Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 23 novembre 2022, n. 34446 - Amianto. Necessario provvedere ad una corretta liquidazione del danno morale soggettivo patito a titolo personale da ognuno dei ricorrenti


 

 

Presidente: TRIA LUCIA
Relatore: CASO FRANCESCO GIUSEPPE LUIGI
Data pubblicazione: 23/11/2022
 

Fatto



1. Con ricorso depositato il 3.6.1999 al Tribunale di Napoli, B.A., B.P., B.A., B.M. e A.C., tutti eredi di B.S., esposero: che quest'ultimo, loro dante causa, aveva lavorato dal 16.1.1964 al 16.8.1992 alle dipendenze dell'A. Trasporti s.p.a. con mansioni di operaio montatore/cablatore, svolgendo la propria attività anche presso varie aziende esterne, in particolare presso la S. di Pozzuoli, e che, in ragione delle sue mansioni, era stato esposto all'inalazione di fibre di amianto; che per questo motivo aveva contratto la patologia "mesotelioma pleurico maligno", che lo aveva condotto a morte il 16.8.1992; che la predetta patologia era stata riconosciuta dall'INAIL quale malattia professionale, con conseguente riconoscimento della rendita a favore dei superstiti; tanto premesso, dedotta la responsabilità della datrice di lavoro per violazione dell'art. 2087 c.c., essi chiesero la condanna della stessa al risarcimento, iure ereditario, del danno biologico patito dal de cuius per l'importo di L 581.574.704, nonché al pagamento di L 720.000.000 a titolo di danno morale.
2. Radicatosi il contraddittorio, il Tribunale adito, con sentenza in data 25.3.2009, in parziale accoglimento delle domande avanzate dai suddetti, condannava la Finmeccanica s.p.a. al pagamento, in loro favore, di € 238.892,00 a titolo di danno biologico, oltre accessori, nonché di € 79.630,70 a titolo di danno morale; lo stesso giudice aveva, altresì, condannato le compagnie Assicurazioni Generali s.p.a., Allianz s.p.a., INA Assitalia s.p.a., ciascuna nei limiti della propria quota di responsabilità, a tenere indenne la Finmeccanica per le somme su precisate.

3. Contro tale decisione avevano proposto appello sia Finmeccanica che gli attori, eredi di B.S., i quali lamentavano il rigetto da parte del primo giudice della loro domanda, volta al risarcimento del danno non patrimoniale patito iure proprio, senza alcuna motivazione a riguardo, e la Corte d'appello di Napoli, riunite tali impugnazioni, con sentenza del 4.3.2014, respingeva l'appello proposto dagli eredi del B. e, in parziale accoglimento di quello proposto da Finmeccanica, rideterminava l'importo spettante a titolo di danno biologico in € 146.000,00 e quello a titolo di danno morale in € 48.670,00, oltre accessori, in luogo dei maggiori importi liquidati con la sentenza di primo grado.
4. Avverso detta sentenza, gli istanti proponevano ricorso per cassazione, deducendo, per quanto ancora interessa, violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 2043, 2059, 2697 e 2727 c.c. ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5) c.p.c., per l'erronea esclusione del danno non patrimoniale subito da ciascun erede in ragione della sofferenza d'animo patita per la malattia e la morte del congiunto (specificamente allegato e soggetto a regime di prova presuntiva), in quanto ricondotto al solo profilo di radicale alterazione della vita di relazione e delle abitudini (ritenuto non provato), con limitazione così del danno non patrimoniale alla sola componente esistenziale (non anche di danno morale soggettivo).
5. Con sentenza n. 16630/2016, depositata 1'8.8.2016, questa Corte di legittimità, in accoglimento del solo cennato motivo di ricorso, relativo all'erronea esclusione del danno non patrimoniale subito da ciascuno di essi eredi in ragione della sofferenza d'animo patita per la malattia e la morte del congiunto, cassava la decisione allora impugnata e rinviava, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte territoriale in diversa composizione.

6. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d'appello di Napoli, in sede di rinvio, accoglieva per quanto di ragione l'appello degli attori e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava la Leonardo s.p.a. (già Finmeccanica) alla corresponsione, in favore degli eredi di B.S., a titolo di danno morale soggettivo della somma di € 48.670,00 liquidata all'attualità (di cui € 12.000,00 in favore di B.M. ed € 9.167,50 per ciascuno degli altri ricorrenti), oltre accessori dalla data della stessa decisione; nonché alla refusione delle spese di lite, come liquidate, e distratte in favore del difensore degli istanti.
7. Avverso tale decisione B.A., B.P., B.A., B.M. e A.C. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
8. Ha resistito l'intimata società con controricorso.

9. Solo la controricorrente ha prodotto memoria.

 


Diritto

 


1. Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 c.c., con riferimento alla mancata applicazione delle tabelle per il risarcimento del danno non patrimoniale del Tribunale di Milano, e dell'art. 112 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)". Essi lamentano in sintesi che il giudice di rinvio non abbia applicato le suddette tabelle, da loro prodotte anche in precedenza e la cui applicazione era stata richiesta anche nel ricorso in riassunzione ex art. 392 c.p.c., senza peraltro fornire la Corte d'appello alcuna motivazione al riguardo.
2. Con il secondo motivo, denunciano "Violazione dell'art. 132 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4 c.p.c.); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.)". Deducono che la motivazione della quantificazione equitativa pure del danno non patrimoniale da loro subito per la malattia e la conseguente morte del congiunto (ossia, il danno morale soggettivo), fornita dalla Corte territoriale in sede di rinvio, fosse solo apparente, nonché perplessa e insanabilmente contraddittoria. Infatti, dalla lettura della sentenza emergeva che i giudici del rinvio, nel motivare la valutazione del danno non patrimoniale da loro subito iure proprio, avevano fatto chiaro riferimento allo stato e alle condizioni soggettive dei medesimi in rapporto al de cuius (quali la convivenza, il dolore patito per aver assistito alle sofferenze del padre e marito durante il progresso nefasto della malattia oncologica, la consapevolezza della prognosi infausta e infine la perdita del loro caro). Balzava agli occhi, allora, secondo gli impugnanti, l'inopinata frattura tra il riferimento a tali coerenti elementi di valutazione - inerenti la condizione e lo stato di essi congiunti - e quello, poi, effettivamente considerato dalla Corte di rinvio quale parametro di quantificazione, ossia, il danno biologico e morale patiti dal de cuius, già risarciti agli stessi congiunti quali eredi del defunto lavoratore, stimando così il danno morale complessivamente subito dai ricorrenti iure proprio nella identica misura già stabilita in precedenza dalla medesima Corte, con riferimento, però al de cuius, e, cioè, in "un terzo del danno biologico" dallo stesso de cuius patito. Per tal modo, inoltre, i giudici di merito avevano omesso di considerare correttamente il dato fattuale pacifico che essi congiunti sono cinque persone, laddove il de cuius era uno solo, giungendo così all'aberrante e paradossale soluzione di dividere per cinque la somma già riconosciuta unitariamente a quello, anziché moltiplicarla per cinque.
3. Con un terzo motivo, denunciano "Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.)". In via gradata, i ricorrenti si dolgono che la Corte territoriale, pur nell'applicare un criterio giudicato arbitrario e immotivato, aveva comunque omesso di considerare il fatto che anche B.A. (nato nel 1975) fosse minore all'epoca degli eventi dannosi. Nell'operare, infatti, la divisione per cinque della somma già attribuita quale danno morale al de cuius, i giudici del rinvio avevano distinto solo la posizione del figlio B.M. (nato nel 1983), riconoscendogli un minimo quid pluris in quanto minore all'epoca dei fatti dannosi (1990-1992), ma ciò non avevano fatto anche per l'altro figlio minore A..
4. Ritiene il Collegio che tali motivi, esaminabili congiuntamente, siano meritevoli di accoglimento per quanto di ragione.
5. Giova premettere che, per quanto qui interessa, la Corte di rinvio aveva scritto: "In via presuntiva, viene in prima evidenza l'intensità del vincolo familiare che, nel caso di danno non patrimoniale, può già di per sé costituire un utile elemento su cui basare la prova dell'esistenza del menzionato pregiudizio, in assenza di elementi contrari; la situazione di convivenza degli odierni ricorrenti con il de cuius ( circostanza resa evidente dall'età che avevano i figli all'epoca del decesso) può rappresentare un idoneo dato indiziario da cui desumere un danno morale, con influenza esclusiva sulla liquidazione dello stesso. Deve farsi riferimento al dolore patito dagli stretti congiunti (moglie e figli conviventi) per avere assistito alle sofferenze patite dal de cuius durante l'inevitabile e progressivo avanzare della patologia cancerogena fino all'exitus finale, per la consapevolezza dell'inevitabile prognosi infausta della malattia ed infine per la perdita del loro caro (marito e padre), circostanze tutte allegate al ricorso. Va attribuito rilievo all'età relativamente giovane del defunto, al rapido decorso della malattia (che, nella repentina evoluzione in pejus, ha reso ancor più intensi il dolore e lo sconforto per la perdita) ed alla ragionevole aspettativa dei congiunti ad una più lunga convivenza e condivisione di vita familiare).
Nella quantificazione può utilizzarsi il medesimo parametro equitativo adottato dal Tribunale (e confermato dal Giudice di appello ed ormai coperto da giudicato) che, per la liquidazione del danno morale iure hereditatis, l'ha stimato nella misura di un terzo di quello biologico.
L'appello va così accolto per quanto di ragione e, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, la società va condannata alla corresponsione in favore di B.A., B.P., B.A., B.M. e A.C. a titolo di danno morale soggettivo della somma di euro 48.670,00 così determinata all'attualità. Dell'importo totale euro 12.000,00 vanno attribuiti in favore di B.M. che all'epoca del decesso del genitore era un bambino di appena 9 anni; a ciascuno degli altri ricorrenti vanno corrisposti euro 9.167,5. Il tutto oltre accessori dalla data della presente sentenza".
6. Occorre ancora sottolineare un dato, peraltro premesso dalla stessa Corte distrettuale nel corpo della propria sentenza, e, cioè, che essa, quale giudice di rinvio, era chiamata a pronunciarsi sulla corretta quantificazione del danno morale c.d. soggettivo "liquidabile iure proprio a ciascuno dei coeredi per la sofferenza morale patita" (cfr. pag. 3 della sentenza qui impugnata dove è richiamata la parte saliente della motivazione di questa Corte in Cass. n. 16630/2016).

7. Ciò premesso e considerato, la decisione resa in sede di rinvio è affetta dai vizi denunciati dai ricorrenti nei termini che si vanno qui di seguito a specificare.
7.1. Questa Corte, di recente, ha confermato anzitutto il principio di diritto, secondo il quale: "ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante il criterio tabellare il danneggiato ha esclusivamente l'onere di fare istanza di applicazione del detto criterio, spettando poi al giudice di merito di liquidare il danno non patrimoniale mediante la tabella conforme a diritto" (così Cass. civ., sez. 6, ord. 23.6.2022, n. 20292, la quale dà continuità a quanto affermato da Cass. n. 33005/2021).

7.2. Nel caso che ci occupa, gli attori, attuali ricorrenti, avevano chiesto di fare applicazione di un criterio appunto tabellare anche in relazione alla liquidazione del danno morale soggettivo da ognuno di loro sofferto; più precisamente essi facevano capo alle tabelle milanesi elaborate all'epoca dell'introduzione del giudizio (e di tanto ha dato atto anche la Corte distrettuale in sede di rinvio, dove nel ricostruire lo "svolgimento del processo", aveva specificato che gli attuali ricorrenti, già in occasione dell'appello contro la decisione di prime cure, chiesero di aver "riguardo alle tabelle del Tribunale di Milano ...": cfr. pag. 2 dell'impugnata sentenza).
7.3. Sempre Cass. n. 20292/2022, già cit., ha ribadito il principio, secondo il quale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l'adozione dei criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione del circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella" (che richiama a riguardo Cass. n. 10759/2021).
7.4. In tal senso, premettendosi che il danno parentale consiste sia nella perdita del rapporto che nella "correlata sofferenza soggettiva" (l'unica, quest'ultima, che ormai viene qui in considerazione), è stato riaffermato, da un lato, che: "per la liquidazione del danno biologico devono prendersi a riferimento i parametri delle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano, salvo che
l'eccezionalità del caso concreto non imponga di discostarsene dando atto delle relative ragioni in motivazione", e, dall'altro, che le tabelle milanesi non rispondono ai requisiti sopra indicati in punto di perdita di rapporto parentale (cfr. in motivazione sempre Cass. n. 20292/2022, la quale richiama nello stesso senso Cass. n. 10579/2021).
7.5. La decisione resa in sede di rinvio, pertanto, non è in primo luogo certamente conforme a tali principi, nella parte in cui per la liquidazione del danno morale soggettivo risentito da ciascuno dai ricorrenti iure proprio non ha applicato alcuna tabella, men che meno basata sul sistema a punti, nei termini avanti specificati in dettaglio.
8. Ma la motivazione resa dalla Corte napoletana esibisce altre evidenti criticità.
8.1. Invero, essa neppure si è uniformata a quanto statuito nella precedente sentenza di questa Corte che aveva disposto il rinvio, in base ai principi di diritto esposti nella relativa motivazione, in violazione, tra l'altro, dell'art. 384, comma secondo, c.p.c., laddove si esigeva che la liquidazione del danno morale soggettivo fosse operata per ciascuno dei pregiudicati, avendo riguardo alle rispettive singole posizioni; e per l'appunto a tale esigenza è volto a soddisfare un criterio di liquidazione tabellare che si fondi su un sistema a punti, secondo le specificazioni sopra fornite.
8.2. Inoltre, la su riferita motivazione dei giudici del rinvio è afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, che dà luogo a nullità processuale (cfr., ex plurimis, Cass. n. 13170/2021; id. n. 5488/2021), nella specie pure dedotta, in seno al secondo motivo di ricorso ex art. 360, comma primo, n. 4), c.p.c.
In particolare, pur avendo dato conto di quanto statuito da questa Corte di legittimità nel disporre la cassazione con rinvio, e pur avendo parzialmente esposto una serie di elementi astrattamente idonei a personalizzare il danno morale patito da ognuno degli stretti congiunti della vittima, ha poi illogicamente trasposto nella quantificazione di tali danni un parametro equitativo di liquidazione, sì ormai, come tale, coperto da giudicato, ma riferibile ad una persona unica e diversa dagli attuali cinque ricorrenti, vale a dire, il loro congiunto deceduto, e riferibile, all'evidenza, a un nocumento parimenti differente, e, cioè, il danno morale da lui solo patito in vita, e risarcito a cinque superstiti unicamente iure ereditario. Va da sé, allora, che anche la diversa e più elevata quota di risarcimento riservata esclusivamente a B.M. (in presenza di altro congiunto minore all'epoca della malattia e del decesso di B.S.) - oggetto del terzo motivo di ricorso - di là dall'incongruente punto di partenza della liquidazione operata, finisce col rivelare un'ulteriore contraddittorietà intrinseca della motivazione in esame, non essendovi spiegato, a tacer d'altro, perché le quote considerate per gli altri congiunti potessero essere esattamente uguali.
10. Alla stregua di tutte le superiori considerazioni, la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio alla Corte territoriale, la quale, in diversa composizione, in applicazione dei principi di diritto richiamati in parte motiva, dovrà provvedere ad una corretta liquidazione del danno morale soggettivo patito a titolo personale da ognuno degli attuali ricorrenti per la sofferenza derivata dalla malattia e dalla perdita del loro congiunto, oltre che a regolare le spese di questo ulteriore giudizio di legittimità.


 

P.Q.M.



La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nell'adunanza camerale del 18.10.2022