Cassazione Penale, Sez. 4, 08 novembre 2022, n. 42013 - Amputazione di quattro dita della mano dell'apprendista: responsabilità dell'amministratrice di diritto e dell'amministratore di fatto. Vizio di motivazione


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CENCI DANIELE Data Udienza: 22/09/2022
 

 

Fatto



1. La Corte di appello di Campobasso il 18 novembre 2021, in riforma integrale della sentenza, appellata dal Procuratore generale, con cui il Tribunale di Campobasso 1'8 ottobre 2020, all'esito del giudizio abbreviato, ha assolto S.D. e F.D. dal reato di lesioni colpose, con violazione della disciplina antinfortunistica, ha affermato invece la penale responsabilità di entrambi, condannandoli alla pena di giustizia, condizionalmente sospesa.

2. In estrema sintesi, i fatti, come ricostruiti dai Giudici di merito.
2.1. Il giorno 8 giugno 2016 M.S., dipendente della s.r.l. "Moli Cooper" con mansioni di apprendista coibentatore ha patito un infortunio sul lavoro: in particolare, secondo l'impostazione dell'accusa, dopo che F.D., padre dell'amministratrice unica S.D., aveva dato disposizione a M.S. di misurare una tra le pesanti travi ad "H" poste su di un bancale, non essendo presente nel cantiere il preposto alla sicurezza I.F.C., che lo stesso F.D. aveva inviato ad effettuare un trasporto di mobili, il dipendente spostava manualmente le travi che, rotolando, gli amputavano le quattrodita della mano sinistra diverse dal pollice.
Il G.u.p., su conforme richiesta del P.M., ha rinviato a giudizio sia l'amministratrice di diritto, S.D., in qualità di datore di lavoro, che l'amministratore di fatto, F.D., per cooperazione colposa nelle lesioni colpose addebitando loro profili di colpa generica e specifica (violazione dell'art. 18 del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81), per non avere - entrambi - fornito all'apprendista le dovute informazioni sui rischi e per avere F.D., ritenuto amministratore di fatto, ordinato a M.S. di effettuare una pericolosa attività senza, appunto, previa formazione ed informazione, peraltro in un momento in cui era assente dal cantiere il preposto alla sicurezza.
2.2. Il Tribunale ha assolto gli imputati, con la formula per non avere commesso il fatto, in sintesi stimando mancante la prova che l'infortunato abbia agito di sua spontanea iniziativa piuttosto che comandato da qualcuno, non essendo sufficienti al riguardo le affermazioni della vittima.
2.3. La Corte territoriale, invece, accogliendo l'appello del P.M., ha ritenuto che, essendo pacifico che il dipendente ha avuto la disposizione di effettuare un'attività che non doveva essere eseguita manualmente ma con l'ausilio di un mezzo meccanico atto al sollevamento, e che ha ricevuto tale ordine proprio da chi svolgeva funzioni di fatto di datore di lavoro, escludendo motivatamente l'abnormità della condotta del dipendente, poiché lo stesso ha svolto un compito pericoloso, che non può dirsi esulante dalle attività lavorative, nella totale mancanza di direttive e istruzioni e nella assenza di ogni forma di tutela, di affiancamento e di vigilanza, ha riconosciuto colpevoli entrambi, datore di lavoro di fatto e datore di lavoro di diritto.

3. Ricorrono per la cassazione della sentenza S.D. e F.D., tramite un medesimo atto di impugnazione curato da Difensori di fiducia, affidandosi a tre motivi con i quali lamentano violazione di legge (il primo motivo) e vizio di motivazione (gli altri due motivi).
3.1 Con il primo motivo denunziano violazione degli artt. 127, 178 e 180 cod. proc. pen. e nullità della sentenza quanto alla disattesa eccezione di inammissibilità dell'appello proposto dal Procuratore della Repubblica del Tribunale e di inammissibilità delle conclusioni dell'Accusa, come modificate dal Procuratore generale della Corte di appello, che inficerebbe la celebrazione dell'udienza del 14 ottobre 2021, il cui verbale registrerebbe una situazione abnorme, con la presenza di una parte e non dell'altra; in particolare, criticano severamente la circostanze che tale udienza, fissata con modalità non partecipate, sia stata celebrata con la sola presenza del P.G. senza avviso del Difensore, che non ha avuto la possibilità di essere presente.
3.2. Tramite il secondo motivo censurano vizio di motivazione sotto il profilo della contraddittorietà della sentenza con riferimento all'elemento materiale del reato.
I ricorrenti lamentano, in particolare, imprecisione della motivazione della sentenza nel descrivere il fatto, con particolare riferimento ai momenti immediatamente precedenti l'infortunio, non essendo la ricostruzione storica effettuata dai Giudici adeguatamente provata dall'istruttoria, l'assenza di riscontro in ordine all'esigenza di adoperare un mezzo meccanico per eseguire le misurazioni, e sottolineano che la richiesta di D. alla vittima aveva ad oggetto una semplice cortesia, certamente esulante dalle attività lavorative, avente come oggetto una banale attività di misurazione, da effettuarsi in maniera semplice e senza la supervisione di alcuno, ponendo l'attenzione sull'abnormità della condotta della vittima, che del tutto arbitrariamente avrebbe spostato la trave per effettuare meglio la misurazione, così venendo a rescindere il nesso causale tra obbligo di sicurezza ed infortunio.
3.3. Oggetto dell'ultimo motivo è ulteriore difetto di motivazione con riferimento alla ritenuta contraddittorietà della sentenza con riferimento all'elemento soggettivo del reato.
Si segnala la diversità tra le posizioni degli imputati, in quanto, a ben vedere, la posizione dell'amministratore di fatto, cioè Francesco avrebbe escluso quella dell'amministratore di diritto S.D..,

I ricorrenti chiedono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

4.Il P.G. della S.C. nella requisitoria scritta del 27 luglio 2022 ha domandato il rigetto del ricorso.

 

Diritto




1. Va premesso che il reato non è prescritto (infatti, fatto dell'8 giugno 2016 + sette anni e sei mesi == non prima dell'8 dicembre 2023).

2.II primo motivo è infondato: come ha puntualmente osservato il P.G., nella sentenza impugnata si legge che la fissazione dell'udienza del 18 novembre 2021 si è resa necessaria a causa della esigenza di svolgimento di un effettivo contraddittorio tra le parti, dopo che all'udienza del 14 ottobre 2021 la presenza del P.G. era stata giustificata dall'esigenza di chiarire la posizione dell'Ufficio requirente, che aveva nelle conclusioni scritte chiesto la conferma della sentenza impugnata, pur dopo avere appellato la decisione di primo grado: in presenza di due richieste di segno contrario, dunque, la posizione definitiva della Procura generale è stata quella espressa all'udienza pubblica del 18 novembre 2021, nel pieno contraddittorio con la Difesa, che non risulta avere ricevuto da ciò pregiudizio.
Né potrebbe ritenersi inammissibile l'appello del P.M. in ragione della intervenuta rinunzia allo stesso, in quanto - come rammentato dal P.G. di legittimità - è principio consolidato, anche di recente ribadito, quello secondo il quale «La rinuncia a/l'impugnazione da parte del pubblico ministero costituisce atto abdicativo di carattere formale, che non ammette equipollenti ed è disciplinata, quanto a legittimazione, modalità di presentazione e termini, dall'art. 589 cod. proc. pen., con la conseguenza che tale manifestazione di volontà deve essere espressa dal pubblico ministero che ha proposto l'impugnazione fino all'apertura del dibattimento, ovvero dal pubblico ministero presso il giudice dell'impugnazione, anche se quest'ultima sia stata proposta da altro pubblico ministero, prima dell'inizio della discussione, in modo chiaro e inequivoco e non può, pertanto, essere desunta unicamente dal tenore delle richieste conclusive formulate dal procuratore generale nell'udienza di appello» (così Sez. 6, n. 35267 del 22/06/2021, Crea, Rv. 281984; in termini, v. già Sez. 2, n. 49038 del 21/10/2014, PG in proc. Colonna e altro, Rv. 261144; nello stesso senso v. già Sez. 1, n. 42157 del 04/10/2006, Lago ed altri, Rv. 235567, e Sez. 3·, n. 2614 del 18/01/1991, Lombardi ed altro, Rv. 186964).

3. Quanto al secondo ed al terzo motivo, da affrontare congiuntamente, ricorrenti, come si è visto, lamentano l'imprecisione della motivazione della sentenza nel descrivere il fatto, l'assenza di riscontro in ordine all'esigenza di adoperare un mezzo meccanico per eseguire le misurazioni, sottolineano che la richiesta di D. alla vittima aveva ad oggetto una semplice cortesia, esulante dalle attività lavorative, e con oggetto una banale attività di misurazione, da effettuarsi in maniera semplice e senza la supervisione di alcuno, pongono l'attenzione sull'abnormità della condotta della vittima, che arbitrariamente avrebbe spostato la trave per effettuare meglio la misurazione, così rescindendo, in tesi di parte, il nesso causale tra obbligo di sicurezza ed infortunio, infine segnalano la diversità tra le posizioni degli imputati, in quanto, a ben vedere, la posizione dell'amministratore di fatto, cioè F.D., avrebbe escluso quella dell'amministratore di diritto, S.D.: contestano, insomma, un difetto della motivazione.
3.1. Il P.G., nel chiedere il rigetto dei ricorsi, argomenta che la motivazione risulta congrua e logica e specifica, quanto alla posizione della ricorrente S.D., che «In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la previsione dell'art. 299 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, elevando a garante colui che di fatto assume ed esercita i poteri del datore di lavoro, amplia il novero dei soggetti investiti della posizione di garanzia, senza tuttavia escludere, in assenza di delega dei poteri relativi agli obblighi prevenzionistici in favore di un soggetto specifico, la responsabilità del datore di lavoro, che di tali poteri è investito ex lege e che, nelle società di capitali, si identifica nella totalità dei componenti del consiglio di amministrazione» (Sez. 4, n. 2157 del 23/11/2021, dep. 2022, Baccalini, Rv. 282568).
3.2. Il punto non è questo. In realtà, la Corte di appello non ha fatto applicazione del principio di diritto secondo cui «E' affetta da vizio di motivazione, per mancato rispetto del canone di giudizio "al di là di ogni ragionevole dubbio", la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell'imputato, in riforma di una sentenza assolutoria emessa all'esito di un giudizio abbreviato non condizionato, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all'esame delle persone che abbiano reso tali dichiarazioni. (In motivazione, la S.C. ha affermato che la decisione liberatoria di primo grado travalica ogni pretesa esigenza di automatica "simmetria" tra primo e secondo grado di giudizio, imponendo in appello il ricorso al metodo di assunzione della prova caratterizzato da oralità e immediatezza, in quanto incontestabilmente più affidabile per- l'apprezzamento degli apporti dichiarativi)»
(Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785; in conformità, le Sezioni semplici successive, tra cui Sez. 4, n. 29538 del 28/05/2019, Calcinoni, Rv. 276596, secondo cui «In caso di appello della sentenza assolutoria da parte del pubblico ministero, l'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria previsto dall'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., opera anche ove tale sentenza sia stata emessa all'esito di un giudizio abbreviato non condizionato, ed è limitato alle sole prove dichiarative decisive ai fini della valutazione di responsabilità » ).

4. Dunque, essendo stato ritualmente denunziato vizio di motivazione, in effetti sussistente, per le ragioni esposte, deve di necessità annullarsi la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Salerno.

 

 

P.Q.M.
 


Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Salerno.
Così deciso il 22/09/2022.