Infortunio sul lavoro avvenuto in un cantiere ove la C.S. srl aveva in corso la costruzione di edifici residenziali. I lavori erano stati riappaltati alla srl F. di cui era amministratore unico il Fa.. Questi era anche responsabile del cantiere.
In questo lavoravano pure dipendenti della srl E. 90, di cui era amministratore il F. e socio e dipendente il R..
Vi erano i fratelli P. e C., due artigiani che erano stati incaricati della posa del ferro di armatura per la gettata in calcestruzzo della soletta di copertura della mansarda di una delle palazzine in costruzione.
C.P. era caduto dall'altezza del piano di calpestio di un ponteggio posto a 4 metri dal suolo, riportando lesioni che lo avevano condotto a morte.

Condannati in primo e secondo grado l'amministratore dell'E. 90 F., incaricato di ripristinare i ponteggi smontati dalla precedente società appaltatrice dei lavori, il socio e dipendente R., amministratore di fatto, e l'amministratore unico della srl F.

Ricorrono in Cassazione F. e R.  - Rigetto.

La Corte afferma che: "la condotta imprudente del lavoratore non era interruttiva del rapporto di causalità, una volta accertato che il tratto di ponteggio in cui è avvenuta la caduta era privo di parapetto di protezione.
Le norme di prevenzione degli infortuni sono previste anche, e soprattutto, per eliminare o ridurre le conseguenze di comportamenti imprudenti o avventati dei lavoratori nello svolgimento della loro attività.
Pertanto, qualora il datore di lavoro o chi per lui, dirigente o preposto, abbia omesso di attuare le necessarie misure di sicurezza per prevenire i rischi per l'incolumità dei dipendenti, l'evento che si sia verificato in conseguenza della mancata osservanza del relativo obbligo è eziologicamente imputabile a sua colpa."



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente

Dott. IACOPINO Silvana G. - rel. Consigliere

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) F.G. N. IL (OMISSIS);

2) R.G. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 650/2002 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 05/12/2008;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/12/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. IACOPINO Silvana Giovanna;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IANNELLI Mario che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.


Fatto
 
 
In data 5/12/2008 la Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza del 31/1/2002 con la quale il Tribunale di Bergamo aveva dichiarato F.G., R.G. e F.P. G. (la posizione processuale di quest'ultimo non interessa perchè non ricorrente) colpevoli del reato di cui all'art. 589 c.p. in danno di C.P. e li aveva condannati, concesse attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, alla pena di anni uno di reclusione ciascuno nonchè, in solido tra loro, al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio civile, in favore delle costituite parti civili, al pagamento di provvisionali ed alla rifusione delle spese dalle medesime parti sostenute.

Si trattava di un infortunio sul lavoro avvenuto in un cantiere ove la C.S. srl aveva in corso la costruzione di edifici residenziali. I lavori erano stati riappaltati alla srl F. di cui era amministratore unico il Fa.. Questi era anche responsabile del cantiere. In questo lavoravano pure dipendenti della srl E. 90, di cui era amministratore il F. e socio e dipendente il R..
Vi erano i fratelli P. e C. R., due artigiani che erano stati incaricati della posa del ferro di armatura per la gettata in calcestruzzo della soletta di copertura della mansarda di una delle palazzine in costruzione.

C.P. era caduto dall'altezza del piano di calpestio di un ponteggio posto a 4 metri dal suolo, riportando lesioni che lo avevano condotto a morte.
Hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo del loro difensore, il F. ed il R..
Hanno censurato il riconoscimento della loro responsabilità, in particolare, la ritenuta inutilizzabilità delle dichiarazioni del Maresciallo D.. Se era pacifico che la persona offesa era deceduta per la caduta, del tutto ignota era la ragione della caduta.

Era necessario stabilire se esisteva un'omissione eziologicamente collegata all'evento morte che poteva essere ascritta a chi rivestiva una posizione di garanzia. Hanno poi dedotto vizio di motivazione.

Era illogico ritenere che, poichè per due - tre volte in passato i fratelli C. avevano lavorato per l'E.90, i due artigiani intervenissero usualmente ad integrare l'attività di questa per le pose delle strutture in ferro.
La posizione di garanzia non poteva scaturire dalla più o meno frequenza di un rapporto lavorativo.
La qualifica di amministratore di fatto del R. non poteva essere desunta da isolati atti realizzati a favore dell'impresa e nell'ambito dell'attività lavorativa dipendente. I ricorrenti, infine, hanno contestato la mancata prevalenza delle attenuanti ed il diniego del beneficio ex art. 175 c.p., evidenziando sul punto mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
 
Diritto
 
I gravami sono infondati.

Anche a ritenere utilizzabile la testimonianza indiretta del Maresciallo D. il quale aveva riferito un circostanza favorevole agli imputati, e cioè di avere saputo dal fratello della vittima dell'infortunio che quest'ultima, nell'effettuare un salto dal tetto superiore della mansarda a quello inferiore nel punto in cui vi era un dislivello di circa un metro, evitando così di fare un giro più ampio, era scivolata, attesa la pendenza, ed era caduta nel vuoto, la responsabilità degli imputati non poteva essere esclusa in quanto la condotta imprudente del lavoratore non era interruttiva del rapporto di causalità, una volta accertato che il tratto di ponteggio in cui è avvenuta la caduta era privo di parapetto di protezione.
Le norme di prevenzione degli infortuni sono previste anche, e soprattutto, per eliminare o ridurre le conseguenze di comportamenti imprudenti o avventati dei lavoratori nello svolgimento della loro attività.
Pertanto, qualora il datore di lavoro o chi per lui, dirigente o preposto, abbia omesso di attuare le necessarie misure di sicurezza per prevenire i rischi per l'incolumità dei dipendenti, l'evento che si sia verificato in conseguenza della mancata osservanza del relativo obbligo è eziologicamente imputabile a sua colpa.
Per tale rilievo di natura assorbente resta superata la censura sviluppata con il secondo motivo di ricorso.
Con il terzo motivo i ricorrenti contestano di avere rivestito una posizione di garanzia nei confronti della persona offesa in quanto il compito della messa in posa dell'armatura in ferro era stato attribuito a quest'ultima dal L., dipendente dell'omonima ditta del Fo., e non dall'E. 90 di cui gli imputati F. e R. erano rispettivamente il primo amministratore incaricato di ripristinare i ponteggi smontati dalla precedente società appaltatrice dei lavori ed, il secondo, amministratore di fatto.
Su tale punto, vi è ampia giustificazione dei giudici in ordine alle ragioni per le quali avevano ritenuto che, quantunque l'incarico per il lavoro da eseguirsi nel cantiere fosse stato dato ai fratelli C. dal L., tuttavia essi operavano, come già avvenuto in passato, alle dirette dipendenze dell'E. 90 che doveva provvedere ai lavori di carpenteria, getto, posa in ferro, ad essa subappaltati dal Fa., i quali richiedevano per potere essere realizzati la ricostruzione ed il completamento di ponteggi dotati di parapetti di protezione.
Quali che siano stati i rapporti tra la ditta F. e l'E. 90 e tra questa e la vittima dell'infortunio, è certo, comunque, che il C. è precipitato al suolo per la mancata realizzazione dei presidi di sicurezza di cui il ponteggio utilizzato era sprovvisto.
Quindi, anche se la parte lesa avesse lavorato per la società F. con la quale avrebbe stipulato, per il tramite del L., un contratto di prestazione d'opera, circostanza però che la corte del merito ha escluso anche in considerazione del fatto che era il R. a corrispondere la retribuzione dovuta, i ricorrenti non potevano non essere riconosciuti responsabili del reato ascritto, non avendo essi osservato l'obbligo di munire il ponteggio delle necessarie barriere prima di essere utilizzato.
Tale obbligo doveva essere ottemperato anche nei riguardi dei lavoratori di altre ditte che operavano nel cantiere.

Quanto alla specifica posizione del R., il suo ruolo di garante della sicurezza è stato ricollegato alle mansioni di amministratore di fatto svolte per conto dell'E. 90, dimostrate dal fatto che il Fa. aveva dichiarato di avere sempre trattato con il detto imputato in tutti i suoi rapporti con la E.90, e dalla circostanza che esso R. intratteneva i rapporti con i C., come confermato da C.R. nelle sue dichiarazioni testimoniali.

Motivato è stato il diniego del riconoscimento della prevalenza delle concesse attenuanti generiche sulla contestata aggravante.

Giustificata dal collegio in maniera adeguata e coerente è stata pure la mancata concessione del beneficio della non menzione.

Il giudizio espresso, frutto di una valutazione degli elementi indicati dall'art. 133 c.p., in particolare di quello relativo alla entità del fatto commesso, non è sindacabile in sede di legittimità.

Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna del F. e del R. al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.
 
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2010