Categoria: Cassazione penale
Visite: 2368

Cassazione Penale, Sez. 4, 02 agosto 2022, n. 30397 - Infortunio ai danni del lavoratore della ditta appaltatrice dei lavori di manutenzione di un impianto. Responsabile il committente che non promuove la cooperazione ed il coordinamento tra operatori


 

 

Presidente: SERRAO EUGENIA
Relatore: BELLINI UGO Data Udienza: 26/04/2022
 

Fatto



1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza pronunciata in data 10 Febbraio 2021, ha confermato la decisione del Tribunale di Mantova che aveva riconosciuto M.P., legale rappresentante della "Huntsman Surface Sciences Italia srl" impresa committente interventi di manutenzione su un impianto di essicazione in dotazione all'azienda, del reato di lesioni colpose ai danni di un lavoratore della ditta appaltatrice dei suddetti interventi il quale, nel corso di esecuzione dell'intervento, aveva subito un infortunio consistito nello "schiacciamento del terzo dito della mano sinistra con sub-amputazione" da cui derivavano lesioni personali per la durata di giorni 70 e l'indebolimento permanente della prensione della mano sinistra, e lo aveva condannato alla pena di euro 250 di multa.

2. In particolare al M.P. veniva contestato, oltre ad un addebito di colpa generica, la inosservanza dell'art.71 commi 1 e 2 del D.Lgs. n.81/2008 per non avere adeguatamente considerato le condizioni e le caratteristiche specifiche dei lavori di manutenzione dei propri impianti da parte dei lavoratori della ditta appaltatrice e i rischi presenti sul luogo di lavoro e quelli derivanti dall'impiego delle attrezzature ivi presenti, in considerazione dell'ingombro dei macchinari su cui i lavoratori erano chiamati ad operare e del notevole rumore ambientale, così da rendere difficoltosa e pericolosa l'operazione manutentiva secondo le procedure codificate che comportavano la presenza di tre operatori, l'impiego di un carrello di supporto e l'imbragatura movimentata da una gru per il suo sollevamento ed estrazione e la necessità che l'operatore addetto all'intervento manutentivo, coadiuvasse dall'alto le operazioni propedeutiche all'estrazione della porzione di macchinario da manutenere (rotore) e al rilascio del carrello impiegato per l'estrazione e il riposizionamento del pezzo.

2. La Corte di Appello di Brescia, nel confermare il giudizio di responsabilità nei confronti dell'imputato, evidenziava che irrilevante doveva ritenersi la prova di una diversa ricostruzione della dinamica dell'incidente laddove, a prescindere dalla esatta consequenzialità causale che aveva determinato il distacco del pesante carrello metallico e il determinarsi dell'infortunio, il fulcro dell'addebito e del riconoscimento della responsabilità del M.P. risiedeva in una errata progettazione della delicata operazione che imponeva criteri certi e procedimentalizzati di comunicazione tra il gruista e l'operatore addetto a maneggiare il carrello e che evitassero o riducessero al minimo possibili incomprensioni tra di essi e operazioni e manovre non coordinate o intempestive. La stessa indagine interna volta ad accertare le ragioni dell'infortunio aveva riconosciuto quali cause dell'evento le carenze concernenti gli strumenti di lavoro e i problemi di coordinamento tra gli operatori in ragione di ostacoli determinati da scarsa visibilità e da rumore ambientale, di talchè competeva al M.P. rimuovere le condizioni che favorivano tale difetto di comunicazione ovvero, in alternativa, organizzare in modo diverso le attività manutentive come di fatto era poi avvenuto.
2.1 Quanto ai profili soggettivi di addebito evidenziava che era irrilevante la circostanza che l'imputato non fosse formalmente il datore di lavoro dell'infortunato atteso che la posizione di garanzia dell'imputato derivava dal fatto che la prestazione di lavoro veniva eseguita in ambiente di lavoro della propria azienda e su macchine aziendali in cooperazione con i propri dipendenti e in tale veste egli era tenuto ad assicurare che l'intervento manutentivo all'interno del luogo di lavoro venisse svolto con modalità consone e mediante l'impiego di idonei presidi antinfortunistici ed adeguate strumentazioni di lavoro in accordo a quanto prescritto dall'art.26 TU sicurezza sul lavoro in relazione alla funzione di coordinamento delle operazioni di lavoro e di informazione sui rischi esistenti nell'ambiente di lavoro (considerato che il gruista, che coadiuvava l'intervento del manutentore, era un dipendente del committente).
2.2 Quanto alla asserita improcedibilità dell'azione penale per mancanza di querela assumeva che la contestazione atteneva anche a ipotesi aggravata di indebolimento permanente della funzione della prensione di talchè era irrilevante la durata della malattia che peraltro, secondo le scansioni temporali indicate dall'INAIL, era compatibile con quella indicata in imputazione.
2.3 3 Escludeva infine la ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art.131 bis cod.pen. in ragione della gravità della condotta e dell'offesa (sub-amputazione di un dito della mano) pericolo di danno che, in ragione delle modalità lavorative e della natura dell'incidente (espulsione e proiezione di un pesante pezzo metallico), connotava di speciale antidoverosità la condotta del legale rappresentante della impresa committente.

3. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di M.P. articolando cinque motivi di ricorso.
3.1 Con un primo motivo deduce violazione dell'art.43 cod.pen. in relazione agli art.590 cod.pen., 71 commi 1 e 2 D.Lgs. 81/08 con riferimento al principio di causalità della colpa e mancanza di motivazione sul punto. Deduce che il vizio risiede nel fatto che il difetto di adeguata procedimentalizzazione delle operazioni di manutenzione mediante l'impiego del pesante manufatto denominato "carrello" era stato riconosciuto a carico del M.P., quale profilo di colpa, a prescindere dalla ricostruzione della sequenza causale che aveva condotto al distacco del carrello stesso e pertanto in assenza di una adeguata ricostruzione del sinistro e delle cause dello stesso; soltanto attraverso la ricostruzione della sequenza causale sarebbe stato possibile procedere al giudizio esplicativo e verificare la causalità della colpa in capo all'imputato e cioè se una diversa procedimentalizzazione delle fasi lavorative sarebbe stata in grado di evitare l'infortunio, tenuto conto che i rischi erano stati adeguatamente esaminati dall'imputato, che il personale impiegato era adeguatamente addestrato e che si trattava di lavoro manutentivo routinario. L'errore era invece riconducibile ad un difetto di comunicazione tra gli operai addetti alla manutenzione, i quali non avevano utilizzato i segnali codificati dal D.Lgs. 493/96 e ad una errata manovra di sollevamento della gru, prima che fosse ultimata l'operazione di sbullonamento del carrello.
3.2 2 Con una seconda articolazione deduce violazione di legge in particolare dell'art.43 cod.pen. con riferimento al principio di "esigibilità". Invero i giudici di merito si erano limitati a riconoscere al M.P. la titolarità della posizione di garanzia quale legale rappresentante della società committente e l'assenza di deleghe ma avevano del tutto omesso di verificare, come prospettato nei motivi di appello, se il ricorrente fosse nella possibilità di prevedere l'evento infortunistico ed avesse il potere di evitarlo, rivestendo la qualifica di amministratore delegato di tre sedi diverse di notevoli dimensioni, mentre all'interno dello stabilimento vi era un'articolata organizzazione con distribuzione di ruoli e competenze prepositurali, laddove il M.P. aveva proceduto, con il DVR, ad una corretta analisi dei rischi, anche interferenziali.
3.3 Con un terzo motivo di ricorso deduce violazione dell'art.43 cod. pen. in relazione agli obblighi gravanti sulla parte committente i lavori ai sensi dell'art.26 del D.Lgs. 81/2008. Fermi restando gli obblighi di informazione, cooperazione e coordinamento pure riconosciuti dalla norma in capo al committente, la corte di appello aveva del tutto omesso di indicare l'incidenza causale della condotta del committente nell'eziologia dell'evento infortunistico a fronte della concorrente responsabilità della parte appaltatrice, omettendo di fornire adeguata risposta agli argomenti introdotti dall'imputato nei motivi di appello, che veniva pure allegato per l'autosufficienza del ricorso.
3.4 Con una quarta articolazione deduce mancanza di motivazione con riferimento alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale al fine di disporre perizia medico legale avente ad oggetto la gravità delle lesioni riportate dalla persona offesa e la durata della malattia, richiesta che era stata del tutto disattesa.
3.5 Con un'ultima articolazione deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla esclusione della causa di non punibilità di cui all'art.131 bis cod.pen., in ragione di una trama motivazionale illogica che aveva valorizzato la gravità delle lesioni e il pericolo cagionato dall'erronea manovra degli operatori a prescindere da una doverosa analisi complessiva del fatto, e in particolare dai profili soggettivi del reo, dall'integrale risarcimento, dall'osservanza alle prescrizioni imposte, dall'analisi del rischio e dallo studio delle cause dell'infortunio, laddove la durata delle lesioni non poteva costituire elemento di per se ostativo, né l'ambito lavorativo in cui si erano verificate, mentre, in relazione al pericolo cagionato dal pesante carrello sganciato, l'affermazione del possibile investimento di altri soggetti risultava suggestiva ma del tutto irrealizzabile.
 

Diritto
 


1.I motivi di ricorso sono infondati e in parte privi di confronto con la motivazione della sentenza impugnata che fornisce adeguata contezza delle ragioni per cui siano stati ravvisati i profili oggettivi e soggettivi del reato in contestazione.

2. In particolare manifestamente infondato e privo di confronto con la sentenza impugnata risulta il primo motivo di censura, che denuncia un vizio logico in ragione della omessa preliminare verifica della dinamica del sinistro, essenziale per una corretta analisi sulla causalità della colpa atteso che il giudice distrettuale, con motivazione del tutto adeguata ha riconosciuto il rilievo causale, nel verificarsi dell'infortunio, del difetto di comunicazione verbale e visivo tra l'addetto alla esecuzione in quota dell'opera di manutenzione e il collaboratore addetto a manovrare la gruetta destinata a sollevare e a orientare, sulla base delle indicazioni fornite dal lavoratore infortunato, l'ingombrante e pesante strumento di lavoro. In particolare ha riconosciuto che tale difetto di comunicazione, alla stregua delle stesse indagini interne riportate dall'azienda, era stato determinato dal rumore ambientale e da ostacoli alla visibilità (costituiti dal braccio della gru) e nella ricorrenza di tali interferenze si sostanzia l'addebito di colpa a carico dell'imputato, sia in chiave strettamente prevenzionistica (in una prospettiva di eliminazione degli ostacoli ad una corretta comunicazione tra soggetti impegnati in un lavoro di squadra), sia in un ambito più latamente organizzativo, cioè nella esigenza della predisposizione di una diversa procedimentalizzazione dell'intervento, come di fatto era poi avvenuto a seguito dell'infortunio.
2.1 Va invero tenuto conto che a fronte di una spiegazione causale del tutto logica, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa capace di inficiare o di caducare la prima non può essere affidata ad una indicazione meramente possibilista, ma deve connotarsi, alla stregua delle risultanze processuali, di elementi che la rendano "hic et nunc" concretamente probabile (Sez. 4, n.15558 del 13/02/2008, Maggini, Rv. 23980901), mentre la tesi difensiva prospettata dal ricorrente risulta adeguatamente contrastata dal giudice di appello con motivazione logica e priva di evidenti contraddizioni, laddove ha escluso che il comportamento non consono del gruista possa avere rappresentato, in ragione dei profili di difetto di comunicazione sopra evidenziati, causa esclusiva dell'evento.

3. Quanto ai profili di esigibilità della condotta doverosa da parte del ricorrente e alla verifica di una colpa in concreto a carico del M.P., quale legale rappresentante della impresa chiamata a coordinare l'intervento di manutenzione e a programmarne la corretta esecuzione, il motivo di ricorso risulta generico e meramente ripropositivo di censure già adeguatamente esaminate dal giudice di merito.
Il motivo invero si limita a contrapporre il tema di limiti alla responsabilità del datore di lavoro nelle strutture aziendali complesse, suddivise in diverse unità produttive, senza peraltro indicare le ragioni per le quali al M.P. fosse impedito, in assenza di una espressa previsione di deleghe, di promuovere la corretta procedimentalizzazione della complessa operazione di manutenzione in esame, come peraltro era prevista nel DVR. Egli era infatti il soggetto che costituiva la massima espressione della rappresentanza e della operatività dell'azienda e al quale competeva l'obbligo primario di procedere alla valutazione dei rischi e a assicurare la sicurezza e l'adozione di misure di prevenzione sul luogo di lavoro (sez.4, 1.2.2017, Ottavi, Rv. 269133; 29.1.2019, Ferrari, Rv.276335) e predisporre il conseguente documento di valutazione.
3.1 Quanto ai profili formali dell'assunzione della qualifica di datore di lavoro in materia di infortuni sul lavoro gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26110801; sez.IV, 16.12.2015, Raccuglia, Rv.265947).
3.2 Nessun formale atto di delega era stato conferito in relazione all'intervento manutentivo in questione che pertanto, quantomeno nel suo aspetto organizzativo, ricadeva sotto la sfera di gestione del titolare dell'impresa il quale non ha fornito alcuna allegazione atta a escludere tale circostanza e d'altro canto il M.P. stesso, a seguito dell'infortunio, si era fatto carico di modificare il procedimento dell'intervento di manutenzione all'esito del report acquisito, non sfuggendo alla sfera di garanzia del datore di lavoro i settori pure presidiati da alternative posizioni di garanzia quando si realizzino infortuni determinati da scelte gestionali di fondo afferenti l'utilizzazione di macchinari ad elevata pericolosità (sez.4, 4.4.2017, Minguzzi, Rv.269972), ovvero inosservanze concernenti la formazione e informazione del personale impiegato (sez.4, n.44977 del 12.6.2013, Lorenzi e altri, Rv.257168; n.22147 del 11 Febbraio 2016, Marini, Rv.266859).

4. Infondato è poi il terzo motivo di ricorso volto a escludere addebiti di colpa in capo al M.P. per avere egli adeguatamente individuato e regolamentato il rischio infortunistico con riferimento alla specifica operazione manutentiva, in relazione alla quale allo stesso incombevano compiti di coordinamento, cooperazione e consultazione con la ditta appaltatrice ai sensi dell'art.26 D.Lgs. n.81/2008.
4.1 Prevede l'art.26 I comma del testo citato (vigente alla data dell'infortunio) che il datore di lavoro in caso di affidamento dei lavori all'interno della azienda, ovvero della unità produttiva a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi ...b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività. Trattasi invero di regola generale che impone al committente di rendere edotto l'appaltatore o il lavoratore autonomo, le cui professionalità vengono introdotte nell'azienda ovvero nello stabilimento, di tutti i rischi connessi alle lavorazioni aziendali previa individuazione dei rischi interferenziali evidenziati in un apposito documento da questi predisposto.
4.2 Che gli obblighi in capo al committente non si esauriscono negli accordi contrattuali assunti con l'appaltatore lo si desume poi dal testo del secondo comma (art.26 comma 21 D.L.vo 81/2008) che impone ai datori di lavoro di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto nonché di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nella esecuzione dell'opera complessiva. Disposizione che rende evidente come l'attività di consultazione, di cooperazione e di coordinamento tra le diverse figure di garanzia che operano nel luogo di lavoro debba proseguire anche in corso di esecuzione del contratto di durata (appalto o somministrazione) e, anche qualora non accompagnata da un documento ufficiale, debba valere a enucleare i rischi interferenziali e ad elaborare strategie comuni per la loro prevenzione. Soprattutto è il committente (nella specie la società rappresentata dal M.P.) a dovere promuovere la cooperazione e il coordinamento di cui al secondo comma con esclusione dei rischi specifici dell'opera della ditta appaltatrice e, conseguentemente ad elaborare un DUVRI che tenga conto di tali criticità e procedere ad una coerente promozione di sinergiche attività preventive (sez. 4, 7.6.2016, Carfi', Rv. 267687).
4.3 In ordine a tale profilo il giudice distrettuale ha fornito motivazione non manifestamente illogica e contraddittoria sul fatto che il documento (DUVRI) predisposto dal M.P. risultava insufficiente e difettoso proprio in ragione dei limiti di comunicazione e di informazione tra operatori, appartenenti alle diverse realtà aziendali chiamate ad operare congiuntamente sul luogo di lavoro, che si frapponevano alla corretta e sicura esecuzione dell'intervento manutentivo. In particolare la responsabilità del titolare della ditta committente veniva individuata non solo in ragione del fatto che il M.P. era chiamato a programmare e a coordinare l'intervento di manutenzione in qualità di committente delle opere, ma soprattutto era chiamato a governare il rischio di interferenza nelle lavorazioni determinata dalle contingenze dovute alla peculiarità del luogo di lavoro, quali i profili di rumorosità e carenza di visibilità ambientali tali da pregiudicare l'esecuzione degli interventi secondo le modalità codificate nel DUVRI.
4.4 Invero in caso di affidamento di lavori in appalto o a lavoratori autonomi, l'obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono in successione o contemporaneamente, di cui all'art. 7 d.lgs 17 settembre 1994, n. 626, grava sul datore di lavoro committente, cioè su colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo (sez.4, n.12876 del 8/2/2019, Buonopane, Rv.275649), laddove il rischio derivante dalla conformazione dell'ambiente di lavoro grava sul committente, perché, inerendo all'ambiente di lavoro, non è riconducibile alla natura specialistica dei lavori commissionati all'impresa appaltatrice (in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del committente per il reato di lesioni colpose in relazione all'infortunio occorso a un lavoratore dipendente della ditta appaltatrice, addetto all'autobetoniera, investito da una scarica elettrica in quanto il braccio del mezzo, manovrato con radiocomando da altro lavoratore dipendente della stessa impresa, era stato alzato sino a giungere in prossimità di un elettrodotto sovrastante il cantiere di proprietà del committente, sez.4, n.5802 del 29/1/2021, Cribari, Rv.280925.01).

5. Inammissibile è il quarto motivo di ricorso. Afferma il S.C. che l'art. 603, commi 1 e 3 cod. proc. pen., stabilisce che la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in grado di appello ha luogo quando il giudice è impossibilitato a decidere allo stato degli atti e ritiene assolutamente necessaria la prova richiesta; tale previsione, interpretata alla luce dell'art. 111 Cost., consente al giudice - nel caso in cui la situazione processuale presenti effettivamente un significato incerto - di ammettere la prova richiesta che venga ritenuta decisiva ed indispensabile, ossia che possa apportare un contributo considerevole ed utile al processo, risolvendo i dubbi o prospettando una soluzione differente (sez. 3, n. 21687 del 7.4.2004, Modi, Rv.228920; Sez.U, 17/12/2015 n.12602, Ricci, Rv. 266820).
5.1 La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nel giudizio di appello deve pertanto ritenersi una evenienza eccezionale, subordinata ad una valutazione giudiziale di assoluta necessità conseguente all'insufficienza degli elementi istruttori già acquisiti, che impone l'assunzione di ulteriori mezzi istruttori pur se le parti non abbiano provveduto a presentare la relativa istanza nel termine stabilito dall'art. 468 cod. proc. pen. (sez.2, 2.9.2013 n. 41808, Mongiardo, Rv.256968).
In definitiva il giudice di appello non era tenuto ad addivenire alla richiesta di rinnovazione della istruttoria dibattimentale per procedere all'assunzione di perizia medico legale quale possibile fonte di nuova conoscenza in ordine alla durata della malattia sofferta dalla persona offesa, laddove abbia riconosciuto la adeguatezza e la sufficienza del patrimonio istruttorio già presente nel processo e la concludenza ed esaustività, come peraltro evidenziato in motivazione, degli elementi di valutazione acquisiti al giudizio quali la certificazione sanitaria in relazione alle prestazioni erogate dal Pronto Soccorso, le visite medico legali in sede Inail, a tacere del riconoscimento della circostanza aggravante dell'indebolimento permanente della funzione della prensione, che determina di per sé la procedibilità di ufficio e che non risulta neppure contestata nel motivo di ricorso.

6. La causa di non punibilità di cui all'art.131 bis cod.pen. risulta poi esclusa sulla base di un corretto iter motivazionale attraverso il richiamo alla gravità della condotta, idonea a determinare conseguenze di "enorme potenzialità lesiva", in ragione della natura della lavorazione e dei mezzi impiegati e al danno alla persona provocato in ragione della lesione subita dal lavoratore e alla durata della malattia e al pericolo di conseguenze ben più gravi per la salute degli altri lavoratori coinvolti nella lavorazione.
6.1 'E stato precisato che ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (sez.6, n.55107 del 8 Novembre 2018, Milone Giovanni, Rv.274647; sez.7, ordinanza n.10481 del 19 Gennaio 2022, Deplano Giovanni, Rv.283044 ). Deve pertanto essere disatteso anche il quinto motivo di ricorso.

7. Il ricorso deve pertanto essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.
 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 26 Aprile 2022