Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 22 giugno 2022, n. 20186 - Infortunio durante le operazioni di pulizia della sega radiale. Concorso di colpa del lavoratore imprudente ma nessun “rischio elettivo” in senso tecnico


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 22/06/2022
 

Rilevato che:
1. La Corte d'Appello di L’Aquila ha respinto l’appello proposto da M.C., confermando la decisione di primo grado che aveva dichiarato la responsabilità della datrice di lavoro Xilotek s.r.l. in relazione all’infortunio verificatosi il 15.4.2010, riconoscendo un concorso di colpa dell’infortunato nella misura del 50%, e condannato la Xilotek s.r.l. al risarcimento del danno non patrimoniale e la HDI Assocurazioni s.p.a. tenuta a manlevare la datrice di lavoro.
2. la Corte territoriale ha accertato, conformemente al Tribunale, che il lavoratore aveva posto in essere una condotta irrazionale e imprevedibile, tale da integrare un rischio elettivo, nonostante fosse stato debitamente formato e informato sull’uso e sulle operazioni di pulizia della sega radiale, anche nella veste di preposto, incaricato di vigilare sull’attività degli altri dipendenti. Ha giudicato equa la determinazione del concorso di colpa del lavoratore nella misura del 50% e congruamente quantificato come pari al 34%, in base alla c.t.u. svolta in primo grado, il danno non patrimoniale subito dal lavoratore, comprensivo delle componenti fisiche e psichiche, in difetto di specifiche allegazioni legittimanti una personalizzazione del danno medesimo. Ha escluso l’esistenza di un danno patrimoniale da lucro cessante in mancanza di prova di una contrazione del reddito del lavoratore nel periodo successivo all’infortunio. Ha confermato la statuizione di compensazione delle spese di lite del primo grado in ragione del ritenuto concorso di colpa del dipendente e della rilevante rideterminazione delle voci di danno e degli importi risarcitori riconosciuti rispetto a quanto richiesto.
3. Avverso tale sentenza M.C. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. La HDI Assicurazioni s.p.a. ha resistito con controricorso. La Xilotek s.r.l. in liquidazione non ha svolto difese.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
 

Considerato che:
5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione degli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello affermato che la condotta del lavoratore integrasse un rischio elettivo e che non vi fosse alcuna responsabilità datoriale, ribaltando la statuizione di primo grado, che aveva invece riconosciuto la responsabilità datoriale nella causazione dell’infortunio ed escluso il rischio elettivo nella condotta del dipendente, esorbitando dai motivi di appello proposti dal lavoratore e così intervenendo su questioni ormai coperte dal giudicato.
6. Il motivo non può trovare accoglimento atteso che la Corte territoriale ha respinto l’appello ed ha confermato la decisione di primo grado quanto alla esistenza di una responsabilità datoriale rispetto all’infortunio occorso e al concorso di colpa del lavoratore, sia pure intervenendo ad integrare la motivazione (“sul punto va quindi confermata la sentenza di primo grado la quale, peraltro, va opportunamente integrata con la motivazione sopra esposta, avendo il Tribunale valorizzato in proposito la gravità oggettiva e soggettiva della colpa del lavoratore, piuttosto che la natura anomala ed arbitraria della condotta da lui tenuta”, pag. 14 della sentenza d’appello). Tale integrazione deve pertanto essere letta come compatibile con la conferma del dispositivo di primo grado, e cioè come diretta ad accentuare il carattere imprudente della condotta posta in essere dal lavoratore, nell’esecuzione dei compiti affidatigli, e non come volta a configurare un “rischio elettivo” in senso tecnico, idoneo invece, secondo costante giurisprudenza (v. Cass. n. 16026 del 2018; n. 798 del 2017), ad elidere ogni responsabilità datoriale presentandosi quale unica causa efficiente dell’infortunio.
7. Sulla base di tali precisazioni, deve escludersi qualsiasi violazione delle disposizioni censurate, il cui contenuto è stato definito da questa S.C. evidenziandosi che, ai sensi dell'art. 342 cod. proc. civ., il giudizio di appello, pur limitato all'esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicché non viola il principio del "tantum devolutum quantum appellatum" il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall'appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel "thema decidendum" del giudizio (v. Cass. n. 9202 del 2018; 8604 del 2017; 1377 del 2016).
8. Col secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e 2729 cod. civ., per avere la sentenza impugnata qualificato il comportamento del lavoratore abnorme ed atipico ed escluso la violazione della normativa antinfortunistica da parte datoriale, in difformità dalla sentenza di primo grado e in difetto di impugnativa al riguardo, nonché in violazione dell’art. 2087 c.c. Come evidenziato dal primo giudice, l'opera di trasferimento dei macchinari da un capannone all'altro dell'azienda era stata attuata senza il fermo macchine e della produzione e quindi senza l'adozione di un piano di sicurezza che avrebbe consentito al ricorrente di attendere la sistemazione definitiva del macchinario prima di verificarne la funzionalità. Il datore di lavoro aveva consentito che il dipendente eseguisse le operazioni di regolazione e messa in funzione della macchina “sega radiale” priva degli appositi ancoraggi a terra, di adeguata protezione nei pressi della lama e di apposito sensore di blocco della lama e di una parte del piano di copertura, e non aveva dato prova di aver adottato tutte le misure necessarie ad impedire il verificarsi dell’incidente. La Corte di merito ha inoltre erroneamente considerato prova atipica la richiesta e il decreto di archiviazione adottati nell’ambito del procedimento penale che, in quanto inidonei ad acquisire autorità di cosa giudicata, non rivestono i requisiti necessari ai fini dell’art. 2729 cod. civ.
9. Il motivo è inammissibile nella parte in cui censura la violazione dell’art. 2087 cod. civ. in quanto pretende una rivisitazione del materiale probatorio non consentita in questa sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nel caso di specie non rispettati e neanche dedotti (V. S.U. sentenza n. 8053 del 2014).
10. Il motivo è infondato nel punto in cui deduce la violazione dell’art. 2729 cod. civ. atteso che la Corte di merito non ha utilizzato l’esito del procedimento penale quale fatto noto su cui fondare il ragionamento presuntivo, bensì quale prova atipica, valutata unitariamente agli altri elementi di prova raccolti, come consentito nell’ordinamento processuale vigente (v. Cass. n. 18025 del 2019; n. 1593 del 2017).
11. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa pronuncia sul terzo motivo di appello, con cui si contestava il mancato riconoscimento della personalizzazione del danno nella misura del 50% (come previsto dalle tabelle milanesi) anziché del 40%, nonché l’erronea quantificazione, per difetto, della posta risarcitoria, avendo la Corte di merito calcolato l’aumento del 40% come pari ad euro 6.429,00 in luogo di euro 6.518,00.
12. Il terzo motivo di ricorso si rivela inammissibile in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha giudicato corretta la decisione di primo grado “nella parte in cui ha escluso la personalizzazione del danno” (pag. 17 della sentenza d’appello). Né il motivo in esame contiene la trascrizione dei dati necessari a inficiare quanto esplicitamente statuito dai giudici di appello.
13. Con il quarto motivo si addebita alla sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 92, comma 1, cod. proc. civ. e dell’art. 8 D.M. n. 55 del 2014 per avere condannato l’appellante alla rifusione delle spese del grado in favore di entrambe le società convenute, sebbene solo le difese della HDI Assicurazioni s.p.a. avessero avuto un’efficienza causale sulla decisione adottata mentre quelle della Xilotek s.r.l. dovevano considerarsi superflue, anche perché affidate a mere clausole di stile.
14. Il quarto motivo è infondato atteso che la Corte d’appello si è attenuta al criterio di soccombenza, di cui all’art. 91 cod. proc. civ., che prescinde dalla maggiore o minore pregnanza degli argomenti spesi dalla controparte per contrastare le pretese attoree.
15. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
16. Le spese di lite seguono il criterio di soccombenza nei confronti della parte costituita e sono liquidate come in dispositivo. Non si provvede sulle spese nei confronti di Xilotek s.r.l. in liquidazione che non ha svolto difese.
17. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite nei confronti di H.D.I. Assicurazioni s.p.a. che liquida in € 3.000 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 31 marzo 2022