Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 luglio 2022, n. 22019 - Rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti 


 

 

 

Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: MAROTTA CATERINA
Data pubblicazione: 12/07/2022
 

Rilevato che:
1. La Corte d’appello di Roma, a conferma della pronuncia del Tribunale, accertava il diritto di A.S.P., dipendente ISPESL (ora INAIL), collaboratore tecnico di VI, addetto a compiti di custodia, manutenzione ed uso ai fini di controllo studio e ricerca di materiale altamente radioattivo e classificato dall’aprile 2001 come appartenente alla categoria ‘A’, ex art. 61 lett. b) del d.lgs. n. 230 del 1995, a vedersi riconosciuta l'indennità di rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti a far data dall’aprile 2001 a tutto il 2008 ai sensi del d.P.R. n. 171 del 1991 e successivamente del d.lgs. n. 230 del 1995;
secondo il ricorrente l’indennità in questione gli sarebbe spettata per il periodo in cui aveva svolto attività classificabile di categoria A e cioè da quando lo stesso INAIL aveva riconosciuto l’esistenza del requisito per l’inquadramento di tale categoria.
2. riteneva la Corte territoriale che dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 230 del 1995 il quadro normativo fosse profondamente cambiato in quanto, diversamente dal passato, erano stati dettati parametri oggettivi per l'individuazione dell'esposizione a rischio radiazioni e per la relativa intensità, rendendo non più necessario l'intervento al riguardo della Commissione prevista dal d.P.R. n. 171 del 1991, art. 26;
il decreto aveva introdotto le classificazioni dei lavoratori in due categorie (A e B) a seconda della maggiore o minore esposizione e, nello specifico, un esperto qualificato, aveva, appositamente nominato, incaricato di predisporre una classificazione in cat. A dei lavoratori che per motivi professionali fossero sottoposti in modo costante e continuativo a rischio di esposizione a radiazioni particolarmente pericolose aveva inserito il A.S.P. in tale categoria;
tale classificazione era sufficiente ai fini dell’applicazione dell’indennità economica senza necessità di alcun ulteriore accertamento;
del resto, anche le parti collettive, nel richiamare entrambe le fonti avevano inteso evidentemente riconoscere al lavoratore della categoria A l'indennità piena e a quello della categoria B l'indennità in misura ridotta;
riteneva non condivisibile l’orientamento espresso da una parte della giustizia amministrativa secondo il quale il decreto del 1995 avrebbe operato su un piano diverso da quello dell’accertamento del rischio radiologico come sarebbe stato confermato dal fatto che nessuna delle disposizioni in materia di accertamento del rischio era stata espressamente abrogata dal nuovo decreto;
riteneva che l’indennità di rischio radiologico continuasse ad essere disciplinata dalla legge 27 ottobre 1998, n. 488 e dalla legge 23 dicembre 1994, n. 724 che avevano recepito le direttive comunitarie in tema di protezione e tutela delle radiazioni ionizzanti in considerazione di specifici criteri di classificazione dei lavoratori esposti;
a tali criteri si erano attenute anche le parti collettive;
aggiungeva, quanto all’effettività del rischio, che la Commissione istituita dall'ISPESL in data 17 aprile 2008 aveva individuato nel personale classificato in categoria A quello di cui al punto 1 dell'art. 26 del d.P.R. n. 171 del 1991 e nel personale classificato in categoria B quello di cui al punto 3 dell'art.26; e che, contrariamente a quanto affermato dall’istituto appellante, la stessa individuazione - proprio perché legata a classificazioni assolutamente oggettive del personale - spiegava effetti anche per il periodo antecedente, non essendo nel frattempo mutati i parametri per l'individuazione dei livelli di esposizione;
in conseguenza riteneva che l’indennità in questione andasse riconosciuta a chi, come il A.S.P., aveva una classificazione corrispondente ai parametri richiesti dal precedente d.P.R. n. 171 del 1991, art. 26, comma 1, già dal 2001;
3. avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l'INAIL con un'unica censura, cui resiste con tempestivo controricorso, illustrato da memoria, A.S.P..
 

Considerato che:
1. con l’unico motivo l’INAIL denuncia la violazione dell'art. 54 C.C.N.L. 1994/1997, dell'art. 47 c.c.n.l. 1998/2001, dell'art. 42 c.c.n.l. 2002/2005 del comparto della ricerca, con riferimento al combinato disposto dell’art. 26 del d.P.R. n. 171 del 1991 e della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 230 del 1995 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.);
addebita alla sentenza di avere erroneamente interpretato la disciplina contrattuale in tema di diritto all'indennità di rischio radiologico dei dipendenti esposti a radiazioni ionizzanti;
a sostegno dell'impugnazione l'INAIL rappresenta, in sintesi, quanto segue:
- l'introduzione della l. n. 460 del 1998 ha segnato il passaggio da un sistema basato su meri requisiti soggettivi, quale il solo fatto dell'esercizio della professione di radiologo, ad un sistema ancorato a precisi elementi oggettivi, come l'accertamento della continua e permanente esposizione a rischio radiologico, ampliando, conseguentemente, le categorie destinatarie di tali beneficio al di là del settore della radiologia medica, sempre subordinatamente all'accertamento della sussistenza delle condizioni oggettive richieste;
- nel processo di estensione di tale disciplina a categorie precedentemente non individuate, avvenuto in sede di contrattazione collettiva nell'ambito del comparto della ricerca, si colloca il d.P.R. n. 171 del 1991, art. 26 (recante il recepimento dell'accordo per il triennio contrattuale 1988/1990 concernente il personale degli Enti di ricerca), il cui testo, oltre a richiamare pedissequamente la l. n. 460 del 1988, art. 1, commi 2 e 3, prevede l'istituzione di un'apposita Commissione composta da almeno tre esperti qualificati della materia per l'accertamento della sussistenza delle condizioni per l'erogazione del beneficio in parola;
- la contrattazione collettiva di settore (art. 54 c.c.n.l. 1994/1997, art. 47 c.c.nl. 1998/2001) ha richiamato in primo luogo il d.P.R. n. 171 del 1991, art. 26 con una proposizione che non può che essere interpretata come rinvio alla disciplina ivi contenuta, atteso che diversamente avrebbe richiamato esclusivamente il d.lgs. n. 230 del 1995;
- dunque, in mancanza dell'accertamento della quantità di radiazioni cui il lavoratore è stato esposto, effettuato da tale Commissione tecnica, resta preclusa all'Amministrazione la possibilità di riconoscere il beneficio oggetto di causa;
- il giudizio espresso dalla Commissione tecnica non può spiegare effetti anche per il periodo anteriore al momento in cui la valutazione è stata operata;
2. il ricorso è inammissibile (si vedano, in termini, Cass. 28 dicembre 2017, n. 31081; Cass. 1° giugno 2018, n. 14106; Cass. 7 giugno 2018, n. 148364);
2.1. l’art. 54 c.c.n.l. enti di ricerca 1994/1997 del 7 ottobre 1996, l'art. 47 c.c.n.l. 1998/2001 del 21 febbraio 2002 e l'art. 42 c.c.n.l. 2002/2005 del 7 aprile 2006 (quest'ultimo articolo contenente norma di rinvio) prevedono che: «1. L'indennità di rischio da radiazioni resta disciplinata dal d.P.R. n. 171 del 1991, art. 26 nel rispetto e in correlazione con le disposizioni e le classificazioni introdotte dal d.lgs. n. 230 del 1995»;
il richiamato d.P.R. 12 febbraio 1991, n. 171 (recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo per il triennio 1988-1990 concernente il personale delle istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione di cui alla l. 9 maggio 1989, n. 168, art. 9), all'art. 26 (Indennità di rischio da radiazioni) prevede che: «1. Al personale medico e tecnico-scientifico, sottoposto in continuità all'azione di sostanze ionizzanti o adibito ad apparecchiature radiologiche in maniera permanente, è corrisposta un'indennità di rischio da radiazioni nella misura unica mensile lorda di lire duecentomila. 2. La suddetta indennità spetta al personale sopra specificato tenuto a prestare la propria opera in zone controllate, ai sensi della circolare del Ministero della sanità n. 144 del 4 settembre 1971, e semprechè il rischio da radiazioni abbia carattere professionale, nel senso che non sia possibile esercitare l'attività senza sottoporsi al relativo rischio. 3. Al personale non compreso nel comma 1 del presente articolo, che sia esposto a rischio in modo discontinuo, temporaneo o a rotazione, in quanto adibito normalmente o prevalentemente a funzioni diverse da quelle svolte dal personale indicato nel precedente comma 1, è corrisposta un'indennità di rischio parziale nella misura unica mensile lorda di lire cinquantamila. L'individuazione del predetto personale va effettuata da apposita commissione, composta da almeno tre esperti qualificati della materia, anche esterni dall'ente o istituzione, nominata dal presidente. Tale commissione, ove necessario per corrispondere a particolari esigenze, può essere articolata anche territorialmente. 4. L'indennità di rischio da radiazioni di cui ai commi precedenti non è cumulabile con altre eventualmente previste a titolo di lavoro nocivo, rischioso o per profilassi»;

2.2. secondo l'assunto dell'INAIL, le disposizioni contenute nei c.c.n.l. del comparto degli enti di ricerca succedutesi nel tempo devono essere interpretate nel senso che con il richiamo nelle stesse contenuto sia al d.P.R. n. 171 del 1991, art. 26 sia al d.lgs. n. 230 del 1995, le parti sociali abbiano voluto mantenere inalterato il meccanismo previsto dal richiamato art. 26, che subordina la corresponsione dell'indennità oggetto di causa alla verifica da parte dell'apposita Commissione tecnica;
2.3. tale essendo il nucleo della censura svolta con il ricorso per cassazione, la risoluzione della questione in punto di diritto lascia impregiudicata l'altra questione, pure rilevante ai fini del giudizio e costituente un'autonoma ratio decidendi, relativa al carattere costitutivo o meramente dichiarativo delle pronunce della Commissione tecnica di cui al d.P.R. n. 171 del 1991, art. 26;
difatti, mentre la Corte d'appello ha espressamente (peraltro con esatta e condivisibile motivazione) attribuito al relativo accertamento carattere dichiarativo ed effetto retroattivo, l'istituto ricorrente si è limitato alla mera enunciazione, neppure compiutamente esplicitata, d’un preteso carattere costitutivo di tale accertamento e, quindi, d’una sua efficacia solo ex nunc e non ex tunc;
del tutto generica è la censura svolta al riguardo (pag. 14 del ricorso), limitata all'apodittico assunto secondo cui nessuna indennità potrebbe essere riconosciuta per il periodo anteriore all’ottobre 2008;
2.4. il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio a critica (e relativa cognizione) vincolata dall'ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti;
ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., Sez. Un., n. 7931 del 2013; conf. Cass. n. 4293 del 2016);
tale orientamento costituisce lo sviluppo di quello secondo cui, quando la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l'annullamento della sentenza (da ultimo, Cass. 9752 del 2017);
3. da tanto consegue che il ricorso va dichiarato inammissibile;
4. alla soccombenza segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo;
5. occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
 

P.Q.M.
 

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna l’INAIL al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%, da corrispondersi agli avvocati Stefania De Angelis e Paolo D’Urbano, antistatari.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 27 aprile 2022.