Cassazione Penale, Sez. 4, 20 aprile 2022, n. 15167 - Caduta dal tetto e simulazione di un incidente stradale in bicicletta. Violenza o minaccia all'infortunato


 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 16/02/2022
 

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 1.10.2020, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena complessiva, revocato le statuizioni civili limitatamente alla parte civile D. e, per il resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità di G.P. per il reato di lesioni colpose del lavoratore D. (capo a), nonché per gli ulteriori reati contestati ai capi c), d), e), riguardanti ipotesi di cui agli artt. 611 e 378 cod. pen., nonché artt. 56, 610 cod. pen.

2. Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, il 6.9.2014, nel primo pomeriggio, il D. (lavoratore dipendente della S.r.l. GIGAGIFA di cui l'imputato era amministratore unico), mentre stava operando su un tetto in un cantiere edile aperto in Santa Margherita di Capannori, per la ristrutturazione di un immobile di proprietà dello stesso G.P., cadeva a terra dalla sommità della copertura del fabbricato, a seguito della rottura di un travicello, riportando gravi lesioni. Il D. si era portato a lavorare in quella parte della copertura dell'edificio su indicazione del G.P., senza che fosse stato montato un ponteggio di sicurezza sottostante.
Dopo la caduta, il D. era stato soccorso da un collega di lavoro, C.M., il quale aveva anche avvisato l'imputato dell'incidente. Quest'ultimo, spaventato dall'accaduto, aveva raccomandato alla persona offesa di dire che si era trattato di un incidente avvenuto in tutt'altre circostanze, e cioè per strada, mentre andava a fare un giro in bicicletta. Pertanto, non veniva chiamata l'ambulanza e il lavoratore ferito veniva trasportato, con il furgone del G.P., in una zona poco frequentata, giudicata idonea a simulare un incidente stradale in bicicletta (anch'essa trasportata sul posto con il furgone). Qui il D. veniva soccorso dall'ambulanza, dichiarando ai sanitari di essere stato investito da un'autovettura mentre si trovava in bicicletta.
Nel corso di successivi contatti tra il lavoratore, ricoverato in ospedale, e il G.P., quest'ultimo - che nel frattempo aveva consultato il proprio commercialista - chiedeva al D. di firmare un foglio scritto, fornendo una diversa versione: vale a dire, ammettendo che l'infortunio si era verificato a seguito della caduta dal tetto del fabbricato in ristrutturazione, ma affermando di essere salito sul tetto all'insaputa del datore di lavoro. Analoga dichiarazione era stata già sottoscritta dal C.M., su richiesta dell'imputato. Tuttavia, il D. non aveva acconsentito a sottoscrivere una simile dichiarazione.

Sulla base dei fatti per come sopra accertati, la Corte territoriale ha confermato la responsabilità del G.P. per le ipotesi di reato ritenute dal primo giudice.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, per mezzo del suo difensore, lamentando quanto segue.
I) Violazione di legge stabilita a pena di inutilizzabilità, quanto alle deposizioni dei testi D. e C.M., in quanto provenienti da soggetti raggiunti da gravi indizi di reità in relazione a reato connesso, quindi in violazione dell'art. 63, comma 2, cod. proc. pen.
II) Violazione di legge in relazione all'art. 522 cod. proc. pen., per difetto di correlazione tra accusa e sentenza in riferimento al capo a), in quanto l'imputato, inizialmente tratto a giudizio per responsabilità di tipo omissivo, è stato condannato in relazione ad una condotta commissiva.
III) Vizio di motivazione in relazione al capo a), in punto di responsabilità del ricorrente per l'infortunio occorso al D., stante l'adeguatezza delle misure di sicurezza adottate e l'assenza dei profili di colpa specifici dedotti in imputazione.
IV) Violazione di legge in relazione alla individuazione del soggetto titolare della posizione di garanzia, in quanto diretta responsabile del cantiere era la ditta riconducibile a S.DB.;
V) Vizio di motivazione in ordine ai reati di cui ai capi c), d), e) quanto alla individuazione dell'elemento materiale della violenza o minaccia penalmente rilevante, non individuato dai giudici di merito.
VI) Violazione di legge quanto alla incriminazione dell'imputato per il delitto di cui all'art. 378 cod. pen. in ordine ai capi c) - d), non potendo l'imputato essere accusato di auto favoreggiamento, per aver aiutato sé medesimo.
VII) Violazione di legge quanto alla incriminazione dell'imputato per il delitto di cui agli artt. 611, 378 cod. pen. in ordine al capo c), non vedendosi come la scrittura in oggetto potesse aiutare il ricorrente ad eludere le investigazioni a suo carico.
VIII) Vizio di motivazione quanto al capo e) di imputazione, atteso che la richiesta di redazione di detta scrittura non è frutto di violenza o di minaccia, avendo l'imputato solo segnalato al lavoratore l'opportunità di correggere la falsa rappresentazione dei fatti inizialmente fornita dal D. alle forze dell'ordine.

 

Diritto



1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, prospettando censure di merito o motivi reiterativi di doglianze già proposte in sede di appello, sulle quali la Corte territoriale ha risposto adeguatamente, con argomentazioni immuni da vizi logico-giuridici rilevabili in questa sede.

2. Quanto al primo motivo - con cui si deduce la inutilizzabilità dei testi di seguito indicati - è appena il caso di rilevare come la deposizione del C.M. sia stata acquisita al processo ai sensi del 512 cod. proc. pen. con il consenso della difesa dell'imputato.
Per quanto attiene alla testimonianza del D., dagli atti non risulta che costui sia mai stato sottoposto ad indagine, neanche potenzialmente; sul punto, peraltro, l'atto di appello non aveva dedotto alcunché, quindi la doglianza è inammissibile, non potendo essere proposta per la prima volta in sede di legittimità.
Va aggiunto, infine, che parte ricorrente, in ogni caso, non adduce alcuna prova di resistenza in relazione all'asserita inutilizzabilità delle deposizioni testimoniali indicate, non avendo argomentato in ordine ad una eventuale insufficienza del quadro probatorio a carico dell'imputato nell'ipotesi di inutilizzabilità delle citate testimonianze. Anche sotto tale profilo il motivo manifesta la sua evidente inconsistenza.

3. Il secondo motivo - con cui si deduce difetto di correlazione tra accusa e sentenza, per essere stato l'imputato, quanto al capo a), inizialmente tratto a giudizio per responsabilità di tipo omissivo e poi condannato per una condotta commissiva - è manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza ben spiega (a pag. 6) che il profilo di responsabilità commissiva addebitato all'imputato è sempre stato compreso nella contestazione originaria, poiché è stato accertato che il G.P. era ben consapevole del fatto che per la risistemazione del tetto gli operai dovevano iniziare ad operare anche in zone che non erano protette dagli impalcati, contribuendo così attivamente alla causazione dell'infortunio.

4. Il terzo motivo - con cui si deduce vizio di motivazione in relazione al capo a), in punto di responsabilità del ricorrente per l'infortunio occorso al D., stante l'adeguatezza delle misure di sicurezza adottate - è inammissibile, in quanto svolge censure di merito non consentite in questa sede, sollecitando una rilettura dei fatti in senso favorevole all'imputato, che è operazione riservata alla competenza esclusiva del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette - come nella specie - da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 - dep. 1996, Clarke, Rv. 20342801).

5. Il quarto motivo - con cui si deduce violazione di legge in relazione alla individuazione del soggetto titolare della posizione di garanzia - è inammissibile, in quanto, sotto l'apparente prospettazione di una violazione di legge, in realtà sollecita una rivalutazione di merito, cercando di sostenere che unico responsabile del cantiere (teatro dell'infortunio) non era il prevenuto, bensì la ditta riconducibile a tale S.DB.; asserzione del tutto apodittica, che si pone in netto contrasto con quanto motivatamente accertato nella sentenza impugnata.
Peraltro, anche questo motivo non risulta essere stato mai dedotto in appello, pertanto non può essere prospettato per la prima volta in sede di legittimità.

6. Anche il quinto motivo - con cui si prospettano vizi motivazionali in ordine ai reati di cui ai capi c), d), e), quanto alla individuazione dell'elemento materiale della violenza o minaccia penalmente rilevante - è inammissibile, deducendo evidenti censure di merito non sindacabili in questa sede, a fronte di un percorso argomentativo dei giudici territoriali che ha offerto una esauriente e logica motivazione sui reati di che trattasi, avendo evidenziato i profili di violenza e minaccia riscontrati nel comportamento adottato dall'imputato nel corso dei successivi contatti avuti in ospedale con il lavoratore infortunato, finalizzati a cercare di ottenere la firma del D. su un foglio scritto, riportante una diversa versione dell'incidente, rispetto a quanto era stato inizialmente dichiarato dal lavoratore stesso, non veritiera nella parte in cui costui avrebbe dovuto dichiarare di essere salito sul tetto, da cui poi era caduto, all'insaputa del datore di lavoro.

7. Il sesto motivo - con cui si deduce violazione di legge quanto alla incriminazione dell'imputato per il delitto di cui all'art. 378 cod. pen. - è inammissibile, in quanto dedotto in maniera generica e comunque privo di pregio. E' infatti evidente che l'imputato non è stato accusato di auto favoreggiamento, bensì di avere costretto altro soggetto a commettere il reato di favoreggiamento. Peraltro, anche questo motivo non risulta essere stato mai dedotto in appello, pertanto non può essere prospettato per la prima volta in sede di legittimità.

8. Il settimo motivo - con cui si contesta l'incriminazione dell'imputato per il delitto di cui agli artt. 611, 378 cod. pen. di cui al capo c) - è inammissibile perché in fatto e per non essere mai stato dedotto in sede di appello.

9. L'ottavo motivo - con cui si contesta, quanto al capo e), che la richiesta di redazione della nota scritta indicata sia frutto di violenza o di minaccia - deduce l'ennesima censura in fatto, pretendendo da questa Corte di legittimità una non consentita rivalutazione in senso a sé favorevole della prospettata circostanza fattuale, nel senso che l'imputato non avrebbe agito con violenza o minaccia ma si sarebbe limitato solo a segnalare al lavoratore l'opportunità di correggere la falsa rappresentazione dei fatti inizialmente fornita dal D. alle forze dell'ordine. Sul punto, va ribadito che alla Corte di cassazione è preclusa qualsiasi verifica diretta del compendio probatorio, finalizzata ad una eventuale diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dai giudici di merito, secondo i principi già richiamati al p. 4.

10. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo. Va anche disposta la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore della parte civile INAIL, come da dispositivo.

 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile INAIL che liquida in euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 16 febbraio 2022