Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 19 ottobre 2022, n. 30923 - Infortunio in itinere del cameriere. Termine di prescrizione


 

 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 19/10/2022
 

Rilevato che
1. con la sentenza n. 432 del 2020 la Corte d'appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado (concernente il profilo delle spese di lite), ha respinto la domanda di P.A.L. di indennizzo, a carico dell’Inail, per l’infortunio subìto il 28.8.2007 (infortunio in itinere avvenuto alla fine del turno, come cameriere, presso il ristorante “Il Beccafico”);
2. la Corte di appello ha rilevato il decorso del termine triennale di prescrizione, ex art. 112 del T.U. n. 1124 del 1965 posto che - a seguito di rigetto della domanda amministrativa da parte dell’ente previdenziale, nel luglio 2014, cui non era seguito ricorso in sede amministrativa – il lavoratore aveva proposta azione giudiziaria solamente nel luglio 2018; la Corte territoriale sottolineava che – in ossequio al principio di automaticità della prestazione previdenziale - era irrilevante (ai fini del riconoscimento dell’indennizzo) la denuncia (nel caso di specie omessa) del rapporto di lavoro, e tale consapevolezza emergeva dal comportamento del lavoratore stesso, che si era risolto a presentare la domanda amministrativa all’ente previdenziale prima dell’azione di accertamento giudiziale della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la società Case di Moggino s.n.c., ed aggiungeva che ulteriore termine triennale era trascorso altresì tra la data di rigetto, in sede amministrativa, della domanda di indennizzo e l’azione giudiziaria (proposta nel luglio 2018); né potevano applicarsi i principi elaborati in materia di malattia professionale (riguardo al decorso del dies a quo, da individuarsi nel momento di consapevolezza dell’esistenza della patologia, della sua origine professionale, e del grado invalidante) posto che nel caso di specie non poteva dubitarsi dell’esistenza della malattia e della sua origine professionale e le allegazioni circa la mancata stabilizzazione del danno ancora nell’anno 2012 erano assolutamente generiche (dovendosi distinguere il caso, evocato ma genericamente allegato, del protrarsi ininterrotto per anni di una condizione di malattia acuta con l’ipotesi, prospettata, di un evento sopravvenuto di aggravamento dei postumi dell’infortunio);
3. avverso detta sentenza il C. propone ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria, e l’Inail oppone difese depositando controricorso;
4. veniva depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis cod.proc.civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;
 

Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 del T.U. n. 1124 del 1965 e 2935 cod.civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che il termine di prescrizione può decorrere solamente ove sussista la possibilità legale di far valere il diritto, che nel caso di specie si è avverato alla data di deposito della sentenza del Tribunale di Grosseto (17.2.2015, o alla data del passaggio in giudicato, 17.8.2015) che ha accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il lavoratore e la società Case di Moggino s.n.c. ed ha dunque consentito al P.A.L. di avere consapevolezza dei suoi diritti, operando il principio di automaticità della prestazione previdenziale solamente in assenza di versamento dei contributi a fronte della regolarità del rapporto di lavoro subordinato;
2. con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 80, 112 del T.U. n. 1124 del 1965 e 2935 cod.civ. nonché omesso esame di un fatto decisivo (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato l’effettivo decorso clinico della malattia che (come descritto nel ricorso in appello) portava, nell’anno 2012, ad una frattura del femore destro dovuta a necrosi della testa femorale (a sua volta conseguente alla emiparesi destra dovuta all’incidente del 2007);
3. i motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente considerata la stretta connessione, sono inammissibili e per la parte residua, manifestamente infondati;
4. le censure non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata perché il ricorrente insiste – anche nella memoria depositata ex art. 380bis cod.proc.civ. - sulla individuazione del dies a quo della prescrizione in data successiva all’anno 2012 (quando non erano ancora stabilizzate le condizioni del lavoratore, che in quell’anno subì la frattura del femore) ma nulla deduce sulla distinzione, effettuata dalla Corte territoriale, tra “il protrarsi ininterrotto per anni di una condizione di malattia acuta” (le cui circostanze sono state ritenute di “assoluta genericità”) e “un evento successivo che contribuisce ad aggravare i postumi” dell’infortunio, distinzione che, combinata con la carenza di allegazioni sull’assenza di stabilizzazione della malattia, è risultata determinante;
5. ulteriore profilo di inammissibilità è rappresentato dalla insindacabilità, in sede di legittimità, dell’accertamento sul dies a quo di decorrenza della prescrizione, trattandosi di apprezzamento di fatto ed avendo, la Corte territoriale, evidenziato che il mancato accertamento giudiziale della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato (con la società Case di Moggino s.n.c.) non ha impedito al lavoratore di avere consapevolezza del suo diritto alla indennizzabilità dell’infortunio, avendo lo stesso presentato domanda amministrativa all’ente previdenziale in data precedente (aprile 2014) la pronuncia giudiziale sul rapporto di lavoro (sentenza del febbraio 2015), e che, inoltre, anche facendo decorrere il termine di prescrizione dalla data di rigetto della domanda amministrativa (luglio 2014), è in ogni caso maturato un ampio periodo triennale (avendo, il lavoratore, depositato domanda giudiziale per il riconoscimento dell’indennizzo nel luglio 2018);
6. infine, il secondo motivo è inammissibile in quanto trascura di considerare che il n. 5 dell'art. 360, primo comma, cod.proc.civ., che viene invocato a sostegno della doglianza, per i giudizi di appello instaurati dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della legge 7 agosto 2012 n. 134, di conversione del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, non può essere invocato, rispetto ad un appello promosso nella specie dopo la data sopra indicata (art. 54, comma 2, del richiamato d.l. n. 83/2012), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter, ultimo comma, cod.proc.civ., in base al quale il vizio di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021 del 2014); in questi casi il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. n. 26774 del 2016, conf. Cass. n. 20944 del 2019), mentre nulla di ciò viene specificato nella censura;
7. questa Corte ha, inoltre, ripetutamente affermato che l’art. 2935 cod.civ. si riferisce soltanto alla possibilità legale di far valere il diritto, e quindi alle cause impeditive di ordine generale dell'esercizio del diritto vantato (quali possono essere una condizione sospensiva non ancora verificatasi o un termine non ancora scaduto), sì che l'impossibilità di fatto di agire, in cui venga a trovarsi il titolare del diritto, come nel caso d'incertezza del credito o della identificazione del debitore, non sono idonee ad impedire il decorso della prescrizione (principio sancito già con Cass. n. 2429 del 1994; nello stesso senso, Cass. n. 8797 del 1990, Cass. n. 1047 del 1988; Cass. Sez.U. n. 19012 del 2007; principio ribadito di recente, Cass. n. 20642 del 2019;); il lavoratore aveva, dunque, l’onere di coltivare il diritto al pagamento dell’indennizzo da parte dell’ente previdenziale entro il termine triennale di prescrizione;
8. in conclusione il motivo di ricorso va respinto e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ. a favore dell’ente previdenziale controricorrente;
 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità a favore dell’Inail, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile