Cassazione Penale, Sez. 4, 07 aprile 2022, n. 13218 - Investimento con il muletto e responsabilità dell'ente. Rischio valutato nel DVR e misure per prevenirlo consapevolmente disattese. Irrilevante il fatto che il risparmio conseguito sia stato minimo


 

 

Presidente: PEZZELLA VINCENZO
Relatore: VIGNALE LUCIA Data Udienza: 24/03/2022
 

 

Nota a cura di Gentile Andrea, in Diritti Lavori Mercati, 2/2022, pp. 399-412 "La Cassazione ritorna sulla responsabilità ex d.lgs. 231/2001 e il risparmio di spesa in materia di cautele antinfortunistiche"

 

Fatto




1. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 4 febbraio 2021, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze il 2 ottobre 2017. A.C. - nella qualità di socio amministratore e di incaricato per la sicurezza della «F. & A.C. Edilizia s.n.c.» - è stato ritenuto responsabile del delitto di cui all'art. 590 commi 2 e 3 cod. pen. commesso in danno del dipendente F.A.. Con la medesima sentenza, la «F. & A.C. Edilizia s.n.c.» è stata ritenuta responsabile ai sensi degli artt. 5 e 25-septies d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 per il reato commesso dal A.C., «nell'esclusivo interesse dell'ente», in assenza di procedure amministrative volte a controllarne l'operato.

2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi in Sesto Fiorentino il 14 novembre 2013 presso la sede della «F. & A.C. Edilizia s.n.c.». F.A., dipendente della società, stava attraversando un piazzale adibito al deposito e alla movimentazione delle merci con mezzi meccanici e fu investito da un muletto in retromarcia condotto da altro dipendente della medesima società. A seguito di ciò riportò lesioni da schiacciamento al piede sinistro, dalle quali derivo una malattia di durata superiore ai quaranta giorni. A.C. è stato ritenuto responsabile dell'evento lesivo per non aver adottato misure di prevenzione infortuni imposte dagli artt. 163 comma 1, 71 comma 4 lett. a) e 15 d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81. In particolare, gli è stato contestato: di non aver predisposto una segnaletica orizzontale idonea ad individuare vie di circolazione sicure all'interno del piazzale (art. 163 comma 1 d.lgs. n. 81/2008); di non aver provveduto alla manutenzione del carrello elevatore, che aveva il cicalino di segnalazione della retromarcia non funzionante (art. 71 comma 4 lett. a) d.lgs. n. 81/2008); di non aver dotato il carrello elevatore di uno specchietto retrovisore (art. 15 d.lgs. n. 81/2008).

3. Contro la sentenza hanno proposto tempestivo ricorso, per mezzo dei rispettivi difensori, sia A.C. che la «F. & A.C. Edilizia s.n.c.»

4. Il ricorso di A.C. si articola in un unico motivo col quale egli lamenta la nullità della sentenza della Corte di appello conseguente alla mancata presentazione delle conclusioni da parte del Procuratore generale presso la Corte di appello in violazione dell'art. 23 decreto-legge 9 novembre 2020 n. 149. Non è inutile puntualizzare che il 4 febbraio 2020 - quando la sentenza impugnata è stata emessa - il d.l. n. 149/2020 non era più in vigore (è stato abrogato, infatti, dalla legge 18 dicembre 2020 n. 176). La norma cui si deve fare riferimento è, pertanto, l'art. 23-bis decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020 n. 176, il cui contenuto è comunque, per quanto qui interessa, identico a quello dell'art. 23 d.l. n. 149/2020.
L'udienza all'esito della quale fu pronunciata la sentenza impugnata si tenne in camera di consiglio ai sensi del citato art. 23-bis senza l'intervento del pubblico ministero e dei difensori atteso che nessuna delle parti aveva fatto richiesta di discussione orale e gli imputati non avevano manifestato la volontà di comparire. Nel verbale si dà atto che «non sono state presentate conclusioni scritte». Secondo il ricorrente, in assenza di conclusioni del Procuratore generale, l'udienza non avrebbe potuto tenersi e avrebbe dovuto essere rinviata per acquisirle e consentire così «l'integrazione del contraddittorio».
4.1. Il ricorrente osserva che ai sensi della disposizione in esame, entro il decimo giorno precedente l'udienza, il pubblico ministero «formula» le proprie conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della Corte di appello per via telematica e la cancelleria invia immediatamente quell'atto, per via telematica, ai difensori delle altre parti; la stessa disposizione stabilisce che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, i difensori «possono presentare le conclusioni con atto scritto» trasmesso alla cancelleria della Corte per via telematica. Secondo il ricorrente, la norma distingue le conclusioni del pubblico ministero, che egli «formula» con atto trasmesso alla cancelleria entro il decimo giorno precedente all'udienza, dalle conclusioni delle altre parti che i difensori delle stesse «possono presentare» con atto trasmesso per via telematica entro il quinto giorno prima dell'udienza. La diversa espressione utilizzata («formula», in un caso, «possono presentare» nell'altro) sarebbe espressione di una precisa volontà legislativa volta a rendere necessaria la presentazione delle conclusioni scritte da parte del pubblico ministero.
Ciò troverebbe conferma nei lavori parlamentari (pag. 93 del <<Dossier» illustrativo del contenuto del d.l. n. 137/2020) dai quali si potrebbe desumere che il pubblico ministero è tenuto a formulare le proprie conclusioni.
4.2. A sostegno delle proprie argomentazioni il ricorrente osserva «che nel giudizio cartolare penale introdotto con la normativa richiamata, la presenza del pubblico ministero, nei casi in cui l'appellante sia la parte privata, si estrinseca e si manifesta solo ed esclusivamente con la formulazione e l'invio delle proprie conclusioni», sicché, se queste mancano, si potrebbe giungere ad affermare che la parte pubblica non abbia partecipato al procedimento cartolare penale d'appello in violazione dell'art. 74 Ordinamento giudiziario in base al quale, in mancanza dell'intervento del pubblico ministero, «l'udienza non può aver luogo».

5. Il ricorso della «F. & A.C. Edilizia s.n.c.» è articolato in due motivi.
5.1. Col primo motivo la società lamenta la nullità della sentenza della Corte di appello conseguente alla mancata presentazione delle conclusioni da parte del pubblico ministero. Le argomentazioni formulate sono identiche a quelle già esposte con riferimento al ricorso proposto da A.C. e ad esse si può pertanto fare rinvio.
5.2. Col secondo motivo di ricorso, la società lamenta carenza di motivazione con riferimento ai presupposti della responsabilità dell'ente ai sensi dell'art. 5 d.lgs. n. 231/2001. Nell'affermare che il reato è stato commesso nell'interesse dell'ente, infatti, la sentenza impugnata si sarebbe limitata a sostenere, con motivazione apodittica, che l'inadempimento degli obblighi cautelari determinò l'adozione da parte dell'ente di «modalità organizzative sicuramente molto meno dispendiose» e tale affermazione sarebbe stata formulata senza tenere conto dell'entità delle spese complessivamente affrontate dalla società per manutenzione e sicurezza, di gran lunga superiori al risparmio che l'ente avrebbe conseguito grazie agli inadempimenti del quale A.C. è stato ritenuto responsabile. Il difensore della società lamenta, inoltre, che, secondo i giudici di merito, la società avrebbe conseguito un vantaggio dal reato consistito in un incremento di produttività, ma la motivazione sul punto (rinvenibile, peraltro, solo nella sentenza di primo grado) è del tutto carente e meramente ipotetica. Sottolinea in proposito che, per giurisprudenza consolidata, l'interesse e il vantaggio costituiscono due parametri di imputazione obiettiva alternativi, tra loro distinti, e operanti su piani diversi.

 

Diritto
 



1. Il ricorso formulato da A.C. e il primo motivo del ricorso formulato dalla «F. & A.C. Edilizia s.n.c.» sono inammissibili.

2. L'art. 23-bis secondo comma del d.l. n. 137/2020, nel testo risultante dalle modifiche apportate con la legge di conversione n. 176/2020, stabilisce quanto segue: «Entro il decimo giorno precedente l'udienza, il pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica ai sensi dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o a mezzo dei sistemi che sono resi disponibili e individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati. La cancelleria invia l'atto immediatamente, per via telematica, ai sensi dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare le conclusioni con atto scritto, trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica, ai sensi dell'articolo 24 del presente decreto».
La disposizione in esame stabilisce che il pubblico ministero «formula le sue conclusioni», ma prevede espressamente come facoltative le conclusioni delle altre parti, che, infatti, le «possono presentare» entro il quinto giorno antecedente l'udienza. Il tenore letterale della norma consente quindi di ritenere che la formulazione delle conclusioni da parte del pubblico ministero costituisca un adempimento formale necessario, attraverso il quale si concretizza la partecipazione della parte pubblica al procedimento, e in tal senso si è orientata la giurisprudenza di legittimità (Sez. 6, n. 26459 del 25/05/2021, Iannone, Rv. 282175).
Muovendo da queste premesse, e tenendo conto che il sistema delle nullità è soggetto al principio di tassatività, si deve convenire con i ricorrenti che la mancata formulazione delle conclusioni da parte del pubblico ministero comporta la violazione di una disposizione che riguarda la partecipazione al procedimento del pubblico ministero e integra quindi una nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178 comma 1 lett. b) cod. proc. pen.
La mancata formulazione delle conclusioni da parte del pubblico ministero non preclude alla difesa di formularne di proprie entro il quinto giorno antecedente l'udienza. Tale diritto della difesa, infatti, non sorge per effetto della comunicazione per via telematica delle conclusioni del pubblico ministero, ma preesiste ad essa e i diversi termini ai quali è soggetto hanno solo la funzione di consentire la replica ad argomenti contrari alle tesi difensive eventualmente esposti dalla parte pubblica. Né si può ritenere che l'inerzia del pubblico ministero sia pregiudizievole per la difesa atteso che nulla obbliga il pubblico ministero a prendere posizione su tutte le questioni dedotte dalla difesa.
Deve pertanto essere condiviso il principio, recentemente affermato da questa Corte di legittimità, secondo il quale la mancata formulazione da parte del pubblico ministero delle conclusioni nel giudizio di appello, previste dall'art. 23- bis, comma 2, d.l. n. 137/2020, non integra una nullità assoluta ai sensi dell'art. 178 comma 1 lett. c) cod. proc. pen, bensì una nullità generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. b) (Sez. 6, n. 26459 del 25/05/2021, Iannone, Rv. 282175). Con argomentazione pienamente condivisibile, la sentenza in esame sottolinea che l'interesse della parte privata ad eccepire una lesione del contraddittorio formale potrebbe configurarsi «nel solo caso in cui fosse stato impedito in modo assoluto al pubblico ministero di partecipare all'udienza, ove fossero state cioè omesse le previste comunicazioni». In questo caso, infatti, e solo in questo, sarebbe stato compromesso l'interesse della difesa al regolare svolgimento dell'udienza attraverso la partecipazione del pubblico ministero, partecipazione che, quantunque non necessaria, deve essere comunque garantita.
2.2. Poiché si devono condividere le conclusioni cui la sentenza citata giunge in ordine alla natura della nullità dedotta dai ricorrenti nel presente giudizio, devono condividersi anche le conseguenze che la sentenza ne trae. Trattandosi di una nullità a regime intermedio opera la previsione dell'art. 182, comma 1, cod. proc. pen. La nullità, pertanto, non può essere validamente eccepita da chi «non ha interesse all'osservanza della disposizione violata» e tali sono i ricorrenti.
A ciò deve aggiungersi che, ai sensi dell'art. 182 comma 2, cod. proc. pen. «quando la parte vi assiste, la nullità di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento, ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo», e gli attuali ricorrenti avrebbero certamente potuto eccepirla lamentando l'inerzia del pubblico ministero nelle conclusioni scritte depositate telematicamente.

3. Poiché il ricorso proposto da A.C. è inammissibile, non deve essere dichiarata la prescrizione del reato che sarebbe maturata dopo la sentenza d'appello.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità, infatti, ha più volte ribadito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conform i, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, Bracale, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, Niccoli, Rv. 239400; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv . 256463).

4. La «F. & A.C. Edilizia s.n.c.» ha proposto un secondo motivo di ricorso con il quale lamenta carenza di motivazione con riferimento ai presupposti della responsabilità dell'ente ai sensi dell'art. 5 d.lgs. n. 231/2001.
4.1. Il ricorso è inammissibile nella parte in cui lamenta difetto di motivazione in ordine al vantaggio derivato all'ente dalla consumazione del reato. Alla società è stato contestato, infatti, che A.C. agì quale amministratore con delega alla sicurezza «nell'esclusivo interesse dell'ente» per realizzare un risparmio di spesa, sicché, nel sostenere che il vantaggio per l'ente non sarebbe provato, il ricorrente solleva una questione eccentrica rispetto al contenuto dell'imputazione e, conseguentemente, della sentenza che ha riconosciuto la responsabilità della società con esclusivo riferimento al parametro di imputazione dell'interesse.
4.2. Il ricorso è, invece, infondato nella parte in cui deduce il difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza dell'interesse quale criterio soggettivo di imputazione della responsabilità.
La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che tale criterio soggettivo di imputazione, debba essere indagato ex ante e consista nella prospettazione finalistica, da parte del reo-persona fisica, di arrecare un interesse all'ente mediante il compimento del reato, a nulla valendo che poi tale interesse sia stato o meno concretamente raggiunto (Sez. Un., n. 38343 del 24 aprile 2014, P.G., R.C., Espenhahn, Rv. 261114; Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda s.c.a., Rv. 274320; Sez. 4, n. 24697 del 20/04/2016, Mazzetti, Rv. 268066).
Le sentenze di merito - che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale in virtù dei ripetuti richiami che la sentenza d'appello opera alla sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595) - ricostruiscono con chiarezza il contesto nel quale l'infortunio si verificò. Chiariscono che nel piazzale non era presente alcuna forma di segnaletica stradale. Spiegano che il documento di valutazione del rischio, predisposto nel 2008, prevedeva espressamente la realizzazione di una segnaletica orizzontale volta a delimitare l'area adibita alla movimentazione dei mezzi, ma questa misura di prevenzione, che lo stesso datore di lavoro aveva individuato come doverosa, non fu mai attuata se non in epoca successiva all'infortunio. Chiariscono inoltre che, in due occasioni (nel mese di agosto e nel mese di ottobre del 2013), il tecnico incaricato della manutenzione del muletto aveva segnalato la necessità di riparare o sostituire il "cicalino di retromarcia", senza che nessuno provvedesse in tal senso. Deducono da queste circostanze che le modalità organizzative adottate dal A.C. - in particolare la scelta di non predisporre segnaletica orizzontale in un piazzale nel quale «erano accumulate grandi quantità di merci» e vi erano «numerosi spostamenti in contemporanea di uomini e mezzi» - erano «sicuramente molto meno dispendiose» e finalizzate quindi ad un risparmio di spesa. Considerano perciò irrilevante che quel risparmio sia stato «esiguo» se raffrontato alle spese che ordinariamente la società sostiene per la manutenzione (documentate dalle schede contabili prodotte dal difensore dell'ente).
Non si tratta di una motivazione mancante o apparente come il ricorso sostiene né di una motivazione che non si confronta con i principi giurisprudenziali in materia di responsabilità degli enti.
Si deve ricordare infatti:
- che il "risparmio" per l'impresa, nel quale si concretizza il criterio di imputazione oggettiva rappresentato dall'interesse, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione (Sez. 4, n. 16598 del 24/01/2019, Tecchio, Rv. 27557001; Sez. 4, n. 29538 del 28/05/2019, Calcinoni, Rv. 27659603) e un tale risparmio si può realizzare anche consentendo lo spostamento simultaneo di uomini e mezzi senza delimitare le rispettive aree di azione;
- che il requisito della commissione del reato nell'interesse dell'ente non richiede una sistematica violazione di norme antinfortunistiche ed è ravvisabile anche in relazione a trasgressioni isolate se altre evidenze fattuali dimostrano il collegamento finalistico tra la violazione e l'interesse dell'ente (Sez. 4, n. 12149 del 24/03/2021, Rodenghi, Rv. 28077701; Sez. 4, n. 29584 del 22/09/2020, F.lli Cambria s.p.a., Rv. 27966001);
- che, nel caso in esame, la violazione delle norme in materia di prevenzione infortuni risulta essersi protratta nel tempo.
La circostanza che il risparmio conseguito per la mancata adozione delle misure antiinfortunistiche sia stato minimo a fronte delle spese ingenti che la società affronta per la manutenzione e la sicurezza, non assume rilievo nel caso concreto. Non ha infatti applicazione generale il principio - recentemente affermato - secondo cui, «ove il giudice accerti l'esiguità del risparmio di spesa derivante dall'omissione delle cautele dovute», per poter affermare che il reato è stato realizzato nell'interesse dell'ente «è necessaria la prova della oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quelle della tutela dei lavoratori» (Sez. 4, n. 22256 del 03/03/2021, Canzonetti, Rv. 281276).
Come emerge chiaramente dalla motivazione della sentenza in parola, tale principio può operare soltanto «in un contesto di generale osservanza da parte dell'impresa delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro» e in mancanza di altra prova che la persona fisica, omettendo di adottare determinate cautele, «abbia agito proprio allo scopo di conseguire un'utilità per la persona giuridica». Può applicarsi, dunque, soltanto in situazioni nelle quali l'infortunio «sia plausibilmente riconducibile anche a una semplice sottovalutazione del rischio o ad un'errata valutazione delle misure di sicurezza necessarie alla salvaguardia della salute dei lavoratori» e non quando, come nel caso di specie, quel rischio sia stato valutato esistente dallo stesso datore di lavoro, e le misure per prevenirlo, indicate nel documento di valutazione del rischio, siano state poi consapevolmente disattese per un lungo periodo di tempo.

5. Il ricorso proposto da A.C. è dunque inammissibile; quello proposto dalla «F. & A.C. Edilizia s.n.c.», in parte inammissibile in parte infondato ed entrambi i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.
Rilevato che il ricorso proposto da A.C. è inammissibile e non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente lo abbia proposto senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell'art.616 cod. proc. pen., l'onere per il A.C. di versare una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso proposto nell'interesse di A.C. e condanna tale ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso proposto nell'interesse della «F. & A.C. Edilizia s.n.c.» che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24 marzo 2022