Cassazione Civile, Sez. Lav., 30 novembre 2022, n. 35227 - Infortunio sul lavoro nel locale spogliatoio della palestra. Risarcimento


 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: CINQUE GUGLIELMO
Data pubblicazione: 30/11/2022
 

Rilevato che

Il Tribunale di Vicenza, con pronuncia depositata il 27.2.2015, ha respinto la domanda presentata da H.T., nei confronti dell'Impresa Edile V.P. e F. snc, sua datrice di lavoro, diretta alla declaratoria di responsabilità di quest'ultima in relazione all'infortunio occorsogli in data 28.8.2000 sul luogo di lavoro, segnatamente presso i locali/spogliatoio della palestra della scuola elementare, per violazione degli obblighi di cui agli artt. 2087 cc, 21 D.lgs. n 626/94 e 4,19 del d.p.r. n. 547/55, con conseguente condanna al risarcimento di tutti i danni subiti.
2. La Corte di appello di Venezia, con la sentenza n. 337/2017, in riforma della decisione di primo grado, ha condannato la suddetta impresa al risarcimento del danno non patrimoniale, determinato nella somma di euro 103.423,76, maggiorata previa devalutazione, degli interessi legali sull'importo via via rivalutato dalla data dell'infortunio, detratta la quota di danno biologico indennizzata dall'INAIL pari ad euro 11.465,34; ha, poi, compensato per due terzi le spese di entrambi i gradi condannando al società al pagamento della restante parte.
3. La Corte distrettuale ha rilevato che: a) con sentenza non definitiva era stata già accertata la responsabilità dell'Impresa Edile V.P. e F. snc per cui il giudizio sottoposto al suo esame aveva ad oggetto solo la liquidazione del danno subito; b) le parti avevano concordato sulla quantificazione secondo le conclusioni del CTU e, avendo predisposto i relativi conteggi sulla base delle Tabelle di Milano, era a queste che doveva farsi riferimento; c) per l'invalidità temporanea totale, si reputava congruo determinare l'importo giornaliero in euro 120,50, per un totale di euro 37.744,00; d) per l'invalidità permanente il danno andava quantificato, avendo riguardo al punto di invalidità delle citate Tabelle, in euro 65.039,88; e) il suddetto importo era comprensivo delle spese mediche pari ad euro 639,88, non contestate; f) dall'importo totale andava sottratta la somma di euro 11.465,34 quale valore capitale della rendita INAIL per danno biologico relativa all'infortunio de quo; g) non sussistevano i presupposti per una personalizzazione del danno, essendo le allegazioni sul punto generiche, né per il danno da incapacità lavorativa, avendo l'H.T. lavorato fino al 2008; h) le spese di giudizio, tenuto conto che il danno complessivamente determinato era di importo inferiore a quello oggetto della domanda, del ricorso di primo grado e del ricorso di appello, andavano compensate nella misura di due terzi mentre la residua parte andava posta a carico della società.

4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione H.T. affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso la V.P. e F. snc.
5. Le parti hanno depositato memorie.
 

Considerato che


1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cpc, la violazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 co. 2, 2729 e 2697 cc, anche in relazione all'art. 115 cpc e, altresì, ai sensi dell'art. 360 n. 5 cpc, relativamente al rigetto della sua domanda di risarcimento del danno patrimoniale da incapacità lavorativa sostenendo che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, il CTU aveva riconosciuto l'incidenza negativa dei postumi sulla specifica attività di operaio edile e che non era stato considerato che la lettera di licenziamento del 2008 era stata determinata dalle continue assenze di lavoro e dai risultati lavorativi sempre più precari, per le conseguenze dell'infortunio patito, che poi aveva indotto l'ULSS, nel gennaio 2008, a ritenerlo permanentemente non idoneo alle mansioni di operaio muratore, compresa quella di manovale.
3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cpc, la violazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 co. 1, 2059, 2729 e 2697 cc, anche in relazione all'art. 115 cpc, nonché ai sensi dell'art. 360 n. 5 cpc, per avere la Corte territoriale rigettato la richiesta di personalizzazione del danno non patrimoniale da invalidità permanente quando, invece, vi erano tutti gli elementi (postumi residuati concentrati sulla mano destra, con sindrome dolorosa e limitazione dei movimenti) per una integrazione sul quantum per il condizionamento sullo svolgimento quotidiano dell'attività di operaio edile.
4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cpc, della violazione degli artt. 1223, 1226, 2043 e 2056 co. 1, 2059, 2729 e 2697 cc, anche in relazione all'art. 115 cpc e, altresì, ai sensi dell'art. 360 n. 5 cpc, per non avere la Corte di appello valorizzato alcune circostanze quali la durata della malattia, gli interventi chirurgici patiti con i connessi ricoveri ospedalieri e le svariatissime visite e/o esami cui si era sottoposto, ai fini della determinazione dell'importo giornaliero per l'invalidità temporanea.
5. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cpc, la violazione dell'art. 1224 cc per l'omesso riconoscimento della rivalutazione monetaria ulteriormente maturata sul danno.
6. Con il quinto motivo si obietta la violazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cpc e dell'art. 360 n. 5 cpc, degli artt. 88, 91, 92 cpc in ordine alla disposta compensazione parziale delle spese di lite, ritenuta erronea dal ricorrente avendo riguardo al quantum richiesto e a quello liquidato.
7. Il primo, il secondo ed il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente per connessione logico-giuridica, sono inammissibili.
8. Essi, infatti, sebbene prospettati nei termini di violazioni di legge, mirano ad una rivalutazione del materiale probatorio che è stato attentamente esaminato dalla Corte territoriale, la quale ha adeguatamente e coerentemente motivato, valutando in concreto le risultanze istruttorie ai fini della determinazione dei danni subiti.
9. E' opportuno ribadire che la violazione del precetto di cui all'art. 2697 cc si configura soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata non avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull'esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all'art. 360 n. 5 cpc (Cass. n. 19064/2006; Cass. n. 2935/2006), con i relativi limiti di operatività ratione temporis applicabili.
10. In tema, inoltre, di ricorso per cassazione, la questione della violazione o falsa applicazione degli art. 115 e 116 cpc non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass. n. 27000 del 2016; Cass. n. 13960 del 2014): ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame.
11. La valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull'attendibilità dei testi (art. 244 cpc), poi, come la scelta, tra le varie emergenze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467 del 2017).
12. Infine, risultano altresì inammissibili le censure contenute sempre nei motivi attinenti alla presunta violazione dell'art. 2729 cc.
13. Le predetta violazione, infatti, non sussiste nel caso di specie, non risultando alcun vizio di sussunzione. Quest'ultimo ricorre allorquando il giudice di merito, dopo aver qualificato gli indizi raccolti come gravi precisi e concordanti, non li ritenga inidonei a fornire la prova presuntiva, oppure, al contrario, sebbene li abbia reputati privi dei requisiti previsti dall'art. 2729 c.c., li consideri comunque sufficienti a dimostrare il fatto controverso. (Cass. n. 29635/2018; Cass. n. 3541/2020)
14. Pertanto, affinché possa essere correttamente censurata l'applicazione dell'art. 2729 c.c., è necessario che la doglianza verta sull'insussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento condotto nella sentenza impugnata, mentre non può contenere argomentazioni atte a ad indebolirne l'attendibilità mediante la critica della ricostruzione del fatto o l'utilizzazione di altri ed ulteriori fatti storici non risultanti dalla motivazione. (Cass. n. 1163/2020; Cass. n. 18611/2021).
15. Venendo al caso in esame, i giudici di seconde cure, sulla premessa che le parti avevano concordato in ordine alla quantificazione del danno secondo le conclusioni del CTU, hanno escluso, con un accertamento di merito non sindacabile in questa sede perché esente dai vizi di cui all'art. 360 n. 5 cpc nuova formulazione, da un lato, la sussistenza di una incapacità lavorativa specifica del lavoratore, sul presupposto che questi -come precisato dal perito- aveva lavorato fino al 2008 e, dall'altro, hanno precisato che la invalidità temporanea, totale e parziale, andasse modulata con riguardo alla particolare intensità della sofferenza patita durante la malattia con un aumento del trenta per cento circa.
16. Quanto, infine, alla personalizzazione del danno, relativamente agli aspetti anatomo-funzionali e relazionali nonché ai profili di sofferenza soggettiva, la Corte distrettuale la ha esclusa per difetto di allegazione e di prova sulla specifica questione.
17. Si tratta, quindi, di una complessiva valutazione di merito operata dai giudici di appello che, attenendo ad una liquidazione di tipo equitativa del pregiudizio patito, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità se adeguatamente motivata (cfr. Cass n. 24070 del 2017) come nel caso di specie.
18. Il quarto motivo è infondato.
19. La Corte territoriale ha specificato che l'importo liquidato doveva considerarsi già rivalutato all'attualità e sullo stesso spettavano gli interessi legali dalla data del sinistro al saldo, da calcolarsi sul capitale via via devalutato dalla data della sentenza a quella del sinistro medesimo.
20. La Corte di appello si è, quindi, pronunciata sulla questione della rivalutazione monetaria del danno, liquidando quest'ultimo già in moneta attuale alla pronuncia ed indicando anche il relativo criterio di calcolo degli interessi sulla somma dovuta.
21. Il quinto motivo è, infine, anche esso infondato.
22. La statuizione della Corte di merito, che ha compensato per due terzi le spese di lite avendo riguardo alla notevole sproporzione tra quanto richiesto a titolo di risarcimento dei danni e quanto liquidato, con esclusione, quindi, della sussistenza di una ipotesi di soccombenza reciproca, è conforme ai più recenti orientamenti giurisprudenziali di legittimità ed è corretta perché ha tenuto conto, in sostanza, dei presupposti di cui all'art. 92 cpc, ravvisati, nella specie, nell'esito del giudizio e nel comportamento del lavoratore che ha sempre insistito nel chiedere importi di gran lunga superiori a quelli poi giudizialmente riconosciuti.
23. Per completezza, va evidenziato che la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c., rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un'esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. n. 30592/2017).
24. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
25. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, in favore della controricorrente.
26. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
 

PQM
 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida, in favore della controricorrente, in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 ottobre 2022