Cassazione Penale, Sez. 4, 18 ottobre 2022, n. 39126 - Infortunio mortale durante il lavoro di trasferimento arredi. Mancanza di riferibilità al committente di fatto di una condotta colposa omissiva idonea a determinare la verificazione dell'evento morte


 

 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: D'ANDREA ALESSANDRO
Data Udienza: 08/07/2022
 

 

Fatto
 



1. Con sentenza del 24 febbraio 2021, la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 3 giugno 2019 con cui L.F. era stato condannato, concesse le circostanze attenuanti generiche in giudizio di prevalenza, alla pena di mesi dieci di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite G.L., R.D. e R.A., con previsione di una provvisionale e concessione della sospensione condizionale della pena.
1.1. Il L.F. è stato, in particolare, condannato in quanto ritenuto responsabile del delitto di cui agli artt. 113 e 589 cod. pen. per avere cagionato, in cooperazione colposa con altri soggetti giudicati separatamente, nella qualità di committente di fatto dei lavori di trasferimento di arredi dalla vecchia alla nuova sede della Autosud s.r.l., la morte di R.G. .
Più precisamente, il L.F. è stato ritenuto responsabile della violazione dell'art. 26, comma 1, lett. a) d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per non aver verificato l'idoneità tecnico professionale della ditta Metalsud di F.L. a svolgere l'attività commissionatagli di smontaggio, movimentazione, carico e trasporto di lastre di vetro e di lastre specchiate - dalla vecchia alla nuova sede della Autosud s.r.l. -, tra l'altro omettendo di acquisire il certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, nonché l'autocertificazione dell'impresa appaltatrice del possesso dei necessari requisiti di idoneità professionale.
Nella condotta dell'imputato è stata, altresì, ravvisata la violazione dell'art. 26, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 81 del 2008, per non aver provveduto a fornire alla ditta Metalsud di F.L. dettagliate informazioni in ordine ai rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui era tenuta ad operare, oltre che sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione. alla propria attività. Tali rischi erano, in particolare, derivanti dalla presenza di una rampa scalettata di notevole pendenza, sia longitudinale che trasversale, del tutto inidonea a consentire il parcheggio di un autocarro in fase di carico.
Il mancato rispetto di tale regola cautelare aveva, infatti, determinato il totale sbilanciamento sul fianco destro dell'autocarro, peraltro caricato per una massa pari a kg. 510, fino a provocare il ribaltamento verso l'esterno degli specchi e delle lastre ivi posizionate, che, fuoriuscendo dal camion, avevano investito R.G., dipendente della Metalsud posizionato sulla rampa carrabile, sospingendolo violentemente contro un muretto, con conseguente verificazione del suo decesso.
2. Avverso l'indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo, con il primo motivo, violazione dell'art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008, per non aver tenuto conto la Corte territoriale delle plurime emergenze processuali che comproverebbero come il L.F. non fosse stato committente di fatto dei lavori, e come, pertanto, su di lui non gravasse l'obbligo giuridico di impedire la verificazione del mortale evento.
Plurime dichiarazioni testimoniali, infatti, avrebbero dimostrato come al momento del sinistro il L.F. fosse solo un dipendente della Autosud s.r.l., il cui amministratore legale era, invece, S.L., cui, pertanto, perteneva la corrispondente posizione di garanzia. Non vi sarebbe prova, cioè, che alla data dell'incidente il L.F. svolgesse alcuna funzione di preposto o di delegato del S.L., né che, comunque, avesse intrapreso una propria., diversa e nuova, attività imprenditoriale, essendo sorta solo successivamente la nuova ditta Autosud s.a.s.
Con la seconda censura il ricorrente ha eccepito violazione dell'art. 125, comma 3, cod. proc. pen., per motivazione apparente e travisamento della prova, nonché violazione dell'art. 526, comma 1, cod. proc. pen., per utilizzo di prove diverse da quelle acquisite in dibattimento, e dell'art. 192, comma 3, cod. proc. pen., per omessa verifica dell'attendibilità del coimputato E.L..
Il L.F. lamenta l'erroneità della motivazione con cui la sentenza impugnata ha ritenuto l'insussistenza rispetto al S.L. dell'obbligo di protezione ex art. 40, comma 2, cod. pen., per essere cessata giuridicamente l'Autosud s.r.l. al momento di verificazione dell'incidente - con conseguente configurazione del L.F. quale committente in fatto, come amministratore della costituenda Autosud s.a.s. -. Nessun dato probatorio consentirebbe, infatti, di escludere che alla data del sinistro la Autosud s.r.l. fosse ancora giuridicamente esistente, con conseguente disponibilità dei luoghi ove è stato effettuato il trasferimento degli arredi, non essendo stato, peraltro, depositato alcun documento al riguardo neppure da parte di S.L..
D'altro canto, neanche le prove testimoniali assunte, o l'esame del coimputato E.L., sarebbero sufficienti a comprovare l'indicato aspetto, dimostrando che il L.F. aveva agito nella qualità di titolare della nuova ditta.
Con l'ultima doglianza il ricorrente lamenta violazione degli artt. 589 e 41, comma 2, cod. pen., nonché errata interpretazione e applicazione della legge penale in materia di appalti.
La verificazione del mortale evento sarebbe avvenuta per cause concretamente diverse da quelle ascritte all'imputato, non essendo stato il sinistro la conseguenza di nessuna condotta omissiva comunque riferibile al L.F..
Le decisioni di parcheggiare il camion sulla rampa scalettata, di coinvolgere operai della ditta del F.L., oltre all'errato posizionamento delle lastre, sarebbero state assunte non per imperizia o inadeguatezza professionale, bensì per negligenza ed imprudenza, del tutto imprevedibili per il L.F., e perciò, in quanto tali, interruttive di ogni nesso di causalità tra la condotta ascrivibile all'imputato e la verificazione dell'evento mortale.
 

 

Diritto




1. Il ricorso è fondato quanto all'ultima doglianza dedotta, per cui deve essere disposto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

2. Ed infatti, con riguardo alle prime due censure - da trattarsi congiuntamente stante l'evidente contiguità delle argomentazioni espresse - il Collegio rileva come le doglianze con esse eccepite, finalizzate a dimostrare che il prevenuto non fosse, al momento del sinistro, committente di fatto dei lavori, in quanto ancora dipendente della Autosud s.r.l. e non amministratore della costituenda Autosud s.a.s., con conseguente carenza di assunzione della relativa posizione di garanzia, invece gravante su S.L., cui perteneva l'obbligo di protezione ex art. 40, comma 2, cod. pen., di fatto afferiscano alla valutazione delle emergenze fattuali acquisite e all'interpretazione delle prove assunte nel corso del giudizio, e cioè a questioni non passibili di valutazione in questa sede.
In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito della Corte di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 2.03428-01).
Esula, quindi, dai poteri di questo Collegio la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794-01; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944-01).
Sono precluse al giudice di legittimità, pertanto, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601- 01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507-01). E', conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento.
2.1. Ebbene, nel caso di specie può senz'altro ritenersi che la Corte territoriale abbia fornito una chiara ed analitica rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, esplicando, in modo adeguato e logico, come risulti giudizialmente comprovato, in esito a plurime acquisizioni probatorie - ed in particolare dalle risultanze scaturite dalle dichiarazioni rese dai testi F., L.B. e E.L. -,. che il committente dei lavori era il L.B., e non già il S., rappresentante legale della Autosud s.r.l. che aveva cessato ogni attività, rispetto alla quale era subentrata la Autosud s.a.s., di cui, per l'appunto, l'odierno imputato aveva rivestito, dapprima in fatto e poi in modo formale, il ruolo di socio accomandatario.
Era stato, quindi, il L.F. a stipulare un contratto verbale con F.L. per lo smontaggio e il trasferimento dei gabbiotti metallici, così come era stato il prevenuto a stipulare con lo stesso F.L. un contratto di locazione di un capannone da adibire a sede della nuova società Autosud s.a.s.
In ragione della rappresentata motivazione, allora, non appare esservi dubbio di sorta in ordine al fatto che le censure mosse dal ricorrente con riguardo all'erroneità della ricostruzione dei fatti ed alla errata valutazione delle prove testimoniali assunte, per ciò che attiene all'individuazione della sua persona quale committente di fatto dei lavori, si appalesano, nella sostanza, come volte ad ottenere solo una rivalutazione del materiale probatorio raccolto in sede di merito, il che, avuto riguardo alla coerenza ed alla logicità della motivazione resa, non le rende, all'evidenza, fondate.

3. Chiarito l'indicato aspetto, deve, tuttavia, essere ritenuta la fondatezza della doglianza eccepita con il terzo motivo di ricorso, avente ad oggetto la mancanza di riferibilità al L.F. di una condotta colposa omissiva realmente idonea a determinare la verificazione dell'evento mortale, e dunque tale da avere avuto, rispetto ad esso, un'effettiva incidenza causale. Trattasi, all'evidenza, di profilo di rilievo assoluto e di valenza assorbente, in quanto tale idoneo a giustificare l'annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza.

3.1. Orbene, come in precedenza osservato, al L.F. è stata ascritta, in primo luogo, una responsabilità per violazione dell'art. 26, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 81 del 2008, in ragione dell'inadeguata scelta operata della società appaltatrice, per non aver verificato l'idoneità tecnico-professionale della ditta Metalsud di F.L. a svolgere l'attività commissionatagli di smontaggio, movimentazione, carico e trasporto di lastre di vetro e di lastre specchiate.
Tale culpa in eligendo, per come reiteratamente chiarito da questa Corte di legittimità, sussiste laddove il committente, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, ometta di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, in quanto l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, lett. a), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (Sez. 4, n. 28728 del 22/09/2020, Olivieri, Rv. 280049-01). In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, cioè, per valutare la responsabilità del committente, in caso di infortunio, occorre verificare in concreto l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (così, tra le altre, Sez. 4, n. 5946 del 18/12/2019, dep. 2020, Frusciante, Rv. 278435-01).
Di tale profilo colposo è stato ritenuto responsabile l'imputato, nella comprovata qualifica di committente di fatto dei lavori, in particolar modo perché, alla stregua di quanto ritenuto dai giudici di merito, al fine di provvedere al trasporto delle lastre di vetro aveva dato incarico «al T. senza verificare che costui fosse dotato di attrezzatura omologata e di operai in grado, sia per numero che per competenza, di svolgere quel tipo di attività>>. La superficialità dell'indicata condotta avrebbe determinato, quindi, una cooperazione colposa dell'imputato nella verificazione dell'evento.
3.2. Ai fini della configurazione della sua responsabilità colposa, tuttavia, assume rilievo anche un secondo aspetto di rilevanza pregnante, inerente al rispetto degli obblighi di informazione e di vigilanza su di lui gravanti.
Il L.F., infatti, è stato ritenuto responsabile anche della violazione dell'art. 26, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 81 del 2008, per non aver provveduto a fornire alla ditta Metalsud di F.L. dettagliate informazioni in ordine ai rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui era tenuta ad operare, in particolar modo derivanti dalla presenza di una rampa scalettata di notevole pendenza, palesemente inidonea a consentire il parcheggio di un autocarro in fase di carico. Per i giudici di merito, la mancata adeguata rappresentazione dell'indicato aspetto, nonché l'omessa vigilanza sull'effettivo rispetto di tale regola di prevenzione, avrebbe colposamente determinato il ribaltamento dell'autocarro da cui erano fuoriuscite le lastre che, colpendo il R.G., avevano causato il decesso di quest'ultimo.
Orbene, ritiene il Collegio che il percorso argomentativo seguito dalla sentenza impugnata, con riferimento agli indicati aspetti, non risulti sufficiente, né adeguatamente compiuto, non rappresentando congruamente le ragioni della ritenuta violazione di doveri informativi e di vigilanza gravanti sulla figura del committente (di fatto) dei lavori.
La Corte territoriale non ha provveduto, infatti, ad indicare, in primo luogo, quale sarebbe stato il contenuto del c.d. comportamento alternativo lecito, non avendo, in modo chiaro, esplicato quali specifiche misure avrebbe dovuto adottare il L.F. in concreto per impedire che sulla rampa scalettata si potesse effettuare il parcheggio di un autocarro in fase di carico.
Lo stato dei luoghi era immediatamente percepibile e visibile, qualsiasi soggetto di normale capacità intellettiva poteva essere nelle condizioni di comprendere quanto pericoloso fosse posizionare un camion di grosse dimensioni sulla suddetta rampa, apparendo intuitivo il rischio del suo possibile ribaltamento. Non è stato compiutamente esplicato, pertanto, quale specifico e ulteriore onere informativo gravasse, di fatto, sul L.F. per scongiurare l'indicato pericolo.
Stesso deficit motivazionale deve essere ravvisato, poi, con riguardo al dovere di vigilanza cui l'imputato era tenuto.
Escluso che esso possa essere ritenuto concretamente esigibile ventiquattro ore su ventiquattro, la sentenza impugnata risulta carente laddove ha omesso di valutare la sussistenza di una reale ed effettiva esigenza di vigilanza gravante a carico del L.F., in particolar modo non essendo risultato comprovato che costui fosse a conoscenza della volontà di parcheggiare l'autocarro sulla rampa scalettata, o che, comunque, avesse contezza dell'esistenza di una prassi lavorativa che prevedesse l'adozione di una simile condotta, sì da giustificare la sussistenza di un obbligo di vigilanza a suo carico.
Ed infatti, in tema di infortuni sul lavoro, in presenza di una prassi dei lavoratori elusiva delle prescrizioni volte alla tutela della sicurezza, non è ravvisabile la colpa del datore di lavoro, sotto il profilo dell'esigibilità del comportamento dovuto omesso, ove non vi sia prova della sua conoscenza, o della sua colpevole ignoranza, di tale prassi (così, Sez. 4, n. 32507 del 16/04/2019, Romano, Rv. 276797-02). Non può essere ascritta, pertanto, al datore di lavoro la responsabilità di un evento lesivo o letale per culpa in vigilando qualora non venga raggiunta la certezza della conoscenza o della conoscibilità, da parte sua, di prassi incaute, neppure sul piano inferenziale, dalle quali sia poi scaturito il letale evento.
Da ultimo - anche quale conseguenza delle considerazioni fino ad ora svolte - la sentenza impugnata non risulta aver adeguatamente vagliato l'aspetto relativo alla prevedibilità della condotta posta in essere dalla vittima, nonché alla possibilità da parte dell'imputato di impedirne la relativa verificazione.
Non è stata compiutamente esaminata, cioè, la vicenda concreta al fine di valutare l'eventuale avvenuta attivazione, da parte del lavoratore poi deceduto, di un rischio eccentrico riconducibile alla sua condotta imprudente, indipendentemente dal superamento delle mansioni a lui assegnate.
Sotto questo profilo, infatti, è necessario dar conto della più recente interpretazione resa dalla giurisprudenza di legittimità che, superando il requisito della radicale imprevedibilità, ha ricondotto il concetto di abnormità della condotta colposa del lavoratore (interruttiva del nesso causale) a quella che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (così, tra le altre, Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Viga, Rv. 28:1.748-01). In terna di infortuni sul lavoro, cioè, la condotta abnorme del lavoratore, idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavorator , ma anche quella che, nell'ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, Musso, Rv. 275017-01).

5. Le superiori argomentazioni impongono, quindi, l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari, tenuta a dare applicazione ai principi indicati nella presente decisione.
 


P. Q. M.
 



Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.
Così deciso in Roma 1'8 luglio 2022