Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 20 aprile 2022, n. 15178 - Infortunio mortale per il cedimento del parapetto fissato ad un montante unicamente con un filo metallico sottile


 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: DOVERE SALVATORE
Data Udienza: 10/03/2022
 

Fatto


1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Firenze ha parzialmente riformato la pronuncia emessa dal Tribunale di Firenze con la quale B.L., L.M. e G.S. erano stati giudicati responsabili di omicidio colposo commesso con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni, assolvendo quest'ultimo dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto, confermando invece le statuizioni pronunciate nei confronti degli ulteriori imputati.
Secondo l'accertamento condotto nei gradi di merito, il 7.11.2013 F.G., operaio alle dipendenze della Impresa G.S., mentre era intento a fissare dei coppi sul tetto di un edificio dall'impalcato di un ponteggio, precipitava al suolo a causa del cedimento di un parapetto che era stato fissato ad un montante unicamente con un filo metallico sottile. Cedimento che era stato provocato dal peso fattovi gravare dal collega G., che per salire sul tetto aveva utilizzato come base di appoggio il corrente mal legato al quale era appoggiato il F.G.. A seguito della caduta questi riportava lesioni personali che ne cagionavano la morte. Risulta accertato, altresì, che il ponteggio era stato montato in modo irregolare, poiché i montanti erano stati installati con gli spinotti orientati verso l'esterno e non verso l'interno; e che tale anomalia era stata corretta mediante l'apposizione di viti e bulloni. Parimenti è accertato che in corso d'opera era stato necessario modificare l'ultimo piano del ponteggio al fine di spostare il castello di carico in prossimità del tetto per avvicinare all'operatore, ovvero al F.G., il materiale da utilizzare per la muratura dei coppi sulla falda. Proprio in occasione di tale modifica il parapetto intermedio dell'ultimo piano del ponteggio era stato fissato nel modo scorretto che si è descritto.
Nei confronti di B.L., titolare della ditta Avantime, che aveva montato il ponteggio, di L.M., preposto della medesima ditta e addetto al montaggio del ponteggio in questione, e di G.S., legale rappresentante della Impresa G.S. s.r.1., veniva elevata l'imputazione di omicidio colposo commesso in cooperazione tra loro.
Il Tribunale riteneva confermata dalle prove acquisite la prospettazione accusatoria, ascrivendo agli imputati di aver omesso di verificare che il ponteggio fosse allestito a regola d'arte, con particolare riguardo alla corretta apposizione dei parapetti. Per contro, la Corte di appello ha ritenuto che al G.S. non potesse essere attribuita alcuna condotta colposa, perché questi aveva assunto il ruolo di committente alla ditta Avantime dei lavori di montaggio del ponteggio e non gli era rimproverabile un comportamento colposo né nella scelta della ditta appaltatrice né nell'adozione delle generali misure di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori. Neppure risultava che egli si fosse ingerito nelle attività della ditta Avantime. In sostanza, l'evento era stato determinato da una singola operazione mal eseguita, posta in essere in occasione di una modifica estemporanea del ponteggio, che non richiedendo l'aggiornamento dei piani di lavoro e di sicurezza, non rientrava nella sfera di controllo del committente. La natura di vizio occulto della tenuta con il filo di metallo non rendeva ipotizzabile neppure l'omesso controllo da parte del G.S..
Quanto al B.L. e al L.M., la Corte di appello ha ritenuto che la circostanza che la squadra addetta al montaggio del ponteggio fosse stata costituita con due unità invece che con le tre previste costituisse "un fattore di responsabilità ... determinante ai fini della causazione dell'evento". Ciò perché, non essendo stato montato correttamente il ponteggio sin dall'origine, il B.L. avrebbe dovuto vigilare sull'operato dei montatori e il L.M. avrebbe dovuto procedere all'esecuzione del montaggio, in modo che la successiva modifica avvenisse secondo modalità idonee ad assicurare la tenuta del tratto di ponteggio interessato dall'intervento aggiuntivo.

2. B.L. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado a mezzo del difensore di fiducia avv. Alessandro Traversi.
2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 589 e 40 cod. pen.
Assume l'esponente che l'impedimento dell'anomala azione posta in essere sul parapetto che cedette non può ricadere nella posizione di garanzia del B.L., chiunque abbia provveduto ad eseguire la scorretta legatura. Ciò in quanto l'evento verificatosi non è ricollegabile al rischio la cui gestione era demandata al B.L.. Infatti, l'incongruo ed imprevedibile utilizzo di una lega di ferro anziché dei consueti tubi e giunti rappresenta un evento eccentrico, eccezionale ed imprevedibile. L'esponente cita come strettamente pertinente al caso che occupa il precedente costituito da Sez. 4 n. 22378/2015, anch'essa relativa ad una caduta determinata da una riparazione provvisoria su un tratto orizzontale dell'impalcatura. Si tratta di una manomissione che in quanto estranea a qualunque standard di ragionevolezza è stata ritenuta introduttiva di un rischio nuovo che non poteva essere posto a carico degli imputati.
In sintesi, la legatura con il filo di metallo ha interrotto il nesso causale tra evento e condotta del B.L..
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 589 e 43 cod. pen. per aver la Corte di appello omesso di valutare l'incidenza dello scorretto montaggio del parapetto anche sulla evitabilità dell'evento, da doversi valutare alla luce del fatto che il B.L. aveva fornito per l'effettuazione della modifica un montatore esperto e qualificato, edotto delle tecniche di esecuzione delle operazioni di montaggio, sì che non era previsto né prevedibile l'utilizzo di un fil di ferro. Sarebbe quindi stata omessa la verifica della misura soggettiva della colpa.
2.3. Con il terzo motivo si deduce il vizio della motivazione in relazione alla contraddizione rinvenibile tra l'affermazione che l'infortunio è derivato dallo scorretto montaggio del parapetto e l'affermazione secondo la quale la non corretta formazione della squadra ha avuto rilievo determinante nella causazione dell'evento. Anzi, in fine questa seconda circostanza è stata ritenuta causa esclusiva dell'evento, ancorchè non vi sia alcuna norma che imponga che la squadra venga composta da tre persone. In ogni caso vi è un salto logico nel ragionamento esposto dalla Corte di appello perché non si può affermare che se nella squadra vi fosse stato il L.M. l'evento non si sarebbe verificato, non essendo certo che ove presente questi avrebbe eseguito il montaggio al posto del Ga., che al pari del L.M. era un montatore qualificato, e che ove vi avesse provveduto lo avrebbe fatto correttamente.
2.4. Omessa motivazione viene ravvisata anche a riguardo del fatto che la circostanza dell'utilizzo della legatura di un filo di ferro non è stata in alcun modo valutata dalla Corte di appello, così da non replicare al motivo di appello che contestava si fosse raggiunta la prova che quella legatura fosse stata fatta da un dipendente della ditta Avantime; rilievo connesso a quello che rimarcava la non prevedibilità della legatura medesima. Pertanto, la Corte di appello non ha individuato l'autore materiale della legatura e non ha risolto il tema della configurabilità della stessa come evento eccentrico, imprevedibile, eccezionale, non governabile dal B.L..
2.5. Il quinto motivo lamenta il travisamento della prova in relazione alle dichiarazioni di R.B. e di Ga., avendo la Corte di appello affermato che il B.L. non aveva fornito ai dipendenti il materiale adeguato alla realizzazione dell'opera, non considerando che i menzionati dichiaranti hanno riferito di essere stati forniti del materiale necessario al lavoro e, per contro, di non avere filo di ferro.
2.6. Il sesto motivo censura ancora il vizio della motivazione, per essere questa inidonea a supportare una statuizione di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Come attesta già solo il fatto che non è stato individuato l'autore materiale della legatura.

3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza anche L.M., a mezzo del difensore di fiducia avv. Pietro Villari.

3.1. Con un primo motivo ha dedotto il vizio della motivazione consistito nella contraddittorietà della stessa rispetto all'imputazione. Mentre questa lo individuava come responsabile del decesso del F.G. in quanto preposto, la Corte di appello ne ha affermato la responsabilità a prescindere dalla titolarità di simile qualità. Inoltre, le dichiarazioni del coimputato non possono essere sufficienti ad affermare la responsabilità del L.M., che in ogni caso avrebbe dovuto essere collegata all'opera dallo stesso eseguita, mentre la dimostrata assenza dello stesso al momento della sopraelevazione del ponteggio ne esclude la responsabilità.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta ancora il vizio della motivazione, per aver la Corte di appello ancorato la responsabilità del L.M. alla composizione avuta in concreto dalla squadra di montatori nonostante non sia dato alcun riferimento normativo che imponga la presenza di un dipendente della ditta appaltante. Il L.M. non era il preposto della ditta Avantime, né in diritto né in fatto.

4. Hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza anche le parti civili Omissis, a mezzo del comune difensore di fiducia, avv. Cristina Moschini.
4.1. Con un primo motivo deducono il vizio della motivazione perché la Corte di appello non avrebbe potuto mandare assolto il G.S. nel momento in cui ha affermato la responsabilità del B.L. e del L.M.; infatti, anche al committente compete di verificare la formazione professionale dei dipendenti incaricati di svolgere specifiche mansioni in regime di subappalto, in quanto dovere implicito in quello di verifica delle qualifiche che per legge la ditta scelta deve avere, anche in termini di formazione professionale dei propri dipendenti.
4.2. Con un secondo motivo si lamenta ancora il vizio della motivazione perché la Corte di appello non ha considerato gli elaborati consulenziali delle parti civili e la dichiarazione del c.t. dell'imputato G.S., arch. Mario Perini. Da tali fonti è emerso che il ponteggio non presentava una mera anomalia al parapetto ceduto ma una irregolarità genetica che lo rendeva luogo di lavoro inidoneo. Infatti, l'altezza del ponteggio non era adeguata al lavoro da compiere, perché terminava al di sotto della falda del tetto pur dovendosi compiere lavori di rifacimento del tetto. Questa fu la ragione della modifica del castello di tiro richiesta dal F.G.. Tale circostanza non è stata tenuta in adeguata considerazione nella valutazione della posizione del G.S..
Il teste N., ingegnere della sicurezza della ditta Avantime, ha dichiarato che il ponteggio non era stato montato secondo le disposizioni ministeriali e non poteva considerarsi luogo di lavoro. Il teste C. ha parlato di un evidente vizio di montaggio del ponteggio mai contestato dal G.S. alla ditta Avantime. Il teste I. ha dichiarato che l'innalzamento del castello di tiro non era previsto in alcun schema grafico di Pos e di Pimus. In conclusione, il ponteggio era irregolare sin da principio e tale irregolarità non è mai stata contestata dal G.S. alla Avantime.
Richiamando la motivazione resa dalla Corte di appello a riguardo del L.M., l'esponente sostiene che se questi è stato ritenuto autore dello scorretto montaggio del ponteggio significa che venne scelto per una vigilanza che non era idoneo a svolgere e quindi risulta confermata la culpa in eligendo che il Tribunale aveva attribuito al G.S..
Con un terzo motivo ci si duole della violazione della legge in relazione alle norme extrapenali che conducono a ritenere il ponteggio luogo non idoneo al lavoro e quindi all'obbligo del G.S. di inibire l'accesso ad esso; a rilevare come non fossero state poste a disposizione dello G., collega del F.G., scale o andatoie per salire sul tetto e come, di conseguenza, non possa ritenersi abnorme il comportamento di questi che per salire sul tetto si era dovuto arrampicare sul ponteggio, provocando il cedimento del corrente al quale era appoggiato il F.G.. I difetti originari del ponteggio, per l'errato orientamento dei montanti sull'intera altezza del ponte, il raddoppio dei montanti e l'interazione dei montanti di testata nella zona di incrocio del castello di tiro, la mancanza e sostituzione di tubi I. con un correntino, la mancanza di viti e di bulloni di fissaggio, la mancanza dell'elemento diagonale di tiro, non sono vizi occulti, come invece ritenuto dalla Corte di appello. Così anche il mancato adeguamento del piano per la sicurezza. Si aggiunge che la colpa del G.S. è di aver scelto per il montaggio una ditta evidentemente non specializzata e di essere stato consapevole delle violazioni alle norme in materia di prevenzione e sicurezza.
Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di appello la causa del sinistro non è solo nella erronea legatura del parapetto ma anche nella mancanza originaria di spazio per l'erroneo montaggio del ponteggio, che rese impossibile collocare un parapetto anticaduta in maniera regolare, come riferito dal teste St., per il quale "se il doppio montante è montato male è chiaro che lì si è intervenuto con questa stupidata"; la legatura con il filo di ferro del corrente era stata imposta dalla mancanza di spazio per l'ancoraggio del morsetto a vite richiesto dall'uso di tubi. La modifica apportata al castello di tiro non era operazione estemporanea, come definita dalla Corte di appello, ma evenienza che avrebbe dovuto essere trattata in sede progettuale, programmata e valutata preventivamente, con soluzione concordate tra i vari tecnici interessati. Nonostante la pericolosità della modifica G.S. non controllò l'operazione.

La Corte di appello non ha correttamente considerato l'art. 112 d.lgs. n. 81/2008, che mette capo a tutti i datori di lavoro operanti in cantiere. Il rischio di caduta dall'alto non è avulso dai doveri di controllo e sorveglianza dell'impresa edile del G.S. che aveva in appalto i lavori di ristrutturazione del Monastero nel corso dei quali si verificò il sinistro; esso gli imponeva anche di intervenire attivamente per prevenire l'infortunio. Inoltre, la inadeguata altezza dello spazio tra l'ultimo impalcato e la passerella di sbarco del castello di tiro aveva costretto il F.G. a lavorare ricurvo sotto la stessa e ad appoggiarsi al parapetto che quindi aveva ceduto sotto la spinta impressa dal piede del collega G.. Era stato il G.S. a decidere in via autonoma il rialzo del castello di tiro senza coordinarsi con i professionisti ed aggiornare il Pos ed il Pimus.

5. La difesa di G.S. ha depositato una memoria con la quale sviluppa argomentazioni critiche del ricorso delle parti civili, del quale chiede il rigetto.
 

Diritto


1. Tutti i ricorsi sono fondati, nei termini che si preciseranno di seguito. Essi vanno considerati unitariamente, per la stretta interdipendenza delle posizioni. Resta fermo il diverso effetto dell'annullamento della sentenza impugnata nei confronti di G.S., che è limitato alle statuizioni civili, da quello valevole per il B.L. ed il L.M..

2. Occorre prendere le mosse da una puntualizzazione che concerne le qualità ed i doveri rispettivamente del G.S., del B.L. e del L.M..
2.1. Per quanto sia corretto parlare al riguardo del G.S. di committenza, risulta maggiormente esplicativo tener presente che nel caso di specie egli era il diretto esecutore dei lavori edili ed il datore di lavoro del F.G.. La puntualizzazione rende più chiaro che egli rimase responsabile della sicurezza del ponteggio, ancorchè il montaggio fosse stato curato dalla Avantime alla quale aveva affidato il compito di installarlo. Ovviamente l'affidamento ad altra ditta del montaggio determina una modifica dei contenuti modali del dovere di sicurezza. Non più l'esecuzione secondo le prescrizioni tecniche individuate dal d.lgs. n. 81/2008 e relativi allegati ma la redazione del Piano di montaggio, uso e smontaggio (cd. Pimus), l'individuazione di un installatore munito di idonea competenza ed organizzazione, la verifica che il ponteggio installato abbia le caratteristiche di sicurezza richieste dalla normativa (elencazione che non vuole essere esaustiva).
Alla posizione del datore di lavoro si è aggiunta, nel caso di specie, quella dell'impresario che ha assunto il compito di montare il ponteggio. Questi è divenuto il destinatario di quelle prescrizioni sopra menzionate che indicano come e con quali esiti deve essere installato un ponteggio. Pertanto, il B.L. era colui che aveva assunto la gestione del rischio connesso all'esecuzione del montaggio del ponteggio, dovendo garantire che tale operazione avvenisse nel rispetto delle prescrizioni (cfr. art. 24 d.lgs. n. 81/2008).
Quanto al L.M., a seconda che egli abbia assunto il ruolo di preposto (specificamente previsto dall'art. 123 d.lgs. n. 81/2008) o solo quello di esecutore materiale del montaggio deve ritenersi che fosse gravato di un obbligo di vigilanza sulla corretta esecuzione del lavoro o di eseguire lo stesso secondo le regole tecniche.
2.2. Orbene, essendo pacifico che la precipitazione del F.G. avvenne perché il corrente al quale era appoggiato cedette in quanto non trattenuto saldamente al montante, dalle precisazioni appena svolte discende che il G.S. può essere chiamato a rispondere dell'evento luttuoso se la legatura con il filo di ferro è stata: a) diretta conseguenza della inidoneità della ditta alla quale affidò i lavori; b) effetto necessario del modo in cui venne modificato il ponteggio; c) se omise il controllo dopo la modifica del ponteggio, ma a condizione che questo avrebbe condotto a rilevare la scorretta assicurazione del corrente.
Per quanto le ricorrenti parti civili abbiano contestato la motivazione resa dalla Corte di appello anche sotto il profilo della inidoneità della ditta Avantime, occorre registrare che né il Tribunale né la corte distrettuale hanno formulato un giudizio di inidoneità della stessa. La contestazione delle parti civili si sostanzia in una mera asserzione, non essendo articolata una critica che segnali la ricorrenza di uno dei vizi di cui all'art. 606 cod. proc. pen.
All'inverso, coglie il segno la censura in ordine alla motivazione con la quale si è affermata la natura 'estemporanea' della difformità del ponteggio alle regole tecniche. In sostanza, si trattava di giustificare l'opzione adottata rispetto alle ipotesi alternative che la legatura con il filo di ferro (ma, come si illustrerà meglio a breve, in realtà si tratta del mancato utilizzo anche sul secondo estremo del corrente di quel sistema di fissaggio con viti e bulloni che era stato usato per il primo) non fosse o fosse imposta dalla modifica apportata per lo spostamento del castello di tiro. Il tema è decisivo per la posizione del G.S. perché è al medesimo che deve essere fatta risalire la decisione di modificare l'ultimo piano del ponteggio; egli avrebbe dovuto fare delle scelte progettuali non conducenti a quella irregolarità.
Ma coglie il segno anche la censura subordinata all'esclusione di questa prima ipotesi; ovvero la sussistenza di un vizio di motivazione laddove la Corte di appello ha affermato che il G.S. non può essere chiamato a rispondere della morte del F.G. in ragione di un omesso controllo del ponteggio dopo la sua modifica perché la condotta doverosa non avrebbe avuto effetto impeditivo, stante la natura di 'vizio occulto' della legatura. La censura è fondata perché la Corte di appello pone l'interrogativo in termini errati, giacchè la verifica non avrebbe dovuto essere volta ad individuare la presenza della legatura di ferro bensì l'assenza di un sistema di fissaggio rispondente alle prescrizioni tecniche. Pur prendendo atto della invisibilità del filo di ferro, la Corte di appello avrebbe dovuto chiedersi se fosse stata rilevabile in sede di controllo del ponteggio l'assenza del sistema di fissaggio prescritto.
Per tali ragioni la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti dello G.S., sia pure ai soli effetti civili, con rinvio al giudice penale, atteso che la medesima sentenza va annullata ad ogni effetto anche nei confronti del B.L. e del L.M..
2.3. Quanto al B.L., infatti, la Corte di appello ha ridotto la colpa oggettiva del medesimo alla "non corretta formazione della squadra" di montaggio; se avesse controllato che la squadra operasse al completo l'evento non si sarebbe verificato. Ciò perché il L.M. era stato l'esecutore del montaggio del ponteggio e quindi la sua presenza tra i componenti della squadra avrebbe garantito che anche la modifica sarebbe avvenuta in modo corretto.
Tutto ciò si afferma senza mai porre in discussione, sulla base delle emergenze probatorie, la idoneità professionale del Ga., che eseguì le modifiche del ponteggio necessarie all'innalzamento del castello di tiro. La regola 'cautelare' individuata dalla Corte di appello appare all'evidenza definita sulla base della ricostruzione dei fatti operata a posteriori: poiché lo scorretto montaggio venne eseguito dal Ga., se fosse stato presente il L.M. la modifica sarebbe stata eseguita dallo stesso, che l'avrebbe compiuta correttamente, come aveva fatto nel montaggio dell'intero ponteggio.
Come ormai insegna un consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di colpa generica il giudice deve indicare la regola cautelare violata preesistente al fatto, e quindi quale sia - sulla base della diligenza, prudenza e perizia - in concreto ed "ex ante" il comportamento doveroso prescritto (Sez. 4, Sentenza n. 32899 dell'8/0l/2021, Rv. 281997 - 17). Nel caso di specie, la Corte di appello avrebbe dovuto indicare quali fatti rendevano ex ante comportamento diligente, prudente e perito comporre la squadra degli operatori con tre montatori invece che con due, comprendendovi necessariamente il L.M.. Ciò avrebbe richiesto l'accertamento della inidoneità al compito del Ga.; accertamento che, come si è scritto, è mancato.
Per contro, non è fondata la censura che, richiamando una decisione di questa Corte, intende dimostrare la errata applicazione dell'art. 41 cod. pen., per aver ritenuto la Corte di appello la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta del B.L. e l'evento tipico. La lacuna motivazionale che determina l'annullamento della decisione nei confronti del B.L. renderebbe superfluo esaminare la stessa per il profilo appena evidenziato. Tuttavia, stante la plausibilità dell'accostamento del citato precedente alla vicenda oggetto della sentenza qui impugnata, a vantaggio del giudice del rinvio appare utile svolgere alcune puntualizzazioni.
Nella sentenza Sez. 4, n. 22378 del 19/03/2015, Rv. 263494 la vicenda concerneva la caduta da un ponteggio di un lavoratore determinata da una riparazione dell'impalcato eseguita con del fil di ferro. Questa Corte ha ritenuto che tale riparazione avesse introdotto nella dinamica dei fatti un rischio nuovo, non riferibile alla gestione dei datori di lavoro tratti a giudizio e pertanto ha ritenuto che non sussistesse il nesso causale tra la condotta di questi e l'evento tipico, in applicazione dell'art. 41, co. 2 cod. pen., pervenendo all'annullamento senza rinvio della decisione impugnata in quanto i ricorrenti non avevano commesso il fatto. Decisive ai fini della identificazione di un rischio nuovo sono state le seguenti circostanze: la struttura era intatta poco prima dell'avvio dell'attività lavorativa dalla quale è scaturito l'infortunio; la manomissione era stata completamente estranea a qualunque standard di ragionevolezza, totalmente sconsiderata. Tale manomissione era stata eseguita, verosimilmente, da dipendenti di uno dei due imputati, legale rappresentante della ditta esecutrice dei lavori ma non installatrice del ponteggio, montato da altra impresa. Quanto al secondo ricorrente, anch'egli era amministratore di una ditta esecutrice in regime di subappalto.
Pertanto, i datori di lavoro per i quali è stata ritenuta l'insussistenza del nesso causale non erano coloro che, per aver assunto il compito di montare il ponteggio, avrebbero dovuto verificare che lo stesso era a regola prima di porlo a disposizione del committente; come era invece il B.L.. Soprattutto, la irragionevole riparazione era stata eseguita poco prima dell'inizio delle lavorazioni, laddove nel caso che occupa la modifica del ponteggio era stata realizzata, secondo il resoconto del Tribunale, o verso la metà di ottobre o il 28 ottobre; in ogni caso diversi giorni prima del sinistro. Inoltre, la medesima riparazione non trovava alcuna giustificazione razionale; mentre nella vicenda qui rilevante occorre accertare le ragioni della mancata utilizzazione di viti e bulloni.
Infine, la indisponibilità di una puntuale ricostruzione dei fatti rende superfluo considerare il motivo che attiene alla imprevedibilità dello scorretto montaggio del corrente. Il giudice del rinvio dovrà nuovamente valutare il profilo, alla luce della complessiva ricostruzione che riterrà validata dalle acquisizioni probatorie.
Il motivo con il quale si denuncia il travisamento della prova resta assorbito.
2.4. Quanto al L.M., è fondato il rilievo del ricorrente che lamenta la mancata esplicazione del fondamento normativo dal quale la Corte di appello ha tratto l'obbligo dello stesso di essere presente e partecipe della esecuzione della modifica del ponteggio. La Corte di appello avrebbe potuto far discendere l'obbligo di presenza dall'art. 123 d.lgs. n. 81/2008, che assegna al preposto il compito di sorvegliare le operazioni di montaggio e di smontaggio del ponteggio. Ma la corte distrettuale ha posto nel nulla l'affermazione di tale qualità che aveva fatto il Tribunale; in replica all'appello del L.M. che contestava di essere mai stato nominato preposto, la Corte di appello si è sottratta al relativo accertamento affermando che egli "a prescindere dalla formale investitura di preposto" era stato assente ingiustificato. Con il che è rimasta incognita la ragione del suo dovere di presenza.

3. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata anche nei confronti del B.L. e del L.M., con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio.
 

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10.3.2022.