Cassazione Penale, Sez. 4, 07 giugno 2022, n. 21842 - Infortunio mortale del lavoratore inesperto adibito all'attività manutentiva di un forno rotante


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: DAWAN DANIELA Data Udienza: 16/12/2021
 

Fatto




1. La Corte di appello di Caltanissetta, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Gela in punto di pena, ha confermato l'affermazione di responsabilità di V.E.A. per il reato di cui all'art. 589, commi 1 e 2, cod. pen.
2. L'imputato, in qualità di procuratore speciale della ECORIGEN S.R.L., con potere di firma per compiere atti di gestione ordinari, responsabile degli impianti e, in tale veste, responsabile del rispetto degli obblighi prevenzionali durante l'esecuzione dei lavori di manutenzione, è stato chiamato a rispondere - unitamente a V.F. e a B.G., assolti all'esito del giudizio di appello - della morte del lavoratore V.S., per colpa generica e per inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, così come puntualmente descritte al capo di imputazione A). In particolare, all'odierno ricorrente viene mosso il rimprovero di non avere valutato i rischi connessi all'adibizione di un lavoratore inesperto come il V.S. all'attività manutentiva del forno rotante 9101, nonché, in quanto direttore di stabilimento, di non avere ottemperato all'obbligo di formazione specifica del suddetto lavoratore.
3. La causa dell'infortunio occorso il 28/01/2009 a V.S., per come accertata nel giudizio di primo grado, è stata individuata nella mancata rimozione - in esito all'espletamento delle operazioni di manutenzione del forno rotante R9101, alle quali l'infortunato aveva collaborato pur essendo privo della qualifica di addetto alla manutenzione meccanica - della manichetta dell'aria che, determinava, per l'effetto, l'introduzione di aria (comburente) dalla linea "area servizi" alla linea N2 (azoto), con conseguente esplosione per la presenza di combustibile (la melma catalitica) in una situazione di calore. Nello specifico, è risultato che il forno era stato fermato per manutenzione il 26/01/2009, essendo sorta la necessità di sostituire l'elemento elastico di tenuta, ossia il giunto tessile denominato "soffietto". Il giorno dell'incidente, i lavoratori M. (addetto alla manutenzione), V.S. e C. avevano predisposto il materiale occorrente per la sostituzione cui avevano provveduto gli operai specializzati della ditta fornitrice, ultimando l'intervento alle 19:50 circa. Si era dopo proceduto allo smoke test, allo scopo di valutare la perfetta tenuta del giunto tessile, attività questa a cui aveva preso parte il V.S. che, allo scopo aveva introdotto, tramite il "passo d'uomo", un fumogeno all'interno del forno; aveva attivato il fumogeno e lo aveva immesso nel forno tramite il portello di ispezione all'uscita della tramoggia che aveva poi richiuso; non avendo visto alcuna fuoriuscita di fumo all'interno, aveva riaperto il portello per verificare se il candelotto del fumogeno si fosse attivato. A questo punto, T.T., dipendente responsabile della manutenzione, si era rivolto al capo turno, C.R.A., per ottenere che all'interno fosse immessa più aria, indispensabile per attivare il fumogeno. Il C.R.A., quindi, apriva di poco la valvola. Il fumogeno finalmente si attivava e il V.S. chiudeva nuovamente il portello. A quel punto il T.T., unitamente al C.R.A., effettuava un giro intorno al forno per controllare se vi fossero perdite di fumo. Non avendole riscontrate, procedeva a serrare il soffietto sostituito, dimenticando, tuttavia, che, all'interno dei forno, vi era il fumogeno e, soprattutto, che innestata in corrispondenza della linea N2 (azoto) nello skid sin dalle ore 14:30 vi era la manichetta per insufflare nel forno, attraverso gli spargers, l'aria necessaria alle operazioni di smoke test, la quale, per errore o per dimenticanza, non era stata staccata. Inoltre, la valvola di uscita del forno che, ai fini dello smoke test, doveva esser attivata, era stata attivata solo al 50% e sino alle 20:46, per cui, da una parte, la manichetta e la relativa valvola aperta insufflavano aria e, dall’altra, questa usciva nell'anzidetta ridotta misura, in tal modo saturando pericolosamente il forno e ponendo in essere le condizioni fisiche per la violenta esplosione. Ultimata con esito positivo la verifica della perfetta tenuta dei soffietto telato, il C.R.A., il V.S. e il P. (capo turno in addestramento) si recavano presso l'adiacente “sala controllo", denominata DCS (acronimo di Sistema Computerizzato Distribuito), dove il C.R.A. — avendo deciso di preparare il forno per la bonifica con allumina che sarebbe stata eseguita l’indomani — agiva sulla valvola che attiva l'aspirazione dei fumi per svuotare il forno dai residui della prova precedentemente effettuata. A tale scopo era necessario che il forno fosse portato in depressione, secondo quanto previsto alla specifica procedura “Avvio sequenza forno", contenuta nel Manuale Operative della Unità R-9101. Avviata la procedura dalla sala DCS, il C.R.A. e il P. si accorgevano dai parametri risultanti dai monitor che il forno non andava in depressione. Il T.T., gia fuori dallo stabilimento, chiamava allora telefonicamente il V.S., che nel frattempo si era allontanato dallo stabilimento, per ricordargli di rimuovere il candelotto fumogeno in quanto l'indomani mattina si sarebbe dovuta effettuare la sigillatura del “passo d'uomo". Rientrato nello stabilimento, il V.S. si recava, insieme al C.R.A., presso l’Unita R-9101 dove controllava il tubo di collegamento con il sensore che forniva l'indicazione della pressione ai DCS (costatandone la funzionalita) e rimuoveva il fumogeno aprendo e chiudendo, allo scopo, il portello dei c.d. “passo d’uomo". Subito dopo, tuttavia, si verificava l’esplosione che scardinava il portello scagliandolo sul lavoratore e cagionandone, in tal modo, l’immediato decesso. In sostanza, i presupposti fattuali all'origine del sinistro, individuati nei giudizi di merito, consistono nell'immissione di aria (comburente) ad una pressione superiore a quella dell'azoto, l'avvio, a decorrere dalle ore 21:00 delle operazioni di riscaldamento del forno nonché la presenza di un eccesso di carburante (la melma catalitica accumulatasi).
4. La Corte di appello ha scagionato i coimputati V.F. e B.G. avendo ritenuto che la responsabilità dell'accaduto debba ricondursi al soggetto cui, nell'ambito dell'organizzazione aziendale, tali operazioni erano devolute - e, cioè, il capo turno C.R.A. - « avendo quest'ultimo colpevolmente trascurato di rimuovere la manichetta in polietilene che insufflava aria all'interno del forno e, comunque, proceduto - nonostante i dati acquisiti evidenziassero il fatto che lo stesso non andava in depressione - alle operazioni di avvio del macchinario, trasgredendo con ciò alla prescrizione - a lui nota in quanto formalmente comunicatagli con ordine di servizio controfirmato [...] - che imponeva, invece, di "attendere lo svuotamento o lo spurgo dell'aria all'interno del forno". Sul C.R.A., secondo la sentenza impugnata, incombeva l'obbligo di rilevare immediatamente i pericoli derivanti dal fatto che il forno, nel corso delle operazioni di riscaldamento, non andasse in depressione - tenuto altresì conto delle caratteristiche specifiche di quel macchinario, avuto riguardo, in particolare, al noto accumulo di melma catalitica. A detto rilievo avrebbe dovuto far seguito, così ancora la Corte di merito, l'immediata interruzione della "sequenza di avvio forno", con contestuale interdizione a chiunque dell'accesso all'area interessata allo scopo, così da individuare, in condizioni, di sicurezza, il problema reale che impediva al forno di andare in depressione e di avvedersi, così, che la manichetta in polietilene adducente aria era ancora attaccata al forno.
5. A conclusioni diverse perveniva, invece, la Corte di appello con riguardo all'odierno ricorrente in ordine al quale sostiene che, per la sua posizione di direttore dello stabilimento e per aver personalmente coordinato le operazioni di manutenzione, questi era a conoscenza del fatto che vi partecipasse un soggetto, quale il V.S., privo di una formazione specifica. L'evento, si legge, non si sarebbe verificato ove il V.S. fosse stato portato a conoscenza - al pari del C.R.A. - delle caratteristiche specifiche dell'impianto e delle prescrizioni che obbligatoriamente dovevano essere seguite per procedere all'avvio del forno nelle fasi ultimative dell'intervento manutentivo cui egli era destinato.
6. Avverso la sentenza della Corte di appello di Catania ricorrono nell'interesse dell'imputato, con atto congiuntamente sottoscritto, gli avvocati Carmelo Peluso e Stefano Arcifa che si dolgono, con un unico, articolato, motivo, della inosservanza o erronea applicazione degli artt. 41, comma 2 e 589 cod. pen., nonché di relativo vizio di motivazione, in specie sotto il profilo del travisamento della prova e della illogicità della motivazione. Pur aderendo alla ricostruzione proposta con i motivi di gravame, la Corte di merito se ne discosta laddove afferma che l'evento avveniva nella fase di manutenzione e non in quella di esercizio - come, invece, sostenuto dalla difesa e dallo stesso consulente del pubblico ministero - facendone derivare la responsabilità dell'imputato il quale, si assume, per la posizione di direttore di stabilimento e per avere, comunque, coordinato le operazioni di manutenzione, era a conoscenza del fatto che vi partecipasse un soggetto, quale il V.S., privo di specifica formazione. Si tratta di argomentazione contraddittoria rispetto alle conclusioni cui la stessa Corte distrettuale era giunta nella ricostruzione dell'avvenimento. Essa, infatti, attribuisce al C.R.A. la responsabilità di aver posto in essere gli unici antecedenti fattuali dell'esplosione verificatasi. Sul punto, pertanto, la sentenza impugnata incorre in un travisamento della prova laddove osserva che l'evento non si sarebbe verificato ove il V.S. fosse stato portato a conoscenza - al pari del C.R.A. - delle caratteristiche specifiche dell'impianto e dei gravi rischi conseguenti all'avvio in presenza di aria. Invero, la violazione addebitata al C.R.A. fa riferimento al mancato rispetto della procedura "Avvio sequenza forno", di cui il Giudice di appello ha acquisito la scheda, dimostrativa che la procedura di avvio del forno non ha specifica attinenza con la manutenzione perché relativa all'inizio di una fase di lavorazione. Il C.R.A. era sì formato ma non certo al compito di manutentore, trattandosi di un capo turno cui competeva l'esercizio, ossia le operazioni finalizzate alla produzione. Affermare, pertanto, che il V.S., se adeguatamente formato da manutentore, si sarebbe tenuto ben distante dal forno, è incoerente rispetto alla struttura della decisione allorquando questa delinea i motivi a sostegno della ritenuta responsabilità del C.R.A., in specie consistiti nell'avere, dalla sala di controllo DCS, senza attendere lo svuotamento dell'aria dell'impianto, acceso i riscaldatori dell'azoto (impostati sul valore di 450°). Si tratta di circostanze inconferenti con l'addebito di mancata formazione, atteso che l'esplosione era avvenuta per esservi stato un innesco, da pare del predetto C.R.A., all'insaputa della vittima. L'impianto, dunque, non era pericoloso, quantomeno sino al momento dell'accensione dei riscaldatori dell'azoto. In ogni caso, il negligente comportamento del capo turno C.R.A., a tutto voler concedere, ha interrotto il nesso causale rispetto ad altre eventuali condotte precedenti, ponendosi come antecedente unico nella causazione del sinistro. Indipendentemente, infatti, dalla formazione del lavoratore, l'evento si sarebbe comunque verificato a causa della condotta negligente del C.R.A.. Si osserva, infine, che il V.E.A., come dichiarato dal teste T.T., non era presente quel giorno in stabilimento; né dal fatto che fosse stato informato da questi delle attività che vi si stavano svolgendo può ricavarsi il dato di avere "personalmente coordinato le operazioni di manutenzione".
Di qui la richiesta di annullamento della sentenza impugnata.
 





Diritto




1. Il ricorso è fondato.
2. Il V.E.A. è stato ritenuto responsabile del reato di cooperazione nell'omicidio colposo del lavoratore V.S., nella veste di procuratore speciale della Ecorigen srl con potere di firma per compiere atti di gestione ordinaria, responsabile degli impianti, ed in tale veste responsabile del rispetto degli obblighi prevenzionali durante l'esecuzione dei lavori di manutenzione (così l'editto accusatorio), venendo a lui addebitata una colpa generica ed una colpa specifica - come indicata dettagliatamente in imputazione - consistita nella omessa valutazione dei rischi relativi alle operazioni di manutenzione del forno, nel mancato aggiornamento del "documento sulla protezione contro le esplosioni" e nella mancata individuazione delle conseguenti misure di prevenzione e di protezione da adottare con riferimento ai rischi specifici di esplosione.
La Corte territoriale, dopo aver ricostruito la dinamica del sinistro ed indicato le cause che avevano portato all'esplosione del forno, in base alle conclusioni tecniche acquisite al processo, ha rimarcato che le operazioni compiute dal capo turno C.R.A. subito dopo la verifica positiva del soffietto appena sostituito non erano state conformi alla rigorosa procedura "Avvio sequenza forno" contenuta nel manuale operativo, laddove si prescrive testualmente di "attendere lo svuotamento o lo spurgo dell'aria all'interno del forno", dovendo, evidentemente, lo stesso funzionare in assoluta "depressione".
Ha quindi affermato testualmente che la responsabilità dell'accaduto doveva essere evidentemente ricondotta il capo al soggetto a cui erano devolute tali operazioni nell'ambito della organizzazione aziendale, cioè al C.R.A., il quale aveva colpevolmente trascurato di rimuovere la manichetta in polietilene che insufflava aria all'interno del forno e, comunque, proceduto - nonostante i dati acquisiti evidenziassero il fatto che lo stesso non andava in depressione - alle operazioni di avvio del macchinario, trasgredendo con ciò alla prescrizione - a lui nota in quanto formalmente comunicatagli con ordine di servizio controfirmato in data 1 settembre 2008 - che imponeva, invece, di "attendere lo svuotamento o lo spurgo dell'aria all'interno del forno".
Ha aggiunto che, in ogni caso, il C.R.A., in quanto dipendente allo scopo appositamente formato, aveva l'obbligo di rilevare immediatamente i pericoli che derivavano dal fatto che il forno, nel corso delle operazioni di riscaldamento, non andasse in depressione - tenuto conto, peraltro, delle caratteristiche specifiche di quel macchinario avuto riguardo, anche, al noto accumulo di melma catalitica - cui avrebbe dovuto fare seguito l'immediata interruzione della "sequenza di avvio forno" con contestuale interdizione a chiunque dell'accesso all'area interessata allo scopo, così da individuare - in condizioni di sicurezza - il problema reale che impediva al forno di andare in depressione e di avvedersi che la manichetta in polietilene che adduceva aria era ancora attaccata al forno medesimo.
A fronte di tale eclatante addebito di colpa, l'affermazione di responsabilità dell'odierno ricorrente non appare supportata da adeguata, logica e coerente motivazione.
Si afferma in sentenza che il V.E.A., sia per la sua posizione di direttore di stabilimento, sia per aver personalmente coordinato le operazioni di manutenzione, era a conoscenza che vi partecipasse un soggetto, il V.S., benché privo di una formazione specifica e che proprio tale violazione dell'obbligo di formazione ed informazione aveva assunto rilevanza effettivamente causale nella verificazione del sinistro.
Si ritiene quindi "evidente" che l'evento non si sarebbe verificato se il V.S. fosse stato portato a conoscenza delle caratteristiche specifiche dell'impianto e, in particolare, dei gravi rischi che si correvano nel caso in cui questo fosse stato avviato in presenza di aria, rendendogli disponibile, quindi, le prescrizioni che obbligatoriamente dovevano essere seguite per procedere all'avvio del forno nelle fasi ultimative dell'intervento manutentivo al quale lo stesso era stato destinato.
In realtà, una volta descritto il comportamento non corretto del C.R.A. ed il mancato rispetto, nella specifica contingenza che ha provocato l'evento mortale, delle prescrizioni contenute nel manuale di cui si è detto, la Corte avrebbe dovuto argomentare in maniera più diffusa sul rapporto di causalità tra l'omissione addebitata all'imputato e la morte del lavoratore.
Ciò spetterà al giudice del rinvio.


 

P.Q.M.




Annulla la sentenza impugnata nei confronti di V.E.A. e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Caltanissetta.
Così deciso il 16 dicembre 2021