• Sequestro Penale

Compenso al custode di beni sottoposti a sequestro penale;


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. CARLUCCI GIULIO - Presidente -
1. Dott. SANTACROCE GIORGIO - Consigliere
2. Dott. SACCUCCI BRUNO - Consigliere -
3. Dott. GIRONI EMILIO - Consigliere -
4. Dott. VANCHERI ANGELO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da
1) <S. M.> n. il (omissis)
2) <B. P.> C-

avverso ordinanza del 14.02.1997 TRIBUNALE di CATANIA

sentita la relazione fatta dal Consigliere VANCHERI ANGELO

lette le conclusioni del P.G. Dr. EDUARDO SCARDACCIONE, che ha chiesto il rigetto del ricorso,

Fatto e Diritto

Visto il "ricorso per opposizione" presentato il 14.5.1997 da <P. B.> avverso il provvedimento, emesso il 14.2.1997 dal Tribunale di Catania, con cui è stato liquidato al <P.> la somma di L. 750.000 quale indennità di custodia,
Il suddetto "ricorso in opposizione" è stato trasmesso a questa Corte per essere stato erroneamente ritenuto come ricorso per cassazione.
In effetti l'interessato con la sua domanda aveva dato invece vita al procedimento di cui agli artt. 665 e segg. c.p.p.-
Infatti, secondo il pacifico e costante orientamento di questa Corte, atteso il vuoto normativo esistente in materia, avverso il provvedimento di liquidazione del compenso al custode giudiziario è ammessa richiesta di riesame con il rito di cui agli artt. 665 e 666 c.p.p., applicabili in via analogica, e solo contro il provvedimento che il tribunale avrebbe emesso a seguito di tale opposizione, l'interessato, a norma del sesto comma del citato art. 666, avrebbe potuto proporre ricorso per cassazione.
La questione riguardante il tipo di procedimento che deve essere seguito allorché il custode di beni sottoposti a sequestro penale intenda impugnare il decreto con cui il giudice abbia liquidato il suo compenso, stante l'assenza di una specifica normativa in materia, è stata risolta dalla giurisprudenza di merito e di legittimità in maniera difforme, e le soluzioni proposte si riducono sostanzialmente a tre.
Secondo un primo orientamento, il decreto di liquidazione, in quanto provvedimento avente carattere monitorio emesso in via provvisoria, sarebbe soggetto alla impugnazione, idonea ad introdurre un vero e proprio giudizio di cognizione - avente come "petitum"' il condannatorio dell'Erario alla somma cui ritiene di avere diritto come compenso per attività di custodia svolta - consistente nella opposizione di cui all'art. 645 cod. proc. civ. (vedasi, in proposito, Cass. Civ., Sez. II, 23.3.1989 n. 1471).
Secondo un altro indirizzo, sarebbe applicabile per analogia la norma di cui all'art. 11 della legge 8.7.1980 n. 319, in base alla quale i decreti di liquidazione dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori sono impugnabili mediante opposizione avanti il tribunale o alla corte di appello alla quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto.
In base a tale orientamento la norma di cui sopra va applicata anche ai custodi, dovendo essere interpretata estensivamente e dovendosi i custodi includere fra gli ausiliari del giudice, elencati dalla legge solo a titolo esemplificativo. (Cass. Civ., Sez. II, n.4840 del 4.8.1988 - <C.> Cass. Civ., Sez. II, n. 1471 del 23.3.1989;).
Vi è infine un terzo indirizzo, che appare maggioritario, che invece ritiene che il provvedimento di liquidazione del compenso al custode, adottato "de plano" dal giudice, sia impugnabile mediante "incidente di esecuzione" secondo la disciplina di cui agli artt. 665 e 666 c.p.p.- Tale orientamento è seguito da Cass. Civ., Sez. I, 18.1.1992 n. 596.
Il primo orientamento non è condivisibile in quanto - a parte il fatto che esso ipotizza la introduzione di una anomala forma di impugnazione, avente carattere civilistico, in un procedimento penale - la opposizione di cui all'art. 645 c.p.c. è un rimedio previsto in favore dell'intimato, ovvero del soggetto indicato come debitore e non del soggetto che, vantando un credito, abbia chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, soggetto che è equiparabile al custode che abbia ottenuto il decreto di liquidazione del compenso, in favore del quale, pertanto, non potrebbe essere ipotizzato il rimedio della opposizione.
Il secondo indirizzo non tiene conto del fatto che la legge 8.7.1980 n. 319 ha carattere di specialità, concerne esclusivamente gli ausiliari del giudice aventi qualificazione professionale e non riguarda i custodi.
Poiché le somme liquidate a titolo di indennità di custodia fanno parte delle spese dei procedimenti penali - spese che, secondo la esplicita previsione di cui all'art. 691 c.p.p., sono anticipate dallo Stato - la questione non può che essere risolta, a parere di questa Corte, ritenendo applicabili le norme del codice di rito che concernono, appunto, le spese processuali, di cui agli artt.691 e segg. c.p.p.- La doglianza del custode che ritiene che il giudice gli abbia liquidato, a titolo di indennità, una somma inferiore a quella spettantegli, non è altro che una questione attinente le spese processuali.
Ebbene, ai sensi dell'art. 695 c.p.p., sulle questioni concernenti le spese del procedimento "decide il giudice dell'esecuzione, che procede con le forme indicate nell'art. 666".
Vero è che la norma di cui sopra fa parte del titolo V del Libro X del codice di procedura penale, che riguarda la fase della esecuzione. Ma, in assenza di norme specifiche nella materia relativa al procedimento di liquidazione del compenso ai custodi, le norme sopra citate, attinenti le spese del procedimento (nelle quali rientrano indubbiamente le spese liquidate a titolo di indennità di custodia) sono certamente quelle che, per evidente analogia di contenuto, possono benissimo trovare applicazione.
Conseguentemente il procedimento da seguire, così come prescritto dal citato art. 695, dev'essere quello previsto dall'art. 666 c.p.p.- In tal senso si è già diverse volte pronunciata questa Corte (v. Cass. Pen., Sez. I, 4.4.1996, <J.>; Sez. IV, 18.3.1995 n. 1887, <B.>; Sez. IV, 30.7.1994 n. 896, <S.>; Sez. III, 3.11.1993 n. 2308).
Ovviamente al giudice della esecuzione in senso stretto dovrà sostituirsi di volta in volta il giudice davanti al quale pende il procedimento.
In applicazione dei principi di diritto e delle norme di cui sopra, l'impugnazione proposta dal <P. B.> va quindi qualificata come opposizione ex art. 666 c.p.p. e, tenuto conto del fatto che nella specie il procedimento pendeva avanti il Tribunale di Catania (il quale era stato esattamente individuato dal ricorrente come destinatario della domanda di riliquidazione della indennità di custodia), gli atti vanno rimessi allo stesso giudice per la decisione nel merito in ordine alla istanza di riliquidazione, da esaminare osservando le forme dell'incidente di esecuzione.

P.Q.M.

qualificata l'impugnazione come opposizione, dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Catania.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 1998.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 2 MAR. 1998.