Cassazione Civile, Sez. 6, 06 ottobre 2022, n. 29085 - Nesso causale tra attività lavorativa e patologia denunciata


 

 

Presidente: A.E. LUCIA
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO
Data pubblicazione: 06/10/2022
 

RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado con cui era stata respinta la domanda proposta da E.L., nella qualità di erede di A.E., volta al riconoscimento da parte dell’INAIL della natura professionale della malattia denunciata (carcinoma della colecisti) asseritamente riconducibile ad attività lavorativa svolta con esposizione ad agenti cancerogeni presenti nell'ambiente lavorativo;
2. la Corte territoriale, per quanto qui rileva, ha condiviso le conclusioni della consulenza tecnica espletata in primo grado e su cui si era basata la sentenza impugnata secondo cui doveva escludersi ogni correlazione “tra l’attività espletata dall’A.E. e la neoformazione infiltrante della colecisti”;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente, nella qualità, con 4 motivi; ha resistito con controricorso l’INAIL;
4. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale;
parte ricorrente ha depositato memoria;
 

CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo di ricorso si denuncia: “error in procedendo - nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell'art. 132, n. 4, c.p.c., dell'art. 118 disp. att. c.p.c., dell'art. 111, comma 6, Cost. - motivazione assente, apparente, incomprensibile o contraddittoria”
con il secondo motivo si denuncia: “error in procedendo - nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione degli art. 323 e ss. e 339 e ss. c.p.c. - potere dovere del giudice d'appello”; con i due motivi si lamenta la nullità della sentenza impugnata perché giudicata inesistente o contraddittoria e perché “il giudizio di appello non è un giudizio di impugnazione meramente rescindente”;
le doglianze sono infondate;
le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integri un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", di "motivazione apparente", di "contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili", di "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile" (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014);
si è ulteriormente precisato che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016);
il che non ricorre nella specie in quanto è certamente percepibile il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale per confermare il rigetto della domanda attorea, avuto riguardo alla mancanza di prova in ordine al nesso causale tra l’attività lavorativa svolta da A.E. e la patologia denunciata, sulla scorta delle risultanze di una consulenza tecnica, mentre parte ricorrente nella sostanza evoca un sindacato sul merito che esorbita dai poteri del giudice di legittimità; invero, per risalente insegnamento di questa Corte, la carenza motivazionale può rendere nulla la sentenza solo quando non sia evincibile, nel complesso della medesima sentenza, il procedimento logico che ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, il convincimento del giudice, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese e alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest'ultimo tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (in termini, tra le tante, Cass. SS.UU. n. 24148 del 2013);
2. il terzo motivo denuncia: “omesso esame di fatto decisivo ed oggetto di deduzione nella fase di merito ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.; nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell'art. 132, n. 4, c.p.c., dell'art. 118 disp. att. c.p.c., dell'art. 111, comma 6, Cost. – vizio di motivazione – non ricorrenza, nel caso di specie, dell’ipotesi di <doppia conforme> prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5”; si critica la sentenza impugnata per la “omessa valutazione di fatti tecnici” così come evidenziati da due consulenze di parte depositate nel corso del giudizio;
la censura è infondata per le ragioni già espresse a proposito dei motivi che precedono nella parte in cui invoca la nullità della sentenza ed è inammissibile laddove evoca il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa da una cd. “doppia conforme” – ravvisabile anche al cospetto di “fatti tecnici” - e, comunque, senza l’osservanza degli enunciati di cui alle sentenze delle Sezioni unite nn. 8053 e 8054 del 2014 già citate;
non enuclea, fra l’altro, fatti storici realmente omessi nella sentenza impugnata, facendo piuttosto riferimento a valutazioni dei materiali istruttori, e, comunque, ritenuti “decisivi” non nel senso inteso da questa Corte, secondo cui è fatto decisivo quello che, se fosse stato esaminato, avrebbe portato ad una soluzione diversa della vertenza con un giudizio di certezza e non di mera probabilità (v., tra molte, Cass. SS.UU. n. 3670 del 2015 e n. 14477 del 2015), ma nel senso patrocinato dalla parte soccombente;
3. il quarto motivo denuncia: “violazione e falsa applicazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, dell'art. 41 c.p., del principio generale di equivalenza causale nonché della normativa sulle malattie professionali (art. 85 del T.U. n. 1124 del 1965 - tabella di legge Industria voce n. 35 d) ex DM 9 Aprile 2008) - nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell'art. 132, n. 4, c.p.c., dell'art. 118 disp. att. c.p.c., dell'art. 111, comma 6, Cost. – vizio o contraddittorietà motivazione”; in sintesi si sostiene che la consulenza tecnica su cui si sono basati i giudici del merito non sarebbe riuscita ad individuare una “causa che prevalga sulle altre” ai fini della eziologia della patologia denunciata, per cui “era (ed è) fondata la richiesta della presente ricorrente di totale revisione/rinnovazione della CTU”;
il motivo è infondato laddove lamenta vizi motivazionali, per le ragioni già indicate, ed è inammissibile nella parte in cui denuncia errores in iudicando senza adeguatamente specificare gli errori di diritto che avrebbero commesso i giudici del merito (i quali hanno escluso che la patologia ascritta avesse una eziologia nei fattori ai quali era stato esposto il de cuius nella vita professionale, per cui manca il presupposto di applicabilità del principio di equivalenza causale), esprimendo piuttosto un “dissenso diagnostico” volto a rivalutare un accertamento di fatto qual è indubbiamente la sussistenza in concreto, rispetto alla singola vicenda storica, di un rapporto di causalità;
4. conclusivamente il ricorso deve essere respinto;
non vi è luogo a provvedere sulla rifusione delle spese, in quanto dalla sentenza d'appello risulta la ricorrenza delle condizioni di cui all'articolo 152 disp. att. c.p.c. (cfr. Cass. n. 4158 del 2020);
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
 

P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 14 giugno 2022.