Cassazione Civile, Sez. 6, 06 ottobre 2022, n. 29096 - Natura professionale dell'ipoacusia. Decorrenza della prescrizione


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO
Data pubblicazione: 06/10/2022
 

Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Bologna, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da L.S. nei confronti dell’INAIL volta a far accertare la natura professionale della malattia diagnosticatagli (“ipoacusia percettiva bilaterale”) ed il conseguente diritto all’indennizzo;
2. la Corte, in estrema sintesi, ha ritenuto, sulla base del materiale istruttorio, “come L.S. fosse nell’oggettiva possibilità di conoscere la causa professionale della patologia quantomeno fin dal 2006”, con la conseguenza che “la domanda presentata solo in data 18/1/2011 risulta chiaramente tardiva allorché il termine triennale di prescrizione era già decorso “;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con un motivo; ha resistito con controricorso l’INAIL;
4. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale;
 

Considerato che
1. il motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 del DPR n. 1124/1965, dell’art. 2935 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.; si critica diffusamente la sentenza impugnata per avere ritenuto che il termine di prescrizione triennale decorresse dal 2006 piuttosto che dal 2011, epoca in cui il L.S. avrebbe avuto conoscenza del fatto che l’ipoacusia aveva origine professionale;
2. la censura è inammissibile;
essa, infatti, non individua l’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale ma tende ad una rivalutazione di merito circa il momento in cui, in fatto e nella concretezza della vicenda storica, è iniziato nella specie a decorrere il termine triennale di prescrizione;
in sede nomofilattica, è stato precisato che, ai fini della prova della conoscibilità dell'eziologia professionale, pur richiedendosi qualcosa in più della semplice manifestazione della patologia, occorre pur sempre restare in un ambito di oggettività scientifica, nel senso che la conoscibilità da un lato va intesa in senso diverso dalla conoscenza vera e propria, dall'altro postula la possibilità che un determinato elemento (l'origine professionale della malattia) sia riconoscibile in base alle conoscenze scientifiche del momento, restando invece irrilevante, pena lo sconfinamento nel campo della pura soggettività, il grado di conoscenze e di cultura del soggetto interessato dalla malattia (Cass. n. 10539 del 2020; Cass. n. 2486 del 2019; Cass. n. 19355 del 2007);
la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, si mostra consapevole dell’insegnamento di legittimità secondo cui la "manifestazione" della malattia è la forma oggettiva che assume il fatto, nel suo essere manifesto, e che consente allo stesso di essere conosciuto; si estrinseca, in sostanza, nell'oggettiva possibilità che il fatto sia conosciuto dal soggetto interessato e, cioè, la sua "conoscibilità" ; tale conoscibilità coinvolge l'esistenza della malattia, ed i suoi caratteri di professionalità ed indennizzabilità; la conoscibilità, quindi, deve distinguersi dalla conoscenza ed altro non è che la possibilità che un determinato elemento (nella specie, l'origine professionale della malattia) sia riconoscibile in base alle conoscenze scientifiche del momento, possibilità che esclude anche che sia necessario che l'origine professionale sia già stata conosciuta in sede giudiziaria od amministrativa (cfr. Cass. n. 11790 del 2003; Cass. n. 8249 del 2011; Cass. n. 14281 del 2011; Cass. n. 1661 del 2020);
in particolare, la sentenza è in linea col principio per il quale, al fine di stabilire l'inizio della decorrenza della prescrizione del diritto alla rendita per malattia professionale assume rilievo la circostanza che lo stesso assicurato si sia sottoposto ad esami diagnostici da lui richiesti per l'accertamento della patologia, dovendosi presumere che egli abbia avuto conoscenza del relativo esito al momento dell'espletamento dei predetti esami, ovvero nei giorni immediatamente successivi, e competendo allo stesso assicurato, che eccepisca di non averne avuto tempestiva conoscenza, fornire la relativa prova (Cass. n. 16605 del 2020; Cass. n. 4069 del 2002; v. pure Cass. n. 4181 del 2003); ancora si è precisato che detta consapevolezza sia desumibile da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato, che costituiscano fatto noto, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., come la domanda amministrativa ovvero la diagnosi medica contemporanea (Cass. n. 2285 del 2013);
in ogni caso l'indagine compiuta dal giudice del merito per individuare la data in cui l'assicurato abbia raggiunto la consapevolezza della malattia professionale nella misura indennizzabile costituisce un apprezzamento di fatto riservato al predetto giudice e non è censurabile in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti in cui lo sia ogni accertamento di fatto innanzi a questa Corte (Cass. n. 22068 del 2013; Cass. n. 16573 del 2004; Cass. n. 2631 del 1999);
3. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
 

P.Q.M.
 


La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 2.700,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 26 maggio 2022.