Con il ricorso in esame il ricorrente, dipendente del Comune di Modugno con la qualifica di addetto amministrativo e le mansioni di archivista presso l'Ufficio Tecnico, ha esposto che, per lo svolgimento delle mansioni affidategli, che comportano la necessità di prelevare e riporre fascicoli su scaffali alti circa 4,20 m., gli era stata assegnata in uso una scala metallica, priva di uno scalino; che nonostante le sollecitazioni rivolte dal ricorrente l'Amministrazione non aveva provveduto alla sostituzione della scala; che il 9.6.97, mentre scendeva dalla scala, era caduto a causa dello scalino mancante, riportando un trauma alla spalla sinistra - Chiede dunque risarcimento di danni biologici e morali.

Va preliminarmente esaminata l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, che deve essere accolta in quanto fondata.

Nel caso di specie, "benché il ricorrente abbia richiamato un comportamento negligente nella predisposizione e controllo dell'idoneità di strumenti di lavoro (la scala utilizzata per riporre ed estrarre i
fascicoli), riconducibile alla violazione da parte del datore di lavoro delle norme dettate in materia di sicurezza dei lavoratori, la domanda risarcitoria riguarda, per espressa precisazione contenuta nel ricorso,
il risarcimento del danno biologico e morale, e il ricorrente specifica altresì che i postumi sono stati accertati dall'Inail nella misura del 16%.
A fronte di tali elementi deve rilevarsi che, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza sia della Corte di Cassazione che dei giudici amministrativi, ove l'infortunio sul lavoro oggetto della domanda rientri nell'ambito della tutela previdenziale di cui al
t.u. 30 giugno 1965 n. 1124, il dettato dell'art. 10, commi 1, 2 e 3, t.u. citato comporta che, quando il dipendente che abbia ricevuto, o che abbia diritto a ricevere, dall'Inail le prestazioni previdenziali previste per l'infortunio subito, agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento del danno ulteriore (cd. danno differenziale) la sua pretesa è necessariamente ricollegabile solo alla responsabilità extracontrattuale del datore di lavoro.
Alla luce di tali principi sussiste il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria proposta dal ricorrente, che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario."


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 3113 del 1998, proposto da:
C.L., rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Bia, con domicilio eletto presso l'avv. Raffaele Bia in Bari, corso Vittorio Emanuele II, 179;
contro Comune di Modugno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Digennaro, con domicilio eletto presso l'avv. Francesco Digennaro in Modugno, piazza del Popolo 16;
per la condanna del Comune di Modugno, in persona del Sindaco pro tempore, al risarcimento nei confronti del ricorrente dei danni derivati da infortunio sul lavoro, oltre rivalutazione monetaria ed interessi come per legge.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Modugno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19/03/2009 la dott. Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Fatto


Con il ricorso in esame il ricorrente, dipendente del Comune di Modugno con la qualifica di addetto amministrativo e le mansioni di archivista presso l'Ufficio Tecnico, ha esposto che, per lo svolgimento delle mansioni affidategli, che comportano la necessità di prelevare e riporre fascicoli su scaffali alti circa 4,20 m., gli era stata assegnata in uso una scala metallica, priva di uno scalino; che nonostante le sollecitazioni rivolte dal ricorrente l'Amministrazione non aveva provveduto alla sostituzione della scala; che il 9.6.97, mentre scendeva dalla scala, era caduto a causa dello scalino mancante, riportando un trauma alla spalla sinistra, con conseguente necessità di bendaggio di Desault per 30 giorni e postumi invalidanti determinati dall'Inail nella misura del 16%; che l'infortunio era ascrivibile alla responsabilità del datore di lavoro che, in violazione dell'art. 2087 c.c., non gli aveva fornito strumenti sicuri per lo svolgimento dell'attività affidatagli; che era stata violata anche la normativa antinfortunistica, in particolare gli artt. 18 e ss. del DPR 547/55 , che imponeva che le scale fossero sufficientemente resistenti nell'insieme e "nei singoli elementi"; che i danni biologici e morali dovevano essere quantificati a mezzo di consulenza tecnica.
Si costituiva il Comune di Modugno eccependo il difetto di giurisdizione del giudice adito, l'inammissibilità e l'infondatezza del gravame e chiedendo il rigetto del ricorso.
All'udienza del 19.3.2009 la causa veniva trattenuta in decisione.

Diritto

Va preliminarmente esaminata l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, che deve essere accolta in quanto fondata.


Trattandosi di infortunio avvenuto nel 1997 deve farsi riferimento, innanzitutto, al regime previgente rispetto all'entrata in vigore del D.Lgs. 80/98, che ha devoluto al giudice ordinario l'intero contenzioso in
materia di pubblico impiego, fatta eccezione per taluni rapporti ancora governati dal diritto pubblico.
Con riferimento, invero, ai fatti verificatisi nel regime previgente la Corte di Cassazione ha affermato, da ultimo con la pronuncia n. 18623/2008, che "rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria l'integrità psicofisica, proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'amministrazione datrice di lavoro, la questione di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo presuppone, in primo luogo, l'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta, siccome quella per danno extracontrattuale, fondata sul disposto dell'art. 2043 cod. civ., trova nel rapporto di impiego una mera occasione di contatto tra le parti, e, non essendo inerente a tale rapporto, rientrava nella giurisdizione del giudice ordinario già in epoca anteriore alla riforma della disciplina del lavoro pubblico, attuata con le norme ora raccolte nel D.Lgs. n. 165 del 2001"; a tal fine vanno considerati i tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito posto a base della pretesa risarcitoria, onde stabilire se sia stata denunciata una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso; oppure se la condotta lesiva dell'amministrazione si presenti con caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto di impiego e le sia imputata la violazione degli specifici obblighi di protezione dei lavoratori imposti dall'art. 2087 c.c., nel qual caso la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio (in tal senso anche Cass. S.u. 18 maggio 2007, n. 11562; 7 febbraio 2006, n. 2507; 2 luglio 2004, n. 12137).


Nel caso di specie tuttavia, benché il ricorrente abbia richiamato un comportamento negligente nella predisposizione e controllo dell'idoneità di strumenti di lavoro (la scala utilizzata per riporre ed estrarre i
fascicoli), riconducibile alla violazione da parte del datore di lavoro delle norme dettate in materia di sicurezza dei lavoratori, la domanda risarcitoria riguarda, per espressa precisazione contenuta nel ricorso,
il risarcimento del danno biologico e morale, e il ricorrente specifica altresì che i postumi sono stati accertati dall'Inail nella misura del 16%.
A fronte di tali elementi deve rilevarsi che, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza sia della Corte di Cassazione che dei giudici amministrativi, ove l'infortunio sul lavoro oggetto della domanda rientri nell'ambito della tutela previdenziale di cui al t.u. 30 giugno 1965 n. 1124, il dettato dell'art. 10, commi 1, 2 e 3, t.u. citato comporta che, quando il dipendente che abbia ricevuto, o che abbia diritto a ricevere, dall'Inail le prestazioni previdenziali previste per l'infortunio subito, agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento del danno ulteriore (cd. danno differenziale) la sua pretesa è necessariamente ricollegabile solo alla responsabilità extracontrattuale del datore di lavoro.
Ciò in quanto per le tipologie di danno riconnesse alla perdita o riduzione della capacità lavorativa trova applicazione l'istituto dell'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile, previsto dal primo comma dell'art. 10 del DPR 1124 del 1965, in virtù del quale, nell'ambito dei rischi coperti da assicurazione, ed in relazione ai quali il datore di lavoro eroga contributi, egli non è tenuto al risarcimento del danno; di conseguenza residua la responsabilità del datore di lavoro unicamente nel caso in cui l'infortunio sia da ascriversi a fatto di reato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2043 c.c. e 185 c.p..
I primi tre commi dell'art. 10 cit, infatti, nell'escludere la responsabilità contrattuale del datore di lavoro per gli stessi infortuni, assorbono la previsione di cui all'art. 2087 c.c.., di tal che, allorquando il dipendente abbia richiesto all'Inail le prestazioni previdenziali previste per l'infortunio subito, la sua pretesa nei confronti del datore di lavoro è necessariamente ricollegabile solo alla responsabilità extracontrattuale (cfr. ex multis Cass. S. U. 8459 del 2/8/95, 291 del 25/5/99, T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 25 febbraio 2003, n. 379).
Alla luce di tali principi sussiste il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria proposta dal ricorrente, che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.
In base ai principi sul giusto processo affermati dalla Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 77 del 2007), dalle Sezioni Unite (cfr. sentenza n. 4109/2007) e dal Consiglio di Stato (VI n. 3801/2007), in virtù del principio della "translatio iudicii", alla dichiarazione di difetto di giurisdizione può seguire ad iniziativa di parte il prosieguo della controversia avanti al giudice ordinario, con salvezza degli effetti sostanziali e
processuali della domanda (cfr. Corte cost. n. 77/2007), e a tal fine le parti hanno l'onere di riassumere il giudizio dinanzi al giudice competente nel termine massimo di sei mesi dalla comunicazione della presente sentenza (in analogia a quanto previsto dagli artt. 50 e 367 c.p.c.).


Sussistono giusti motivi, in considerazione della complessità della questione di giurisdizione, per compensare integralmente le spese del giudizio.



P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sede di Bari, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, così provvede:
Dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e statuisce appartenersi la giurisdizione al Giudice Ordinario, innanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto nei termini di rito processualcivilistici;
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19/03/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Francesca Petrucciani, Referendario, Estensore