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Le Circolari della Fondazione Studi
Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
Consiglio Nazionale dell’Ordine


CIRCOLARE NUMERO 11 DEL 18/08/2022
Decreto Trasparenza: ambito applicativo, termini e sanzioni.


SOMMARIO
Premessa
1. Aspetti generali
2. I termini di consegna dei documenti e la integrazione della violazione
3. Informazioni sul rapporto di lavoro
4. Quadro sanzionatorio
4.1 Ancora sull'apparato sanzionatorio
5. Decreto trasparenza: ulteriori obblighi in capo al datore di lavoro
6. Sistemi automatizzati - ulteriori obblighi informativi
7. Diffida obbligatoria: condizioni e durata
8. Diffida: introduzione del doppio termine perentorio
9. Ancora sulla perentorietà del doppio termine e sulla posizione degli enti previdenziali INPS e INAIL

PREMESSA
Le criticità connesse all'entrata in vigore del D.lgs. n. 104/22, con la necessità dell'adempimento agli obblighi connessi a partire dal 13 agosto, sono tali ed effettive da aver suscitato anche nell'ispettorato Nazionale del Lavoro, deputato alla verifica della legittimità degli adempimenti ed all'applicazione dell'apparato sanzionatorio in caso di riscontrato difetto, la verifica di soluzioni applicative più flessibili rispetto a quanto previsto dall'impianto legislativo. È il caso della circolare n. 4/22 dell'INL, analizzata in questo documento. Si completa cosi l'analisi del quadro giuridico relativo alla gestione dei rapporti e dei contratti di lavoro, modificati dal Decreto Trasparenza,
In precedenza, sono state segnalate ripetutamente le criticità del Decreto, che ha creato condizioni gestionali dei rapporti di lavoro che di certo non guardano al futuro, alla semplificazione e alla transizione digitale. Questo a causa di una serie di scelte fatte nella fase di recepimento della Direttiva Comunitaria 2019/1152 che hanno appesantito la gestione dei rapporti di lavoro, con previsioni anche foriere di contenzioso tra le due parti del rapporto. Con la circolare n. 10/22, diramata in collaborazione con il Centro Studi And, sono state fornite le prime indicazioni operative, compresa l'idonea modulistica necessaria per fare fronte al nuovo obbligo.
Ora si completa l'emissione degli strumenti operativi, analizzando l'esplicito rinvio ai Contratti Collettivi ai fini dell'adempimento cosi come si ricava nella circolare dell'INL. Con questo documento ricognitivo viene tracciato dunque un quadro sistematico degli obblighi e del sistema sanzionatorio che, in applicazione dell'istituto della diffida esplicitamente richiamato, può trovare anche un mitigamento al minimo ove l'adempimento avvenga nel termine perentorio di 30 giorni. Su questo tema sono state analizzate tutte le espressioni normative e di prassi, sia del Ministero del Lavoro che dei tre Enti preposti alla vigilanza (Ispettorato del lavoro, Inps e Inail) che con differenti circolari hanno tutti coerentemente confermato la natura del termine. Restano ferme tutte le criticità tempestivamente segnalate al Governo, che meritano nell'immediato futuro una profonda riflessione sul mantenimento o meno dell'intero impianto del Decreto Legislativo in premessa.

1. ASPETTI GENERALI
È alta l'attenzione, e non poche le polemiche, intorno al cosiddetto decreto "Trasparenza", che nel recepire la Direttiva n. 2019/1152 dell'unione europea, avrebbe dovuto attuarne i principi di trasparenza, informazione, conoscenza e prevedibilità del rapporto di lavoro, dichiaratamente perseguiti, ma che invece si è rivelato l'ennesimo orpello burocratico, marchianamente anacronistico per forma e contenuto, costringendo i datori di lavoro alla redazione di complicati - e poco efficaci - documenti composti da numerose pagine, da accompagnare obbligatoriamente al contratto individuale di lavoro, pena sanzioni amministrative piuttosto gravose.
Le criticità connesse all'entrata in vigore del D.lgs. n. 104/22 sono tali ed effettive da aver indotto anche l'ispettorato Nazionale del Lavoro a verificare soluzioni applicative più flessibili rispetto all'impianto draconiano scaturito da una declinazione pedissequa - e verosimilmente poco accorta - delle indicazioni della Direttiva europea. L'INL, infatti, con la circolare n. 4 del 10 agosto, premessa la definizione del quadro applicativo e delle diverse fattispecie previste dalla norma, ha riconosciuto la possibilità di provvedere alle informazioni richieste dal D.lgs. n. 104/22 anche rinviando alla contrattazione collettiva. Eventualità quest'ultima prevista dalla Direttiva ma sorprendentemente trascurata dal decreto che avrebbe dovuto recepirne la ratio, e non a caso fortemente invocata dalla Presidente Calderone con la lettera al Ministro del lavoro del 1° agosto, con la quale venivano sollevate proprio tali contraddizioni del D.lgs. n. 104/22.
Nel recepire le istanze provenute dal CNO per una introduzione dei nuovi pesanti obblighi quanto più possibile ragionevole, in attesa dell'auspicata ed irrinunciabile modifica di un testo di legge per molti aspetti improvvido, la circolare n. 4/22 ha inoltre confermato la possibilità di ricorrere all'istituto della diffida ai sensi dell'art. 13 del D.lgs. n. 124/2004 in caso di verificate irregolarità nell'adempimento agli orpelli del nuovo decreto "Trasparenza", così mitigando nei limiti di quanto consentito de iure condito l'impatto dei nuovi adempimenti. Da ciò la necessità di puntualizzare, verificatane la necessità, i canoni concreti - e noti - dell'istituto della diffida ex art. 13 del D.lgs. n. 124/2004, la portata della sua applicazione con riferimento al decreto "Trasparenza", il significato di questa apertura, giocoforza limitata, per l'applicazione concreta delle nuove norme e le conseguenze di chi dovesse incorrere in errore nella sua applicazione.

2. I TERMINI DI CONSEGNA DEI DOCUMENTI E LA INTEGRAZIONE DELLA VIOLAZIONE
Il nuovo art. 1 comma 3, D.lgs. n. 152/1997, come modificato dall'art. 4 D.lgs. n. 104/22, prevede che: "le informazioni di cui al comma 1 eventualmente non contenute nei documenti di cui al comma 2, lettere a) e b), sono in ogni caso fornite per iscritto al lavoratore entro I sette giorni successivi all'inizio della prestazione lavorativa. Le informazioni di cui alle lettere g), i), l), m), q) e r) possono essere fornite al lavoratore entro un mese dall'inizio della prestazione lavorativa".
Sembra opportuno sottolineare che nella circolare n. 4/2022 l'INL, a pag. 5, precisa che:
- in caso di omessa consegna del contratto individuale di lavoro o copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, verrà sanzionato ai sensi del comma 2 dell'art. 19 D.lgs. n. 276/2003;
- in caso, invece, "di consegna di tali documenti, ove gli stessi risultino incompleti, il datore di lavoro/committente risulterà sanzionabile unicamente dopo che siano scaduti infruttuosamente gli ulteriori termini (7 giorni o un mese) previsti in relazione alla tipologia di informazioni omesse".
L'interpretazione offerta dall'ispettorato nazionale del lavoro suggerisce due considerazioni:
- l'omissione va considerata ab origine una violazione compiuta;
- la consegna dei documenti incompleti diviene violazione soltanto dopo il trascorso dei termini su citati; da ciò si evince che anche di fronte ad un accesso ispettivo, laddove detti termini non siano ancora compiuti, l'ispettore non potrebbe, comunque, notificare diffida al trasgressore.
Quindi, la consegna dei documenti in questione (incompleti) in ogni caso ampia il perimetro di legalità, ovviamente entro i limiti menzionati.
Per documenti incompleti il riferimento è naturalmente rispetto alle informazioni eventualmente non contenute nel contratto o nella copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.

3. INFORMAZIONI SUL RAPPORTO DI LAVORO
Il legislatore, attraverso le rilevanti modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 104/2022, è intervenuto sostituendo integralmente l'art. 1 del D.lgs. n. 152/1997. La novellata disposizione, infatti, prevede che il datore di lavoro pubblico e privato debba comunicare al lavoratore - secondo modalità che verranno argomentate in seguito -precise informazioni:
a) le identità delle parti del rapporto di lavoro comprese quelle dei co-datori di cui all'articolo 30, comma 4-ter e 31, commi 3-bis e 3-ter, del D.lgs. n. 276/2003;
b) il luogo di lavoro. In mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, il datore di lavoro comunica che il lavoratore è occupato in luoghi diversi o è libero di determinare il proprio luogo di lavoro;
c) la sede o il domicilio del datore di lavoro;
d) l'inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore, in alternativa, le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro;
e) la data di inizio del rapporto di lavoro;
f) la tipologia di rapporto di lavoro, precisando in caso di rapporti a termine la data di conclusione o la durata dello stesso;
g) nel caso di lavoratori tramite agenzia di somministrazione del lavoro, l'identità delle imprese utilizzatrici quando e non appena è nota;
h) la durata e le condizioni del periodo di prova, se previsto;
i) il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
l) la durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all'atto dell'informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi;
m) la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
n) l'importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l'indicazione del periodo e delle modalità di pagamento;
o) la programmazione dell'orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un'organizzazione dell'orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile;
p) se il rapporto di lavoro, caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili, non prevede un orario normale di lavoro programmato, il datore di lavoro informa il lavoratore circa:
- la variabilità della programmazione di lavoro, l'ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite;
- le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;
- il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell'inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l'incarico.
q) il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l'indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto;
r) gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso;
s) ulteriori obblighi informativi, previsti dall'art. 1 del D.lgs. n. 152/1997, qualora le modalità di esecuzione della prestazione di lavoro siano organizzate mediante l'utilizzo di sistemi decisionali o monitoraggio automatizzati.

4. QUADRO SANZIONATORIO
La misura delle sanzioni è fissata dal nuovo comma 2 dell'articolo 19 D.lgs. n. 276/2003, inserito dall'art. 5, comma 4 D.lgs. n. 104/2022.
Limitandoci alle violazioni relative alle informazioni da fornire dal datore di lavoro e dal committente in relazione ai contratti di lavoro stipulati dal 13 agosto 2022, nonché ai rapporti di lavoro in corso, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.500 per ogni lavoratore interessato.
Ai sensi dell'articolo 1, comma 3 D.lgs. n. 152/1997, le sanzioni si rendono applicabili trascorsi sette giorni dall'inizio della prestazione lavorativa.
Per le seguenti informazioni, il termine per fornirle è invece di un mese (corrispondente giorno del mese successivo):
- identità delle imprese utilizzatrici, quando e non appena è nota (nel caso di lavoratori dipendenti da agenzia di somministrazione di lavoro;
- il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
- la durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all'atto dell'informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi;
- la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
- il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l'indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto;
- gli enti egli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso.
Le disposizioni transitorie, disciplinate dall'art. 16 D.lgs. n. 104/2022, prevedono che per i rapporti già instaurati alla data del 1° agosto 2022 le informazioni vadano fornite, aggiornate o integrate entro sessanta giorni dalla richiesta del lavoratore.
La sanzione si applica solo in caso di inadempimento del datore di lavoro o del committente alla richiesta del lavoratore già assunto.
Si può notare che, rispetto alla disciplina previgente, in cui si prevedeva una sanzione solo nel caso di inottemperanza all'intimazione dell'ispettorato territoriale del lavoro, il nuovo articolo 4 D.lgs. n.152/1997 ne prevede invece direttamente l'applicazione in caso di mancato o ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi sia in sede di assunzione (art. 1) che in caso di successiva modifica degli elementi già forniti (art. 3).
Si applica peraltro l'istituto della diffida prevista dall'articolo 13 D.lgs. n. 124/2004 di cui infra.
Sono da cogliere con favore le indicazioni fornite dall'INL nella circolare n. 4 del 10 agosto 2022 in ordine alla mancata previsione nel D.lgs. n. 104/2022 della possibilità di rendere alcune informazioni mediante rinvio alle norme del contratto collettivo.
L'INL, a tal proposito, sottolinea che " fermo restando che con la consegna del contratto individuale di lavoro o di copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro [...] il lavoratore deve essere già informato sui principali contenuti degli istituti di cui all'art.1 (ad es. orario di lavoro giornaliero per n. giorni alla settimana; importo retribuzione mensile per numero delle mensilità ecc.), la relativa disciplina di dettaglio potrà essere comunicata attraverso il rinvio al contratto collettivo applicato o ad altri documenti aziendali qualora gii stessi vengano contestualmente consegnati al lavoratore ovvero messi a disposizione secondo le modalità di prassi aziendale.".
Peraltro, la direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili dell'unione europea cui si è data attuazione col D.lgs. n.104/2022, prevede espressamente che alcune informazioni potevano "essere fornite sotto forma di un riferimento alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o statutarie o ai contratti collettivi che disciplinano tali punti" (cfr. art. 4 par. 3), ma inspiegabilmente il decreto non ne ha tenuto conto.

4.1 ANCORA SULL'APPARATO SANZIONATORIO
Ulteriore considerazione riguardante l'aspetto sanzionatorio, riferito agli obblighi di cui all'art. 1, nasce dalla formulazione del nuovo art. 4 dello stesso D.lgs n. 152/1997 che sembrerebbe subordinare gli accertamenti alla previa denuncia del lavoratore. Una suggestiva ipotesi interpretativa, dato il testo della norma, condizionerebbe la possibilità degli accertamenti ispettivi alla denuncia del lavoratore, quasi come se la denuncia mutatis mutandis con il diritto penale, si atteggiasse come condizione di procedibilità. Ipotizzando, per questa via, la teorica distinzione tra illeciti perseguibili a denuncia di parte ed illeciti perseguibili d' ufficio. A parere dello scrivente, la precisazione della formulazione della denuncia, anche se può sembrare pleonastica, non costituisce condizione di procedibilità, sconosciuta come istituto nella materia degli illeciti amministrativi lavoristici, ma serve ad essere concretamente d'ausilio agli organi di vigilanza per metterli in condizione, in fatto ed in diritto, di avere cognizione specifica e diretta della violazione asseritamente subita. La norma inoltre sembra più che altro ribadire la competenza esclusiva dell'INL per gli accertamenti in tale materia.
Di rilievo assoluto, infine, la parte relativa ai comportamenti ritorsivi del datore di lavoro. Il D.lgs, a chiusura del sistema e creando fattispecie sanzionatorie autonome e concorrenti, nelle sue finalità vorrebbe predisporre misure di tutela ulteriori, con il rischio di creare in realtà, data la farraginosità delle procedure, un meccanismo di contenzioso su contenzioso. Si prevede che, nel caso di adozione di comportamenti ritorsivi determinanti comunque effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori o dei rappresentanti che abbiano presentato un reclamo o che abbiano promosso un procedimento, anche non giudiziario, al fine di garantire il rispetto dei diritti di cui al decreto ne consegua , oltre che I' invalidità dell'atto adottato, e salvo I' ipotesi di reato, l'applicazione di una sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 euro La competenza a raccogliere la denuncia è dell'NL. La formulazione è meramente descrittiva del comportamento sanzionato. Vi è al contrario una nozione del comportamento con riferimento a valle degli effetti sfavorevoli prodotti in danno. Senza dubbio invece va riempita di contenuto per: la sua inequivocabile connotazione di dolo e di nocumento arrecato al lavoratore; per la sua riconducibilità secondo un nesso eziologico alla pendenza del procedimento amministrativo o giudiziario o di reclamo in atto. Elementi minimi tutti da ricostruire con rigore ai fini dell'acquisizione di una prova sufficiente per la sussistenza dell'illecito amministrativo. Tutto questo necessita di poteri di cognizione pieni con connessi poteri istruttori che francamente non si vedono a disposizione, per limite di legge, degli ispettori del lavoro pur con l'alta professionalità specialistica che li contraddistingue. Si prevede inoltre, come conseguenza ex lege, la invalidità dell'atto ritorsivo adottato. Ma chi dichiarerà in concreto invalido l'atto? Di sicuro il giudice adito nella fase della tutela giudiziaria nel caso, ad esempio, di ricorso cautelare in via d'urgenza. Ma altrettanto dovrebbe potere fare, ricorrendo i presupposti della ritorsione, l'organo di vigilanza con modalità e forme che vanno chiarite.

5. DECRETO TRASPARENZA: ULTERIORI OBBLIGHI IN CAPO AL DATORE DI LAVORO
Ulteriormente sul piano dell'introduzione delle fattispecie, integranti nuovi e precisi obblighi in capo al datore dì lavoro, si prevede che: “le medesime informazioni sono conservate e rese accessibili al lavoratore ed il datore di lavoro ne conserva la prova della trasmissione o della ricezione per la durata di cinque anni dalla conclusione del rapporto." In tale caso il D.lgs. n. 104/2022 non prevede specifica e diretta sanzione amministrativa e la circolare INL, pur prendendo atto di ciò, conclude nel senso dell'applicazione, in caso di constatata inosservanza del precetto, delle sanzioni previste dall'art. 19, comma 2, del D.lgs. n. 276/03, per come novellato. L'opzione interpretativa che estende al nuovo e distinto precetto dell'obbligo di conservazione e dell'accessibilità dei dati al lavoratore, una sanzione amministrativa non prevista o meglio prevista per la omessa o ritardata o incompleta fornitura dei dati, suscita qualche dubbio per la possibile contestabilità, in sede giudiziaria, della sanzione eventualmente irrogata.

6. SISTEMI AUTOMATIZZATI - ULTERIORI OBBLIGHI INFORMATIVI
Ulteriori obblighi informativi discendono dall' utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati "deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini dell'assunzione o del conferimento dell'incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell'assegnazione di compiti o mansioni, nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori". Dalla lettura della norma si evince: 1) vi è un richiamo espresso non a tutti i sistemi automatizzati ma solo a quelli decisionali e di monitoraggio; 2) sono testualmente richiamati i sistemi "deputati a fornire indicazioni rilevanti" nelle ipotesi successivamente declinate. Il richiamo alla "rilevanza "delle indicazioni pone ovviamente questioni interpretative che si auspica vengano presto risolte, pervia di chiarimento di prassi a cura del Ministero competente e dell'INL, trattandosi di fattispecie dal cui inadempimento discendono conseguenze dirette sul piano sanzionatorio. Sarebbe anche auspicabile che venisse definito il perimetro dei rapporti di lavoro entro il quale scatta tale obbligo ulteriore di informazione. Ad esempio: rapporti di lavoro con prestazioni eseguite a mezzo di piattaforme digitali, ma anche chiarimenti sull'applicabilità al telelavoro e allo smart working. Venendo al quadro sanzionatorio riferito alla fattispecie in esame, si deve sottolineare che dette informazioni debbono essere trasferite "in modo trasparente, in formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico" e per ciascun mese di riferimento. A tale riguardo l'inosservanza consta di tre diverse fasce di portata incrementale con riguardo alla gradualità della sanzione. Si evidenzia, per come chiarito dalla circolare INL, che la violazione delle disposizioni è sanzionata dal nuovo art. 19 comma 2 del novellato Dlgs 276/03 con una sanzione amministrativa da 100 a 750 Euro "per ciascun mese di riferimento", soggetta a diffida ex art 13 D.lgs n. 124/04. Trattasi di una sanzione per fasce, per cui rimanendo ferma la sua applicazione per ciascun mese di riferimento, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori la sanzione amministrativa è da 400 a 1.500 euro. Se invece la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori, la sanzione va da 1.000 a 5.000 euro e, per il particolare disvalore connesso al numero dei lavoratori interessati dalla violazione, non è ammesso il pagamento in misura ridotta e pertanto neanche la procedura di diffida accertativa ex art. 13 del D.lgs n. 124/2004.
Nel caso in cui invece l'omessa informazione riguardi organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, la fattispecie differisce e, secondo prassi, è suscettibile in ogni caso di previa diffida riferita a ciascun mese per cui non è stata adempiuta e si attesta tra un minimo edittale di 400 ed un massimo edittale di 1.500 euro.

7. DIFFIDA OBBLIGATORIA: CONDIZIONI E NATURA
Il disposto del comma 2 dell'art. 13 d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124 prevede che: “In caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido, ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4".
Va in primo luogo sottolineato che ai fini della operatività della procedura di diffida devono realizzarsi due condizioni:
-la constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale (secondo l'interpretazione ministeriale l'inosservanza delle disposizioni del contratto collettivo deve essere considerata in ragione della relativa funzione integrativa del precetto normativo);
-il rilievo da parte del personale ispettivo di inadempimenti per i quali sia prevista l'irrogazione di sanzioni amministrative.
La norma, il cui ambito applicativo è assorbente di tutta la materia del lavoro e della legislazione sociale, ha carattere precettivo e non lascia alcun margine di discrezionalità in capo all'ispettore laddove ricorrano le menzionate condizioni. Ne deriva che la diffida ha da intendersi quale atto amministrativo e non già come procedimento, essendone i contenuti individuati a priori dalla legge e mancandone, come detto, l'aspetto discrezionale.
Alla luce di ciò, può affermarsi che la diffida sia una condizione di procedibilità della notificazione dell'illecito amministrativo.
L'ispettore potrà in ogni caso diffidare alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili. Sul punto il Ministero (cfr. 6 Circ. Min. lav. 30 agosto 2011, n. 23, nella quale vengono riportate delucidazioni in merito agli illeciti diffidabili in tema di LUL) ha affermato che la legge n. 183/2010 ha realizzato una «vera e propria estensione delle inosservanze interessate dalla diffida, atteso che l'avverbio materialmente sembrerebbe voler indicare la possibilità di regolarizzare perlomeno quegli adempimenti di carattere documentale che non attengono esclusivamente ad una tutela psicofisica del lavoratore».

8. DIFFIDA: INTRODUZIONE DEL DOPPIO TERMINE PERENTORIO
Il comma 3 dell'art. 13 dell'art. 13 D.lgs. 23 aprile 2004, n. 124 prevede che “In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l'eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2".
Il legislatore, quindi, introduce un termine perentorio di trenta giorni, entro cui regolarizzare l'inosservanza sanabile, decorrente dalla data di notificazione del verbale, ed un successivo termine perentorio di 15 giorni decorrente dalla scadenza del termine di trenta giorni su citato. Attesa la perentorietà dei termini, va sottolineato che la mancata regolarizzazione entro il termine di trenta giorni determina la impossibilità di accedere al successivo termine di 15 giorni. Quest'ultimo termine, infatti, ha carattere premiale per il trasgressore, che potrà accedervi soltanto dopo avere ottemperato all'invito a regolarizzare di cui alla diffida.
Con riferimento alla problematica inerente alla natura ordinatoria o perentoria del temine per adempiere alla diffida, va detto che con l'art. 33 della legge n. 183/2010 il legislatore ha inteso risolvere la questione ponendo la indicazione tassativa del doppio termine. Infatti, “riguardo alla tempistica entro cui procedere alla regolarizzazione il legislatore ha introdotto il termine di trenta giorni decorrenti dal verbale unico di accertamento, a differenza di quanto avveniva con la vecchia normativa che non individuava alcun temine specifico, lasciandone la fissazione alla discrezionalità degli organi di vigilanza" (cfr. circolare Ministero del lavoro n. 41/2010), creando incertezze interpretative in merito alla natura del termine. Lo stesso Ministero del lavoro afferma la perentoria dei termini nella circolare n. 41/2010 citata.
La individuazione della perentorietà dei termini risulta peraltro evidente nella struttura del contesto normativo, che pone una rigida declinazione della procedura sanzionatoria e del relativo contenzioso.
Infatti, ai sensi dell'art. 13, comma 5, del D.lgs. n. 124/2004, l'adozione della diffida interrompe i termini di cui all'art. 14 della legge n. 689/1981 per la contestazione, mediante notificazione degli illeciti amministrativi riscontrati, fino alla scadenza dei termini per la regolarizzazione e per il pagamento della sanzione minima.
Inoltre, premesso che la diffida non può essere oggetto di autonoma impugnativa, diviene necessario operare in termini differenti a seconda della circostanza in cui, nel verbale unico, siano presenti, contemporaneamente o meno, illeciti diffidabili e/o non diffidabili, prospettandosi differenti ipotesi. In caso di contestazione di:
- illeciti esclusivamente diffidabili, il termine iniziale per la proposizione del ricorso decorre dopo 45 giorni (30 giorni, fissati per la regolarizzazione delle inosservanze contestate più 15 giorni stabiliti ai fine del pagamento della sanzione in misura minima);
- illeciti esclusivamente non diffidabili - contestati ai sensi dell'art. 14 della legge n. 689/81 e dunque autonomamente impugnabili - il termine di 30 giorni per la proposizione del ricorso decorre a far data dalla ricezione della notifica;
- illeciti sia diffidabili che non diffidabili, il termine dal quale è possibile promuovere il ricorso decorre dopo 45 giorni.

9. ANCORA SULLA PERENTORIETÀ DEL DOPPIO TERMINE E SULLA POSIZIONE DEGLI ENTI PREVIDENZIALI INPS E INAIL
La circolare Inps n. 75 del 13 maggio 2011 è molto chiara sul punto, separando le due fasi, coerentemente col dettato normativo:
- sui termini stabiliti per la regolarizzazione delle inosservanze contestate;
- sui termini fissati per il pagamento della relativa sanzione.
In ordine alla regolarizzazione, l'istituto evidenzia come ‘‘il legislatore introduce il termine di 30 giorni decorrenti dalla notificazione del verbale unico di accertamento per la regolarizzazione e non attribuisce più alla discrezionalità degli organi di vigilanza la fissazione di tale termine - come avveniva nella vecchia disciplina. La definizione di un termine perentorio risulta funzionale anche, come di seguito evidenziato, alla verifica della tempestività della proposizione del ricorso...".
Anche l'Inail è in linea con le indicazioni ministeriali.
Inizialmente, con la circolare Inail n. 36 del 2011, confermava quanto sopra asserito, precisando al paragrafo 2.3.3 che "Il legislatore, rispetto alla vecchia disciplina, introduce anche termini certi e perentori per la regolarizzazione delle violazioni materialmente sanabili e per il successivo pagamento della sanzione amministrativa in misura premiale". L'Inail sottolinea che “il testo originario dell'art. 13 del D.lgs. n. 124/2004 prevedeva, da parte del personale ispettivo, l'obbligo della diffida nei confronti del datore di lavoro a regolarizzare le inosservanze comunque materialmente sanabili, fissando il relativo termine, mentre il novellato art. 13 prevede per il trasgressore o l'obbligato in solido un termine di trenta giorni - decorrenti dalla data di notificazione del verbale unico di accertamento - per la regolarizzazione degli illeciti, ed un termine di quindici giorni - decorrenti dalla scadenza del termine per regolarizzare - per il pagamento delle sanzioni richieste”.
Quindi, vengono individuati due momenti distinti: il primo la regolarizzazione; il secondo il pagamento delle somme previste.
L'Istituto poi affrontava la tematica inerente alla prova della regolarizzazione, sottolineando che:
- "Il procedimento sanzionatolo si estingue con il pagamento delle somme in misura minima, a condizione dell'effettiva ottemperanza alla diffida stessa e sempre che il trasgressore fornisca prova al personale ispettivo dell'avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste";
- “nel caso in cui, come espressamente previsto dalla norma, tale prova non è fornita, il verbale unico produce, nei confronti del trasgressore e dell'eventuale obbligato in solido, gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati e, quindi, con obbligo di corrispondere, ai sensi dell'art. 16 della legge 689/81, la sanzione amministrativa in misura ridotta";
- “gli stessi effetti saranno prodotti laddove il trasgressore, pur avendo fornito la prova dell'avvenuta regolarizzazione, non provveda - entro il 45° giorno dalla notifica del verbale - al pagamento delle somme richieste in misura minima (30 giorni per l'adempimento della diffida più ulteriori 15 giorni per il pagamento della sanzione minima)".
Appariva, invece, del tutto in contrasto con quanto sopra precisato l'ulteriore capoverso nel quale l'istituto asseriva che:" complessivamente il trasgressore o l'obbligato in solido hanno 45 giorni di tempo per svolgere materialmente l'adempimento previsto dalla diffida''. Detto adempimento può essere svolto anche oltre i 30 giorni, purché improrogabilmente e non oltre il 45° giorno dalla notifica del verbale unico contenente il provvedimento di diffida".
Tale asserzione, oltre ad essere in contrasto con quanto espresso nella circolare stessa, sopra riportato, in tema di perentorietà dei termini, risultava non coerente con il testo legislativo, in quanto dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dell'art. 13 D.lgs. n. 124/2004 si evince in modo inequivocabile la netta distinzione perentoria ed essenziale dei due adempimenti (regolarizzazione entro 30 giorni e successivo pagamento entro 15 giorni) voluti dal legislatore, il quale prevede che: “entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4 (comma 2).... In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l'eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2. (comma3)".
Nella sua interpretazione l'Inail (interpretazione mai avallata dal Ministero del lavoro, che anzi nella circolare n. 41 /2010 afferma la perentorietà di entrambi i termini) aveva fuso in uno i due distinti termini previsti dalla legge, considerando il termine complessivo di 45 giorni e non i due differenti termini di 30 e 15 giorni, dimenticando, inoltre, che tali termini
fanno riferimento a due autonomi obblighi giuridici, essendo due gli adempimenti ed i beni giuridici tutelati: 1) il ripristino della legalità (per il primo termine di trenta giorni; 2) la giusta espiazione della pena in misura ridotta a titolo premiale (per il secondo termine). Tuttavia, l'Inail, nei documenti di prassi più recenti, abbandona tale isolato orientamento. Infatti, nella circolare n. 24 del 9 settembre 2021 (a differenza di quella precedente n. 36/2011 sopramenzionata) sottoposta al parere preliminare positivo dell'ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 20 agosto 2021, allineandosi con l'interpretazione già fornita dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 41/2010, non ripropone più la tesi secondo cui, complessivamente, il trasgressore o l'obbligato in solido avrebbero avuto 45 giorni di tempo per svolgere materialmente l'adempimento previsto dalla diffida, ovvero che detto adempimento si sarebbe potuto svolgere anche oltre i 30 giorni, purché improrogabilmente non oltre il 45° giorno dalla notifica del verbale unico contenente il provvedimento di diffida.
 

A cura di:
Giuseppe Buscema, esperto Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
Luca De Compadri, esperto Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
Giuseppe Patania, Dirigente Ispettorato Nazionale del Lavoro*
Pasquale Staropoli, esperto Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

 

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fonte: ordinecdlna.it