Cassazione Penale, Sez. 4, 09 agosto 2022, n. 30796 - Caduta dall'alto durante i lavori di copertura delle travi con nylon. Pos inadeguato


 

 

Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: CIRESE MARINA Data Udienza: 13/04/2022
 

Fatto



1. Con sentenza in data 22.6.2021 la Corte d'appello di Trento ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Rovereto con sentenza in data 28.11.2019, all'esito di giudizio abbreviato condizionato, aveva dichiarato C.L., in qualità di socio, procuratore speciale e datore di lavoro di fatto della società Iris s.r.l., impresa esecutrice dei lavori per la realizzazione di edifici di civile abitazione, colpevole del reato di cui agli artt. 40 cpv, 590 comma 3 cod. pen. in relazione all'art. 583 comma l, n. l cod. pen. perché, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia nonché nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionava a G.M., dipendente della società, lesioni personali gravi, e concesse le circostanze attenuanti generiche, ed operata la riduzione per il rito, lo aveva condannato alla pena di mesi uno di reclusione ed al pagamento delle spese processuali oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita da liquidarsi in separato giudizio civile ed alla condanna al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad Euro 30.000.
I fatti come ricostruiti dalle sentenze di merito sono i seguenti:

in data 14.5.2018 alle ore 16,50 circa, mentre effettuava le operazioni di copertura delle travi con nylon e scotch del soffitto dell'ultimo piano di uno stabile in costruzione, G.M., concluso il lavoro negli appartamenti, si era spostato per realizzare la stessa operazione sul pianerottolo utilizzando la medesima scala per raggiungere il soffitto allorchè, dopo aver appoggiato un piede sul parapetto in legno che avrebbe dovuto garantire dal rischio di caduta da spinta laterale, perdeva l'equilibrio e precipitava nell'adiacente rampa delle scale con impatto frontale al suolo.
A seguito della caduta riportava lesioni personali gravi consistite in "politrauma da caduta dall'alto (grave TC con fx della teca ed emorragia subdurale, fx processo trasverso DI e fx somatica D8 e D12, fx claveare sx e scapola dx, fx I costa dx) dalle quali derivava una malattia nel corpo o comunque una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a quaranta giorni.
Veniva accertato che il datore di lavoro individuato in C.L. aveva omesso di redigere il POS in modo conforme a quanto richiesto dalla normativa, in quanto privo dell'individuazione della specifica lavorazione di posizionamento del nylon con le conseguenti misure preventive e protettive, di dotare il lavoratore di strumenti di lavoro più sicuri della scala a pioli, che peraltro non consentiva l'appoggio e la presa costante, in considerazione del tipo di lavorazione e tenuto conto del rischio di caduta dall'alto (essendo la zona di intervento prospiciente al vano scale non sufficientemente protetta) e di garantire la sufficiente formazione del lavoratore vittima di infortunio.
2. Avverso detta sentenza l'imputato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi.
Con il primo motivo ex art. 606 comma l lett. b) c.p.p., con riferimento alla interpretazione- applicazione degli artt. 40, 41 e 43, 590 comma 3 cod.pen. in relazione all'art. 583 comma l, n. l cod.pen. ed in relazione agli artt. 96 comma l lett. g), 111 comma 3, 113 comma 7 e 37 comma l d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, nonché ex art. 606 comma l, lett. d) ed e) cod.proc.pen., deduce che la Corte d'appello ha ritenuto erroneamente che il parapetto non configurasse un'opera di protezione adeguata mentre dall'analisi del materiale probatorio lo stesso risultava del tutto a norma, stabile ed adeguato al rischio di caduta sicché l'inadeguatezza e la precarietà del parapetto risulta priva di riscontro negli atti del processo e suffraga la censura in ordine alla illogicità della motivazione.
Aggiunge che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, la condotta del G.M. risulta esorbitante, pericolosa e del tutto eccezionale. Deduce altresì che la sentenza di appello è priva di fondamento in ordine alla asserita mancanza di vigilanza, come si ricava dalla sequenza logica degli accadimenti, dalla documentazione in atti e dalle dichiarazioni di tutti i lavoratori.
Con il secondo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza per mancanza assoluta della motivazione ex art. 606 lett. d) ed e) cod. proc. pen. in relazione alle specifiche doglianze contenute nel secondo motivo di appello (riguardanti lo stato dei luoghi in cui è occorso il sinistro ed il principio di affidamento) dotate del requisito della decisività. Evidenzia a tal fine che il lavoro programmato doveva limitarsi alla parte più interna del pianerottolo, ossia dove si trovavano le scale, e non invece estendersi a tutto il vano scale e che la sentenza impugnata non tiene conto della circostanza che il datore di lavoro faceva legittimo affidamento sul corretto adempimento da parte del lavoratore dei suoi obblighi.
Con il terzo motivo di ricorso ex art. 606 comma l lett. d) ed e) c.p.p. deduce l'assoluta mancanza di motivazione in ordine al doveroso giudizio controfattuale che avrebbe dovuto individuare la condotta che, se tenuta, avrebbe evitato l'evento.

3. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha concluso per il rigetto del ricorso.
La parte civile ha depositato note scritte con cui chiede dichiararsi il rigetto del ricorso.


 

Diritto




1. Il ricorso è nel suo complesso infondato per le ragioni che di seguito si andranno ad analizzare.
Va premesso che in caso di c.d. doppia sentenza conforme (e tali devono considerarsi le due sentenze di merito quanto alla ricostruzione dei fatti e al giudizio di imputabilità dell'evento alla condotta dell'imputato), la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico­ giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (cfr. Sez. 3 n. 44418 del l 6/7/2013, Argentieri, Rv, 257595), a maggior ragione allorché i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata (cfr. sez. 3 n. 13926 del l/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615).

1.1. La prima censura che consta di più profili è infondata.
Dalla ricostruzione del sinistro emerge che il G.M. per rivestire le travi in legno del vano scale ha posizionato la scala a pioli in zona adiacente al parapetto in legno posto a protezione dal rischio derivante da spinte accidentali.
Con riguardo alla idoneità di detto parapetto, costituito da alcune travi inchiodate orizzontalmente, dalla lettura di entrambe le sentenze di merito si ricava che mentre per le operazioni di posizionamento del nylon all'interno degli appartamenti era sufficiente l'utilizzo della scala a pioli e degli ordinari dispositivi di protezione, per il vano scale era invece necessaria l'installazione dei ponteggi che infatti sarebbe stata effettuata il giorno successivo al sinistro.
Ebbene, la censura con cui si contesta la ritenuta inidoneità del parapetto si traduce in una censura in fatto preclusa in sede di legittimità e la motivazione fornita sul punto dalla Corte territoriale appare adeguata e coerente con i dati probatori acquisiti in assenza peraltro di specifica censura che ne metta in dubbio la rispondenza.
1.2. Con riguardo alla questione del comportamento abnorme del lavoratore, che sarebbe di natura tale da escludere il nesso di causalità tra la omissione colposa ascritta al C.L. e l'evento per cui è processo, va rilevato che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, ovvero sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la Corte ha riconosciuto l'abnormità della condotta del lavoratore, deceduto in conseguenza dell'utilizzazione di un macchinario pericoloso, diverso da quello fornito in dotazione e non presente in azienda, ma autonomamente acquisito dal lavoratore all'insaputa del datore di lavoro) (Sez. 4, n. 33976 del 17.3.2021, Vigo, Rv. 281748; Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti, Rv. 280914).
In altri termini, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242).
In linea di principio, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio proprio della lavorazione svolta e di conseguenza il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore e le sue conseguenze presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive di organizzazione ricevute (Sez. 4, n. 25532 del 23/05/2007, Montanino, Rv. 236991; Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Pelosi, Rv. 236721).
Per concludere sul punto, partendo dal presupposto che ciò che viene rimproverato al datore di lavoro è la mancata adozione di condotte atte a prevenire il rischio di infortuni, la condotta esorbitante del lavoratore, idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell'ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico rispetto alla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.
Ciò posto sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la soluzione offerta dalla Corte di appello è sufficiente ed adeguata a sostenere la pronuncia di responsabilità dell'imputato, avendo fatto buon governo dei principi sopra riportati.
E' emerso che la parte offesa stava compiendo un'attività che rientrava nelle sue mansioni, ovvero procedere alla copertura delle travi con il nylon (operazione prodromico all'intonacatura dei muri) in una palazzina in costruzione e che dopo aver terminato il lavoro negli appartamenti si era spostato nel vano scale. Qui, mentre lavorava su una trave situata di fronte all'ascensore utilizzando una scala a pioli doppia, salendo al terzo e quarto gradino, lasciava la presa nel momento in cui doveva posizionare il nylon e fermarlo con lo scotck.
In tale contesto, correttamente la Corte territoriale non ha ritenuto abnorme la condotta del G.M. che, una volta concluso il lavoro sulla trave più interna si era poi spostato verso la zona vicina alla rampa delle scale, protetta solo da un parapetto costituito da tre assi in legno considerata altresì la contiguità degli spazi ed il fatto che gli interventi dovevano avvenire in rapida successione onde consentire l'ultimazione dei lavori.
Ed anche se la decisione di lavorare nel vano scale è stata presa autonomamente dal G.M., ciò non vale a configurare un rischio eccentrico rispetto a quello governato dal datore di lavoro trattandosi di un'operazione realizzata nel contesto della lavorazione cui lo stesso era addetto e finalizzata al completamento dell'opera.
All'interno dell'area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo ove sia tale da attivarne uno eccentrico o esorbitante dalla sfera governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603; n. 5007 del 28/l l /2018, dep. 2019, Musso, Rv. 275017).
1.3. Con riguardo al profilo della omessa vigilanza da parte del datore di lavoro, la censura svolta da parte ricorrente si traduce in una censura in fatto come tale inammissibile in sede di legittimità.
A riguardo va premesso che il datore di lavoro deve non solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo, ma anche, e soprattutto, controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle (cfr. Sez. 4, n. 27787 del 8/5/2019, Rossi, Rv. 276241).

Ed inoltre il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore che, nell'espletamento delle proprie mansioni, ponga in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi, né l'adempimento di tali obblighi è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore (così Sez. 4, n. 8163 del 13/2/2020, Lena, Rv. 278603).
Ebbene, nel caso in esame le sentenze di merito oltre ad aver individuato la macroscopica violazione da parte del datore di lavoro per aver omesso di redigere il POS in modo conforme alla normativa in quanto privo dell'individuazione della specifica lavorazione di posizionamento del nylon con le conseguenti misure preventive e protettive e di dotare il lavoratore di strumenti di lavoro più sicuri della scala a pioli, hanno altresì rilevato che lo stesso non ha tenuto nel debito conto il pericolo derivante dalla conformazione del luogo. In altri termini non ha inibito qualunque lavorazione nel vano scale prima dell'installazione di una protezione adeguata ovvero dei ponteggi, non risultando certamente sufficiente il solo avvertimento verbale indirizzato ai dipendenti considerato altresì che era prevedibile che il singolo lavoratore potesse assumere l'iniziativa di proseguire il lavoro in tutta la zona a lui accessibile.
La motivazione su tali aspetti è congrua e coerente con le risultanze probatorie, in assenza peraltro di specifica doglianza sul punto.
2.2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Ed invero la censura riguardante l'erronea valutazione dello stato dei luoghi in cui è avvenuto l'infortunio, asseritamente fondata su un'erronea lettura della planimetria o comunque sulla poco chiara rappresentazione delle dimensioni dei luoghi, oltre a richiedere una valutazione di merito preclusa in detta sede si palesa anche irrilevante. Ed infatti, anche ove risultasse che le dimensioni del pianerottolo fossero state diverse, ciò non andrebbe a mutare l'inquadramento della vicenda come sopra esaminata.
Peraltro la circostanza che i lavori dovevano essere limitati alla parte interna del pianerottolo non rileva atteso che era prevedibile l'estensione del lavoro al vano scale tenuto conto che come posto in rilievo nella sentenza impugnata gli appartamenti erano ultimati e per la consegna dell'immobile mancavano solo le parti comuni.
Quanto all'invocato principio dell'affidamento, va premesso che il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro sicché ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici e del fatto che il lavoratore possa prestare la propria opera in condizioni di sicurezza, vigilando altresì a che le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l'opera. Il principio di affidamento non è certamente invocabile sempre e comunque, dovendo contemperarsi con il concorrente principio della salvaguardia degli interessi del soggetto nei cui confronti opera la posizione di garanzia. Nella specie, pertanto, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che il datore di lavoro, il quale abbia negligentemente omesso di attivarsi per impedire l'infortunio attivando le richieste misure preventive e protettive, possa invocare, quale esimente da responsabilità, il principio di affidamento nella corretta esecuzione della prestazione lavorativa da parte del lavoratore.
3.3. Il terzo motivo di ricorso è del pari infondato.
Va premesso che in tema di imputazione causale dell'evento il riscontro della ricorrenza del nesso causale fra la condotta dell'imputato e l'evento deve, dunque, operarsi attraverso un doveroso giudizio controfattuale, ovverosia quell'operazione logica condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o legge scientifica, che, eliminando dalla realtà (contro i fatti) la condizione costituita da una determinata condotta umana, verifica se il fatto oggetto del giudizio sarebbe egualmente accaduto, con la conseguenza che nell'ipotesi di indifferenza della condotta nella produzione dell'evento, deve escludersi che essa ne costituisca una causa, mentre, al contrario, laddove senza quella condotta l'evento non si sarebbe prodotto essa è condizione causale dell'evento.
Nella specie, dalla ricostruzione del sinistro operata nella sentenza impugnata si evince che è stato correttamente esperito il giudizio controfattuale atteso che la Corte territoriale è giunta alla logica ed argomentata conclusione, necessariamente ancorata ad una valutazione in astratto, che, se il datore di lavoro avesse rispettato le necessarie prescrizioni di cautela, adottando le misure indispensabili ad evitare il rischio di cadute, l'evento infortunistico non si sarebbe verificato.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.



 

P.Q.M.




Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore della parte civile G.M. liquidate in Euro 3000,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 13 aprile 2022