mezzo di transpallets elettrici in un punto prefissato del magazzino, nel quale i colli dovevano essere preparati dai carrellisti, dipendenti della Logica e Logi­stica s.r.l..
Il giorno del fatto, il M.LA. usciva dall'area riservata al picking, si dirigeva nel piazzale verso uno dei camion in sosta, essendosi reso conto di avere probabilmente commesso un errore nella preparazione di un pancale; il M.LA. sosteneva di aver avvisato della sua uscita chi operava all'esterno, utilizzando la ricetrasmittente a lui in dotazione; aveva chiesto dove si trovasse la merce da lui preparata poco prima e, avendo appreso che era ancora rintracciabile anche se già caricata e prossima ad essere caricata su un camion, aveva deciso di controllare di persona; il M.LA. rintracciava il pancale nel quale mancava della merce, ma in quel momento il carrellista F.A., dipendente della Logica e Logistica soc. coop., procedendo col carrello a marcia indietro, lo investiva, sebbene alcune strisce a terra indicassero percorsi pedonali sicuri.

Secondo il M.LA., agli operatori addetti al picking non era vietato di uscire sul piazzale, per raggiungere la zona destinata a spedizioni percorsa dai carrellisti e ciò avveniva più volte alla settimana; al M.LA. era stato spiegato di dover avvertire con ricetrasmittente il personale della Logica e Logistica soc. coop. che lavorava sul piazzale esterno; a suo dire, esisteva anche un campanello, ma da utilizzare per la diversa ipotesi di chiamata del personale esterno in caso di necessità di merce. Il F.A. riferiva che gli addetti al picking non dovevano attraversare il piazzale e che la ricetrasmittente non era destinata ad essere utilizzata allo scopo indicato dal M.LA..
Nel caso in esame, stante la mancanza del DUVRI, il rischio di interferenze non era disciplinato. L'infortunio si era verificato per l'interferenza tra le attività eseguite nel piazzale dai lavoratori dell'impresa appaltante e quelle svolte dai dipendenti della cooperativa appaltatrice, operante all'interno del magazzino, ma avente necessità di uscire sul piazzale. Il DUVRI non poteva essere sostituito in modo adeguato dalle istruzioni orali illustrate dai testimoni. Dalle loro dichiarazioni, infatti, si percepiva che le istruzioni erano state recepite da ciascuno in modo difforme dall'altro.
1.2. Anche la Corte di appello ha individuato la causa dell'infortunio in una significativa interferenza tra le attività svolte dalle due società, la quale costituiva un costante fattore di rischio all'interno dell'area del magazzino, essendo comprensibile che ogni tanto le anomalie imponessero di compiere operazioni del tipo di quelle svolte dal M.LA..
Il M.LA. aveva spiegato di aver prima richiesto inutilmente la restituzione di due pancali in partenza; dopo aver verificato che quelli a lui riconsegnati non erano quelli contenenti la merce "sbagliata", chiamava nuovamente e decideva di recarsi sul piazzale, avvertendo con la ricetrasmittente il personale della Logica e Logistica soc. coop., perché verosimilmente essi erano stati collocati su un camion (o stavano per esserlo).
La mancanza di una procedura tassativa, adeguatamente formalizzata, contenente la previsione di un divieto assoluto per il personale del picking di uscire sul piazzale o di uscire, senza essere accompagnato da dipendenti dell'impresa committente, non consentiva di considerare la condotta del M.LA. abnorme. Effettivamente, alcuni testimoni (M. e B.) avevano riferito di una procedura che prevedeva l'attesa del personale di Logica e Logistica soc. coop. in casi simili; tuttavia, il teste C. dell'ASL di Empoli evidenziava l'assenza di chiarezza in merito alle procedure da adottare e la mancata valutazione di tale problematica nel DUVRI. L'assenza di idonee misure di sicurezza e il mancato controllo del rispetto delle direttive da seguire costituivano carenze causalmente collegate con l'infortunio.
Quanto alla posizione del G.L., l'addebito contestatogli non riguardava soltanto la violazione del terzo comma dell'art. 26 cit., bensì quella del secondo comma, per non aver cooperato nell'attuazione delle misure di prevenzione degli infortuni e a coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.

2. Gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, ricorrono per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello.
2.1. V.R. (due motivi di impugnazione).
2.1.1. Vizio di motivazione con riferimento alle testimonianze rese in tema di divieto di uscire fuori dall'area del picking.
Si deduce che la posizione di garanzia del datore di lavoro doveva essere correlata con le disposizioni da questo impartite, con la formazione ed esperienza del lavoratore, con le valutazioni svolte in ordine ai rischi, con la predisposizione di idonea strumentazione antinfortunistica e con l'adozione di comportamenti idonei, volti a scongiurare il pericolo di infortunio.
La procedura contemplava i rischi da interferenza ed era conosciuta dai dipendenti. Il divieto di uscire al di fuori dell'area picking era stato trasfuso nel DVR. V'erano direttive precise, di delimitazione delle aree di movimentazione delle merci, di valutazione del rischio da interferenza e di adozione di procedure di sicurezza (procedura inalterata prima e dopo il 5 settembre 2014). Il M.LA. riconosceva esplicitamente l'esistenza di dette procedure e di averle applicate per anni, ma anche di non aver suonato il campanello il giorno del fatto per motivi di tempo. Per uscire dall'area del picking era previsto l'utilizzo di una procedura consolidata, consistente nell'adozione di sistemi di allarme, nella comunicazione mediante walkie talkie e nella scorta nell'area esterna da parte di altro personale. Dopo l'infortunio il datore di lavoro si era limitato ad inserire la valutazione di tale rischio nel DVR.
2.1.2. Violazione dell'art. 26 D.lgs. n. 81 del 2008 e vizio di motivazione in ordine alla mancanza degli elementi costitutivi del reato e, in particolare del nesso di causalità; necessità di riconoscere l'ipotesi di condotta abnorme del lavoratore.
Si osserva che il datore di lavoro aveva predisposto la formazione del lavoratore e previsto procedure codificate, così evitando il rischio interferenziale. Anche nel caso di previsione del DVR della procedura concretamente applicata dai lavoratori, l'infortunio si sarebbe ugualmente verificato a causa dell'irresponsabilità del M.LA..
2.1.3. Nella memoria del 28 ottobre 2021, la difesa del V.R. sottolinea che, anche dopo il verificarsi dell'incidente, la procedura era rimasta la stessa, come dichiarato dagli ispettori della ASL e dai testi lavoratori M, B., R. e F.A. nonché dalle prove documentali. L'assenza del DUVRI costituiva un mero inadempimento formale (poi adempiuto in esecuzione di prescrizione da parte degli ispettori ASL), non in rapporto di causalità diretta con l'evento. Tale procedura era poi stata riversata nel DUVRI nel medesimo modo conosciuto dagli operatori della Logica e Logistica s.r.l. e dalla persona offesa fino alla data dell'infortunio.
2.2. G.L. (due motivi di impugnazione)
2.2.1. Vizio di motivazione.
Si rileva che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, i testi avevano riferito concordemente che gli addetti al picking non potevano uscire da soli sul piazzale, se non prelevati dal personale della Logica e Logistica, scortati sul posto e ricondotti di nuovo all'interno del capannone. Le difformità evidenziate dalla Corte territoriale concernevano circostanze irrilevanti ai fini della verificazione dell' infortunio. La persona offesa, pur riconoscendo esplicitamente l'esistenza di questa procedura, ammetteva di non aver suonato il campanello perché aveva poco tempo per controllarla prima della partenza del camion e di non aver atteso il personale della Logica e Logistica. Anche il teste C., pur riferendo della scarsa chiarezza sulla procedura da adottare, ammetteva l'esistenza di un campanello e dei walkie talkie per attuare la procedura de qua. La mancanza del DVR costituiva una mera violazione formale, priva di incidenza sull'infortunio occorso al M.LA.. L'ASL, dopo aver impartito generiche prescrizioni sui rischi di interferenza tra le due aziende, constatava che, a seguito della successiva adozione del DVR, la procedura operativa rimaneva la stessa (vedi dichiarazioni del C.).
2.2.2. Violazione dell'art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008.
Si deduce che, ai sensi di tale disposizione, il datore di lavoro committente è obbligato a promuovere la cooperazione ed il coordinamento, elaborando un unico DVR, comprensivo delle misure adottate per eliminare, o ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi di interferenze. Il committente deve rendere edotti dei rischi le ditte appaltatrici, non il datore di lavoro non committente. L'art. 18, lett. p), prima parte, d.lgs. n. 81 del 2008, infatti, non prevede nessuna sanzione per la violazione dell'obbligo di tempestiva consegna di copia del DVR al rappresentante dei lavoratori. Solo il datore di lavoro committente è titolare della posizione di garanzia relativa alla valutazione dei rischi da interferenze.

 

Diritto



1. I ricorsi sono fondati.


2. Va premesso che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l'obbligo di prevenzione gravante sul datore di lavoro non è limitato al solo rispetto delle norme tecniche, ma richiede anche l'adozione di ogni ulteriore accortezza necessaria ad evitare i rischi di nocumento per i lavoratori, purché ciò sia concretamente specificato in regole che descrivono con precisione il comportamento da tenere per evitare il verificarsi dell'evento (Sez. 4, n. 5273 del 21/09/2016, dep. 2017, Ferrentino, Rv. 270380). La responsabilità per colpa, infatti, non fonda unicamente sulla titolarità di una posizione gestoria del rischio (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, non massimata sul punto), ma presuppone l'esistenza - e la necessità di dare applicazione nel caso concreto a - delle regole aventi specifica funzione cautelare, perché esse indicano quali misure devono essere adottate per impedire che l'evento temuto si verifichi (Sez. 4, n. 12478 del 19/11/2015, dep. 2016, Barberi, Rv. 267813).
Il datore di lavoro può assolvere all'obbligo di vigilare sull'osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi (Sez. 4, n. 14915 del 19/02/2019, Arrigoni, Rv. 275577, relativa a fattispecie in tema di responsabilità del datore di lavoro per il decesso di un lavoratore dovuto alla sopravvenuta inadeguatezza delle misure di prevenzione adottate in conseguenza del mutamento delle modalità esecutive delle lavorazioni rispetto a quelle previste nel POS, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro, nonostante la nomina di un preposto presente al momento dell'infortunio, riconducendo la mancata conoscenza della decisione di ricorrere a modalità esecutive diverse da quelle previste ad una violazione del suo obbligo di controllare personalmente l'andamento dei lavori in cantiere).
Il dovere di diligenza e la regola cautelare si integrano tra loro, definendo nel dettaglio il concreto e specifico comportamento doveroso; ciò al fine di evitare l'affermazione della responsabilità in base alla sola titolarità della posizione e, pertanto, configurando una sorta di responsabilità oggettiva.

3. Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha basato l'affermazione di responsabilità pronunciata nei confronti degli imputati nella mancanza di un DUVRI, che regolamentasse il rischio interferenziale intercorrente in caso di necessità dei lavoratori della Tosco Side soc. coop., operante nel magazzino, di andare a verificare la merce caricata nel piazzale, dove operavano i dipendenti della Logica e Logistica s.r.l..
Nella sentenza impugnata si è altresì osservato che il datore di lavoro aveva altresì violato l'obbligo di controllare fisicamente l'andamento dei lavori nel cantiere.
Va rilevato, tuttavia, che, in base a quanto esposto da C. , ispettore della ASL accorso dopo l'infortunio, entrambe le società avevano degli autonomi DVR. In particolare, secondo quanto affermato dal R., magazziniere della Logica e Logistica s.r.l., i dipendenti non potevano uscire dal magazzino e che, se ciò accadeva, doveva essere osservata la seguente procedura particolareggiata prevista dal POS: gli addetti al picking dovevano suonare un campanello situato all'interno del magazzino; i colleghi all'esterno lo sentivano; tali addetti si mettevano in contatto con loro tramite le radioline; gli addetti erano prelevati e riportati all'interno.
Il lavoratore aveva rispettato solo parzialmente tali regole cautelari, delle quali egli stesso riconosceva l'esistenza.
La procedura suindicata restava inalterata anche successivamente all'intervento della ASL. L'isp. C. evidenziava la scarsa chiarezza delle regole, ma non chiariva su quali basi aveva fornito tale affermazione. A sua volta, aderendo a tale generica affermazione, anche la Corte distrettuale non ha specificato la fonte probatoria dalla quale aveva tratto il dato della non correttezza della procedura e non ha valutato la successiva conferma delle modalità operative da parte della ASL.
Ciò posto, alla luce della normativa prevenzionistica, sul datore di lavoro grava l'obbligo di valutare tutti i rischi connessi alle attività lavorative e attraverso tale adempimento pervenire all'individuazione delle misure cautelari necessarie e quindi alla loro adozione, occorrendo altresì che egli verifichi l'osservanza di tali misure da parte dei lavoratori, eventualmente designando dirigenti e/o preposti.
Nel caso oggetto di trattazione la Corte territoriale avrebbe dovuto approfondire molteplici tematiche non trattate in misura sufficiente:
a) la correttezza della procedura prevista dal POS in caso di necessità del magazziniere di recarsi nel piazzale (utilizzo del campanello e della ricetrasmittente per informare l'altra società dell'esigenza di controllo dei bancali);
b) le direttive impartite ai dipendenti delle due società, al fine di assicurare l'osservanza delle predette misure precauzionali stabilite dal POS;
c) il nesso causale tra la condotta del lavoratore (uscito diligentemente dal magazzino per verificare se aveva adempiuto correttamente al proprio incarico) e l'infortunio;
d) il profilo della causalità della colpa, in quanto le misure precauzionali erano state comunque adottate, per cui occorreva stabilire le ragioni della loro inosservanza, svolgere il necessario giudizio controfattuale (per controllare se la loro osservanza avrebbe evitato l'evento lesivo) e valutare la possibilità di formulare un rimprovero al datore di lavoro anche con riferimento alla vigilanza da predisporre per controllare l'esatta esecuzione delle direttive; in particolare, occorre verificare la riconducibilità dell'evento alla violazione della norma cautelare o se esso sia ricollegabile esclusivamente ad un comportamento pericoloso dell'infortunato (Sez. 4, n. 32507 del 16/04/2019, Romano, Rv. 276797).
e) l'esigenza di accertare l'effettiva conoscenza da parte della Tosco Side soc. coop. della presenza operativa della Logica e Logistica s.r.l. nel piazzale; in proposito, occorre ricordare che, ai fini dell'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all'esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall'art. 7 d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626 - ora previsti dall'art. 26 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 - occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione - ma all'effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte (Sez. 4, n. 1777 del 06/12/2018, dep. 2019, Perano, Rv. 275077).

4. Per le ragioni sopra esposte la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze.

 

P. Q. M.
 



Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze.
Così deciso in Roma l'11 novembre 2021.