Cassazione Penale, Sez. 4, 20 aprile 2022, n. 15163 - Reato di lesioni colpose per inosservanza della disciplina antinfortunistica. Messa alla prova e lavori di pubblica utilità


 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: BELLINI UGO Data Udienza: 03/02/2022
 

 

Fatto
 



l. Il Tribunale di Trento con sentenza resa in data 18 Dicembre 2019 dichiarava non doversi procedere nei confronti di D.L. in relazione al reato di lesioni colpose ascritto con inosservanza della disciplina antinfortunistica, per esito positivo della messa alla prova, a seguito di relazione conclusiva dell'UEPE di Trento in data 17.12.2019 che dava conto del positivo svolgimento del periodo di lavoro concordato.

2. Avverso il suddetto provvedimento ed avverso l'ordinanza con cui lo stesso Tribunale in data 12 Aprile 2019 aveva disposto la messa alla prova del D.L. con indicazione dei lavori di pubblica utilità da svolgere ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Trento. Dopo avere ricostruito lo svolgimento del procedimento penale e messo in rilievo il disordine e la incompletezza degli atti del giudizio (verbali di udienza, ordinanze di ammissione alla prova, verbali ed atti di provenienza UEPE, relazioni e note), tali da ingenerare confusione tra la posizione dell'imputato e datore di lavoro (D.L.) del dipendente infortunato e quella del responsabile amministrativo dell'ente, L.B. (legale rappresentante ad acta), pure citato in giudizio ai fini della responsabilità amministrativa della società ed anch'esso destinatario di ordinanza di messa alla prova, deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per violazione e falsa interpretazione dell'art.168 bis cod.pen.
Assume in particolare che non risultava adeguatamente documentata l'attività svolta dall'imputato nell'ambito dei servizi affidati e, soprattutto erano carenti le valutazioni e i controlli eseguiti dall'UEPE in assenza della relazione finale sul corretto svolgimento dei lavori di pubblica utilità da parte dell'imputato, né informazioni sul punto potevano ricavarsi nel programma già predisposto dall'UEPE. All'uopo non poteva ritenersi esaustiva la nota del 17.12.2019 della UEPE di Trento inserita nel procedimento 641/17, ove veniva trattata la responsabilità amministrativa dell'ente soc. La Sportiva s.p.a. nella quale, con estrema confusione di ruoli e di responsabilità, veniva trattata sia la posizione del legale rappresentante ad acta di tale ditta, L.B. , sia quella del D.L., quale soggetto imputato del reato di lesioni colpose.
2.1 Con una ulteriore articolazione deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per violazione e falsa interpretazione dell'art.168 bis cod.pen. Assume che l'istituto in parola prevede modalità di parametrazione temporale e di scelta individualizzata delle modalità di svolgimento del lavoro (art.168 bis comma 3 cod.pen.) e, all'esito della prova, l'esplicitazione dei criteri di valutazione circa il corretto svolgimento del lavoro, principi non rispettati nella specie, in quanto non veniva dato adeguato conto nei programmi e nelle relazioni della UEPE del reale tipo di affidamento in prova dell'imputato D.L.. In particolare non veniva indicata la natura del lavoro di pubblica utilità da svolgere né emergeva la durata temporale del servizio effettivamente prestato dal D.L., in quanto nell'ordinanza di ammissione erano indicati i servizi da fare svolgere a terze persone e non di lavoro prestato personalmente dal D.L., né risultava la partecipazione di quest'ultimo ad attività formative specifiche riguardo alla prevenzione e alla sicurezza sui luoghi di lavoro, come invece previsto nell'ordinanza di ammissione alla prova del 12.4.2019. Assumeva che nella relazione conclusiva acquisita nel diverso procedimento vi era un generico riferimento al fatto che il D.L. aveva seguito un corso di formazione per dirigenti in materia di sicurezza e di salute sui luoghi di lavoro . ma senza offrire alcuna indicazione individualizzante ovvero sulla durata del servizio. Assume sul punto motivazione apparente e svincolata dagli atti processuali.
Con una terza articolazione deduce mancanza e contraddittorietà della motivazione dell'ordinanza del 2 Febbraio 2018; che richiama esclusivamente la sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive di cui all'art.168 bis cod.pen..
Con una quarta articolazione denuncia analogo difetto motivazionale in relazione alla successiva ordinanza di ammissione del 12 Aprile 2019 sulla base di un modulo generico e malamente adattato al caso in specie quando assume la idoneità del programma, la durata del lavoro giornaliero in otto ore, nonché la modulazione della pena in 40 giorni di pena detentiva previa concessione della circostanza di cui all'art.62 n.6 cod.pen. con conversione in ore 54 (pari a giorni 27) di lavoro di P.U.

 

Diritto
 



l. Il ricorso è infondato e va disatteso.
1.1 In primo luogo non si ravvisano le carenze documentali che, secondo la prospettazione dell'ufficio della Procura Generale di Trento, inficiano la correttezza della sequenza procedimentale che ha dato luogo al provvedimento impugnato.
1.2 Invero nel fascicolo processuale pervenuto presso la Corte Suprema, cui il collegio ha accesso in ragione della natura del vizio denunciato con il primo motivo di ricorso (violazione di legge anche processuale), risultano compresi numerosi documenti, verbali, note e relazioni UEPE di Trento, oltre alle ordinanze con le quali era stata disposta la messa alla prova del D.L. e in particolare l'ordinanza interlocutoria in data 2 Febbraio 2018 e quella definitiva in data 12 Aprile 2019 a seguito della formulazione del programma di trattamento concordato con lo UEPE in data 25 Marzo 2019 prot. 3620, pure presente in atti. Parimenti risulta acquisito agli atti del presente procedimento un documento, con impressa in stampatello la dicitura "copia del fascicolo La Sportiva s.p.a.", con stampigliata altresì la data di pervenienza presso il Tribunale di Trento (17 Dicembre 2019) e con indicazione della data della udienza di riferimento (18 Dicembre 2019) che corrisponde a quella in cui è stata pronunciata la sentenza oggetto di impugnazione, che ha per oggetto la relazione conclusiva della messa alla prova dell'imputato D.L.. La circostanza poi che il Tribunale di Trento nella sentenza impugnata dà atto di avere esaminato la relazione conclusiva dell'UEPE di Trento data 17 Dicembre 2019, relativamente alla posizione di D.L., rende palese che tale relazione, seppure in copia sia transitata nel fascicolo processuale relativo al predetto imputato, nato dallo stralcio del procedimento in cui risultava originariamente inserita anche la responsabilità amministrativa dell'ente ai sensi della L.231/2001.
1.2 Invero l'inserimento della responsabilità penale e di quella amministrativa all'interno di un unico originario procedimento costituisce altresì la ragione per cui la UEPE competente per territorio, sollecitata alla predisposizione di un programma di messa alla prova anche per il legale rappresentante ad acta della soc. La Sportiva s.p.a., in relazione alla responsabilità amministrativa dell'ente, abbia trasmesso le proprie relazioni, i programmi, i verbali di messa alla prova e la relazione conclusiva accorpando le due distinte posizioni (imputato e responsabile amministrativo), peraltro distinguendo le due posizioni in ordine alle prescrizioni, ai programmi, agli obblighi ed agli adempimenti per ciascuno dei richiedenti. Sotto questo profilo il primo motivo di ricorso, che si limita a denunciare la mancanza di atti del procedimento e la impossibilità di ricostruire la esatta sequenza procedimentale, risulta infondato.

2. Con il secondo motivo di ricorso l'ufficio della Procura Generale ricorrente assume la mancata esplicitazione in sentenza del contenuto del lavoro di pubblica utilità svolto dal D.L., del rispetto dell'impegno temporale assunto, dell'effettività di una sua partecipazione personale, comprensiva del suo inserimento nella formazione con specifico riguardo alla sicurezza ed alla prevenzione sui luoghi di lavoro, Tali carenze vengono denunciate quale violazione di legge in relazione all'art.168 bis cod.pen. in relazione a profili di assenza e di apparenza della trama motivazionale. Il rilievo non è fondato e si scontra con le emergenze documentali che appaiono in realtà coerenti con il dettato normativo.
2.1 L'art.168 bis cod.pen. comma 2 recita che "la messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l'affidamento dell'imputato al Servizio Sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l'altro attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l'osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria...". Orbene sulla base di quanto indicato nel programma concordato con l'UEPE (in data 25.3.2019) il D.L. risulta avere provveduto al risarcimento del danno in favore della persona offesa dal reato ancor prima della predisposizione del programma ed aveva assunto obblighi concernenti il mantenimento di contatti con lo UEPE, secondo le modalità stabilite dal funzionario di servizio sociale incaricato del procedimento, fornendo tutte le informazioni relative alle attività previste dal programma, necessarie alla verifica da parte dell'UEPE. Con riferimento all'osservanza delle prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale, rilevanti ai sensi dell'art.168 bis comma 2 cod.pen., la relazione conclusiva da parte dell'UEPE ha dato atto che il D.L. "ha tenuto i contatti con l'UEPE con le modalità descritte: incontri presso il Centro per l'Impiego ove è stato possibile avere contatti diretti ed ulteriori rispetto agli interlocutori della rete, via e-mail ed ogni volta in cui si è reso necessario un contatto straordinario oltre la programmazione fissata". In sostanza in relazione alle prescrizioni stabilite dal programma stilato dall'UEPE in coerente sintonia con la disposizione di cui all'art.186 bis comma 2 cod.pen. nessuna divergenza dal modello legale risulta essersi realizzata.
2.2 Quanto poi al modulo programmato di lavoro di pubblica utilità il programma stilato dall'UEPE e la ordinanza ammissiva della prova prevedevano che il lavoro sarebbe consistito (vedi lett.e) "in attività di inserimento lavorativo formativo di persona appartenente a categoria protetta in situazione di svantaggio sociale, secondo gli orari da stabilirsi in accordo con l'Agenzia del lavoro Ufficio inserimento lavorativo soggetti svantaggiati della P.A.T. ed il Centro per l'Impiego di Cavalese (Tn); la durata è fissata in ore 54 (pari a giorni 27; lett.f) partecipare ad attività formative specifiche riguardo alla prevenzione ed alla sicurezza sul luogo di lavoro". Lamenta il ricorrente che il lavoro di pubblica utilità, così come programmato e svolto, sarebbe privo di un concreto apporto di risorse lavorative da parte del D.L., il quale si sarebbe limitato a impiegare nei punti produttivi della propria azienda una o più tirocinanti appartenenti a categorie protette, in accordo con il Centro dell'Impiego della Val di Fiemme, senza un'effettiva collaborazione integrante prestazione lavorativa in favore della comunità.
2.3 Prevede l'art.168 bis comma 3 cod.pen. che il lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell'imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, a favore dello Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o pressi enti o organizzazioni, anche internazionali che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.
Orbene risulta dal programma e dalla ordinanza di ammissione che il D.L., titolare di azienda di articoli sportivi con plurimi esercizi commerciali, non si sia limitato, in accordo con il Centro per l'Impiego di riferimento, ad assumere due tirocini formativi in una prospettiva socio assistenziale in favore di appartenenti a categorie protette, ma si sia impegnato in attività di inserimento, di formazione, di periodica verifica dell'andamento del tirocinio e di verifica conclusiva nella prospettiva di un possibile inserimento delle tirocinanti all'interno dell'azienda. Sotto questo profilo pertanto i rilievi sul carattere "non lavorativo" della prestazione del D.L. non colgono nel segno e vengono contrastate nella relazione finale stilata dall'UEPE e deposita in data 17.12.2019 in cui si dava atto che il D.L. aveva provveduto ad attività di inserimento lavorativo delle due tirocinanti, aveva svolto valutazioni con l'Ufficio Risorse Umane e con il tutor, partecipando a riunioni e ammettendo le tirocinanti a riunioni di lavoro, cui lo stesso aveva partecipato, concernenti la scelta dei colori dei campionari. L'Ufficio UEPE dava altresì atto che l'attività svolta dal D.L. nell'inserimento, nel coordinamento e nella finale valutazione aveva avuto una durata di 54 ore lavorative corrispondenti a 27 giorni di lavoro di pubblico impiego. La relazione finale dava altresì atto che il D.L. aveva altresì partecipato ad eventi formativi per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, conformemente a quanto previsto nel programma e nell'ordinanza di messa alla prova.

3. Sotto diverso profilo deve evidenziarsi che il sindacato sulle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità, proprio perché espressione di una sequenza procedimentale che si svolge attraverso la predisposizione di un programma stilato, in accordo con il richiedente, da una specifica articolazione pubblica (UEPE) e che risulta sottoposto alla verifica di ammissibilità dell'ufficio giudiziario che dispone la messa alla prova previa l'assunzione del pare''dél PM (nella specie positivo), deve ritenersi sottratto al giudice di legittimità attenendo appunto ad una specifica fase esecutiva rimessa alla verifica della suddetta articolazione che esprime un giudizio sull'esito complessivo della messa alla prova.
3.1 Invero da un lato l'ufficio della Procura era legittimato a proporre impugnazione, anche su sollecitazione della persona offesa, mediante ricorso per cassazione, avverso l'ordinanza che decide sulla istanza di messa alla prova ai sensi dell'art.464 quater cod.proc.pen., cosicchè deve ritenersi inammissibile il ricorso in cassazione del pubblico ministero contro la sentenza che dichiari l'estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, quando denunci vizi afferenti il provvedimento di sospensione del processo, di cui all'art. 464-quater cod. proc pen, che avrebbero potuto essere fatti valere contro quest'ultimo (sez.5, n.5093 del 14 Gennaio 2020, PG contro Cicalini Marco); dall'altro non può ritenersi consentita la impugnazione in sede di legittimità allorquando le censure della procura si appuntino sul corretto adempimento degli impegni lavorativi e delle prescrizioni assunte dall'onerato in contrasto a quanto evidenziato dalla UEPE nella sua relazione conclusiva, laddove tali censure finiscono per investire la stessa legittimità del programma di trattamento e la sua utilità sociale in una prospettiva riparatoria e, al contempo, sostitutiva della sanzione penale, questioni che andavano dedotte mediante impugnazione dell'ordinanza che ha disposto la sospensione del procedimento disponendola messa alla prova del D.L. sulla base del programma stabilito dall'UEPE. Invero in tema di messa alla prova, il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato può riguardare esclusivamente censure attinenti alla "fase del procedimento successiva all'ordinanza di sospensione, di natura processuale, ovvero "errores in iudicando", anche sotto il profilo dell'illogicità della motivazione, mentre non può sindacare l'ammissibilità della richiesta di accesso al rito speciale, essendo tale profilo precluso dall'avvenuta decorrenza del termine entro cui deve essere proposta l'impugnazione avverso l'ordinanza di cui all'art. 464-quater, commi 3 e 7, cod. proc. Pen." (cfr.sez. 6, n.21046 del 10 Giugno 2020, PG contro Betti Vittorino, Rv.279744). Nè d'altra parte si ravvisano errores procedurali successivi all'ordinanza ammissiva, né deficit motivazionali nella sentenza impugnata che si limita a recepire il contenuto dell'esito positivo della prova espresso dall'organo esecutivo. La censura risulta pertanto infondata.

4. Devono pertanto ritenersi inammissibili anche il terzo e il quarto motivo di ricorso che investono le ordinanze sospensive del procedimento penale e dispongono la messa alla prova dell'imputato D.L. sulla scorta del programma concordato, elaborato dall'UEPE e trasmesso alla cancelleria del Tribunale in data 11 Aprile 2019, in quanto avrebbero dovuto essere proposti entro termini di legge decorrenti dal provvedimento di sospensione, ai sensi dell'art.464 quater, comma sette cod.proc.pen ..

5. Il ricorso deve conclusivamente essere rigettato.


 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso.


Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 3 Febbraio 2022.