Categoria: Cassazione civile
Visite: 1824

Cassazione Civile, Sez. 6, 11 ottobre 2022, n. 29667 - Azione di regresso esperibile anche nei confronti del preposto


 

 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 11/10/2022
 

Rilevato che
1. Con sentenza n. 585 depositata il 9.12.2020 la Corte di appello di Lecce, confermando la pronuncia del giudice di primo grado, ha accolto la domanda esercitata in via di regresso dall’Inail nei confronti di M.G. (nonché di V.DL.) al fine di ottenere il rimborso delle prestazioni economiche erogate in favore degli eredi superstiti del lavoratore G.R., titolare di una ditta individuale esercente l’attività di realizzazione di impianti elettrici, deceduto a seguito di un infortunio sul lavoro, il 19.12.2002 mentre, per conto della ditta V.DL. (alla quale il Comune di Novoli aveva affidato l’esecuzione di opere di urbanizzazione), lavorava alla sistemazione di alcuni pali per l’illuminazione della strada.
2. La Corte territoriale ha rilevato che il M.G. doveva essere riconosciuto responsabile del reato di omicidio colposo (come anche riconosciuto in sede penale, dalla sentenza della Corte di appello di Lecce n. 1859 del 2010) in quanto svolgeva il ruolo di capocantiere- dipendente della ditta V.DL., era presente all’esecuzione dei lavori e aveva impartito le disposizioni alle maestranze che stavano operando sul cantiere; ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui l’azione di regresso dell’Inail può essere esercitata non solo nei confronti del datore di lavoro ma anche verso i soggetti responsabili dell’infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all’attività lavorativa.
3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso il M.G. con un motivo; l’Inail resiste con controricorso.
4. Veniva depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis cod.proc.civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio.
 

Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso si denunzia violazione degli artt. 10 e 11 del T.U. n. 1124 del 1965, in combinato disposto con gli artt. 650 e 651 c.p.p. e 112 cod.proc.civ., avendo, la Corte territoriale, errato e travisato completamente i fatti e non potendo essere ritenuto responsabile un mero dipendente della ditta V.DL., non avendo, il M.G., alcun rapporto giuridico contrattuale con l’Inail e dovendo rispondere, in via di regresso, unicamente il datore di lavoro anche per i danni causati da violazione di misure di sicurezza compiuti dai suoi preposti o sorveglianti.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
3. Questa Corte ha affermato che l'azione esercitata dall'I.N.A.I.L. nei confronti delle persone civilmente responsabili, per la rivalsa delle prestazioni erogate all'infortunato, configura una azione esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell'infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all'attività lavorativa, giacché essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l'obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro (Cass. n. 10967 del 2015; in senso conforme, Cass. n. 4482 del2012, Cass. n. 12561 del 2017 e, più recentemente: Cass. n. 12429 del 2020, Cass. n.10373 del 2021).
4. L’azione di regresso è esperibile non soltanto nei confronti del titolare del rapporto assicurativo, come in origine, ma anche nei confronti di chi assume una posizione di garanzia nel luogo di lavoro e, cioè, nei confronti di tutti quei soggetti sui quali incomba l’obbligo di tutelare l’incolumità degli occupati al di là della qualifica formale di datore di lavoro, come affermato dalla giurisprudenza di codesta Suprema Corte la quale, richiamando la giurisprudenza costituzionale che ha ampliato l’area della responsabilità civile indiretta del datore di lavoro, ricomprendendovi il fatto illecito di qualsiasi dipendente (Corte Cost. n. 22 del 1967), ha esteso l’ambito soggettivo dell’azione a soggetti diversi dal datore di lavoro, come i compagni di lavoro o i preposti (Cass. S.U. n. 3288 del 1997), fino poi ad includervi altri soggetti terzi rispetto all'obbligo assicurativo, come i soci e gli amministratori (Cass. 11426 del 2006), i soggetti chiamati a collaborare "a vario titolo nell'assolvimento dell'obbligo di sicurezza, a prescindere dal titolo contrattuale e dalla tipologia lavorativa che li lega al datore di lavoro" (Cass. 6212/2008), l’appaltante o il subappaltante (Cass. 9065 del 2006, Cass. n. 24935 del 2015, ricollegando l’ambito di operatività dell’azione di regresso con la sussistenza del c.d. debito di sicurezza, “il quale sussiste nei confronti di tutti coloro che in ragione dell'attività svolta siano gravati di specifici obblighi di prevenzione nei confronti dei lavoratori soggetti a rischio” (Cass. n.12561 del 2017 citata).
5. Nel caso di specie, il giudice di merito, procedendo ad un’autonoma valutazione dei fatti posti a base dell’azione di regresso, nell’ambito della quale ha tratto utili elementi di prova e di convincimento dall’istruttoria svolta nel processo penale e dagli accertamenti eseguiti in quella sede, ha accertato che il M.G. aveva assunto la qualità di preposto alla sicurezza, onerato quindi di un’attività di vigilanza sull’osservanza delle misure di prevenzione avverso gli infortuni, in quanto svolgeva il ruolo di Capocantiere, era presente alla esecuzione dei lavori e aveva impartito le disposizioni alle maestranze che stavano operando.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
7. Sussistono le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
 

P. Q. M.
 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.5000,00 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15 % e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile