Cassazione Penale, Sez. 4, 07 ottobre 2022, n. 38025 - Smaltimento illecito di rifiuti


 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 15/09/2022
 

 

Fatto




1. A seguito di annullamento parziale con rinvio di altra precedente sentenza della Corte d'appello di Messina, la Corte d'appello di Reggio Calabria, in data 4 marzo 2021, ha rideterminato in€ 66.000,00 nei confronti della Petrol Lavori s.p.a. - per quanto qui d'interesse - la sanzione relativa all'illecito amministrativo di cui al capo 11, contestato alla predetta Società ex artt. 24 ter comma 2 e 25 undecies del D.Lgs. 231/2001 in relazione ai reati ascritti ai capi 1,  e 5 della rubrica (rispettivamente, associazione a delinquere finalizzata al traffico organizzato di rifiuti speciali; gestione, ricezione e trasporto di ingenti quantitativi di rifiuti anche pericolosi, al fine di conseguirne un ingiusto profitto; smaltimento illecito di rifiuti in siti non autorizzati). Nella sentenza rescindente, la Corte di legittimità aveva annullato senza rinvio, per insussistenza del fatto, la condanna della Petrol Lavori relativamente all'illecito amministrativo ascritto alla medesima limitatamente al solo reato di cui al capo 5, rinviando alla Corte reggina per la rideterminazione della sanzione amministrativa. La Corte del rinvio ha, per l'appunto, rideterminato la sanzione, riducendone l'importo.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre la Petrol Lavori s.p.a. con atto affidato a tre motivi di lagnanza.
2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione degli articoli 521 e 522 cod. proc. pen. (difetto di correlazione tra accusa e sentenza) in quanto la condanna nei confronti della Petrol Lavori s.p.a. non riguardava solo l'attività prestata dal suo amministratore R.W. dall'8 agosto al dicembre del 2009, ma anche l'attività da lui prestata dal 1 gennaio 2010 al gennaio 2012 quale amministratore di un'altra e distinta società, ossia la Petrol Lavori Sud s.r.l.; ciò rappresenta un fatto insanabilmente differente rispetto a quello contestato, con conseguente configurabilità del vizio denunciato.
2.2. Con il secondo motivo di lagnanza si denuncia violazione di legge ed erronea applicazione dell'art. 5, D.Lgs. 231/2001, non potendo applicarsi alla fattispecie l'indirizzo in base al quale la società controllante é sanzionabile anche per l'operato di una società controllata se ambedue le società erano amministrate, al tempo del reato, dal medesimo soggetto. Tale indirizzo viene contestato dalla società ricorrente, in quanto reputato non in linea con il dettato normativo, non potendosi sovrapporre, nella condotta del soggetto apicale, il fine di interesse e/o di vantaggio di due società distinte, ma dovendosi unicamente riferire la sua condotta alla società di cui egli abbia la rappresentanza.
2.3. Con il terzo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla negata applicazione dell'attenuante prevista dall'art. 12, comma 2, lettera B del D.Lgs. 231/2001, sebbene sia stai:o riconosciuto che era stato adottato, nei tempi previsti, un idoneo modello di organizzazione, con nomina di un organismo di vigilanza sull'osservanza delle regole interne di condotta da seguire e con l'introduzione di un codice etico e di un sistema sanzionatorio e disciplinare, nonché con l'adozione di un manuale integrato qualità, ambiente e sicurezza sul lavoro.

3. Con successiva memoria, la difesa del ricorrente ha ulteriormente argomentato e illustrato le ragioni poste a base del ricorso, insistendo per l'accoglimento.

 

Diritto




1. Il ricorso é inammissibile in tutti e tre i motivi articolati nell'atto d'impugnazione.
1.1. In particolare i primi due motivi non si confrontano con la residua regiudicanda, costituita esclusivamente dalla rideterminazione dell'ammontare della sanzione amministrativa relativa al capo 11, limitata ormai ai capi 1 e 2. E' di tutta evidenza, infatti, che in relazione a quest'ultimo addebito si é formato il giudicato, atteso che l'affermazione di responsabilità della Petrol Lavori s.p.a. in relazione all'imputazione così delimitata é divenuta definitiva e non é stata devoluta, perciò, alla Corte del rinvio.
Si rammenta al riguardo che, in tema di annullamento parziale da parte della Corte di cassazione, l'espressione "parti della sentenza", impiegata dall'art. 624 cod. proc. pen. al fine di individuare le disposizioni della decisione che acquistano autorità di cosa giudicata, si riferisce a qualsiasi statuizione avente un'autonomia giuridico-concettuale: ciò con riferimento sia alle decisioni che concludono il giudizio in relazione ad un determinato capo d'imputazione, sia a quelle che, nell'ambito di una stessa contestazione, individuano aspetti non più suscettibili di riesame (cfr. ex multis Sez. U, Sentenza n. 4460 del 19/01/1994, Cellerini, Rv. 196886; e, da ultimo, Sez. 5, Sentenza n. 19350 del 24/03/2021, Cataldo Rv. 281106).
Non può dunque più rimettersi in discussione alcuno degli aspetti toccati nei primi due motivi di ricorso, in quanto riguardanti l'oggetto dell'affermazione di responsabilità, ormai divenuta irrevocabile.
1.2. Per quanto concerne il terzo motivo, proposto in relazione al regime circostanziale riferito alla tempestiva adozione di un idoneo modello di organizzazione, si tratta comunque di lagnanza manifestamente infondata, nonché sostanzialmente ripropositiva di lagnanza sulla quale la Corte di merito ha fornito puntuale risposta (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710): ed invero, la sentenza impugnata ha, al riguardo, correttamente evidenziato che, come del resto specificamente richiesto dalla lettera della norma, sarebbe stato necessario che tale modello fosse "reso operativo", a tanto non bastando evidentemente la mera nomina dell'organismo di vigilanza, né le ulteriori iniziative descritte nel ricorso.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione consegue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro 3.000,00.

 

P. Q. M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 settembre 2022.