Categoria: Cassazione civile
Visite: 4487

Cassazione Civile, Sez. 3, 21 ottobre 2022, n. 31139 - Diritto di surroga dell'INAIL a seguito di sinistro stradale


 

 

 

Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA
Data pubblicazione: 21/10/2022
 

 

Fatto

 

1. In data 30 agosto 2009 si verificò, nel territorio del Comune di Siracusa, un tragico incidente stradale tra la vettura condotta da P.T., sulla quale viaggiava come trasportato A.R., entrambi dipendenti del Corpo forestale regionale, e la vettura sulla quale viaggiavano P.Z. e R.B.. A causa dell'impatto questi ultimi persero la vita e A.R. riportò gravi postumi permanenti.
A seguito di tale evento, l'Istituto nazionale per la prevenzione contro gli infortuni sul lavoro riconobbe la natura di infortunio in itinere ed erogò una rendita in favore del dipendente A.R.. Nel frattempo, la società Lloyd Italico, poi divenuta Generali Italia s.p.a., in qualità di assicuratrice della vettura condotta dal P.T., chiese all'INAIL, ai sensi dell'art. 142 del codice delle assicurazioni, se avesse erogato prestazioni in favore del A.R. e l'Istituto comunicò di aver ammesso a tutela l'infortunio in questione.
Successivamente, la società di assicurazioni rese noto all'INAIL, che aveva manifestato la sua volontà di agire in surroga, di non poter corrispondere l'intera somma che l'ente previdenziale sosteneva di aver erogato al A.R., a causa dell'incapienza del massimale; e comunicò che, a seguito della ripartizione di questo ai sensi dell'art. 140 cod. ass., al A.R. sarebbe stata versata la somma di euro 395.000, mentre per l'INAIL sarebbe spettata la somma di euro 113.000, quale residuo massimale. In conseguenza di ciò, fu stipulata una transazione tra la società di assicurazione e l'INAIL, in base alla quale quest'ultimo accettava la somma di euro 113.000 a titolo di ripartizione del massimale, riservandosi però di agire, per le eventuali differenze, nei confronti dell'Assessorato agricoltura e foreste della Regione Siciliana, proprietaria del mezzo condotto dal P.T..
2. Stipulato l'atto di transazione nei termini suindicati, l'INAIL convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Palermo, l'Assessorato agricoltura e foreste della Regione Siciliana e P.T., quali responsabili dell'evento dannoso patito dal dipendente A.R., chiedendo che fossero condannati, a titolo di surroga, al pagamento della somma di euro 316.948,69, poi aggiornata in quella di euro 604.075,45 (nella comparsa conclusionale del successivo giudizio di appello), corrispondente alle somme erogate e alla rendita costituita in favore di A.R., previa detrazione della somma di euro 113.000 versata dalla società di assicurazione Generali Italia in base alla già indicata transazione.
Si costituì in giudizio l'Assessorato convenuto, chiedendo il rigetto della domanda, in base al rilievo per cui l'INAIL si sarebbe dovuto opporre alla ripartizione del massimale assicurativo da parte di Generali Italia s.p.a.; il P.T., invece, rimase contumace.
Il Tribunale rigettò la domanda.
Rilevò il primo giudice, in premessa, che la responsabilità del sinistro era da addebitare in via esclusiva al P.T. e che il sinistro era da qualificare come infortunio in itinere. La domanda di surroga doveva però essere respinta perché la somma corrisposta dall'assicuratore della responsabilità civile autoveicoli in favore del A.R., pari a complessivi euro 410.000, in violazione dell'art. 142 cod. ass., doveva ritenersi integralmente satisfattiva delle pretese risarcitorie di quest'ultimo; per cui, non potendo il danneggiato vantare alcuna ulteriore ragione di credito verso i responsabili del sinistro, veniva a mancare il presupposto stesso della surroga esercitata dall'ente previdenziale.
2. La pronuncia è stata impugnata dall'INAIL e la Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 24 aprile 2019, ha rigettato il gravame e ha condannato l'appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.
2.1. Ha osservato la Corte territoriale che la rendita corrisposta dall'INAIL assume un contenuto indennitario a copertura del pregiudizio subito dal lavoratore in caso di infortunio sul lavoro. Essa, pertanto, soddisfa «la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo, autore del fatto illecito»; per cui l'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato, ai sensi dell'art. 1916 cod. civ., nei diritti dell'assicurato verso il terzo autore del danno.
Ciò premesso, la Corte d'appello ha richiamato il complesso meccanismo di accantonamento regolato dall'art. 142 cod. ass., il cui scopo è quello di consentire all'ente previdenziale di recuperare dal terzo responsabile (e per lui dall'assicuratore r.c.a.) le spese sostenute per le prestazioni erogate al lavoratore danneggiato e, nello stesso tempo, di evitare che il danneggiato lucri due volte la riparazione del medesimo danno (con la rendita e il risarcimento dovuto dal terzo).
Nel caso specifico, come rilevato dall'appellante, i passaggi previsti dall'art. 142 cit. erano stati compiuti nell'aprile 2010, mentre l'accordo transattivo tra la società di assicurazioni e il lavoratore infortunato era stato concluso nel febbraio 2011; per cui alla data dell'accordo i diritti si erano già trasferiti dal danneggiato al nuovo creditore (cioè l'INAIL).
2.2. La Corte palermitana, tuttavia, pur condividendo alcuni passaggi argomentativi dell'INAIL, è pervenuta ugualmente al rigetto dell'appello sulla base del «concreto atteggiarsi dei rapporti tra le parti e delle scelte processuali compiute da INAIL».
Ha evidenziato in motivazione, innanzitutto, che il pagamento in favore dell'INAIL da parte di Generali Italia era avvenuto a seguito dell'accordo transattivo del 18 aprile 2011, nel quale l'ente aveva accettato di ricevere la somma residua risultante dal massimale (euro 113.000), riservandosi di agire in surrogazione contro i responsabili del sinistro. Ora, pur essendo vero che l'INAIL non conosceva quali poste di danno le Generali avessero inteso indennizzare col pagamento di euro 410.000 in favore del A.R., tale danno non poteva che consistere nel c.d. danno differenziale, costituito dai pregiudizi non patrimoniali quali il danno morale e la personalizzazione del danno biologico (non rimborsabili da parte dell'INAIL). L'ente previdenziale, quindi, avrebbe dovuto accertarsi che la ripartizione del massimale fosse avvenuta, da parte di Generali Italia, nel rispetto dei criteri riduttivi di cui all'art. 140 cod. ass., rifiutando altrimenti la sottoscrizione della transazione. L'INAIL, in altri termini, avrebbe dovuto accertare, nel suo interesse, che le poste di danno risarcite dall'assicuratore al danneggiato non fossero «poste che per effetto della esercitata surroga si erano già trasferite da A.R. a INAIL medesimo». La mancata conoscenza dei criteri seguiti da Generali Italia nel liquidare la somma di euro 410.000 al A.R. comportava, quindi, il rigetto della domanda di surroga.
La Corte d'appello, inoltre, ha aggiunto che l'azione in concreto esercitata era una surroga nei confronti del responsabile del sinistro; la quale poteva essere accolta solo a condizione che le poste creditorie per le quali l'INAIL agiva in surroga fossero «altre rispetto a quelle oggetto di indennizzo diretto in favore del danneggiato», perché in caso contrario la surroga non avrebbe consentito di raggiungere il fine «di elidere l'indebito arricchimento conseguito dal danneggiato». Oltre a ciò, l'esperibilità della surroga era da ritenere subordinata all'accertamento che il massimale distribuito da Generali Italia «fosse davvero insufficiente a coprire tutto il danno cagionato dall'Assessorato e da P.T.»; ma, nel caso concreto, neppure tale secondo elemento poteva ritenersi certo. La sentenza ha osservato, infatti, che i dati a disposizione deponevano «non nel senso della incapienza del massimale quanto della sua cattiva distribuzione (almeno per ciò che riguarda il danno sofferto da A.R.), avendo Generali liquidato all'infortunato un importo superiore al "differenziale" rispetto alle prestazioni erogate ed erogande da INAIL».
La Corte, infine, ha concluso rilevando che il danno complessivo patito dalla vittima, calcolato in modo virtuale secondo le tabelle milanesi, era «sostanzialmente corrispondente» a quello complessivamente riconosciuto al A.R., pari ad euro 523.000 (dei quali euro 410.000 a lui versati ed euro 113.000 versati all'INAIL). Il che stava a significare che la volontà transattiva manifestata dall'ente previdenziale conteneva «effetti abdicativi rispetto alla pretesa di integrazione ultramassimale verso l'assessorato e il conducente del veicolo».

3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Palermo propone ricorso l'INAIL con atto affidato a quattro motivi.
Resistono Generali Italia s.p.a. e l'Assessorato regionale territorio e ambiente della Regione Siciliana con due separati controricorsi. P.T. non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il Procuratore generale ha presentato conclusioni per iscritto, chiedendo il rigetto del primo e secondo motivo di ricorso, l'accoglimento del terzo e l'assorbimento del quarto.
 

 

Diritto


1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 1965 cod. civ., sul rilievo che la sentenza avrebbe errato nell'attribuire all'atto dell'18 aprile 2011 natura di transazione, essendo lo stesso privo di reciproche concessioni.
Osserva l'INAIL che per accertare la natura transattiva o meno di un contratto è necessario indagare sull'esistenza delle reciproche concessioni, punto che la Corte d'appello non avrebbe affatto esaminato. Nel caso specifico, al contrario, l'accordo suindicato non poteva essere inteso come transazione, perché l'INAIL non era stato coinvolto nell'operato dell'assicuratore, ma «messo davanti al fatto compiuto di accettare il capitale resiquo». Il danneggiato A.R., infatti, aveva raggiunto un accordo con Generali Italia già il 25 febbraio 2011, a fronte della transazione sottoscritta il successivo 18 aprile. In tale atto, del resto, l'INAIL aveva liberato l'assicuratore (che allora era il Lloyd Italico), riservandosi però di agire, per eventuali differenze, nei confronti della Regione Siciliana, proprietaria del mezzo protagonista del sinistro. L'accettazione della somma di euro 113.000, quindi, anche ammettendo la cattiva ripartizione del massimale, non poteva pregiudicare il diritto del ricorrente ad agire in surroga, data l'autonomia tra l'art. 1916 cod. civ. e l'art. 142 del codice delle assicurazioni.
1.1. Il motivo è inammissibile, e comunque infondato.
Inammissibile, perché l'accertamento sulla natura transattiva di un contratto spetta al giudice di merito, che nella specie ha stabilito, con motivazione esente da vizi logico-giuridici, che di transazione si trattava. Infondato, nel merito, perché la Corte territoriale ha comunque limitato, in parte qua, gli effetti della transazione al rapporto tra INAIL e assicuratore, senza coinvolgere l'Assessorato, nei confronti del quale la domanda è stata rigettata per altre ragioni, che di qui a breve si esamineranno.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1916 e 2697 cod. civ., in relazione al riparto dell'onere della prova.
La parte ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha posto a suo carico l'onere della prova sia in ordine alla diversità delle poste creditorie sia in ordine all'effettiva incapienza del massimale. L'entità del danno civilistico, infatti, essendo una circostanza che limita la domanda dell'assicuratore sociale, sarebbe «un fatto modificativo della pretesa attorea» e, in quanto tale, da dimostrare da parte di chi solleva l'eccezione, cioè l'Assessorato regionale siciliano. Richiamando la nota sentenza delle Sezioni Unite n. 12566 del 2018, l'INAIL rileva che non potrebbe essere rimproverato nei suoi confronti, come ha fatto la Corte d'appello, di non aver verificato i criteri di riparto del massimale. Una volta perfezionata la successione a titolo particolare nel credito, infatti, l'Istituto sostiene di poter agire per il rimborso nei confronti del responsabile civile ai sensi dell'art. 1916 cod. civ. ovvero nei confronti della società assicuratrice ai sensi dell'art. 142 cod. ass., perché le due norme regolano rapporti diversi. La Corte di merito, quindi, avrebbe errato nel porre a carico dell'ente l'onere della prova di fatti che avrebbero dovuto essere dimostrati dal responsabile civile o dalla società di assicurazione.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 2054 cod. civ. e degli artt. 142 e 144 cod. ass., in relazione alla liquidazione del danno eccedente.
Osserva l'INAIL che nell'assicurazione per la responsabilità civile degli autoveicoli esiste una solidarietà passiva, sebbene atipica, tra l'assicuratore, destinatario dell'azione diretta da parte del danneggiato, e il danneggiante assicurato, «entro il limite in cui le prestazioni sono identiche, cioè quello del massimale assicurato». Oltre il massimale, però, sussiste per il danno residuo «soltanto la responsabilità illimitata del danneggiante assicurato», per cui la transazione produce i suoi effetti sull'obbligazione solidale nei limiti della stessa e non si estende a quella parte dell'obbligazione che è a carico di uno solo dei debitori. In altre parole, per la parte del danno che supera il massimale non c'è alcuna solidarietà; e ne risponde soltanto il danneggiante assicurato. La Corte d'appello, quindi, trascurando queste regole, ha ritenuto efficace la transazione tra INAIL e Generali Italia anche rispetto all'Assessorato regionale, non solo entro il limite del massimale, «ma anche per l'eccedenza del danno» di cui, se sussistente, il danneggiante avrebbe dovuto rispondere in via esclusiva, proprio in base all'art. 2054 suindicato.
4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 1916 cod. civ., sul rilievo che la sentenza avrebbe male interpretato le norme in tema di surroga dell'assicuratore.
Osserva l'INAIL che per costante insegnamento giurisprudenziale l'Istituto può agire a sua scelta o con l'azione surrogatoria di cui all'art. 1916 cif. (nei confronti del terzo responsabile dell'infortunio) oppure con l'azione di cui all'art. 142 cod. ass. direttamente nei confronti dell'assicuratore del responsabile; questa seconda possibilità ha il limite del massimale. La possibilità di esperire due diverse azioni, di carattere alternativo, fa sì che l'accettazione del massimale residuo da parte dell'INAIL, anche volendo ammettere «che lo stesso fosse divenuto insufficiente per la sua cattiva distribuzione, non poteva compromettere l'azione di surrogazione nei confronti dei responsabili civili, stante l'autonomia delle due azioni». La decisione impugnata non sarebbe, pertanto, condivisibile, perché ha privato l'assicuratore sociale dell'azione nei confronti del responsabile civile, condebitore in solido con Generali Italia, in un caso nel quale il massimale si è rivelato incapiente, «a prescindere dalla sua non corretta ripartizione, peraltro solo presunta sulla base di un calcolo virtuale».
5. I tre motivi di ricorso, i quali pongono una serie di questioni di indubbia delicatezza, possono essere trattati in modo unitario nonostante le differenze tra loro esistenti ed esigono una breve ricapitolazione di una serie di punti fermi delineati nella materia.
5.1. Trattandosi del diritto di surroga esercitato dall'INAIL a seguito di un sinistro stradale, la norma di riferimento è, oltre all' art . 1916 cod. civ., l'art. 142 del d.lgs. n. 209 del 2005; disposizione, quest'ultima, che ha il suo antecedente nell'art. 28 della legge 24 dicembre 1969, n. 990.
Il meccanismo delineato dall'art. 28 della legge n. 990 del 1969 - transitato, senza significative modifiche, nell'art. 142 . del decreto legislativo n. 209 del 2005 - costituisce un'applicazione particolare della regola generale contenuta nell'art. 1916 cod. civ., poiché la disposizione delinea un'azione in surrogazione esperibile soltanto in relazione al risarcimento dei danni conseguenti ad incidenti stradali.
A norma dell'art. 142, comma 1, cit., l'assicuratore sociale ha diritto di ottenere «direttamente dall'impresa di assicurazione» il rimborso «delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti che disciplinano detta assicurazione, sempreché non sia stato già pagato il risarcimento al danneggiato, con l'osservanza degli adempimenti prescritti nei commi 2 e 3». I due commi successivi prevedono l'obbligo del c.d. accantonamento da parte dell'assicuratore del responsabile civile il quale, prima di pagare il danneggiato, dovrà richiedere allo stesso una sorta di dichiarazione liberatoria, che attesti che il medesimo non ha diritto «ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie». Seguono poi le regole per l'esecuzione del pagamento ovvero, in caso di dichiarazione positiva da parte del danneggiato circa l'esistenza di un proprio diritto verso gli assicuratori sociali, l'obbligo di accantonamento «di una somma idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare».
Il senso del complesso ed articolato sistema delineato dall'art. 142 è quello di consentire al danneggiato un pronto ristoro anche da parte degli assicuratori sociali; ma, ove questi abbiano erogato somme, essi si surrogano al danneggiato nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile. È comunque previsto - con l'apposita norma di chiusura dettata nell'ultima parte del comma 3 dell'art. 142 cit. - che l'ente gestore dell'assicurazione sociale «ha diritto di ripetere dal danneggiato le somme corrispondenti agli oneri sostenuti se il comportamento del danneggiato abbia recato pregiudizio all'azione di surrogazione» (v. sul punto la sentenza 25 settembre 2014, n. 20176).
5.2. La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo affermato che per ottenere il rimborso delle prestazioni erogate al danneggiato, l'ente gestore dell'assicurazione sociale può agire, ai sensi dell'art. 1916 cod. civ., nei confronti dei terzi responsabili del fatto illecito - per tali intendendo non genericamente i terzi obbligati, ma esclusivamente i soggetti (estranei al rapporto assicurativo) tenuti a rispondere di un evento (concretante il rischio assicurato) imputabile ad essi od a persone del cui operato debbano rispondere - con esclusione dell'assicuratore del responsabile del danno e con l'unico limite derivante dall'ammontare del risarcimento dovuto al danneggiato. Ovvero a quel fine il detto ente può agire direttamente nei confronti dell'assicuratore del responsabile del danno conseguente alla circolazione di veicoli (ma non di quest'ultimo), ai sensi dell'art. 28, comma secondo, della legge n. 990 del 1969, con l'ulteriore limite costituito dall'ammontare del massimale per il quale è stata stipulata l'assicurazione della responsabilità civile, atteso che tra le due normative non sussiste alcuna relazione di incompatibilità ai sensi dell'art. 15 delle preleggi, trattandosi di azioni che attribuiscono il diritto di surrogazione nei confronti di soggetti obbligati diversi (così la sentenza 20 novembre 1987, n. 8544, pi volte confermata in seguito).
La successiva sentenza 23 dicembre 1994, n. 11112, ha ulteriormente chiarito che il citato art. 28 non ha abrogato l'ultimo comma dell'art. 1916 cod. civ., il quale consente all'ente gestore dell'assicurazione sociale di valersi dello strumento surrogatorio nei confronti del terzo responsabile. La diversità delle due azioni fa sì che l'ente di assicurazione sociale ben può decidere di agire contemporaneamente contro il terzo responsabile e contro la società assicuratrice di quest'ultimo (tali principi sono stati confermati dalla più recente ordinanza 23 novembre 2017, n. 27869 e valgono anche in relazione al vigente art. 142 del d.lgs. n. 209 del 2005).
La giurisprudenza di questa Corte ha anche affermato che il principio fissato dall'art. 1916 cod. civ., in forza del quale la surrogazione dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato contro il terzo responsabile consegue al pagamento dell'i'ndennità, subisce nel campo delle assicurazioni sociali i necessari adattamenti, nel senso che per il verificarsi del subingresso dell'istituto assicuratore basta la semplice comunicazione al terzo responsabile dell'ammissione del danneggiato all'assistenza prevista dalla legge, accompagnata dalla manifestazione della volontà di esercitare il diritto di surroga. Per cui l'esercizio della surrogazione da parte dell'assicuratore comporta la perdita della titolarità del credito del danneggiato nei confronti del responsabile e l'acquisto dello stesso da parte dell'assicuratore (sentenza 15 luglio 2005, n. 15022; nonché, più di recente, Sezioni Unite, sentenza 29 aprile 2015, n. 8620).
Ed è stato parimenti stabilito che, dal momento in cui l'ente comunica all'assicuratore del terzo responsabile di aver ammesso l'assicurato danneggiato all'indennizzo, e con ciò lo preavverta di voler effettuare la surroga, l'assicuratore è tenuto all'accantonamento in via provvisoria della corrispondente somma in favore dell'ente gestore (sentenza 17 gennaio 2003, n. 604).
5.3. Alcune più recenti pronunce hanno consentito a questa Corte di chiarire che la surrogazione dell'assicuratore di cui all'art. 1916 cit. ha un triplice scopo: evitare l'arricchimento dell'assicurato, che deriverebbe dalla possibilità di cumulare indennizzo e risarcimento; evitare l'arricchimento del responsabile, il quale, se non esistesse la surrogazione, beneficerebbe indirettamente della copertura assicurativa contro i danni stipulata dal danneggiato; consentire all'assicuratore di abbassare il costo generale dei sinistri e di conseguenza i premi puri applicati per le categorie di rischi omogenei (così la sentenza 14 ottobre 2016, n. 20740).
Proprio in relazione alla surrogazione da parte dell'INAIL è stato poi affermato che la rendita da esso versata alla vittima o ai suoi congiunti ha lo scopo di venire incontro allo stato di bisogno nel quale essi verranno presumibilmente a trovarsi a causa dell'incidente e della conseguente diminuzione o totale perdita del contributo economico che il lavoratore apportava alla sua famiglia. E poiché la rendita erogata dall'INAIL ha lo scopo di indennizzare il solo pregiudizio patrimoniale, e non anche il danno non patrimoniale, «la c.d. compensatio lucri cum damno non opera quando il vantaggio conseguito dalla vittima dopo il fatto illecito sia destinato a ristorare pregiudizi ulteriori e diversi da quello di cui ha chiesto il risarcimento» (così l'ordinanza 18 ottobre 2019, n. 26647, che richiama la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 22 maggio 2018, n. 12566).
6. Tutto ciò premesso per un corretto inquadramento del problema, occorre verificare, stando alla motivazione della sentenza impugnata e agli atti delle parti, come si sia svolta l'odierna complessa vicenda risarcitoria.
È pacifico che, verificatosi il sinistro in data 30 agosto 2009, da esso derivarono tragiche conseguenze, perché il trasportato a bordo della vettura di proprietà dell'Assessorato regionale, cioè A.R., riportò gravi danni (54 per cento di invalidità permanente), mentre persero la vita i due occupanti della vettura antagonista. È altrettanto pacifico che la responsabilità del sinistro fu posta integralmente a carico di P.T., conducente della vettura su cui viaggiava il A.R., e che l'INAIL riconobbe, a favore di quest'ultimo, la natura di infortunio in itinere, costituendo una rendita vitalizia.
Dalla lettura della sentenza e del ricorso si apprende che la procedura di cui all'art. 142 del d.lgs. n. 209 del 2005 fu avviata e portata avanti alm. en o in parte. Più specificamente, il 26 aprile 2010 Generali Italia (in origine Lloyd Italico, divisione Toro) scrisse all'INAIL chiedendo se avesse erogato prestazioni in favore del A.R.; il successivo 17 maggio l'INAIL comunicò di aver ammesso a tutela l'infortunio e con lettera del 15 dicembre 2010 specificò all'Assessorato di aver versato una certa somma; il 15 febbraio 2011 l'assicuratore comunicò all'Istituto che il massimale (pari ad euro 2.500.000) non era sufficiente a risarcire integralmente tutti i danneggiati e con successiva lettera del 24 febbraio chiarì di aver trovato un accordo per la ripartizione del massimale ai sensi dell'art. 140 del d.lgs. n. 209 del 2005, versando al A.R. l'ulteriore somma di euro 395.000 (che si andava ad aggiungere, scilicet, alla rendita già costituita dall'INAIL). Di talché residuava per l'INAIL, a causa dell'esaurimento del massimale, la sola somma di euro 113.000. Sulla base di queste premesse fu stipulata, in data 18 aprile 2011, la transazione tra Generali Italia quale assicuratore del responsabile civile e l'INAIL, secondo cui l'Ente previdenziale rinunciava ad ogni altra pretesa nei confronti dell'assicuratore, riservandosi tuttavia di agire nei confronti dell'Assessorato regionale siciliano, quale proprietario del mezzo responsabile del sinistro, per le eventuali differenze.
Ciò che, viceversa, non si comprende bene dalla sentenza e dagli atti di parte è se la procedura di interpello si sia effettivamente completata con le modalità di cui all'art. 142 cit.; soprattutto considerando che, poiché l'INAIL aveva fin dall'inizio dichiarato la costituzione di una rendita, l'assicuratore del responsabile avrebbe dovuto, prima di pagare ulteriori somme al A.R., provvedere ad accantonare «una somma idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare» (così l'art. 142, comma 2, cit.). Analogamente, non si comprende se l'equivoco sia stato o meno dovuto ad una negligenza del danneggiato nell'indicare con la dovuta esattezza l'entità delle somme percepite e da percepire a titolo di rendita. Quello che si sa con certezza è che l'INAIL ha ricevuto dall'assicuratore una somma di molto inferiore a quella versata a titolo di rendita al danneggiato A.R..
Queste zone d'ombra rimangono peraltro sullo sfondo e non assumono rilevanza decisiva, per la semplice ragione che l'INAIL ha transatto con l'assicuratore Generali Italia e la causa odierna è rivolta contro l'Assessorato regionale, proprietario del mezzo.
7. La Corte palermitana, dopo aver ricostruito i termini della vicenda, si è mossa partendo da due premesse entrambe corrette in diritto, e cioè che: 1) al momento della stipula dell'accordo transattivo tra la società di assicurazioni e l'INAIL il diritto di credito si era già trasferito dall'originario titolare (cioè il danneggiato A.R.) all'Ente previdenziale, posto che l'esercizio della surrogazione era avvenuto prima del pagamento da parte dell'assicuratore in favore del danneggiato; 2) l'art. 1916 cod. civ. e l'art. 142 del d.lgs. n. 209 del 2005 «regolano rapporti intersoggettivi diversi (...) connotati da un elemento comune: la successione nel credito risarcitorio dell'assicurato-danneggiato», la quale consente al gestore dell'assicuratore sociale «di ottenere il rimborso dei ratei già versati e l'attribuzione del valore capitalizzato delle prestazioni future».
Ciò nonostante, la Corte di merito ha confermato la pronuncia di rigetto emessa dal Tribunale, sulla base del «concreto atteggiarsi dei rapporti tra le parti» e delle «scelte processuali» compiute dall'INAIL.
In particolare, la sentenza ha rilevato: che l'odierno ricorrente sapeva che il A.R. aveva incassato un risarcimento da parte dell'assicuratore e, ciò nonostante, ha accettato di ricevere il residuo massimale riservandosi di agire nei confronti del responsabile del sinistro; che, avendo la vittima diritto di percepire dall'assicuratore il solo danno differenziale, l'ulteriore somma versata da Generali Italia (euro 410.000) doveva ritenersi destinata a quella voce di danno; che, nel dubbio, sarebbe stato onere dell'INAIL «acquisire maggiori informazioni direttamente da Generali e ciò, naturalmente, prima di stipulare l'accordo transattivo»; che nel caso in esame le prove raccolte deponevano «non nel senso della incapienza del massimale quanto della sua cattiva distribuzione, avendo Generali liquidato all'infortunato un importo superiore al "differenziale" rispetto alle prestazioni erogate ed erogande dall'INAIL», sicché la volontà transattiva manifestata da quest'ultimo non poteva che assumere «effetti abdicativi rispetto alla pretesa di integrazione ultramassimale verso l'Assessorato e il conducente del veicolo».
8. Ritiene il Collegio che la motivazione della Corte d'appello non sia condivisibile e che i motivi di ricorso siano fondati, nei termini che si vanno adesso a indicare.
8.1. Alcune delle affermazioni ora richiamate non sono corrette.
Il fatto che l'assicuratore avesse pagato al danneggiato una somma ulteriore rispetto alla rendita INAIL non può far presumere che quel successivo pagamento sia andato a risarcire voci di danno non rientranti nella rendita previdenziale, ben potendo il danneggiato incassare due volte le stesse poste di danno all'insaputa dell'INAIL (con o senza intenzioni malevole). Analogamente, affermare che l'odierno ricorrente avrebbe dovuto acquisire ulteriori informazioni da Generali Italia prima di firmare la transazione - se da un lato è un'osservazione condivisibile perché dimostra la scarsa attenzione da parte dell'INAIL in ordine al corretto riparto del massimale e al rispetto delle regole sull'accantonamento di cui all'art. 142 cit. - non può per questo escludere il diritto al risarcimento nei confronti del danneggiante assicurato (nel nostro caso, l'Assessorato regionale).
8.2. È convincimento del Collegio, invece, che punti salienti della causa siano riassumibili nei termini che seguono.
8.2.1. La Corte di merito ha accertato che l'INAIL ha riconosciuto in favore del A.R. una rendita e ha chiaramente manifestato all'assicuratore la sua volontà di surrogarsi - versando una somma che in questa sede non rileva indicare - ben prima che Generali Italia versasse al danneggiato la somma di euro 410.000. Ne consegue che il danneggiato, nel momento in cui ha incassato detta somma, destinata ad aggiungersi a quella ricevuta dall'INAIL, non poteva più essere considerato creditore dell'assicuratore se non per il danno differenziale, cioè appunto il danno che non trova copertura nella rendita INAIL (v., ex multis, l'ordinanza 4 novembre 2020, n. 24474). L'Ente previdenziale, quindi, era creditore, a titolo di surroga, tanto nei confronti del responsabile civile quanto nei confronti dell'assicuratore.
8.2.2. Come la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito, in materia di sinistri stradali il responsabile civile e l'assicuratore sono responsabili in solido, ma solo entro i limiti del massimale, nel senso che una volta che esso è esaurito, continua a sussistere la responsabilità illimitata del danneggiante, che deriva dal fatto illecito (sentenze 17 novembre 1993, n. 11336, 30 ottobre 2009, n. 23057, 10 giugno 2013, n. 14537, e 30 agosto 2019, n. 21842).
8.3. In definitiva, l'INAIL aveva acquisito, a seguito dell'esercizio del diritto di surroga, la stessa posizione del danneggiato creditore e poteva, pertanto, legittimamente rivalersi sia nei confronti del danneggiante che dell'assicuratore. Una volta esaurito il massimale, a prescindere dalla sua corretta distribuzione, il surrogante manteneva comunque intatto il suo diritto di rivolgere la propria pretesa nei confronti del danneggiante, posto che la transazione stipulata tra l'odierno ricorrente e l'assicuratore espressamente prevedeva la riserva di azione, per le eventuali ulteriori differenze, nei confronti dell'Assessorato regionale proprietario del mezzo a bordo del quale viaggiava il A.R..
La Corte d'appello, nel momento in cui afferma (p. 13) che l'accoglimento della domanda determinerebbe il venir meno dello scopo della surroga, cioè quello di «elidere l'indebito arricchimento conseguito dal danneggiato», coglie soltanto uno degli aspetti del problema; perché, come si è già detto, la surroga è finalizzata al raggiungimento di tre obiettivi, uno dei quali è quello di consentire all'assicuratore di abbassare il costo generale dei sinistri e di conseguenza i premi puri applicati per le categorie di rischi omogenei.
8.3.1. Osserva il Collegio, inoltre, che la motivazione della sentenza impugnata appare insanabilmente perplessa in ordine all'effettiva sufficienza del massimale ai fini del soddisfacimento dell'intero danno («i dati raccolti sembrano deporre non nel senso della incapienza del massimale quanto della sua cattiva distribuzione»). Ma, comunque sia, non risulta correttamente applicato il principio secondo cui l'assicuratore sociale ha diritto alla surroga nei confronti del responsabile civile, in caso di incapienza del massimale, a meno che il debitore, a carico del quale grava la relativa prova, trattandosi di fatto impeditivo, non dimostri che l'assicuratore ha legittimamente versato l'intero massimale al danneggiato o perché costui ha negato di avere diritto a prestazioni da parte dell'assicuratore sociale o perché quest'ultimo è rimasto silente in ordine all'interpello a lui rivolto ai sensi dell'art. 142 del d.lgs. n. 209 del 2005. Ed è evidente che, ove sia stato lo scorretto comportamento del danneggiato a pregiudicare il diritto di surrogazione, troverà applicazione la previsione dell'art. 142, comma 3, ultimo periodo, del codice delle assicurazioni.
8.4. Nel caso in esame, però, nulla di tutto ciò risulta essere stato provato, posto che le indicazioni che emergono dalla sentenza impugnata sono nel senso contrario, per cui il diritto di surroga dell'INAIL non poteva essere negato.
9. Il ricorso, pertanto, è accolto nei termini che sono stati indicati.
La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d'appello di Palermo, in diversa composizione personale, la quale deciderà la causa attenendosi al seguente principio di diritto:
«In materia di sinistri determinati dalla circolazione di autoveicoli, l'assicuratore sociale che abbia dichiarato di voler esercitare la surroga di cui all'art. 1916 cod. civ. e all'art. 142 del d.lgs. n. 209 del 2005 ha diritto di surroga, qualora il massimale risulti incapiente, nei confronti del responsabile civile, a meno che egli non dimostri che l'assicuratore ha legittimamente versato l'intero massimale al danneggiato o perché costui ha negato di avere diritto a prestazioni da parte dell'assicuratore sociale o perché quest'ultimo è rimasto silente in ordine all'interpello a lui rivolto ai sensi dell'art. 142 del d.lgs. n. 209 del 2005».
Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.
 

P.Q.M.


La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Palermo, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 22 giugno 2022.