Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 ottobre 2022, n. 29826 - Danno biologico da infortunio


 

Presidente: BERRINO UMBERTO Relatore: GNANI ALESSANDRO
Data pubblicazione: 12/10/2022
 

Fatto
 


La Corte d'appello di Bari, in riforma della sentenza di primo grado, negava a C.V.G. l'indennizzo per danno biologico da infortunio sul lavoro pari al 13%.
C.V.G. aveva ottenuto dall'Inail un indennizzo pari alll'11 % in forza di infortunio occorso nel 1994. In seguito ad ulteriori infortuni subiti nel 2002, 2004 e 2007, rispetto ai quali il tribunale di Bari aveva riconosciuto una valutazione cumulativa dell'invalidità derivata insieme all'infortunio del 1994, la Corte ravvisava invece che, alla luce della consulenza medica d'ufficio disposta in appello, i nuovi infortuni non avessero implicato postumi permanenti, ma semplici riacutizzazioni temporanee della pregressa patologia artrosica.
Contro la sentenza, C.V.G. ricorre per tre motivi. L'Inail resiste con controricorso.
 

 

Diritto



Con il primo motivo di ricorso viene denunciata violazione dell'art.79 d.P.R. n.1124/65 13, punto 5 e punto 6 d. lgs. n.38/00, nonché dell'art.112 c.p.c. La Corte avrebbe escluso la possibilità di applicare la c.d. formula Gabrielli tra il primo infortunio, occorso durante la vigenza dell'art.79 d.P.R. n.1124/65, e i seguenti, tutti occorsi nella vigenza dell'art.13 d. lgs. n.38/00. Secondo il ricorrente, l'art.13, co.6 d. lgs. n.38/00, che esclude la considerazione delle menomazioni subite in conseguenza di infortuni antecedenti all'entrata in vigore dello stesso decreto legislativo e già indennizzate dall'Inail ai fini dell'individuazione del grado di menomazione derivante dal nuovo infortunio, dovrebbe essere letto in conformità alla Costituzione, garantendo una piena liquidazione del danno biologico, posto che l'assicurato è una persona che ha diritto alla prestazione integrale (art.38 Cost.) a prescindere dalle modalità temporali di valutazione tabellare dei danni.
Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata violazione dell'art.112 c.p.c. nonché omessa considerazione di un fatto decisivo. La sentenza, recependo la consulenza tecnica d'appello, non aveva considerato che vi era stato un ulteriore infortunio, occorso nel 2006. Il fatto rappresentato dall'ulteriore infortunio risultava dai docc.8 e 9 allegati al ricorso introduttivo di primo grado.
Con il terzo motivo di ricorso viene denunciata violazione dell'art.112 c.p.c., mancata applicazione dell'art.13 nr. 5 d. lgs. n.38/00, nonché omessa valutazione di documenti costituenti fatti decisivi. La sentenza avrebbe recepito in modo acritico la consulenza svolta in appello, senza motivare sulle difformi conclusioni sia del consulente tecnico di parte, sia della consulenza d'ufficio svolta in primo grado. In particolare, entrambe queste consulenze avevano affermato che C.V.G. era affetto da limitazioni della deambulazione invece negate dalla consulenz:a d'appello. Inoltre, detta consulenza aveva omesso di considerare la Tac del 14.9.02, la RM cervicale del novembre 2002, e la elettromiografia del 13.12.2007; da tali esami risultava che gli infortuni del 2002, 2004 e 2007 avevano prodotto ernie discali e difficoltà di deambulazione, e dunque un peggioramento della patologia del ricorrente.
I tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente prospettando questioni connesse, sono inammissibili.
Va premesso che, con sentenza n.63 del 2021., la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo periodo dell'art.13, co.6 d. lgs. n.38/00 nella parte in cui non prevede che, per le patologie aggravate da menomazioni preesistenti concorrenti, trovi applicazione la medesima disciplina del primo periodo del comma 6, ferma restando l'erogazione della rendita di cui al terzo perioda del comma 6. In forza di tale pronuncia, come allegato nel primo motivo di ricorso, è ora possibile applicare la c.d. formula Gabrielli tra infortuni occorsi sotto la vigenza dell'art.79 d.P.R. n.1124/65 e infortuni occorsi sotto la vigenza dell'art.13 d. lgs. n.38/00.
Il dettato della sentenza si applica però soltanto se il nuovo infortunio abbia arrecato un danno biologico da invalidità permanente (al danno biologico si riferisce la motivazione della sentenza n.63/01), dovendosi qui ricordare che l'invalidità temporanea continua a non essere indennizzata, nemmeno nel nuovo regime dell'art.13 d. lgs. n.38/00, come danno biologico (v. Cass.9112/19, Cass.4972/17). L'art.79 d.P.R. n.1124/65 si riferisce proprio al caso della riduzione "permanente" dell'attitudine al lavoro, e la menomazione dell'integrità psico-fisica considerata dall'art.13, co.6 d. lgs. n.38/00 è necessariamente una menomazione permanente e non temporanea, proprio perché l'art.13 è una norma dettata sull'indennizzo del danno biologico e, ai sensi del combinato disposto degli artt.13,. co.2 d. lgs. n.38/00 e 66, co.1, n.2 d.P.R. n.1124/65, il danno biologico indennizzato dall'Inail è solo quello da inabilità permanente.
Ora, la sentenza di appello ha escluso che gli infortuni del 2002, 2004 e 2007 abbiano prodotto una inabilità permanente ulteriore a quella derivata dall'infortunio del 1994. Essi hanno invece portato a una riacutizzazione temporanea della pregressa patologia artrosica degenerativa. Ne viene che la citata pronuncia della Corte Costituzionale non può giovare al ricorrente fintanto che non venga sovvertito l'accertamento in fatto compiuto dalla Corte d'appello.
A ciò mirano in effetti il secondo e terzo motivo di ricorso, ma in modo inammissibile.
L'omessa considerazione dell'infortunio del 2006, per avere rilievo ai fini dell'art.360, co.1, n.5 c.p.c., richiede che tale infortunio - ovvero il fatto omesso - rivesta carattere decisivo. La decisività va apprezzata in relazione alla capacità di tale infortunio, considerato in sé solo o in combinazione con agli altri del 2002, 2004 e 2007, di determinare una inabilità permanente, e non più solo temporanea come ritenuto dalla sentenza. Ma, sul punto, il motivo è generico e inammissibile. Esso non allega che da tale infortunio sarebbe derivata una invalidità permanente.
Quanto invece alla dedotta violazione dell'art.112 c.p.c. poiché la sentenza non avrebbe considerato l'allegazione del fatto, ossia dell'infortunio del 2006, va detto che il ricorso si mostra privo di autosufficienza. Esso non riporta nei suoi esatti termini, anziché genericamente, il contenuto dell'allegazione come dedotta negli atti del giudizio di merito e con l'indicazione specifica dell'atto difensivo in cui essa era contenuta (v. Cass.28072/21).
Il terzo motivo è parimenti inammissibile.
L'omessa motivazione dell'art.360, co.1, n.5 c.p.c. ha ad oggetto un fatto storico, sì che tale vizio non necessariamente ricorre per il fatto che la sentenza non abbia considerato le deduzioni della consulenza di parte, la quale integra una allegazione difensiva di parte (Cass.259/13). Lo stesso è a dire per il fatto che la sentenza non abbia considerato le risultanze della consulenza d'ufficio svolta in primo grado, poiché la consulenza tecnica è un mezzo istruttorio e, in sé, non integra un fatto storico. Semmai, dalla consulenza tecnica è dato evincere il fatto storico omesso e decisivo (Cass.12387/20; v. anche Cass.8584/22).
Ora, il terzo motivo di ricorso non allega che, dalla ctu di primo grado o dalla consulenza di parte, si evincesse un fatto storico decisivo, ossia un fatto da cui desumere che gli infortuni del 2002, 2004 e 2007 abbiano arrecato una inabilità permanente e non solo temporanea. Il motivo di ricorso adduce la mancata considerazione di tre esami clinici, ovvero la Tac del 14.9.02, la RM cervicale del novembre 2002, e la elettromiografia del 13.12.2007. Ma, ancora una volta, non è allegato in modo specifico che, in base agli esiti dei detti esami, risultassero elementi sicuri da cui dedurre che l'aggravamento della pregressa patologia fosse permanente e non solo temporanea.
Sotto altro profilo, il motivo di ricorso non allega alcuna genericità della consulenza svolta in appello, né apoditticità delle sue conclusioni laddove ha parlato di mera riacutizzazione temporanea. Il ricorso sottopone a censura la consulenza per il fatto di non aver considerato i tre esami clinici predetti, e di essersi discostata dalle conclusioni del consulente di parte e del primo consulente d'ufficio. Ora, mentre per un verso il ricorso è privo di autosufficienza in quanto non trascrive le parti della consulenza d'ufficio da cui poter apprezzare l'effettiva omessa considerazione dei tre esami clinici (Cass.19989/21), per altro verso l'obbligo del giudice in caso di più consulenze tra loro difformi, di fare un'analisi comparativa delle varie consulenze senza limitarsi a recepire una sola di esse in modo acritico, ricorre solo allorché la consulenza recepita risulti generica e apodittica nelle sue motivazioni (Cass.14599/21). Ma il motivo di ricorso non allega specificamente che la consulenza svolta in appello non abbia motivato le ragioni per cui è pervenuta ad escludere una inabilità permanente conseguente agli infortuni del 2002, 2004 e 2007. Inoltre, sempre in violazione della regola di autosufficienza del ricorso, non essendo riportati i passi salienti della consulenza, nemmeno è dato apprezzare che, davvero, essa non si sia confrontata con i risultati della consulenza di primo grado.
Nulla deve pronunciarsi sulle spese del giudizio di legittimità attesa la dichiarazione prodotta ex art.152 d.a. c.p.c.
 

P.Q.M.
 


La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
dà atto che, attesa l'inammissibilità, sussiste il presupposto processuale di applicabilità dell'art.13, co.l quater, d.P.R. n.115/02, con conseguente obbligo in capo a parte ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
Roma, deciso all'adunanza camerale del 8.6.22