n. 547/2021 R.G.

 



REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE ORDINARIO di VICENZA
- PRIMA SEZIONE CIVILE -

Settore delle controversie di lavoro e di previdenza
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Giulia Beltrame ha pronunciato la seguente
SENTENZA

 

nella causa civile di Primo Grado iscritta al n. 547/2021 RG Lav. promossa da:



, con l’avv. Lando e l’avv. Allegro contro


opponente


Costa

, con l’avv. Schiavo e l’avv.


opposta


Premesso che:
- la ricorrente domanda la riforma dell’ordinanza di rigetto della domanda di impugnazione del licenziamento irrogato nei suoi confronti dalla società odierna opposta con lettera dell’11.8.2020, e per l’effetto:
a) l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento e la condanna della società alla propria reintegrazione e al pagamento in suo favore dell’indennità risarcitoria pari alle retribuzioni globali di fatto dalla data del licenziamento alla data di effettiva reintegrazione con riferimento alla retribuzione globale di fatto pari ad euro 3.032,82, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, ex art. 18, comma 4, Stat. Lav.;
b) l’accertamento dell’illegittimità della sospensione cautelare disposta nei propri confronti e la conseguente condanna della società a corrisponderle la somma di euro 305,37 a titolo di risarcimento del danno economico patito;
- la società domanda il rigetto del ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto; rilevato che:
- la ricorrente ha lavorato alle dipendenze della società odierna opposta sin dall'11 luglio 1990, svolgendo le mansioni di addetta alla produzione nel reparto riempimento;
- la società opera nell’ambito degli imballaggi delle materie plastiche;
- con lettera in data 3/8/2020, la società resistente contestava alla ricorrente quanto segue: “in data 1 agosto ’20, durante il suo turno di lavoro 14.00 - 22.00, verso le ore 13.45, Lei entrava nel bagno delle donne sito nel reparto RIEMPIMENTO con il caffè in mano e andava a fumare trasgredendo il divieto di fumo. Usciva dal bagno e veniva fermata dal collega […] al quale confermava quanto accaduto. Aggravante è l'area che è a Rischio Incidente Rilevante, in quel momento si stava svolgendo proprio vicino al bagno un'operazione di ripasso con svuotamento di liquido disinfettante per mani ad alto grado alcolico; aggravante è il Suo incarico di preposto. Vogliamo ricordarLe che è vietato fumare nei bagni e in tutte le aree interne ed esterne dello stabilimento […]” (doc. 2 opponente);
- con la medesima lettera la società ha sospeso la ricorrente in via cautelare dal lavoro;
- con la propria lettera di giustificazioni la ricorrente ha ammesso di aver fumato all’interno del bagno, confessando di non sapersi spiegare il motivo (doc. 3 opponente);
- con successiva lettera datata 11/8/2020 la società ha intimato nei suoi confronti il licenziamento per giusta causa “ai sensi e per gli effetti dell’art. 2119 del codice civile, dell’art. 7 L. 300/70 e con particolare riferimento all’art. 54 – 2 - lettera c) del vigente CCNL Industria Gomma Plastica” per aver tenuto un “comportamento gravemente colposo perché suscettibile di provocare incidenti alle persone, agli impianti, ai materiali …” (doc. 4 opponente);
- ciò premesso, va innanzitutto chiarito che il fatto specificamente contestato alla lavoratrice non è semplicemente quello di aver fumato all’interno dei locali aziendali, ma quello di aver messo in pericolo, attraverso quell’attività vietata, la sicurezza di persone, impianti o materiali;
- conducono a tale approdo ermeneutico il tenore della lettera di contestazione, analizzata nel suo complesso, nonché il comportamento successivo, del tutto coerente, manifestato dalla società con il richiamo all’art. 54 co. 2 lett. c) del CCNL e successivamente con lo svolgimento delle proprie difese nel corso di entrambe le fasi del presente giudizio. Le argomentazioni della datrice di lavoro, infatti, sono state ampiamente incentrate proprio sulla natura dell’attività produttiva svolta all’interno dello stabilimento e, in particolare, nel reparto a cui era adibita la lavoratrice, e sul pericolo per le persone e le cose che consegue al fumo di una sigaretta all’interno di quei locali;
- in definitiva, alla luce del complessivo comportamento datoriale deve ritenersi improprio l’utilizzo del termine “aggravante” che si rinviene nella lettera di contestazione con riferimento alla natura dell’area (“a Rischio Incidente Rilevante) e al ruolo di preposto assegnato alla lavoratrice, e che il pericolo per la sicurezza abbia svolto per il datore di lavoro il ruolo di elemento qualificante disciplinarmente il fatto materiale contestato (il fumo all’interno dei locali), addebitato quindi in questo senso alla ricorrente;
- ebbene, in questo quadro risulta dirimente per la decisione sulla domanda di impugnazione del licenziamento l’esito della perizia tecnica svolta dall’ing. Gianfranco Cardone su incarico del giudice;
- con elaborato chiaramente ed esaustivamente motivato l’ing. Cardone ha infatti escluso, all’esito di un’approfondita indagine condotta anche all’interno dei locali aziendali, ove sono iniziate le operazioni peritali, che nel luogo in cui si è verificato il fatto contestato, e cioè all'interno dei servizi igienici attigui al reparto riempimento della società, vi fosse un rischio di incendio derivante dalla presenza di gas o vapori. D'altra parte, sottolinea il consulente d'ufficio, la società “ha ritenuto di non prescrivere all'interno del bagno particolari prescrizioni e accorgimenti che riguardano gli ambienti con pericolo di esplosione”, giacché “l'unico cartello di divieto, che riporta “Vietato fumare” è […] riferibile alla Legge 16 gennaio 2003,
n. 3”, cioè alla previsione adottata a “Tutela della salute dei non fumatori” (art. 51);
- si rinvia per ogni dettaglio alla chiara l'esposizione del consulente, ma onde giustificare la presente decisione è opportuno evidenziare quanto rilevato dall’ing. Cardone alle pagg. 15 e 16 dell’elaborato peritale, e cioè che “Dall’esame della planimetria riportante i prodotti di sostanze (allegato n.10), miscele e preparati di cui all'allegato 1 del D. Lgs. 105/2015 non risultano prodotti che siano stoccati o lavorati in prossimità del bagno. È vero che il bagno si trova in adiacenza al reparto miscelazione, ove viene trattato l’ipoclorito ma il prodotto risulta a distanza tale che l’eventuale sorgente di innesco (sigaretta accesa) non rientra all’interno della zona a rischio anche per quanto riguarda una ipotetica formazione di atmosfera esplosiva. In particolare, in seno al reparto miscelazione vi è un luogo in cui si possono sviluppare vapori di cloro, la zona in corrispondenza dei miscelatori (mixer R8/A o R10), dove, appunto, vengono miscelati i detergenti a base di ipoclorito di sodio, la cui distanza dai bagni è sufficiente da non interessare questi ultimi da formazione di atmosfere esplosive.” e che “Gli unici materiali presenti nel bagno sono la carta igienica, il sapone per le mani (contenente profumo) e il liquido disinfettante, tutti materiali potenzialmente infiammabili e non suscettibili di determinare un incontrollabile effetto domino, destinato a riversarsi anche all’esterno, ai danni di terzi. Per quanto riguarda il rischio derivante dallo spargimento, il rischio che possa interessare l’area in esame (servizi igienici) è pressoché eliminato dalla presenza di griglie di spargimento che coinvolgono le sostanze sversate in bacini di contenimento dedicati, a tenuta, in grado di trattenere eventuali sversamenti.”. Le conclusioni che si leggono al termine della perizia risultano logica conseguenza di tali rilievi: “Il carico di incendio riferito ai servizi igienici, calcolato sulla base dei materiali e sostanze combustibili e/o infiammabili ivi presenti, ha un valore estremamente esiguo (vedi pag.23). Ne deriva che il rischio di incendio localizzato alla sola parte in esame, derivante dalla modesta presenza di tali sostanze, è particolarmente basso, paragonabile a quello riscontrabile in una civile abitazione. - Le schede di sicurezza dei suddetti prodotti, presenti in particolare nel reparto miscelazione, tra i quali è stato menzionato l'ipoclorito di sodio, riportano dei comportamenti potenzialmente pericolosi da evitare, tra cui il divieto di fumare, circostanziati agli spazi in cui avviene la manipolazione e l’immagazzinamento della sostanza chimica. - I vari prodotti combustibili presenti nello stabilimento, comprese altresì le sostanze che potrebbero anche dare origine ad atmosfere esplosive, risultano essere stoccati e manipolati ad una distanza tale che la sigaretta, accesa e consumata all’interno dei servizi igienici, non costituisce una sorgente di innesco (pagg. 40 e 41 ctu);
- tanto basta ad escludere la rilevanza della prova della specifica attività che la società allega fosse in corso al momento dei fatti contestati all’interno dei (separati) locali del reparto riempimento, cioè il “ripasso con svuotamento di liquido disinfettante per mani di alto grado alcolico”;
- va peraltro evidenziato che la ricorrente allega, e la circostanza non è stata in alcun modo contestata, di aver fumato la sigaretta in una zona ulteriormente separata, tramite porta in alluminio, rispetto al reparto in questione, cioè all’interno di uno dei gabinetti collocati nell’area del bagno (punto 12 ricorso);
- se quindi fumando la sigaretta all’interno del gabinetto attiguo al reparto riempimento la sig.ra non ha posto in pericolo persone, impianti o materiali, il fatto a lei addebitato non sussiste. A ciò consegue l’applicazione dell’art. 18 co. 4 St. lav.;
- la società va pertanto condannata alla reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro e al pagamento in suo favore di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, nella misura massima di 12 mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro va altresì condannato al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dell'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative;
- non può essere invece detratto dall’importo indicato a titolo di indennità risarcitoria il c.d. aliunde perceptum, né l’aliunde percipiendum, per l’assorbente considerazione della totale assenza di eccezioni in questo senso;
- come evidenziato da ultimo da Cass. n. 3824/2022, infatti, “il semplice dato della esplicitazione, nell’art. 18, comma 4, l. n.300 del 1970, come riformulato dalla l. n. 92 del 2012, della detraibilità dell’aliunde perceptum e percipiendum, non altera la natura dei compensi percepiti nello svolgimento di altre attività lavorative, quali fatti impeditivi della domanda risarcitoria del lavoratore, (v. Cass. n. 1636 del 2020; n. 30330 del 2019), da veicolare nel processo sotto forma di eccezioni, sia pure in senso lato (v. Cass. n. 21919 del 2010; n. 5610 del 2005; n. 10155 del 2005); 7.2. deve quindi ribadirsi l’onere, del datore di lavoro che contesti la pretesa risarcitoria del lavoratore illegittimamente licenziato, di provare, pur con l'ausilio di presunzioni semplici, l’aliunde perceptum o percipiendum, […] , dovendosi escludere che il lavoratore abbia l'onere di farsi carico di provare una circostanza, quale la nuova assunzione a seguito del licenziamento, riduttiva del danno patito (Cass. n. 22679 del 2018; n. 9616 del 2015; n. 23226 del 2010); 7.3. nel caso in esame, non è specificamente censurata la affermazione del giudice di appello, configurante nell’economia della motivazione autonoma ratio decidendi alla base della statuizione che esclude la detraibilità dell’aliunde perceptum e percipiendum, rappresentata dalla carenza di specifica deduzione fattuale a riguardo nella memoria difensiva di primo grado delle odierne ricorrenti”;
- la questione della quantificazione della retribuzione globale di fatto, che vede le parti in disaccordo, va inoltre risolta in senso favorevole alla ricorrente-opponente. Partendo dall’incontestabile principio secondo cui “in tema di conseguenze patrimoniali da licenziamento illegittimo […] la retribuzione globale di fatto deve essere commisurata a quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, ad eccezione dei compensi eventuali e di cui non sia certa la percezione” (Cass. ord. n. 27750/2020 citata da parte opposta), deve evidenziarsi infatti che proprio dalle buste paga prodotte dalla società risulta che i vari “compensi accessori” a cui la datrice di lavoro attribuisce il carattere di occasionalità risultano invece stabilmente corrisposti, così da assicurare un’erogazione pressoché stabile e indurre a presumere che, se non fosse stata illegittimamente estromessa, la lavoratrice avrebbe mensilmente percepito una retribuzione complessiva lorda che, sommata ai ratei di tredicesima e TFR, ammonta ad euro 3.032,82, dalla stessa indicata nell'atto introduttivo di entrambe le fasi del giudizio;
- all’accertamento dell’illegittimità del recesso conseguono altresì l’accertamento dell’illegittimità della sospensione cautelare disposta nei confronti della lavoratrice e la conseguente condanna della società a corrisponderle la somma di euro 305,37 a titolo di risarcimento del danno economico patito per l’effetto;
- ogni ulteriore questione è assorbita;
- le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo per entrambe le fasi, tenendo in considerazione anche il comportamento della società opposta, impermeabile ad ogni tentativo di soluzione conciliativa della controversia.
 

P.Q.M.
 

Il giudice, definitivamente decidendo, ogni diversa domanda, eccezione o istanza disattesa o assorbita:
- revoca l’ordinanza opposta;
- annulla il licenziamento e condanna la società opposta alla reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro e al pagamento in suo favore di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, pari ad euro 3.032,82, dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, nella misura massima di 12 mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione dei titoli al saldo;
- condanna altresì il datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dell'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative;
- accerta l’illegittimità della sospensione cautelare disposta nei confronti della lavoratrice e condanna della società a corrispondere in suo favore la somma di euro 305,37 a titolo di risarcimento del danno economico patito per l’effetto, oltre interessi e rivalutazione dalla data di maturazione dei titoli al saldo;
- condanna altresì la società resistente alla rifusione in favore della ricorrente delle spese di lite, che liquida per entrambe le fasi in complessivi euro 9.000,00 oltre a spese generali, iva e cpa, da distrarsi in favore dei procuratori antistatari.
Vicenza, 15/4/2022.
Il Giudice
dott.ssa Giulia Beltrame