Responsabilità del direttore della Canale Aeroporti/Stazioni Italia per non avere efficacemente vincolato, al fine di evitarne la caduta accidentale, le bombole di CO2 presenti lungo il passaggio sul quale stava lavorando l'infortunato, e per aver mantenuto il passaggio del magazzino ingombro di siffatte bombole, così ostacolando la normale circolazione del passaggio.

Era accaduto che un dipendente presso un esercizio "Spizzico" gestito dalla Società Autogrill s.p.a., era salito su una scala per sistemare degli scatoloni sugli scaffali del magazzino posti a circa due metri di altezza; nello scendere, i suoi abiti si erano impigliati in una bombola vuota di CO2, abbandonata nel luogo di passaggio in prossimità degli scaffali e questa, non essendo vincolata, era caduta, schiacciando il piede dell' A., che aveva riportato lesioni consistite nella frattura della prima e quinta falange del piede sinistro.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile.

"L'imputato, essendo stato delegato quale responsabile dell'attuazione, organizzazione e vigilanza delle misure antinfortunistiche e di igiene del lavoro con potere decisionale e autonomo di spesa, doveva porre in essere un controllo che gli permettesse di verificare l'attuazione delle previdenze e dei dispositivi che impedissero il verificarsi degli infortuni".

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente

Dott. MARZANO Francesco - rel. Consigliere

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. MAISANO Giulio - Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.P., n. in (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 12.2.2008;

Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal Consigliere Dott. Francesco Marzano;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Febbraro Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore del ricorrente, avv. Malavenda Caternina, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Osserva:

Fatto

1. Il 12 febbraio 2008 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza in data 12 ottobre 2005 del Tribunale della stessa città, con la quale C.P., riconosciutegli le attenuanti generiche e quella di cui all'art. 62 c.p., n. 6 (così poi corretta la iniziale indicazione del n. 4), equivalenti alla contestata aggravante, era stato condannato a pena ritenuta di giustizia per imputazione i cui all'art. 590 c.p., art. 583 c.p., comma 1.

Riferivano i giudici del merito che il 10 luglio 1972 A.A. Y., dipendente presso un esercizio "Spizzico" in (OMISSIS), gestito dalla Società Autogrill s.p.a., era salito su una scala per sistemare degli scatoloni sugli scaffali del magazzino posti a circa due metri di altezza; nello scendere, i suoi abiti si erano impigliati in una bombola vuota di CO2, abbandonata nel luogo di passaggio in prossimità degli scaffali e questa, non essendo vincolata, era caduta, schiacciando il piede dell' A., che aveva riportato lesioni consistite nella frattura della prima e quinta falange del piede sinistro, con una malattia ed una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo ritenuto superiore ai quaranta giorni.

Si era contestato all'imputato, quale direttore della Canale Aeroporti/Stazioni Italia, di aver cagionato per colpa quelle lesioni, per non avere efficacemente vincolato, al fine di evitarne la caduta accidentale, le bombole di CO2 presenti lungo il passaggio sul quale stava lavorando l'infortunato, e per aver mantenuto il passaggio del magazzino ingombro di siffatte bombole, così ostacolando la normale circolazione del passaggio.

I giudici dell'appello confermativamente ritenevano che la durata della malattia aveva superato i quaranta giorni, donde la perseguibilità di ufficio del reato; che sussistevano gli addebitati profili di colpa; che questi erano riferibili a tale imputato, "essendo stato delegato quale responsabile dell'attuazione, organizzazione e vigilanza delle misure di sicurezza antinfortunistiche e di igiene del lavoro con potere decisionale e autonomo di spesa".
 
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputato, per mezzo del difensore, denunziando:

a) il vizio di motivazione. Deduce che illegittimamente la Corte territoriale aveva ritenuto i motivi di appello reiterativi di questioni già sollevate nel corso del giudizio di primo grado, limitandosi a riportarsi alla "articolata motivazione del Tribunale", ed essendosi, invece, nei motivi di appello, dedotte questioni afferenti ad una richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, al travisamento del fatto, all'elemento psicologico del reato;

b) il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 521 c.p.p.:

la Corte territoriale aveva ritenuto imputabile al ricorrente la circostanza "di non aver verificato l'attuazione delle previdenze e dei dispositivi che impedissero il verificarsi di infortuni", e tanto non gli era stato contestato;

c) il vizio di motivazione sul punto concernente la dedotta improcedibilità dell'azione penale: lamenta il ricorrente che illegittimamente i giudici dell'appello avevano ritenuto essersi nella specie determinata una malattia guaribile oltre il quarantesimo giorno;

d) il vizio di motivazione "in ordine alla ritenuta sussistenza della colpa in capo all'appellante ...". Assume che non è vero che lo Y. fosse "salito su una scala per sistemare degli scatoloni sugli scaffali del magazzino" ...; al contrario egli si era arrampicato direttamente sugli scaffali, come dallo stesso dichiarato nel corso del proprio esame ..., ponendo in essere in tal modo un comportamento imprudente, pericoloso e contrario alle norme interne di Autogrill ... Non è vero che la bombola "incriminata" fosse "abbandonata nel passaggio" ... Non è vero che l'inottemperanza alle prescrizioni di legge fosse per così dire "strutturata" e abituale..."; nessun rilievo probatorio era stato attribuito alla circostanza che il fornitore delle bombole di CO2 aveva iniziato a consegnarle con diverse settimane di anticipo rispetto ai tempi concordati; non si era considerato che tale "situazione imprevista ... non era stata portata in alcun modo a conoscenza dell'imputato ...";

e) il vizio di motivazione "in ordine al dedotto travisamento del fatto e alla conseguente ritenuta sussistenza del nesso di causalità ...". Posto che "non è vero che lo Y. fosse salito su una scala ... e neppure che la bombola ostruisse il passaggio", "il totale travisamento del fatto, relativamente alla dinamica del fatto, ha determinato ... una sostanziale mancanza di motivazione in ordine alla (ritenuta) sussistenza del nesso di causalità...".

Diritto
 
3. Il ricorso è inammissibile, essendo manifestamente infondati i motivi addotti a suo sostegno.

Invero, quanto al primo, quarto e quinto motivo di gravame, che conviene esaminare congiuntamente per la interdipendenza che li connota, i giudici del merito hanno dato atto che l' A. "era salito su una scala per sistemare degli scatoloni sugli scaffali del magazzino posti a circa 2 metri di altezza", come riporta la integrativa sentenza di prime cure cui quella ora impugnata fa legittimo riferimento, a tale conclusione pervenendo evidentemente esaminando, e valutando, nei termini espressi, anche le dichiarazioni della persona offesa rese nel corso del proprio esame (come richiama il ricorrente); e, ricostruita la dinamica del fatto anche sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, ha osservato quel giudice che queste, apparivano "del tutto credibili per l'assoluto disinteresse del predetto, che continua a svolgere la propria attività lavorativa presso l'Autogrill, che è stato integralmente risarcito, che non sì è costituito parte civile, sono riscontrate dall'ispezione ...".

Implicitamente prospettandosi, quanto a tale ricostruzione del fatto, un vizio di motivazione sussumibile nella previsione del novellato art. 606 c.p.p., comma 2, lett. e) per ciò che concerne le succitate dichiarazioni della persona offesa, risulta dal relativo atto che, in quella sede di esame testimoniale, la persona offesa aveva solo dichiarato che "ero salito su uno scaffale per sistemare la merce e vicino c'era una bombola del gas ...". Appare del tutto logicamente evidente che il "salire su uno scaffale" presupponesse l'uso di una scala per accedere a quel sito, non riuscendo a scorgersi come altrimenti quella manovra, con la merce da sistemare, potesse essere eseguita, con del tutto incongrui ed illogici comportamenti di scalata.

Peraltro, se per un verso, ed in ogni caso, pur dovendosi logicamente escludere che "egli si era arrampicato direttamente sugli scaffali" con attribuiti comportamenti quasi scimmieschi, nessun accertamento in tal senso essendo rinvenibile dal testo dei provvedimenti di merito, tale addotta diversa circostanza neppure assumerebbe decisivo rilievo sotto il profilo causale, giacchè rimane, comunque, che l'infortunio ebbe a verificarsi perchè la bombola vuota in questione non era idoneamente assicurata ed era stata "lasciata abbandonata nel passaggio in prossimità degli scaffali dove stava operando l' A.", sicchè, cadendo, colpì e schiacciò il piede dell'infortunato.

Ciò posto, la integrativa sentenza di prime cure ha evidenziato che, a seguito della ispezione condotta da tecnici dell'A.S.L., si era accertata "la presenza presso l'esercizio, anche nel periodo successivo all'infortunio, sia di bombole vuote che ingombravano il passaggio in prossimità degli scaffali, sia di bombole piene, tutte prive di sistema di vincolo", e lo stesso direttore del punto di vendita di quell'Autogrill "ha ammesso la presenza, benchè nella sola epoca del sinistro, di bombole non efficacemente vincolate presso l'esercizio, pur rilevando che ciò era stato determinato da un problema contingente, costituito, nell'estate 2002, dal cambio del fornitore ..." (situazione asseritamente "contingente" che, evidentemente, non escludeva affatto, comunque, che, anche in essa, venissero assicurate le misure atte ad evitare eventi lesivi per i lavoratori addetti ai relativi lavori).
Ha chiaramente rilevato la integrativa sentenza di primo grado che "l'inottemperanza a tali prescrizioni di legge non è stata occasionale e connessa ad una problema contingente, ma che tali disposizioni, benchè astrattamente previste nel vademecum dell'Autogrill, non erano in realtà osservate sino al momento dell'ispezione dell'A.S.L."; ed alla stregua di tanto, del tutto logicamente e coerentemente la sentenza ora impugnata ha ritenuto che "l'imputato, essendo stato delegato quale responsabile dell'attuazione, organizzazione e vigilanza delle misure antinfortunistiche e di igiene del lavoro con potere decisionale e autonomo di spesa, doveva porre in essere un controllo che gli permettesse di verificare l'attuazione delle previdenze e dei dispositivi che impedissero il verificarsi degli infortuni".

Del tutto destituito di fondamento è il secondo motivo di censura, concernente la dedotta violazione dell'art. 521 c.p.p.. Per aversi, difatti, mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da pervenirsi ad una diversità o ad un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione, da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; e la relativa indagine in ordine alla correlazione fra imputazione contestata e sentenza non va esaurita nel pedissequo e mero confronto letterale fra contestazione e sentenza, giacchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (così, ex plurimis, Cass., Sez. Un., 19 giugno 1996, n. 16), come nella specie è sicuramente avvenuto.

Quanto al terzo motivo di ricorso, sulla dedotta improcedibilità dell'azione penale per mancanza di querela, la sentenza impugnata ha dato ampia e puntuale contezza della ritenuta sussistenza di una malattia protrattasi oltre il quarantesimo giorno, richiamando le varie certificazioni mediche acquisite agli atti; ed altrettanto puntualmente si era al riguardo soffermato il giudice di primo grado.

Tale apparato argomentativo si appalesa del tutto immune da rinvenibili vizi di illogicità, che, peraltro, la norma vuole dover essere manifesta, cioè coglibile immediatamente, ictu oculi.

Sulla non disposta rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, di cui è cenno, deve, infine, considerarsi che, ai sensi dell'art. 603 c.p.p., comma 1, il giudice dell'appello è tenuto a disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale solo se "ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti"; il positivo esercizio di tale potere, dunque, è vincolato alla condizione della riscontrata incompletezza dell'indagine dibattimentale, alla ritenuta impossibilità, cioè, di poter decidere in mancanza di tale rinnovazione istruttoria: tale giudizio è rimesso alla valutazione del giudice del merito ed è incensurabile, se correttamente motivata, in sede di legittimità: ed anche al riguardo la sentenza impugnata ha dato puntuale e del tutto logica motivazione, spiegando perchè "ha ritenuto non necessario sentire la dott.ssa G., nè disporre una c.t.u. ...".

La rilevata inammissibilità del gravame avrebbe precluso anche il rilievo della eventuale prescrizione frattanto intervenuta: questa, tuttavia, non si è, in ogni caso, allo stato maturata, giacchè, verificatosi il fatto di reato il (OMISSIS), deve tenersi conto del periodo di sospensione del relativo termine dalla udienza del 23 novembre 2007 a quella del 12 febbraio 2008, per adesione del difensore alla astensione dalle udienze proclamata dall'organo professionale.

4. Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente, come evidenziata dallo stesso vizio genetico rilevato (Corte Cost, sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle spese del procedimento e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010