Cassazione Civile, Sez. 6, 05 agosto 2022, n. 24351 - Broncopatia polmonare. Rigetto del ricorso per rendita da malattia professionale


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 05/08/2022
 

Rilevato che:
1. La Corte d'Appello di Catanzaro ha accolto l’appello dell’Inail e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da S.D.G., D.T. e M.T., quali eredi di F.T., di rendita da malattia professionale (broncopatia polmonare).
2. La Corte territoriale ha premesso che, nell'atto introduttivo del giudizio, il ricorrente aveva esposto di aver svolto la mansione di carpentiere per circa 40 anni, di cui 20 anni fino al 2013 quale titolare di impresa edile artigiana e altri 20 anni come dipendente; di aver contratto la broncopatia polmonare per essere stato a contatto con la polvere sprigionata dal taglio del ferro, con gli inquinanti tossici presenti nel cemento e con collanti e silicone dei più nocivi.
3. La sentenza impugnata ha ritenuto generiche le allegazioni (non era specificato quali lavorazioni il T. avesse svolto e a quali agenti chimici indicati nelle Tabelle del 2008 fosse stato esposto) e comunque mancanti le prove dell’esposizione del lavoratore al rischio morbigeno (dalle testimonianze raccolte non era possibile comprendere l’effettivo periodo di lavoro del predetto, le sostanze utilizzate e la concreta esposizione a rischio; il libretto di lavoro prodotto solo in appello documentava lo svolgimento dell’attività di carpentiere per periodi limitati -dal 1977 al 1986 e negli anni 1988/1989- ma non costituiva prova delle lavorazioni concretamente svolte) e del nesso causale tra la patologia diagnosticata e lo svolgimento dell’attività lavorativa di carpentiere (non essendo condivisibile la c.t.u. eseguita in primo grado che aveva dato per pacifico lo svolgimento di attività edile per 40 anni, in realtà non dimostrata, e non aveva adeguatamente valutato il fatto che il T. fosse fumatore da molti anni, benché il tabagismo fosse riconosciuto come causa primaria della broncopatia polmonare).
4. Avverso tale sentenza gli eredi di F.T. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. L’Inail ha resistito con controricorso.
5. La proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Considerato che:
6. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione ed errata applicazione degli artt. 342 e 329 cod. proc. civ., per avere la sentenza d’appello statuito su aspetti non oggetto dell’impugnativa dell’Inail.
7. Si sostiene che l’Istituto non aveva mai contestato lo svolgimento dell’attività di carpentiere per 40 anni da parte del T. e neppure la riconducibilità delle lavorazioni eseguite alla tabella delle malattie professionali; che nel ricorso in appello dell’Istituto era unicamente dedotta la non univocità delle testimonianze raccolte quanto alla esposizione del lavoratore al rischio morbigeno ed inoltre l’assenza di nesso concausale tra l’attività lavorativa e la patologia contratta nonché l’erronea percentuale di danno biologico calcolata.
8. Il motivo è infondato.
9. Come costantemente affermato da questa Corte, l'effetto devolutivo dell'appello entro i limiti dei motivi d'impugnazione preclude al giudice del gravame esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti che non siano compresi, neanche implicitamente, nel tema del dibattito esposto nei motivi d'impugnazione, mentre non viola il principio del "tantum devolutum quantum appellatum" il giudice di appello che fondi la decisione su ragioni che, pur non specificamente fatte valere dall'appellante, tuttavia appaiano, nell'ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi, costituendone necessario antecedente logico e giuridico. Nel giudizio d'appello, infatti, il giudice può riesaminare l'intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, purché tale indagine non travalichi i margini della richiesta, coinvolgendo punti decisivi della statuizione impugnata suscettibili di acquisire forza di giudicato interno in assenza di contestazione, e decidere, con pronunzia che ha natura ed effetto sostitutivo di quella gravata, anche sulla base di ragioni diverse da quelle svolte nei motivi d'impugnazione. (v. Cass. n. 9202 del 2018; n. 8604 del 2017; n. 2973 del 2006).
10. Occorre inoltre considerare che il giudicato non si determina sul fatto ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicché l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull'intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (v. Cass. n. 16853 del 2018; n. 12202 del 2017; n. 2217 del 2016).
11. La sentenza impugnata non ha travalicato i limiti del tantum devolutum quantum appellatum né ha travolto statuizioni coperte da giudicato interno poiché l’Inail aveva censurato la sentenza di primo grado per avere erroneamente ritenuto provata l’esposizione del lavoratore a rischio morbigeno ed aveva in tal modo devoluto ai giudici di appello il complesso tema della ricostruzione delle lavorazioni svolte, dei materiali adoperati, degli agenti nocivi, della durata dell’esposizione ad essi.
12. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per avere i giudici di appello omesso di valutare tutti gli elementi emergenti dalle prove testimoniali e documentali e idonei a dimostrare lo svolgimento, da parte del T., per un elevato numero di anni, di lavorazioni che lo esponevano alla polvere di cemento e che erano inserite nella tabella Inail delle malattie professionali.
13. Il motivo è inammissibile perché investe la valutazione del materiale probatorio, sollecitando un diverso apprezzamento degli elementi di prova ed una diversa ricostruzione fattuale. Simili censure si collocano al di fuori del perimetro segnato dall’art. 360 n.5 cod. proc. civ. (su cui v. Cass., S.U. n. 8053 del 2014) e non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità.
14. Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1,n. 3 cod. proc. civ., violazione ed errata applicazione del d.P.R. 1124 del 1965, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per avere i giudici di appello negato il riconoscimento della malattia professionale benché la malattia diagnosticata al T. rientrasse tra quelle tabellate e vi fosse la prova in atti dell’adibizione del medesimo alle lavorazioni che lo esponevano al rischio indicato nelle medesime tabelle.
15. Il motivo è inammissibile in quanto denuncia la violazione di legge sulla base di una ricostruzione fattuale diversa da quella posta a base della decisione di secondo grado (v. Cass. n. 3340 del 2019; n. 640 del 2019; n. 10320 del 2018; n. 24155 del 2017; n. 195 del 2016).
16. Questa Corte ha più volte ribadito che non rientra nell'ambito applicativo dell'art. 360, comma 1, n. 3, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità.
17. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
18. Le spese di lite seguono il criterio di soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
19. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite nei confronti di H.D.I. Assicurazioni s.p.a. che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 31 marzo 2022