Cassazione Penale, Sez. 4, 09 agosto 2022, n. 30830 - Infortunio mortale dell'operaio in pensione che effettua lavori di manutenzione in hotel


 

 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: ESPOSITO ALDO Data Udienza: 08/07/2022
 

 

Fatto




1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma dell'8 luglio 2020, con cui P.R. era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno di reclusione e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in relazione al reato di cui all'art. 589, commi primo e secondo, cod. pen. per avere, per colpa generica e per violazione degli artt. 26, comma 1, lett. a) e 55, comma 5, lett. b) d. lgs. n. 81 del 2008, perché, in qualità di datore di lavoro, non aveva verificato l'idoneità tecnico professionale dei lavoratori autonomi (M.G. e A.R.), in relazione ai lavori di manutenzione da effettuarsi all'interno dell'hotel, artt. 64, comma 1, lett. a) e 68, comma 1, lett. b), d. lgs. n. 81 del 2008, in quanto i luoghi di lavoro non erano conformi ai requisiti di cui all'art. 63, comma 1, allegato 4, punto 1. 7.1. 2, essendo la scala di accesso alla centrale termica posta al piano interrato, sprovvista di corrimano ed il muro, di altezza di cm. 58, facente parte del pianerottolo di accesso alla scala, nonché il relativo piano di copertura della centrale termica, erano sprovvisti di parapetto atto ad impedire la caduta dei lavoratori, così cagionando il decesso di M.G., verificatosi a seguito di caduta da una scala in muratura di 5 gradini di accesso alla centrale termica, per "severo trauma-cranio-encefalico fratturativo ed emorragico, in soggetto affetto da plurime patologie:'
Il sinistro mortale avveniva all'interno dei locali dell'hotel La Scaletta di Ostia Lido, di proprietà e gestito da P.R.. Il M.G. era caduto all'interno del locale della centrale termica e del magazzino, posta al piano interrato, raggiungibile dal piano terra con una rampa di scale, alla quale si accedeva da una porta posta sul retro dell'area ricevimento; era trovato riverso sui gradini della rampa di scale in stato di incoscienza e con una vistosa perdita di sangue dalla testa.
Dall'esame delle dichiarazioni rese da A.R. emerge che l'A.R., amico del proprietario, e il M.G., operaio in pensione, erano soliti svolgere piccoli lavori di manutenzione dietro pagamento di modesti compensi, all'interno della struttura alberghiera, su incarico del titolare, che conosceva direttamente l'A.R.. Il giorno dell'incidente, al momento del fatto, l'A.R. si trovava al secondo piano dell'hotel in una stanza dell'albergo a riparare una serranda. La circostanza dell'usuale espletamento da parte del M.G. e dell'A.R. di piccoli lavori di manutenzione all'interno della struttura alberghiera era riferita anche da D'E., all'epoca dei fatti cameriera dell'hotel. Il giorno dell'incidente aveva visto l'A.R. al secondo piano in una stanza dell'albergo a riparare una serranda insieme a P.S., figlio del proprietario, e aveva incontrato anche il M.G. al secondo piano dell'hotel. Anche M.F., figlia del M.G. dichiarava che il padre, ormai in pensione, svolgeva saltuariamente piccoli lavori di manutenzione all'interno dell'hotel unitamente all'A.R., il quale portava con sé il M.G. per farsi aiutare nei lavori. P.S. dichiarava che il M.G. e l'A.R. erano soliti svolgere piccoli lavori di manutenzione dell'hotel dietro pagamento di modesti compensi; in merito alla vicenda criminosa dichiarava che all'interno dei locali posti sul retro dell'area ricevimento c'era un magazzino contenente del materiale, di solito riordinato dal M.G..
I tecnici della ASL Roma 3 constatavano che la scala in muratura composta da cinque gradini, di discesa al piano sottostante - ove si trovavano la centrale termica, il magazzino delle attrezzature, il locale tecnico dell'ascensore e il vano dei quadri elettrici - era leggermente più ripida perché il canonico rapporto costruttivo era superato ed era priva di corrimano; inoltre mancava il parapetto sul piano di copertura della centrale termica. Accertavano, inoltre, che il titolare dell'hotel non aveva verificato l'idoneità professionale del M.G. e dell'A.R. in relazione ai lavori di manutenzione da effettuarsi.
Il M.G., pertanto, aveva svolto una attività lavorativa, sia pure come lavoratore autonomo, anche in data 17 settembre 2018 presso l'hotel, per opere di piccola manutenzione ordinaria, su iniziativa ed indicazione del titolare.
Del tutto infondata e priva di logica era la versione difensiva, con cui si sosteneva che il 17 settembre 2018 l'A.R. fosse andato in hotel solamente per visitare il titolare e non per svolgere dei piccoli lavori di riparazione, che avesse portato con sé il M.G., che non aveva un rapporto amicale con il P.R., solo per avere della compagnia e che il M.G., di propria iniziativa, avesse deciso di scendere nel locale di servizio posto al piano inferiore. Il M.G. aveva avuto accesso al locale tecnico del piano inferiore, ove era stato visto recarsi anche nei giorni precedenti, probabilmente per iniziativa autonoma e per motivi riconducibili all'attività lavorativa in corso di svolgimento, sia pure del tutto saltuaria. Tra l'altro, tale discesa del M.G. non costituiva un'azione abnorme ed anomala del lavoratore, ben potendo egli avere necessità di recarsi nel locale magazzino per procurarsi gli attrezzi necessari per i piccoli lavori manutentivi.
Pertanto, in presenza di tale precondizione P.R., quale titolare dell'impresa alberghiera, aveva l'obbligo di assicurare la conformità alla normativa antiinfortunistica degli ambienti di lavoro, circostanza non riscontrata alla luce della mancanza del corrimano lungo la scala di discesa al piano inferiore e del parapetto del piano di copertura della centrale termica, strutture indispensabili per prevenire la caduta nel vuoto dei lavoratori.
Era quindi irrilevante accertare la ragione della caduta del M.G. lungo le scale, se avvenuta per mera distrazione o per un malore, in quanto il soggetto obbligato ad adottare le cautele necessarie per impedire la caduta dei lavoratori aveva omesso per negligenza e imprudenza di predisporre le necessarie strutture di protezione. Il rispetto della normativa antinfortunistica è condotta esigibile per il titolare dell'impresa anche e non solo nei confronti dei lavoratori dipendenti, ma anche di tutti i soggetti estranei al rapporto lavorativo dipendente presenti nell'ambiente di lavoro, indipendentemente da un rapporto di dipendenza.

2. P.R., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Nullità della sentenza per violazione del diritto alla difesa e delle norme sul giusto processo.
Si deduce che, con atto del 29 marzo 2021, era notificato a mezzo PEC avviso di fissazione per il giudizio di appello, per la data del 30 aprile 2021.
Le parti non chiedevano la discussione in presenza nei termini fissati ex art. 23 n. 4 d.l. n. 149 del 2020, per cui il giudizio si sarebbe dovuto decidere nella forma cartolare. Il Procuratore Generale depositava la propria requisitoria in mancanza del rispetto del termine di giorni dieci previsto dal n. 2 dell'art. 23 cit.. Alla detta udienza del 30 aprile 2021, però, la Corte territoriale disponeva il rinvio, fissando nuova udienza per la data successiva del 10 settembre 2021, che pure era comunicata a mezzo PEC. In data 22 luglio 2021, il difensore dell'appellante richiedeva nelle forme previste la sessione orale, dandone comunicazione al difensore della Parte Civile. La Corte di merito, però, all'udienza del 10 settembre impediva alla difesa di avvalersi del proprio diritto, ritenendo che il giudizio dovesse decidersi nella forma cartolare.
Orbene, la norma prevista dal decreto emergenziale - a prescindere dalla dubbia costituzionalità della stessa, in assoluto- - nulla prevede in relazioni a fattispecie come quella a relativa al caso de quo. L'interpretazione di tale disposizione in senso estensivo ha comportato la violazione del diritto di difesa, con impedimento alla stessa di argomentare ed approfondire le motivazioni dell'appello presentato.
2.2. Nullità della sentenza per vizio di motivazione.
Si osserva che precedentemente al 17 settembre 2018, il M.G. aveva effettivamente svolto piccoli lavori di manutenzione, ma ciò non consentiva di affermare che anche quel giorno stesse svolgendo attività lavorativa autonoma. L'A.R., amico del M.G., e l'altra testimone estranea non avevano mai affermato che quel giorno il M.G. stesse lavorando.
2.3.Vizio di motivazione in relazione alla mancanza del nesso di causalità tra la violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro ed il decesso della persona offesa.
Si rileva che il M.G., pochi minuti prima del tragico evento, era stato visto pallido e sofferente, come una persona prossima ad accusare un malore.
Nel caso di specie, mancavano il nesso di causalità tra l'evento e la supposta violazione delle norme antinfortunistiche e il nesso eziologico, attesa l'anormalità e l'atipicità dell'accaduto. Il malore doveva aver provocato una perdita di coscienza con la successiva caduta di un corpo privo di qualsivoglia difesa. I motivi che indussero il M.G., in quella tragica mattina, a recarsi sul retro restano sconosciuti, e non erano previsti né prevedibili. Non è stata spiegata la dinamica della caduta né se fosse avvenuta in fase di salita o di discesa dalle scale, mentre tale descrizione sarebbe stata essenziale. I Giudici territoriali non hanno spiegato il rapporto di causalità tra l'assenza del corrimano e l'evento nella sua gravità. In caso di caduta per disattenzione, il soggetto mette in atto comportamenti o movimenti protettivi del suo corpo o delle parti più sensibili come la testa; in caso di caduta privo di coscienza ciò non avviene.
La circostanza del malore improvviso non aveva formato oggetto di accertamento, ma era pacifica e lo stesso Tribunale riteneva possibile che esso avesse causato l'evento. Un'indagine appropriata, fondata sulla gravità delle lesioni e su come il corpo del M.G. fosse riverso sulle scale, poteva portare a far luce sul rapporto di causalità tra la mancata installazione di un corrimano e l'evento caduta, verificandola alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica a sua volta fondato anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sulla analisi della caratterizzazione del fatto storico e delle particolarità del caso concreto.

 

Diritto




1. Il ricorso è infondato.
In ordine al primo motivo di ricorso, va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di appello, nella vigenza della disciplina emergenziale pandemica da COVID-19, in assenza di richiesta di trattazione orale formulata tempestivamente dalle parti, il rinvio dell'udienza disposto per consentire al Procuratore Generale di presentare le proprie conclusioni scritte non determina la riapertura del termine per formulare l'istanza di trattazione orale (Sez. 4, n. 5126 del 23/11/2021, dep. 2022, Carchiolo, Rv. 282599).
Ciò non comporta il rinvio - o meglio la riapertura - del termine per la richiesta di discussione orale, già spirato, posto che la relativa facoltà non è legata al contenuto delle conclusioni formulate, inerendo, invece, alla scelta della modalità di trattazione, la quale è rimessa dalla legislazione pandemica alle parti, da effettuare entro i quindici giorni precedenti l'udienza fissata, proprio per assicurare, laddove nessuna istanza venga formulata, l'attivazione del procedimento previsto dall'art. 23, comma 2 d.l. n. 149 del 2020 alternativo alla trattazione orale.
Ciò posto sui principi operanti in materia, nella fattispecie, a prescindere dalle ragioni del rinvio dell'udienza, il diritto di difesa risulta essere stato adeguatamente assicurato. L'udienza, infatti, era stata rinviata dal 30 aprile 2021 al 10 settembre 2021 (e peraltro comunicata a mezzo PEC alle parti), per cui il difensore avrebbe potuto, nei termini di legge, replicare con memoria scritta alla requisitoria del P.M., anziché richiedere la discussione orale, facoltà quest'ultima dalla quale era ormai già decaduto.

2. Con riferimento al vizio motivazionale dedotto col secondo motivo di ricorso, va osservato che i giudici di merito hanno adeguatamente chiarito le ragioni per ritenere che, anche il giorno del fatto, il M.G. stesse svolgendo lavori di ordinaria manutenzione dell'albergo, come era solito fare unitamente all'A.R., su indicazione di P.R..
Al riguardo, dal compendio probatorio analiticamente illustrato nelle sentenze dei Giudici di merito si evince che, il giorno del fatto, alle ore 11.30, erano arrivati nell'albergo l'A.R. e il M.G., chiedendo a P.S. se occorresse svolgere lavori di manutenzione; P.S. si portava unitamente all'A.R. presso la camera 202, per risolvere un problema, mentre il M.G. e P.R. rimanevano nella reception (dichiarazioni di P.R. - vedi sentenza di primo grado); da tale circostanza il Tribunale ha correttamente desunto che anche quel giorno lo scopo dell'apparizione in albergo consisteva nello svolgimento di piccoli lavori e non in una mera visita di cortesia. Successivamente, il M.G. si spostava nel magazzino, come solitamente faceva, e ciò - secondo i Giudici di merito - evidentemente era dovuto all'intento di riordino del materiale ivi presente, come evincibile sempre dalle dichiarazioni di P.R..
Nelle sentenze di merito si è evidenziato che la presenza del M.G. sul posto si giustificava necessariamente con l'espletamento di piccoli lavori, non sussistendo un rapporto di amicizia tra lui e il titolare dell'hotel e, d'altronde, in caso contrario, sarebbe rimasto assieme a parlare nella hall e non si sarebbe spostato in un'area riservata dell'albergo; emergeva poi che, anche in detta data, l'A.R. stava riparando una serranda in una stanza, per cui anche la sua presenza sul posto non era dovuta a ragioni di convivialità e in tal caso non si sarebbe fatto accompagnare dal M.G..
Il ricorrente ripropone la propria tesi alternativa, senza confrontarsi con l'esauriente apparato argomentativo della sentenza impugnata.

3. In relazione al terzo motivo di ricorso, va ricordato che le prescrizioni poste a tutela del lavoratore sono intese a garantire l'incolumità dello stesso anche nell'ipotesi in cui, per imprudenza, distrazione, stanchezza, inosservanza di istruzioni, malore od altro, egli si sia venuto a trovare in situazione di particolare pericolo (Sez. 4, n. 4917 del 01/12/2009, dep. 2010, Filiasi, Rv. 246643; Sez. 4, n. 114 del 06/05/1985, dep. 1986, Snnolich, Rv. 171538).
Invero, le norme sulla prevenzione degli infortuni svolgono la funzione di evitare la produzione di eventi lesivi della salute, intrinsecamente connaturali alla esecuzione di talune attività lavorative, anche nelle ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali imprudenze e disattenzioni dei lavoratori, la cui incolumità deve essere sempre protetta con appropriate cautele. Soltanto nell'ipotesi di condotta del lavoratore inopinabile, imprevedibile ed esorbitante dal procedimento di lavoro ed incompatibile con il sistema di lavorazione ovvero che si concreti nell'inosservanza, da parte sua, di precise disposizioni antinfortunistiche, è configurabile la colpa dell'infortunato nella produzione dell'evento, con esclusione, in tutto o in parte, della responsabilità penale del datore di lavoro.
Si è, altresì, precisato che, in tema di infortuni sul lavoro, non integra il comportamento abnorme, idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l'evento lesivo o mortale patito dal lavoratore, il compimento da parte di quest'ultimo di un'operazione che, seppure imprudente, non risulti eccen­ trica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell'ambito del ciclo produttivo (Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013, dep. 19/02/2014, Rovaldi, Rv. 259313).
La Corte capitolina si è pienamente allineata a tali condivisibili e consolidati orientamenti della giurisprudenza in materia.
Sono stati pertanto logicamente ravvisati i seguenti profili di colpa dell'imputato:
a) la mancanza del corrimano lungo la scala di discesa al piano inferiore e del parapetto del piano di copertura della centrale termica, strutture indispensabili per prevenire la caduta nel vuoto dei lavoratori; a) l'omessa verifica dell'idoneità professionale dei due lavoratori autonomi in relazione ai lavori di manutenzione da svolgere nell'hotel: b) la mancanza del corrimano lungo la scala di discesa al piano inferiore e del parapetto del piano di copertura della centrale termica, strutture indispensabili per prevenire la caduta nel vuoto dei lavoratori.
Al riguardo, nella sentenza impugnata si è evidenziato che la discesa del M.G. nei locali tecnici non costituiva un'azione abnorme ed anomala del lavoratore, ben potendo egli avere necessità di recarsi nel locale magazzino per procurarsi degli attrezzi necessari per i piccoli lavori manutentivi. Inoltre, il dato dell'irrilevanza delle cause dell'infortunio letale è stato sostanzialmente ricollegato alla necessità del datore di lavoro di adottare le cautele necessarie (e, in particolare, le strutture di protezione da cadute), anche a tutela di soggetti estranei al rapporto lavorativo occasionalmente presenti sul posto.

4. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.) e al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile M.M., che si liquidano in euro tremila, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.




P. Q. M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile M.M., che liquida in euro tremila, oltre accessori, come per legge.
Così deciso in Roma l'8 luglio 2022.