Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 luglio 2022, n. 22109 - Rivalutazione contributiva, ex art. 13, L. n. 257/1992


 

 

Presidente: BRONZINI GIUSEPPE Relatore: CAVALLARO LUIGI
Data pubblicazione: 13/07/2022
 

 

Fatto


che, con sentenza depositata il 21.7.2016, la Corte d'appello di Catanzaro, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato improponibile la domanda con cui S.C. e altri consorti avevano chiesto la rivalutazione contributiva, ex art. 13, L. n. 257/1992, dei periodi di lavoro in cui erano stati esposti ad amianto;
che avverso tale pronuncia S.C. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che l'INPS e l'INAIL hanno resistito con distinti controricorsi;

 

Diritto

 


che, con il primo motivo, i ricorrenti denunciano nullità della sentenza per non avere la Corte di merito reso alcuna pronuncia sull'eccezione di inammissibilità dell'appello proposto dall'INPS avverso la statuizione di primo grado che aveva accolto la loro domanda;
che, con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell'art. 342 c.p.c. per avere la Corte territoriale dato ingresso ad un appello affatto generico e privo di specifiche censure alla sentenza di primo grado;
che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell'intima connessione delle censure;
che, al riguardo, va ricordato che la mancanza di motivazione su una questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un'esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame, giacché in tal caso questa Corte, in ragione dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, comma 2, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un errar in procedendo, quale la motivazione omessa, mediante l'enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione anche implicitamente assunta (Cass. S.U. n. 2731 del 2017);
che, nel caso di specie, sebbene la Corte abbia omesso di indicare le ragioni del proprio convincimento in ordine alla reiezione (implicita) dell'eccezione di inammissibilità dell'appello, trattasi di omissione senz'altro suscettibile di correzione ex art. 384 c.p.c. ove si consideri che la censura d'improponibilità della domanda giudiziale per mancata previa presentazione della domanda amministrativa all'INPS era stata chiaramente formulata (si veda il motivo di appello dell'INPS debitamente trascritto a pagg. 5-6 del ricorso per cassazione) e che, difettando nel ricorso per cassazione qualsiasi indicazione circa il modo in cui il primo giudice avesse eventualmente affrontato tale specifica questione, non è affatto possibile ritenere che l'appello dell'Istituto fosse in parte qua generico e dunque inosservante del precetto di cui all'art. 342 (rectius, 434) c.p.c.;
che vanno ritenuti inammissibili gli ulteriori profili di doglianza contenuti nella memoria dep. ex art. 378 c.p.c. circa la non necessità della previa proposizione della domanda amministrativa all'INPS, costituendo la memoria ex art. 378 c.p.c. un mero strumento di approfondimento di questioni di diritto poste con il ricorso e non potendosi per suo tramite introdurre nuove e tardive allegazioni e censure (così da ult. Cass. n. 8939 del 2021);
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente INPS, che seguono la soccombenza;
che nulla va statuito sulle spese dell'INAIL, essendo stato il ricorso per cassazione notificato nei suoi confronti solo per mera litis denuntiatio (art. 332 c.p.c.);
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
 

P. Q. M.
 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell'INPS, che si liquidano in € 5.200,00, di cui € 5.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
1 Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 17.2.2022.