Tribunale Busto Arsizio, Sez. Lav., 21 marzo 2022, n. 832 – Vietato isolare e discriminare i non vaccinati al lavoro. Mobbing e risarcimento danni


 

 

 

Nota a cura di Piglialarmi Giovanni, in Il lavoro nella giurisprudenza, 3/2023, pp. 309-314, "L'obbligazione di sicurezza tra eccessi datoriali ed eccessi di autotutela del lavoratore"

 

 

OSSERVA
Preliminarmente il Collegio dispone la riunione de i reclami (RG 71/22 e 76/22) proposti in data 25/1/2022 da entrambe le parti del giudizio cautelare avverso l'ordinanza in data 7/1/202 per evidente connessione soggettiva ed oggettiva.
Il reclamo al Collegio proposto da RC s.r.l. è infondato e deve essere respinto mentre è meritevole di accoglimento il reclamo proposto in punto spese di lite dai signori AM e PV.
Deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. , eccezione che si fonda sulla natura residuale del procedimento d'urgenza rispetto ad altri strumenti cautelari previsti nell'ordinamento.
Nel caso di specie, a prescindere dal fatto che i signori AM e . PV non si sono limitati a chiedere la cessazione di condotte discriminatorie ma anche di ulteriori condotte verificatesi sul posto di lavoro ritenute illecite/mobbizzanti e vessatorie ai loro danni, osserva il collegio come il particolare rito antidiscriminatorio ex artt. 28 D.Lgs. n. 150/2011 - 702 bis c.p.c., ammesso e non concesso che sia azionabile dai lavoratori al di fuori delle situazioni di discriminazione tipizzate dalla legge, introduca un vero e proprio giudizio di merito e non un procedimento avente natura squisitamente cautelare. Per questo motivo l'eccezione, implicitamente superata dal primo giudice, non è meritevole di accoglimento.
Entrando nel merito i signori AM e PV , dopo aver dato atto di non essersi sottoposti alla vaccinazione anti Covid ed aver lamentato di essere stati isolati dai colleghi vaccinati, hanno chiesto al giudice del lavoro una tutela in via d'urgenza e cioè di "...ordinare alla società RC s.r.l. ... di far cessare le condotte discriminatorie e vessatorie tenute nei confronti dei lavoratori sig.ri A e P e meglio descritte in narrativa.. Si precisa che, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le condotte contestate di cui si chiede di ordinare la cessazione sono le seguenti: 1. Richiedere un Green Pass da vaccino per l'accesso in azienda. 2. Isolare i dipendenti non vaccinati, non permettendogli rapporti con il restante personale. 3. Spostare i dipendenti non vaccinati in una sede distaccata (Via..., nello specifico), sporca, non riscaldata ed inidonea allo svolgimento dell'attività lavorativa . 4. Impedire ai dipendenti di svolgere le mansioni inerenti il loro inquadramento o adibirli ad altre. 5. Imporre l'utilizzo di ferie non richieste e non concordate con il solo fine di tenere il dipendente lontano dal luogo di lavoro.
6. Fare pressioni sui propri dipendenti affinchè si sottopongano a trattamenti sanitari non obbligatori (quali la vaccinazione con Covid 19). 7. Muovere contestazioni disciplinari senza fondamento. 8.Videosorvegliare al di fuori della normativa vigente i dipendenti. 9. Acquisire dati sensibili (quali risultati di test sierologici) senza il consenso dei dipendenti".
La pronuncia del primo giudice, lungi dall'essere motivata sulla base di " apodittiche lamentele dei signori A e P quanto all'inadeguatezza del luogo di lavoro loro assegnato... " si fonda su alcuni dati storici e incontestati e cioè:
-adozione da parte del datore di lavoro (e successiva concreta applicazione) di una serie di misure atte a contrastare la diffusione epidemiologica da Covid (doc. n. 3 fase. ric.); in particolare con l'avviso n. 400 l'azienda ha imposto, a decorrere dal 02/09/2021, ai dipendenti che non fossero in possesso di green pass da vaccino, di sottoporsi a tampone rapido;

-isolamento dei lavoratori non vaccinati ma muniti di tampone rapido effettuato nelle 48 ore precedenti dai lavoratori vaccinati, e cioè collocamento degli stessi presso la sede di via X n. 77 (v. avvisi nn. 401, 404 e 405. Si riporta in particolare il testo dell' avviso n. 401 esposto in bacheca: "la presente per ribadire ai signori dipendenti che l'accesso nella sede di via Omissis è consentita ai soli dipendenti in possesso di Green Pass da vaccino in corso di validità. Pertanto i lavoratori non provvisti di tale certifìcazione potranno accedere alla sede ubicata in via X n. 77 presentando Green Pass da tampone in corso di validità. Si rammenta inoltre che non dovranno esserci contatti tra il personale con sede lavorativa in via X n. 165 e quello in via X n. 77. In mancanza di osservazione di tale regola i dipendenti potranno essere disciplinarmente puniti con una contestazione da parte della direzione" ).
Dato atto di ciò, occorre verificare se la scelta datoriale di isola re i dipendenti non vaccinati sia legittima e giustificata dal dovere imposto dall'art. 2087 c.c. a carico del datore di lavoro di adottare "... le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica , sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" ; ciò a monte e anche a prescindere dalla successiva verifica della adeguatezza o meno della distaccata sede di via X ove sono stati collocati ad operare i ricorrenti.
Come si vede, in base alla disposizione sopra richiamata del codice civile, le misure datoriali da adottare devono essere idonee a perseguire l'obiettivo della tutela dei luoghi di lavoro, tenuto conto della particolarità del lavoro, dell'esperienze e della tecnica. Inoltre si devono contemperare i diversi interessi in gioco, specie nella complessa situazione che ha provocato la pandemia ove l'esigenza di imporre strumenti e comportamenti atti a contrastare la diffusione dell'epidemia ha dovuto essere in più occasioni contemperata con la libertà di scelta di ogni singolo individuo rispetto all'auspicata richiesta di sottoporsi a trattamenti sanitari.
Ritiene il Collegio che le misure adottate a RC s.r.l. all' interno dei luoghi di lavoro siano eccessive e lesive della libertà di autodeterminazione dei dipendenti. A tale proposito si sottolinea come all'epoca del fatti (settembre / ottobre 2021) non fosse ancora entrato in vigore l'obbligo di esibire il Green Pass (né base, né tanto meno rafforzato) per accedere ai luoghi di lavoro; in ogni caso, anche a voler consentire al datore di lavoro di anticipare, per estremo scrupolo precauzionale, una dispos zione che sarebbe entrata in vigore poco tempo dopo (e cioè a decorrere dal 15/10/202J per effetto delle disposizioni di cui al D.L. n. 127/21), del tutto illogica ed eccessiva è la scelta di isolare dai colleghi vaccinati i lavoratori muniti di Green Pass base da tampone rapido effettuato entro le 48 ore. Una simile disposizione non è mai entrata in vigore in Italia (piuttosto, per alcune categorie - come ad esempio il personale sanitario o i lavoratori ultracinquantenni - il legislatore è arrivato all'estrema scelta di imporre l'obbligo vaccinale per poter lavorare), nonostante l' estrema prudenza e cautela che ha contraddistinto la legislazione emergenziale italiana. La pretesa di non ammettere il lavoratore munito di Green pass base ad operare nella propria postazione, all'interno del consueto ambiente lavorativo - e quindi isolato dai colleghi vaccinati - è misura che non tiene conto della particolarità della lavorazione (diverso discorso, come già detto, si può fare per il personale sanitario) e dell'esperienza e tecnica alla base dei protocolli anti Covid adottati nel nostro Stato tenuto conto delle conoscenze scientifiche in materia.
Pertanto, poiché la decisione di isolare i lavoratori trova la sua giustificazione esclusivamente nel fatto che gli stessi, esercitando la propria libertà di scelta rispetto ad un trattamento sanitario (in assenza di un obbligato a sottoporsi a vaccinazione) , si sono presentati sul posto di lavoro muniti della precauzione alternativa ritenuta sufficiente anche dal legislatore per contenere il rischi di diffusione nei luoghi di lavoro (e cioè il tampone nelle ultime 48 ore), la condotta datoriale non può che essere dichiarata illegittima e ritorsiva siccome in contrasto con la normativa vigente all'epoca dei fatti e persino con la normativa che successivamente è entrata in vigore per contrastare )n maniera ancor più efficace il rischio di contagio.
Anche per quanto concerne la pronuncia resa dal primo giudice circa la non idoneità della sede di via X, degli strumenti. di lavoro ivi messi a disposizione non ché delle precarie condizioni igienico sanitari e, tenuto conto del fatto che il procedimento d'urgenza impone al giudicante di verificare solo la sussistenza del fumus boni iuris, salva una verifica più approfondita nell'ambito del giudizio di merito, si ritiene che la documentazione fotografica allegata al ricorso documenti la possibile fondatezza della doglianza sollevata e quindi del diritto invocato in via cautelare di poter lavorare in un ambiente idoneo (le foto prodotte a contro prova dalla società raffigurano evidentemente i medesimi locali della sede di via X probabilmente fotografati dopo l' instaurazione del ricorso o comunque dopo che i ricorrenti li hanno fotografati e hanno sollevato le proprie rimostranze - cfr. doc. 6 fase. ric. 1° grado e doc. da 30 a 35 fasc. res.). Anche per quanto concerne le mansioni demandate al signor A e cioè 1'adibizione a svolgere compiti che esulano da quelli suoi tipici, per quanto di operaio generico, si tratta di circostanza dimostrata attraverso la produzione del file audio con trascrizione) sub. 15 ove pure si accenna alla possibilità di essere videosorvegliati dal datore di lavoro mediante telecamere.
Sussiste altresì il requisito del periculum in mora tenuto conto della incidenza che la condotta datoriale può avere sull'equilibrio psicofisico dei dipendenti esposti ad una situazione di stress conseguente al proprio isolamento e allontanamento dalla consueta postazione di lavoro (sono agli atti certificati medici riguardanti i ricorrenti). Tale situazione è d 'altra parte idonea a ledere la dignità e la personalità morale dei lavoratori, oltre che di creare un danno alla loro professionalità. A tale proposito non può avere incidenza alcuna (se mai costituire conferma del danno che la situazione sta provocando) il fatto che i signori AM e PV hanno lavorato pochi giorni in via X e che abbiano accumulato parecchie assenze lavorative.
In presenza dei requisiti di legge, la decisione adottata dal primo giudice di inibitoria della condotta illegittima tenuta da RC s.r.l. ai danni di AM e PV merita pertanto conferma, salva la statuizione relativa alle spese di lite - che deve essere modificata -- stante l'esito favorevole del giudizio a favore dei lavoratori.
Le spese di lite vengono pertanto integralmente poste a carico di RC s.r.l. a favore dei signori AM e PV e liquidate in complessivi €. 2.200€ per il primo grado e di €. 1.800= per il secondo grado, oltre al 15% per spese forfettarie, contributo unificato (se versato) e accessori di legge.
Tenuto conto dell'esito del procedimento, RC s.r.l. deve essere condannata ex art, 13 DPR 115/2002 al pagamento di un ulteriore impo1to pari a quello dovuto a titolo di contributo unificato per l' impugnazione.
 

P.Q.M.
 

visti gli artt. 669 terdecies e 700 c.p.c.;
RESPINGE
il reclamo al Collegio proposto da RC srl

ACCOGLIE
il reclamo al Collegio proposto da AM e PV


CONDANNA
RC s.r. l. a rifondere le spese di lite di entrambi. i gradi del giudizio, liquidate in complessivi €. 2.200 per il primo grado e di €. 1.800€ per il secondo grado, oltre a l15% per spese forfettarie, contributo unificato (se versato) è accessori di legge.

DISPONE
che la parte soccombente versi un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.
Manda alla propria Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso nella Camera di Consiglio del Tribunale di Busto Arsizio, 16/3/2021

IL GIUDICE REL.
Dott. Elena Fumagalli

IL PRESIDENTE
Dott. Francesco Paganini