Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 ottobre 2022, n. 29756 - La lavoratrice assente per malattia oltre i 60 gg. non può rimanere in attesa che il DL organizzi la visita di idoneità. E' dovere del lavoratore, una volta cessata la malattia, tornare al lavoro


 

 


Presidente Raimondi - Relatore Di Paola

 

Rilevato in fatto che:

con la sentenza impugnata è stata confermata la pronuncia del Tribunale di Napoli con la quale era stata rigettata l'azione promossa da C.E. nei confronti della "(omissis). s.r.l." volta al conseguimento della declaratoria di invalidità del licenziamento - con conseguente ordine di reintegrazione e statuizione di condanna risarcitoria - intimato con lettera del 10 aprile 2017 dalla società per essere la lavoratrice rimasta ingiustificatamente assente dal lavoro dal 14 febbraio 2017 al 2 marzo 2017;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso C.E., affidato a tre motivi;

la "( omissis) s.r.l." ha resistito con controricorso;

le parti hanno entrambe depositato memoria;

il P.G. non ha formulato richieste.

 

Considerato in diritto che:

con il primo motivo la ricorrente - denunciando nullità della sentenza e del procedimento per violazione della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 48 e ss., artt. 112 e 414 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - si duole che il giudice del gravame abbia affermato, contrariamente al vero, che la medesima aveva lamentato per la prima volta solo in sede di reclamo l'illegittimità della condotta della società (anche) per non aver quest'ultima effettuato la convocazione a visita medica per l'accertamento dell'idoneità al lavoro nel periodo di assenza ritenuta ingiustificata;

con il secondo motivo - denunciando violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 41,artt. 1217,2119 e 2727 c.c., art. 2729 c.c., comma 1, e L. n. 604 del 1966, art. 1, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - lamenta che il predetto giudice abbia trascurato di considerare che, dovendo la visita medica per l'accertamento dell'idoneità al lavoro eseguirsi "a cura e spese del datore di lavoro", essa ricorrente, assente per malattia per più di sessanta giorni continuativi e non convocata a visita, avrebbe dovuto ritenersi assente giustificata a prescindere dall'invio o meno di certificati medici;

con il terzo motivo - denunciando nullità della sentenza e del procedimento per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - si duole che la Corte territoriale non abbia ammesso i mezzi di prova richiesti da essa ricorrente sin dal ricorso introduttivo della lite e ribaditi nell'atto di reclamo al fine di dimostrare - con valenza di decisività ai fini del riconoscimento dell'illiceità del motivo di licenziamento comportante la nullità dello stesso - l'insalubrità della postazione lavorativa appositamente creata dall'azienda e il contegno gratuitamente vessatorio e provocatorio della società.

Ritenuto che:

il primo motivo è inammissibile, già sol perché il profilo di doglianza in esso contenuto è privo di decisività, avendo il giudice del reclamo comunque ritenuto infondate le argomentazioni prospettate dalla ricorrente (quanto alla asserita sussistenza di una giustificazione delle assenze), sul rilievo che quest'ultima non aveva offerto la sua prestazione lavorativa con una missiva, sicché la società non poteva presumere una continuazione dello stato di malattia, nè avrebbe potuto, in assenza della lavoratrice, attivare il controllo del medico competente;

il secondo motivo è da disattendere, poiché il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 41, non autorizza il lavoratore assente per malattia oltre i sessanta giorni continuativi a rimanere in attesa dell'iniziativa datoriale finalizzata all'effettuazione della visita di idoneità; è infatti dovere del lavoratore medesimo, una volta cessato lo stato di malattia, presentarsi al lavoro (cfr., sul punto, Cass. 27/03/2020, n. 7566, secondo cui "In tema di sorveglianza sanitaria D.Lgs. n. 81 del 2008, ex art. 41, la visita medica a seguito di assenza del lavoratore superiore a 60 giorni, quale misura necessaria a tutelare l'incolumità e la salute del prestatore di lavoro, deve precedere l'assegnazione alle medesime mansioni svolte prima dell'inizio dell'assenza e la sua omissione giustifica l'astensione ex art. 1460 c.c., dall'esecuzione di quelle mansioni mansionii ma non anche la mancata presentazione sul posto di lavoro, ben potendo il datore di lavoro disporre, nell'attesa della visita medica, l'eventuale e provvisoria diversa collocazione del lavoratore nell'impresa");

del resto, la presentazione al lavoro della ricorrente il giorno 28 dicembre 2016 è stata plausibilmente ritenuta dal giudice del gravame non utile a giustificare le assenze dal 14 febbraio 2017 al 2 marzo 2017, in quanto, per quanto di effettiva rilevanza, a seguito della mancata accettazione, ad opera del datore, della prestazione lavorativa nel predetto giorno, in difetto di attestazione di idoneità della lavoratrice, erano stati inviati da quest'ultima ulteriori certificati medici attestanti uno stato di malattia per il periodo fino al 13 febbraio 2017; pertanto, è solo a decorrere da tale momento che andava indagato il profilo della giustificazione delle assenze relative ai giorni successivi (nei quali tuttavia la lavoratrice non inviò ulteriore certificazione nè si ripresentò al lavoro);

il terzo motivo è infine inammissibile, in quanto il dedotto motivo illecito non sarebbe, nel caso, determinante (onde la non decisività delle prove a supporto di cui si assume la mancata ammissione), risultando, per quanto sopra detto, comprovata la sussistenza del presupposto della giusta causa, idoneo a sorreggere in via esclusiva l'intimato licenziamento;

le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

P.Q.M.
 


rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.