• Datore di Lavoro
  • Infortunio sul Lavoro
  • Formazione, Informazione, Addestramento

Responsabilità di un datore di lavoro per infortunio sul lavoro di un dipendente precipitato da un ponte su cavalletti.

In particolare viene imputato per la violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 51 e D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35 in quanto il piano di calpestio del ponte sul quale il lavoratore dipendente C.G. si ergeva in piedi aveva misura inferiore rispetto a quella minima di cm. 90 richiesta quale spazio di manovra idoneo all'esecuzione in sicurezza di lavori ed, inoltre, risultava privo di un sistema di fissaggio delle tavole ai cavalletti di appoggio; nonchè del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 22 per avere omesso di assicurare al lavoratore dipendente C.G. una adeguata formazione professionale, anche in specifico riferimento ai rischi che lo stesso correva svolgendo lavori del tipo di quello sopra descritti.

Inoltre l'imputato era stato tratto a giudizio per rispondere di una serie di contravvenzioni specifiche: "a) per il reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 35 e 89 per avere installato e messo a disposizione dei dipendenti un ponte su cavalletti non avente tavole in legno della prescritta larghezza di cm 30 idonea alla predisposizione di un impalcato; b) per il reato di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 127 e 389 lett. c) per avere omesso di dotare la molazza in uso al cantiere di apposito riparo circolare atto ad evitare contatti accidentali dei lavoratori con la lama; c) per il reato di cui al  D.P.R. n. 164 del 1956, art. 69  e art.  77, lett. c) per avere omesso di dotare la scala in cemento di accesso alla prima elevazione del costruendo manufatto di parapetto di protezione e tavola fermapiede; d) per il reato di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 24 , comma 1, e art. 77, lett. a) per avere omesso di dotare i ponteggi predisposti nella parti esterne del fabbricato di parapetti con correnti intermedi e fermapiedi nonchè di parapetti di protezione delle testate; c) per il reato di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 23, comma 1, e art. 77, lett. b) per avere installato un castelletto con piano di calpestio costituito da tavole non adeguate in quanto del tipo per casseformi; f) per il reato di cui al D.P.R. n. 164 del 1956,  art. 51, comma 4, e art. 77, lett. c), per avere fatto uso di ponti su cavalletti con piano di calpestio costituito da una o due tavole non ancorate contro i pericoli di spostamento; g) per il reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 22 e art. 8, comma 2, lett. a), per avere omesso di assicurare al lavoratore dipendente C.G. la dovuta formazione in materia di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro".  

Condannato per queste ultime, viene assolto per il delitto di lesioni colpose gravi perchè il fatto non sussiste.

Ricorre in Cassazione - Rigetto.

"L'assoluzione per il delitto contestato non esclude la responsabilità per le contravvenzioni avendo il giudice ritenuto che la condotta (omissiva) di mancato rispetto di alcune norme di prevenzione degli infortuni non aveva avuto alcuna incidenza causale nella produzione dell'infortunio sul lavoro."


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente

Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere

Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.G., n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 13.3.2009 del tribunale di Trapani;

Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Dott. AMOROSO Giovanni;

Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. SARZANO Francesco che ha concluso per il rigetto del ricorso.

La Corte osserva:

FattoDiritto
 
1. G.G. era imputato per il reato di cui all'art. 590 c.p. per avere, nella qualità di titolare della omonima impresa svolgente attività edilizia ed esercente in quanto tale il cantiere sito in via (OMISSIS), cagionato gravi lesioni personali al dipendente C.G. consistite in una trauma cranico commotivo, in ferita lacero - contusa a stella alla regione temporoparietale destra, in contusione ecchimotica alla spalla destra e superiore mediale al braccio destro, da cui derivava una incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni superiore a quaranta giorni prodotte dalla caduta da un ponte su cavalletti posto ad altezza di mt. 1,45 sul quale era intento ad eseguire lavori di scalpellatura della parte ammalorata di una trave di cemento a mezzo di utensile elettrico a percussione; fatto commesso con negligenza, imprudenza ed imperizia nonchè con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; e segnatamente con violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 51 e D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35 in quanto il piano di calpestio del ponte sul quale il lavoratore dipendente C.G. si ergeva in piedi aveva misura inferiore rispetto a quella minima di cm. 90 richiesta quale spazio di manovra idoneo all'esecuzione in sicurezza di lavori ed, inoltre, risultava privo di un sistema di fissaggio delle tavole ai cavalletti di appoggio; nonchè del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 22 per avere omesso di assicurare al lavoratore dipendente C.G. una adeguata formazione professionale, anche in specifico riferimento ai rischi che lo stesso correva svolgendo lavori del tipo di quello sopra descritti (fatti commessi in (OMISSIS)).

Inoltre il G. era imputato in qualità di legale rappresentante della omonima ditta esercente il cantiere edile sito in (OMISSIS): a) per il reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 35 e 89 per avere installato e messo a disposizione dei dipendenti un ponte su cavalletti non avente tavole in legno della prescritta larghezza di cm 30 idonea alla predisposizione di un impalcato; b) per il reato di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 127 e 389 lett. c) per avere omesso di dotare la molazza in uso al cantiere di apposito riparo circolare atto ad evitare contatti accidentali dei lavoratori con la lama; c) per il reato di cui al  D.P.R. n. 164 del 1956, art. 69  e art.  77, lett. c) per avere omesso di dotare la scala in cemento di accesso alla prima elevazione del costruendo manufatto di parapetto di protezione e tavola fermapiede; d) per il reato di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 24 , comma 1, e art. 77, lett. a) per avere omesso di dotare i ponteggi predisposti nella parti esterne del fabbricato di parapetti con correnti intermedi e fermapiedi nonchè di parapetti di protezione delle testate; c) per il reato di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 23, comma 1, e art. 77, lett. b) per avere installato un castelletto con piano di calpestio costituito da tavole non adeguate in quanto del tipo per casseformi; f) per il reato di cui al D.P.R. n. 164 del 1956,  art. 51, comma 4, e art. 77, lett. c), per avere fatto uso di ponti su cavalletti con piano di calpestio costituito da una o due tavole non ancorate contro i pericoli di spostamento; g) per il reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 22 e art. 8, comma 2, lett. a), per avere omesso di assicurare al lavoratore dipendente C.G. la dovuta formazione in materia di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro (fatti commessi in (OMISSIS)).

Il G. era quindi stato tratto a giudizio per rispondere, in qualità di titolare dell'omonima impresa individuale edile, sia del delitto di lesioni personali colpose gravi in danno del dipendente C.G., commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, sia delle specifiche contravvenzioni come sopra indicate.

Il processo, celebrato in contumacia dell'imputato, è stato istruito con prove testimoniali e documentali, come richieste dalle parti, nonchè mediante utilizzazione degli atti irripetibili già facenti parte del fascicolo del dibattimento.

2. Il tribunale di Trapani con sentenza del 13 marzo 2009 dichiarava l'imputato colpevole dei reati contravvenzionali ascrittigli ai capi a), b), c), d), e), f), g) e lo condannava: per il capo A) alla pena di Euro 1550,00 di ammenda, per il capo b) alla pena di Euro 258,00 di ammenda, il capo e) alla pena di Euro 258,00 di ammenda, per il capo d) alla pena di Euro 1550,00 di ammenda, per il capo e) alla pena di Euro 516,00 di ammenda, per il capo f) alla pena di Euro 258,00 di ammenda, per il capo g) alla pena di Euro 1550,00 di ammenda, così determinando la pena pecuniaria complessiva in Euro 5940,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.

Assolveva invece l'imputato dal delitto di lesioni colpose gravi perchè il fatto non sussiste.

3. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con quattro motivi.

1. Il ricorso è nel suo complesso infondato.

In particolare il primo motivo di ricorso, con cui il ricorrente deduce, come elemento di contraddittorietà, il fatto che è stato assolto dal reato di lesioni colpose, è infondato.
E' infatti sufficiente rilevare che l'assoluzione per il delitto contestato non esclude la responsabilità per le contravvenzioni avendo il giudice ritenuto che la condotta (omissiva) di mancato rispetto di alcune norme di prevenzione degli infortuni non aveva avuto alcuna incidenza causale nella produzione dell'infortunio sul lavoro.

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono inammissibili.

Costituisce infatti censura generica, e quindi inammissibile, quella che deduce che il lavoratore infortunato non avrebbe fatto quanto gravante su di lui in ordine alla c.d. compartecipazione equilibrata al "debito di sicurezza" (il G. aveva fornito lo schema di approntamento dei ponteggi interni).
L'ulteriore deduzione, secondo cui il lavoratore infortunatosi lavorava con una piccozza (e non con il martello pneumatico) e che non aveva quindi necessità di una particolare formazione, costituisce, all'evidenza, censura di mero fatto, inammissibile in sede di legittimità.

Inammissibile è infine anche il quarto ed ultimo motivo di ricorso con cui il ricorrente deduce che il sopralluogo dei carabinieri rivelò solo la contravvenzione sub a), mentre per il resto era tutto a posto.
La sentenza impugnata infatti si fonda, anche e soprattutto, sul sopralluogo e sui rilievi dei tecnici dell'Ausl n. (OMISSIS) che hanno evidenziato le contestate violazioni delle norme preventive degli infortuni. Anche questa censura è quindi di mero fatto e come tale inammissibile in sede di legittimità.
 
2. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.
 
 
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2010