Categoria: Giurisprudenza civile di merito
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Tribunale Ordinario di Brescia, Sez. Lav., 22 agosto 2022, n. 1008 - Mancato completamento del ciclo vaccinale obbligatorio per i sanitari e sospensione dalla retribuzione. Trasmessi gli atti alla Corte Costituzionale


 


TRIBUNALE ORDINARIO di BRESCIA
lavoro, previdenza ed assistenza obbligatoria

Il Giudice del Lavoro dott. Mariarosa Pipponzi,
a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 04/07/2022, ha pronunciato la seguente


ORDINANZA DI RIMESSIONE ALLA CORTE COSTITUZIONALE

 




RILEVATO CHE
____________ premesso di essere dipendente della ______________ a tempo indeterminato con decorrenza dal 28 dicembre 2007 con mansioni di ostetrica e di essere in possesso di plurime specializzazioni che le consentirebbero di svolgere anche attività non a diretto contatto con gli utenti del servizio, ha chiesto l'annullamento del provvedimento con cui la datrice di lavoro l'aveva sospesa dalla attività lavorativa e dalla retribuzione;
- ______________ ha riferito di aver adempiuto all'obbligo vaccinale primario essendosi sottoposta all'inoculazione delle prime due dosi, ma di non essersi sottoposta alla terza in quanto, dopo due mesi dalla seconda inoculazione, aveva contratto il virus Sars-Cov 19 sicché in data 24 dicembre 2021 era risultata positiva come da documentazione che allegava.
Nonostante la sua completa immunizzazione, il Consiglio dell'Ordine ________ procedeva alla sua sospensione in data 23 maggio 2022 cui faceva seguito, il 30 maggio 2022, la comunicazione della datrice di lavoro con cui veniva sospesa dal lavoro e dalla retribuzione e, nel contempo, le negava alcuna possibilità di ricollocazione;
- ha eccepito l'illegittimità dell'obbligo vaccinale dei sanitari sotto vari profili, ed in particolare per i soggetti già immunizzati, in relazione agli articoli 1,2,3,4,9,21,32,33,34,35, 36 e 97 della Costituzione;
- ha lamentato che la mancata previsione dell'obbligo di repèchage non troverebbe alcuna giustificazione nella finalità che la stessa norma indica e sarebbe comunque lesiva delle disposizioni di cui all'art. 32 Cast., nonché degli artt. 1, 2,3,4,35,36 e 97 Cast. essendo il sacrificio del diritto al lavoro la extrema ratio come la giurisprudenza anche della Corte di Cassazione aveva sempre ribadito. Inoltre era misura ciel tutto sproporzionata ed irragionevole in quanto tale possibilità era prevista nella fase cli emergenza, quando il virus non si conosceva e non si avevano dati, mentre era stata soppressa a stato di emergenza concluso ed a cure trovate;
- in relazione alla mancanza di retribuzione ed alla esclusione anche dell'assegno alimentare, la ricorrente ha rilevato la violazione degli articoli 1,2,3,4,35 e 36 della Costituzione e richiamato il contenuto di precedenti ordinanze di rinvio alla Corte Costituzionale;
- __________________ ha concluso chiedendo, stante la sua condizione di soggetto immunizzato, la riammissione in servizio sul posto di lavoro anche in altre mansioni con il pagamento della retribuzione previo accertamento dell'illegittimità della sospensione disposta dalla datrice di lavoro e previa disapplicazione della delibera n. 15 del 19 maggio 2022 del Consiglio dell'Ordine. In subordine ha chiesto quantomeno la corresponsione dell' assegno alimentare di cui all'art. 42 Del CCNL sanità privata per il sostentamento proprio e della propria famiglia, lamentando il sostanziale stato di indigenza in relazione al quale offriva documentazione ;
- si è tempestivamente costituita in giudizio la sola ______________ sollevando, in via preliminare, eccezione di carenza di giurisdizione e, nel merito, replicando analiticamente ai rilievi di parte ricorrente anche in punto possibilità di repéchage affermando che " le norme in esame appaiono indenni da censure di costituzionalità" .


OSSERVA
Quanto al difetto di giurisdizione


In termini generali, in forza del combinato disposto degli art!. 24, 103, 113 Cost. e 7 c.p.a., il criterio generale di riparto della giurisdizione è fondato sulla natura della situazione giuridica dedotta (c.d. causa petendi o petitum sostanziale) e quindi il Giudice amministrativo può essere adito esclusivamente laddove la posizione giuridica fatta valere in giudizio sia qualificabile in termini di interesse legittimo salvi i casi, specificamente previsti dalla legge, nei quali, essendo stabilita la giurisdizione esclusiva del O.A., quest'ultimo possa anche eccezionalmente conoscere di situazioni di diritto soggettivo. Merita osservare che, "sebbene l'imposizione del!'obbligo vaccinale nei confronti dei sanitari sia dichiaratamente strumentale alla soddisfazione di due interessi pubblici, quello alla tutela della salute collettiva, da un lato, e quello al mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nel!'esercizio delle prestazioni "sanitarie" (che contemplano cura e assistenza). dall'altro, il legislatore non ha inteso declinare le conseguenze della omissione con la previsione di "sanzioni'' (amministrative, disciplinari, penali) con attribuzione del relativo potere autoritativo di irrogazione in capo ad un'Amministrazione pubblica (anche, eventualmente. sanitaria), ma ha orientato tutta la disciplina correlata all'adempimento del suddetto obbligo in funzione della possibilità, per il professionista o l'operatore sanitario, di svolgere la sua attività lavorativa, sia essa autonoma o subordinata."... pertanto " la previsione della sospensione è stata strutturata dal legislatore in termini di termini di inidoneità temporanea alla prestazione lavorativa, categoria tipicamente riconducibile alle fattispecie tanto del lavoro privato (art. 41. d.lgs. n. 81 del 2008) che del pubblico impiego (art. 55 octies, d.lgs. n. 165 del 2001), e che. nella specie, viene valorizzata dal legislatore anche, in termini più generali. ai fini del corretto esercizio della professione regolamentata in albi." ( così Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto ( sezione terza) nella sentenza N. 00142/2022 REG.PROV.COLL. pubblicata in data 20 gennaio 2022) . In effetti, secondo il dato testuale dell'art. 4 DECRETO­ LEGGE 1 aprile 2021, n. 44 conv. dalla L. 28 maggio 2021, n. 76 (in G.U. 31/05/2021, n. 128) come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. b), D.L. 26 novembre 2021, l'accertamento dell'inadempimento non è certo espressione di esercizio di pubblici poteri essendo effettuato dagli Ordini sulla scorta di un mero riscontro documentale, per mezzo di un atto definito esplicitamente avente natura dichiarativa e non disciplinare.
 

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Quanto all'ammissibilità delle questioni di costituzionalità sollevate in sede cautelare :

la Corte Costituzionale si è ripetutamente espressa in senso favorevole in quanto non risulti esaurita la potestas judicandi , circostanza che non ricorre nel caso di specie, venendo emanata con separato atto contestualmente al presente provvedimento, solo una misura cautelare interinale, la quale è provvisoria e rimarrà efficace fino alla Camera di Consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte Costituzionale ed è quindi da intendersi condizionata agli esiti dello scrutinio di costituzionalità richiesta ( in tal senso Corte Costituzionale 9 maggio 2013 n. 83 e Corte Costituzionale 30 gennaio 2018 n. 10)
 

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Questo giudice ritiene che le questioni di costituzionalità segnalate dalla difesa della ricorrente siano parzialmente fondate:

a) l'art. 4 comma 7 D.L.n.44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n.76 con le modifiche introdotte dal D.L. n. 172/2021 conv. con modificazioni dalla L. 21 gennaio 2022, n. 3, nella patte in cui prevede che l'adibizione a mansioni diverse senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS- COV-2, è ammessa solo per il periodo in cui la vaccinazione di cui al comma 1 è omessa o differita, pone dubbi di compatibilità con gli articoli 3 e 4 della Costituzione sotto il profilo della disparità di trattamento, della irragionevolezza e sproporzionalità e della lesione del diritto al lavoro e pertanto tale questione va rimessa alla Corte Costituzionale;
b) l'art. 4 comma 5 del D.L.n.44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n.76 nella parte in cui recita " Per il periodo d; sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati" pone dubbi di compatibilità con gli articoli 2 e 3 del la Costituzione e pertanto tale questione va rimessa alla Corte Costituzionale.


Quanto alla rilevanza


la ricorrente è dipendente del dipendente della tempo pieno e indeterminato con mansioni di ostetrica e quindi è soggetto tenuto ad adempiere l'obbligo vaccinale;
la ricorrente si è sottoposta al ciclo vaccinale primario, ma non si è sottoposta alla terza dose avendo nel frattempo contratto il virus reputandosi soggetto definitivamente immunizzato;
la ricorrente è stata sospesa con provvedimento del 23 maggio 2022 dall'Albo professionale e dal lavoro con decorrenza dal 30 maggio 2022 e la sua sospensione dal servizio è prevista sino al 31 dicembre 2022;
la ricorrente ha contestato la sospensione ed offerto di rendere la prestazione anche mediante assegnazione di altre mansioni;
la ricorrente agisce in via di urgenza per ottenere sia la riammissione in servizio anche in altre mansioni sia il riconoscimento dell'assegno alimentare previsto dal CCNL all'art. 42 che recita "Al dipendente sospeso cautelativamente è concesso un assegno alimentare nella misura non superiore alla metà dello stipendio,oltre gli assegni per carichi di famiglia";
Ciò premesso, ritiene questo Giudice che:
a) la locuzione utilizzata dall'art. 4 comma 7 D.L.n.44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021, n.76 , nella formulazione attuale, non consente di riconoscere alla lavoratrice il diritto ad essere reintegrata ed essendo norma speciale non pare percorribile né la strada dell'interpretazione costituzionalmente orientata sulla base degli articoli 3 e 4 della Costituzione, né quella della disapplicazione invocata per contrasto con la Carta dei Diritti Fondamentali della UE. Infatti l'obbligo imposto al giudice remittente di vagliare, prima di sollevare la questione di legittimità costituzionale, la percorribilità di tutte le ipotesi ermeneutiche astrattamente possibili per attribuire alla norma un significato non incompatibile con i principi costituzionali incontra il limite invalicabile costituito dalla formulazione letterale della disposizione. Modificando la originaria formulazione del D.L. n.44\2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021, il legislatore ha esplicitato la chiara volontà di porre la nuova disciplina in rapporto di discontinuità con quella precedente e di estromettere perciò tutti gli esercenti le professioni sanitarie inadempienti all'obbligo vaccinale dall'esercizio di tutte le attività.
Sicché la sopravvenuta modificazione della disciplina legislativa preclude a questo giudicante in assoluto ogni possibilità di una interpretazione restrittiva in contrasto con la formulazione letterale. Per quanto riguarda, invece, la possibilità di disapplicazione per contrasto con la Carta dei diritti fondamentale della UE, è sufficiente evidenziare che la materia degli obblighi vaccinali non costituisce in sé oggetto di una disciplina dell'Unione e rispetto ad essa ogni Stato mantiene nell'ordinamento interno ampio margine cli autonomia, come si ricava dalla adozione di misure differenziate tra gli Stati membri in merito alla previsione di vaccinazioni obbligatorie. Secondo la costante giurisprudenza della CGUE i diritti fondamentali garantiti nell'ordinamento giuridico dell'Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell'Unione, ma non al di fuor di esse. La Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato (da ultimo con sentenza n. 194 del 2018) che le disposizioni della Carta sono applicabili agli Stati Membri, solo quando questi agiscono nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione (Corte Cost.le sent. nn. 63/2016 e n 111/2017). Ciò in quanto l'art. 51 della Carta dei diritti fondamentali è rigoroso nel prevederne l'applicabilità alle istituzioni, organi e organismi dell'Unione e agli Stati "esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione" (par. l), e questi soggetti, che rispettano i diritti e osservano i principi, ''ne promuovono l'applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto delle competenze conferite all'Unione nei Trattati" (par. 1). Viene ribadito il contenuto dell'art. 6 TUE, affermando che (par. 2) la Carta "non estende l'ambito di applicazione del diritto dell'Unione al di là delle competenze dell'Unione, nè introduce  competenze nuove o compiti nuoci per l'Unione, nè modifica le competenze e i compiti definiti nel Trattato. In tal senso, la forza espansiva dei diritti fondamentali trova dunque un limite nel principio di attribuzione delle competenze che caratterizza la struttura istituzionale o costituzionale dell'Unione, con conseguente impossibilità, nel caso di specie, di ravvisare gli estremi per una diretta applicazione della normativa euro-unitaria ovvero per una corrispondente disapplicazione della normativa interna. Al contempo, occorre osservare che l'esito del presente giudizio risulta dipendere dalla conformità o meno dell'art. 4 comma 7 D.L. n. 44/2021, conv. dalla legge 28 maggio 2021 n. 76, alle norme della Carta fondamentale, in quanto il ricorso promosso da _____________ dovrebbe essere accolto - solo - ove tale disposizione venisse ritenuta in contrasto con la Costituzione nella parte in cui il legislatore ha limitato la possibilità di essere adibiti a "mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2", esclusivamente ai soggetti esentati dal!'obbligo vaccinale ovvero a coloro che hanno ottenuto il differimento per il periodo di durata dello stesso, mentre non è stata prevista nei confronti dei dipendenti che si siano deliberatamente astenuti dalla vaccinazione o come nel caso di specie, dal completamento del ciclo in quanto soggetti guariti. D'altro canto, la domanda di reintegrazione articolata in relazione al profilo dell'obbligo di repéchage troverebbe nel resto accoglimento, in sede cautelare, in ragione della sussistenza dei presupposti di fumus boni iuris e di periculum in mora. Da un lato, infatti, il datore di lavoro non ha assolto all'onere di dimostrare l'impossibilità di adibirla a mansioni differenti e atte ad evitare il rischio di diffusione del contagio - pur essendo consolidati i principi di diritto secondo cui "in materia di repéchage non sussiste alcun onere di collaborazione da parte del lavoratore, questo gravando esclusivamente sul datore di lavoro" e secondo cui "l'impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse, elemento che, inespresso a livello normativo, trova giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore. L'onere probatorio in ordine alla sussistenza di questi presupposti è a carico del datore di lavoro, che può assolverlo anche mediante ricorso a presunzioni, restando escluso che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili" (Cass., sez. lav., sent. 4.3.2021, n. 6084; ved. altresì, ex multis, Cass., sez. VI, ord. 18.1.2022, n. 1386). Dall'altro lato la ricorrente ha dimostrato che la retribuzione erogatale dalla _______ è fondamentale fonte di sostentamento per lei e per la sua famiglia così che, nel caso di specie, appare sussistente anche un pregiudizio grave, imminente ed irreparabile in relazione alla perdita della possibilità per la lavoratrice di far fronte alle esigenze primarie della vita sua e dei suoi famigliari. Alla luce di tutto ciò, si deve dunque ritenere che il presente procedimento non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale di seguito illustrata e relativa all'articolo 4 comma 7 del D.L. n. 44/2021, conv. dalla legge 28 maggio 2021 n. 76, per come modificato dall'art. 1 comma 1 lett. b) del D.L. n. 172/2021, conv. dalla legge 21 gennaio 2022 n. 3.
Se l'art. 4 comma 7 del D.L.n.44/2021 conv. dalla legge28 maggio 2021 n.76, nella parte in cui limita ai soggetti esentati dall'obbligo vaccinale o a coloro che hanno ottenuto il differimento per il periodo di durata dello stesso. La possibilità di essere adibiti a "mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuziune, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-Cov 2" venisse ritenuta non conforme a Costituzione la domanda di reintegrazione della ricorrente potrebbe trovare accoglimento già in sede cautelare, e da ciò consegue la rilevanza della questione sollevata;
b) l'art. 4 comma 5 del D.L.n.44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n.76 appare inequivoco nello stabilire che per il periodo di sospensione disposta per il mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale "non sono dovuti la retribuzione né altro compenso od emolumento comunque denominato" ;
la locuzione " né altro compenso od emolumento comunque denominato" appare insuscettibile di un interpretazione che consenta di riconoscere alla ricorrente la retribuzione ( in assenza di contro prestazione) o l'assegno alimentare che è, appunto, un emolumento erogato in assenza di prestazione lavorativa;
l'art. 4 comma 5 citato decreto è una disposizione di carattere speciale e di conseguenza non pare percorribile la strada dell'interpretazione costituzionalmente orientata sulla base di parametri invocati dalla parte ricorrente e cioè gli articoli 2 e 3,4, 36 e 97 della Costituzione;
non pare neppure possibile riconoscere il diritto all'assegno alimentare applicando in via analogica l'art. 42 del CCNL che riconosce al dipendente sospeso cautelarmente " un assegno alimentare nella misura non superiore alla metà dello stipendio, oltre gli assegni per carichi di famiglia" essendo tale disposizione specificamente riferita alle sospensioni cautelari derivanti da violazioni aventi rilevanza disciplinare.
Solamente ove l'art. 4 comma 5 del D.L.n.44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n.76 nella parte in cui recita "Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione nè altro compenso o emolumento, comunque denominati" venisse ritenuta non conforme a Costituzione la domanda di assegno alimentare potrebbe trovare accoglimento già in sede cautelare e da ciò consegue la rilevanza della questione sollevata.

Quanto alla non manifesta infondatezza

a) l'obbligo vaccinale previsto per gli esercenti le professioni sanitarie e per il personale sanitario è testualmente finalizzato "alla tutela della salute pubblica" e per mantenere " adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza" ed, a prescindere da ogni considerazione in merito alla sua idoneità a raggiungere lo scopo ( circostanza che la parte ricorrente contesta), non si può che rilevare che il pericolo di diffusione del virus, sia uguale in capo a qualsiasi lavoratore non vaccinato indipendentemente dal fatto che la omessa vaccinazione sia dovuta ad una scelta volontaria oppure ad un accertato pericolo per la sua salute.
A parità di condizione (uguaglianza del pericolo di contagio per gli altri dipendenti, per gli ospiti ), non si comprende allora per quale motivo l'obbligo di repéchage debba sussistere solo a favore dei secondi (soggetti esentati o per i quali la vaccinazione è stata differita) e non anche a favore dei primi. Né potrebbe sostenersi che, in siffatti casi, la differenza di trattamento sia giustificata da esigenze aziendali essendo stato previsto il repechage per gli esentati o differiti senza limitazioni ed essendo stato altrettanto totalmente escluso per gli altri soggetti non vaccinati .
Pertanto si dubita che il comma 7 del citato articolo, nell'attuale formulazione, sia contrario all'articolo 3 e 4 della Costituzione nella parte in cui non prevede che l'obbligo di repechage sussista anche per coloro che scelgono di non vaccinarsi. Ciò in primo luogo per violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione e per irragionevolezza in quanto il diverso trattamento previsto per coloro che hanno deciso di non vaccinarsi e coloro che non possono vaccinarsi ( in quanto esenti o differiti) non appare sostenuto da alcuna giustificazione. Inoltre, nel precludere al personale non vaccinato per libera scelta la possibilità di lavorare- anziché applicare altre soluzioni quali, solo per fare degli esempi, il controllo tramite test di rilevazione del virus e l'assegnazione a mansioni diverse, ove possibili - lo Stato viene meno al compito di rendere effettivo il diritto al lavoro (ex articolo 4 della Costituzione) ed introduce una misura che si espone al dubbio di rivelarsi eccessivamente sbilanciata e sproporzionata, ad eccessivo detrimento del valore della dignità umana stante la compressione assoluta del diritto al lavoro destinata a permanere sino al 31 dicembre 2022, anche oltre il termine dello stato di emergenza e solo per alcuni lavoratori. Né la temporaneità della misura interdittiva adottata dal legislatore è idonea di per sé a giustificare il sacrificio totale degli interessi antagonisti atteso che la stessa è in grado di produrre effetti gravemente pregiudizievoli per siffatta categoria di lavoratori, privati di ogni possibilità di svolgere attività lavorativa, vieppiù alla luce della disposta proroga. Si rammenta infatti che secondo l'art. 4 comma 1 citato decreto "La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. "
A ciò si aggiunga che 1'originaria formulazione delle norma prevedeva la possibilità di attribuire al dipendente non vaccinato, seppure solo ove possibile, mansioni diverse. Quanto alla compatibilità dell'intervenuta modifica che ha escluso tale possibilità, con il principio della ragionevolezza, corollario del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 comma secondo dalla Costituzione, si dubita altresì della razionalità dell'estensione del divieto di svolgere qualsiasi attività lavorativa - incluse quelle che non comportano alcun rischio di diffusione del contagio da SARS - COV-2 - in relazione ai fini primari della tutela della salute pubblica e del mantenimento "di adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza" . Questo Giudice non dubita che il legislatore nella sua discrezionalità possa aggravare gli effetti dell'accertamento della violazione di un obbligo, ma deve comunque individuare degli specifici presupposti che siano idonei a giustificare detto aggravamento. Tali presupposti non risultano individuati atteso che, rispetto alla disciplina previgente, lo scopo primario che la norma intende perseguire, ossia quello della tutela della salute pubblica in una situazione emergenziale epidemiologia mediate la garanzia dell'accesso alle cure, alle prestazioni sanitarie in genere in condizioni di sicurezza è rimasto sostanzialmente immutato. Così come sono immutate le esigenze connesse alla tutela della sicurezza negli ambienti di lavoro. Tale modifica con la quale si sospende dal lavoro e dall'intera retribuzione il lavoratore che non intende vaccinarsi, senza prevedere alcuna soluzione alternativa o intermedia, appare quindi del tutto irragionevole e cet1amente sproporzionata allo scopo che la normativa si prefigge.

b) la ricorrente agisce anche per ottenere il riconoscimento dell'assegno alimentare previsto in via generale per i lavoratori sospesi dall'art. 42 CCNL di comparto che recita "Al dipendente sospeso cautelativamente è concesso un assegno alimentare nella misura non superiore alla metà dello stipendio, oltre gli assegni per carichi di famiglia" ;
l'art. 4 comma 5 del D.L.n.44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n.76 sul punto appare inequivoco nello stabilire che per il periodo di sospensione disposta per il mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale " non sono dovuti la retribuzione né altro compenso od emolumento comunque denominato' ;
l'assegno alimentare (un emolumento erogato in assenza di prestazione lavorativa) ha natura pacificamente assistenziale (cfr. Consiglio di stato sez. III -15 giugno 2015 n.2939 Tar Lombardia Sez. I Milano, l 6 maggio 2002 n. 2070) essendo generalmente riconosciuto in caso di sospensione dal rappot1o di lavoro per motivi disciplinari o cautelari ed è stata considerata dalla C011e Costituzionale misura ragionevole per sopperire alle esigenze alimentari del lavoratore sospeso nei casi in cui venga a mancare la corrispettività fra le prestazioni delle parti. Nella ordinanza n. 258\1988 si afferma: " appare ragionevole l'attribuzione all'impiegato sospeso cautelarmene di un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio tenuto conto della sospensione dalla prestazione lavorativa disposta cautelarmente nell'interesse pubblico" e considerando che "il precetto costituzionale posto dall'art. 36 Cast. ha riferimento alla tutela del lavoro e non anche alle particolari situazioni nelle quali venga a mancare l'applicazione del principio di corrispettività fra le prestazioni delle parti";
l'art. 2 della Costituzione nel prevedere una particolare tutela dell'individuo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità ( tra cui rientrano i luoghi di lavoro) non sembra permettere l'adozione di misure che possano arrivare sino al punto di ledere la dignità della persona come può avvenire quando alla persona sia preclusa ogni forma di sostentamento per far fronte ai bisogni primari della vita. (cfr. Cotte Costituzionale 20 luglio 2021 n.137). Come noto il diritto al lavoro costituisce una delle principali prerogative dell'individuo su cui si radica l'ordinamento italiano che trova protezione nell'ambito dei principio fondamentali della Carta Costituzionale e che viene tutelata non solo in quanto strumento attraverso cui ciascuno può sviluppare la propria personalità potendo così concorre al progresso materiale e spirituale della società, ma innanzitutto in quanto costituisce il mezzo per assicurare alla persona ed al rispettivo nucleo famigliare attraverso la giusta retribuzione il diritto fondamentale di vivere un esistenza libera e dignitosa . E' questo che si verifica nel caso in esame per tutto gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiano ritenuto di vaccinarsi essendo stata loro sottratta ogni possibilità di esercitare la propria attività lavorativa costituendo la vaccinazione "requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative dei soggetti obbligati" (ex art. 4 co. I del D.L.n.44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n.76.) e non potendo accedere a quegli istituti che tutelano i lavoratori in caso di perdita dell'occupazione quali l'indennità di disoccupazione ( conservando il posto di lavoro), né possono fruire, in quanto in età lavorativa, di quelle provvidenze che presuppongono una determinata anzianità anagrafica. In tal modo siffatti lavoratori perdono ogni possibilità di far fronte alle esigenze basilari della vita non potendo fare affidamento su alcuna forma di sostegno economico per un periodo temporalmente rilevante (ad oggi e, solo per loro, prorogato fino al 31 dicembre 2022). Né tale lesione appare giustificata dalla finalità denunciata "prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2" nell'ambito di una situazione emergenziale, in quanto le conseguenze che esso implica nella sfera del dipendente non vaccinato ( via via irrigidite a seguito delle modifiche apportate dall'originaria formulazione) appaiono eccessivamente sproporzionate e sbilanciate nell'ottica della necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti tra cui la dignità della persona umana;
la disposizione in esame si pone in contrasto anche con l'art. 3 della Costituzione in quanto, a fronte di una condotta non integrante illecito né disciplinare né penale e che riguarda una fattispecie introdotta in una fase emergenziale ed in un contesto del tutto eccezionale, nega a siffatto personale persino la corresponsione di quelle indennità come l'assegno alimentare generalmente riconosciute dall'ordinamento per sopperire alle esigenze alimentari del lavoratore sospeso anche laddove quest'ultimo sia coinvolto in procedimenti penali e disciplinari per fatti di oggettiva gravità posto che ciò genera una irragionevole disparità di trattamento nei confronti dei soggetti che hanno posto in essere condotte che, proprio per previsione legislativa, sono esenti da alcun tipo di rilievo.

 

P.Q.M.



Visto l'articolo 134 Costituzione e l'articolo 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con il dettato degli articoli 3 e 4 della Costituzione dell'articolo 4 comma 7 del D.L.n.44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n.76, nella parte in cui limita ai soggetti esentati o differiti la possibilità di essere adibiti a "mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. " Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con il dettato degli articoli 2 e 3 della Costituzione, dell'articolo 4 comma 5 del D.L.n.44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n.76 nella parte in cui nel prevedere che "Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati" esclude in favore del personale di cui al comma I dell'art. 4 citata disposizione, nel periodo di disposta sospensione, l'erogazione dell'assegno alimentare previsto dall'art. 42 CCNL (sanità privata);
Sospende il presente procedimento;
Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;
Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento.
Così deciso in Brescia il 22 agosto 2022
Il Giudice del lavoro Mariarosa Pipponzi