Cassazione Civile, Sez. 6, 21 giugno 2022, n. 20043 - Commistione degli spazi di lavoro tra azienda committente e ditta appaltatrice. Azione di regresso dell’Inail


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 21/06/2022
 

Rilevato che:
1. La Corte d’appello di Catanzaro ha accolto l’appello dell’Inail e, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato in solido la Sabolio s.r.l. e F.T., quale titolare della omonima ditta individuale, a versare all’Istituto la somma di euro 220.301,25, dal medesimo erogata in relazione all’infortunio occorso il 21.3.1994 ai danni di A.M..
2. La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha accertato: che la società Sabolio si occupava dell'estrazione e distillazione dell'olio di sansa ed essiccazione; che nei luoghi di lavoro insistevano due capannoni con struttura in cemento armato e metallo e che su uno di essi la società aveva commissionato alla ditta F.T. l’esecuzione di opere di carpenteria metallica; che, al momento dell’incidente, gli operai M. e S., dipendenti della appaltatrice, stavano ultimando il montaggio delle lamiere di copertura su una specie di torretta montata a ridosso del capannone, quando accidentalmente è caduta un'asse di legno della lunghezza di circa 2 metri e mezzo, che ha colpito sul capo A.M., dipendente della società committente che, nello svolgere le proprie incombenze, si trovava a transitare nella zona sottostante la struttura in oggetto; che nel sansificio non erano presenti cartelli atti a segnalare i lavori in corso né il cantiere era transennato, in modo da impedire che persone non addette ai lavori potessero introdursi nello stesso, e neppure vi era una rete metallica di protezione intorno alla struttura ove i due operai stavano lavorando. La mancata adozione delle necessarie misure di sicurezza (reti protettive attorno alla torretta, transenne o segnalazioni del cantiere) nonché la evidente commistione degli spazi di lavoro tra l'azienda committente e la ditta appaltatrice fondavano, secondo i giudici di appello, ai sensi dell’art. 7, d.lgs. n. 626 del 1994, la responsabilità di entrambe le società per l’infortunio verificatosi. Dal che derivava l’accoglimento della domanda di regresso azionata dall’Istituto.
3. Avverso tale sentenza la Sabolio s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Inail ha resistito con controricorso. F.T. non ha svolto difese.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.
5. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.

Considerato che:
6. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7, d.lgs. n. 626 del 1994.
7. Si assume che la fattispecie oggetto di causa non fosse disciplinata dall’art. 7, d.lgs. n. 626 del 1994, in quanto entrato in vigore il 27.11.1994, mentre l’infortunio per cui è stata esercitata l’azione di regresso risale ad epoca anteriore (21.3.1994).
8. Si sostiene che, in base alla disciplina applicabile ratione temporis, cioè l’art. 5, d.p.r. n. 547 del 1955, non fosse configurabile un obbligo della committente di incidere sull’attuazione delle misure di prevenzione dei rischi connessi all’attività della appaltatrice, dovendosi affermare la responsabilità esclusiva di quest’ultima (ditta F.T.) nella causazione dell’infortunio in oggetto.
9. Con il secondo motivo di ricorso è denunciato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.
10. Si afferma che, contrariamente a quanto statuito dalla Corte d’appello e in base alle deposizioni dei testimoni escussi nel processo penale, nel corso dei lavori affidati alla appaltatrice, la zona era delimitata da un’impalcatura, transennata e munita di segnali; inoltre, l’infortunio si è verificato quando i lavori dati in appalto erano stati ultimati e il cantiere smontato, e gli operai stavano raccogliendo gli attrezzi depositati sulla torretta ove avevano lavorato.
11. Il primo motivo di ricorso è fondato.
12. La Corte d’appello ha errato nell’individuare la norma regolatrice del caso concreto, avendo affermato la responsabilità degli appellati per l’infortunio occorso al A.M., ai fini dell’azione di regresso dell’Inail, in base all’art. 7, del d.lgs. n. 626 del 1994, non in vigore all’epoca dell’infortunio, risultando applicabili, ratione temporis, le disposizioni di cui al d.P.R. 547 del 1955. Rispetto a tali disposizioni, come costantemente interpretate da questa S.C. (v., in particolare, Cass. n. 45 del 2009, sulla nozione di “ambiente di lavoro”, di cui all’art. 4, lett. b), come quello in cui siano presenti più imprese, ciascuna con propri dipendenti, ed in cui i rischi lavorativi interferiscono con l’opera di altri soggetti; v. anche Cass. n. 18603 del 2003 sugli obblighi del datore di lavoro in relazione all’intero processo produttivo, anche in ipotesi di appalti endoaziendali), dovrà essere valutata la responsabilità delle parti private ai fini dell’azione di regresso dell’Inail.
13. Per le ragioni esposte, accolto il primo motivo di ricorso e dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.


 

P.Q.M.


La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nell’adunanza camerale del 24.2.2022